Einstein mette a punto la teoria della relatività ristretta mentre lavora all’ufficio brevetti. Bulgakov comincia a scrivere mentre fa il medico condotto. Carlo Emilio Gadda scrive, per molti anni, mentre fa l’ingegnere tra Sardegna, Belgio, Argentina.
Italo Svevo compone i suoi primi romanzi mentre lavora in banca. Eliot lavora alla Lloyd’s Bank quando pubblica le sue prime poesie.
In Antifragile, Nassim Nicholas Taleb ricorda che i grandi poeti francesi Paul Claudel e Saint-John Perse e il romanziere Stendhal erano diplomatici, molti scrittori inglesi erano dipendenti pubblici (Trollope era un impiegato delle poste), Kafka lavorava per una compagnia assicurativa. Meglio ancora, Spinoza realizzava lenti, il che ha permesso alla sua filosofia di rimanere completamente immune da qualsiasi forma di inquinamento accademico.
Aggiungo che Trollope comincia a scrivere durante i lunghi viaggi in treno che il suo lavoro di ispettore delle poste gli impone, e che trova idee da trasformare in racconti leggendo i testi delle lettere smarrite. Nel servizio postale fa carriera e, tra l’altro, inventa le cassette postali rosse a forma di colonnina che verranno poi impiegate in tutta la Gran Bretagna.
Sono tantissimi – lo ricorda Mirella Serri su Tuttolibri – gli scrittori-giornalisti: una corvée da «scribacchino fesso» (così Carlo Emilio Gadda), «miserabile fatica quotidiana» (D’Annunzio), «secondo mestiere» (Eugenio Montale).
Potrei continuare (anzi: se mi aiutate a integrare l’elenco di persone che combinano qualcosa di eccellente mentre ufficialmente fanno qualcos’altro ve ne sono grata).
Ovviamente, l’elenco delle persone che combinano qualcosa di eccellente dopo aver fatto mille altri lavori è ancora molto, ma molto più lungo, da Andy Warhol (ex pubblicitario) a John Grisham (ex avvocato), da Michail Afanas’evič Bulgakov (ex medico condotto) ad Andrea Camilleri (ex sceneggiatore televisivo), a Quentin Tarantino (ex commesso in un videonoleggio), a Giorgio Armani (ex vetrinista presso i magazzini milanesi La Rinascente)…
Ma credo che, già così, l’idea di base sia chiara: molti percorsi di carriera creativi e di successo sono non lineari.
Le persone cominciano a fare qualcosa per caso o per necessità e finiscono, guidate dall’istinto, dal desiderio e dalla vocazione, da un imprevisto o dalla serendipity, per fare qualcos’altro. E per inventare qualcos’altro.
Alcune volte, inoltre, inventano egregiamente qualcos’altro continuando a fare quanto facevano prima, che formalmente non c’entra eppure in qualche modo contribuisce al lavoro creativo, in termini di stimolo, di esperienza, o di semplice sicurezza economica.
Per dirla tutta, ho il fondato sospetto che una delle (poche) costanti dei percorsi di carriera di successo sia proprio la non linearità.
Questo significa, anche, qualcosa di molto semplice: non pretendere di avere a tutti i costi le idee chiare sul proprio futuro a diciott’anni o a ventidue, essere aperti alle opportunità e alle esperienze, essere flessibili e saper recuperare dopo gli inevitabili fallimenti. Anzi: saper trasformare i fallimenti in materiale su cui ragionare e a partire dal quale, magari, inventare.
L’immagine di questo post è un dettaglio da Le Chef d’Oeuvre Ou les Mysteres de l’Horizon, di René Magritte.
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Beppe Grillo, che faceva il comico ed ora fa il politico.
Ovviamente scherzo …
Linda
Tutt’altro che uno scherzo 🙂
aggiungerei che fa il filosofo piu’ che il politico. E non c’e’ da scherzare. Come dimostra il post di A.T. il cambiamento si annota quando si e’ compiuto. Nel mentre illazioni e scredito sono funzionali solo alla denigrazione.
