Moretti se lo chiede dal ‘78: «mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?». Già: esserci o non esserci? E sparire o apparire? Scelgono la prima strada Mina, la Garbo, i giganti della musica house Daft Punk, celati dietro a due caschi tecno, gli scrittori che fanno capo al gruppo Wu Ming, che si definiscono «trasparenti con i lettori, opachi con i media». Li si vede solo alle presentazioni. Su Wikipedia spiegano il perché della loro scelta.
La celebrità gioca con l’esserci e il non esserci. Fino a un certo punto conviene esserci il più possibile, dappertutto. Ma, superata la soglia, il non esserci, il mascherarsi, il negarsi e il nascondersi diventano parte del gioco e alimentano il mito. L’autore de il Giovane Holden, Jerome Salinger, ha fatto della propria assenza una cifra stilistica.
Ci sono interessanti variazioni sul tema. L’artista cinese Lui Bolin sparisce nelle fotografie. Alexa Meade è statunitense e fa un gioco inverso: dipinge esseri umani col pennello fino a farli diventare immagini.
Invece appare, eccome, lo scrittore Manuele Madalon, che al Salone del Libro riceve autorevoli apprezzamenti per il suo romanzo. Peccato che né autore né libro esistano e che tutto sia uno scherzo architettato dai bravi ragazzi del corso di Ingegneria del Cinema del Politecnico di Torino. Ancora a proposito di esserci o non esserci, una breve digressione geografica su quanto appare non esistendo ci porta da Neverland, l’Isola che non c’è, a Le città invisibili, e dalle vedute della Città ideale al quartiere milanese di Sucate, la beffa politica forse più memorabile della rete. E potrei continuare col mantello dell’invisibilità (sì, esiste. Ma piccolo piccolo)…
Maurizio, ho cancellato i due commenti doppi. Milli, grazie del commento. La categorizzazione della musica è un bel problema. Per i Daft Punk, sempre ibridi, ancora di più. Nella pagina italiana di Wikipedia sono vaghi: elettronica, dance, techno, french house… In redazione c’è stato un bel dibattito a riguardo. Alla fine, dovendo decidere, abbiamo deciso di affidarci alla definizione data dalla Wikipedia inglese: house, appunto.
Ho pubblicato la mia opera prima… di scriverla. Disse l’esorniente.
I Daft Punk fanno musica elettronica, ma non musica house. La house è un sottogenere della musica elettronica, è vero, ma -soprattutto per come la intendiamo in Italia- con i Daft Punk non c’entra 😉 milli
Ciao, sono arrivato a voi tramite un backlink al mio blog… Spazio molto interessante! Matteo