Il poeta Fernando Pessoa impiegato di una ditta commerciale per la quale traduce la corrispondenza.
Con questi begli esempi, allora abbiamo speranza… Faccio il bancario e mi spiace scrivere 😉
Tra gli scrittori:
Anton Čechov faceva il medico,
Charles Bukowski anche il postino,
Raymond Carver lavorava in una segheria
E’ che la cosa importante e comunque FARE qualcosa, mantenere la ruota in movimento. Il poeta piu’ splendido che sta fermo a pensare in isolamento tutta la vita avra’ probabilmente meno possibilita’ di dimostrare la sua arte di un poeta magari meno bravo ma che fa il commesso in un negozio dove avra’ la possibilita’ di incontrare un editore, avere un’idea nuova osservando uno strambo accostamento di colori e in generale dando appigli alla ‘fortuna’ per aiutarlo.
Credo che funzioni anche per una questione di tempo. Un po’ come quelli (molti) che non fanno niente quando la scadenza è lontana, e poi pressati dalla deadline producono presto e bene. Così chi ha un lavoro “vero” deve concentrare la passione in pochi minuti o ore al giorno, e magari produce il capolavoro che non aveva scritto quando era disoccupato
Concordo. Questa teoria è interessante.
non sono per niente d’accordo. Mi è capitato di dovere fare le cose in fretta, perche fatte nei ritagli di tempo e come secondo lavoro, ed esserne soddisfatta, sono però consapevole che se avessi più “costanza” i risultati sarebbero 100 volte migliori, è solo un’ illusione di esaltare cio che ho fatto. Credo che la costanza,(allenamenti non in senso fisico) debbano essere quotidiani, anche per poco tempo al giorno, ma non a periodi altrimenti è una performance; poi, inaspettatamente, solitamente accade di realizzare qualcosa che ci stupisce e ci anima, ma non viene dal caso o dall improvvisazione, viene da un lavoro costante che ci da le basi per il futuro.
Io penso si tratti anche di una questione relativa al binomio dovere/piacere.
Mi spiego meglio: quando si fa qualcosa perchè la si deve fare – come può essere il lavoro ufficiale, per un operaio, o lo studio di una determinata materia per uno studente – la si vive come qualcosa di “imposto” e, spesso, non si riesce a trarne il lato positivo.
Quando, invece, ci si dedica a qualcosa per il puro piacere di farla, senza doverci pensare su troppo, senza alcuna pressione esterna e/o aspettativa, ecco che viene fuori il meglio di ognuno.
Il mio suggerimento per l’elenco è questo: ai tempi in cui ideava Harry Potter, J. K. Rowling lavorava per Amnesty International come ricercatrice.
Una sorta di compensazione: schiaccio da un parte e faccio uscire la bolla dall’altra. Giusto?
-Che prima di fare il “proprio” mestiere si facciano altri lavori, non ci vedo nulla di strano, specialmente se non si è ricchi e bisogna lavorare per mangiare.
-Che si faccia un lavoro ripetitivo, mentre si produce qualche cosa di creativo, mi sembra normale se si vuole continuare a sopravvivere.
-Fare un lavoro “altro”, avendo i mezzi e le capacità (economiche e creative), di dedicarsi a ciò che si ama, mi sembra solo una snobistica(o paranoica) perversione…
La mia opinione è che il talento si comporta come l’inconscio: sale a galla anche se lo vuoi conservare sotto vuoto. Se decidi di dargli aria, vive e ti dà un sacco di soddisfazioni. Se invece gli dai sepoltura, sei molto fortunato se la normalità di un solo lavoro ti appaga per tutta la vita.
condivido in pieno!
Il talento si manifesta attraverso i gesti quotidiani, in piccole o grandi dosi in modo inconscio.
Mi piace l’opinione di Anna e mi associo.
Condivido.
Winston Churchill, primo ministro inglese fino al 1955 e nel 1953 premio Nobel per la letteratura.
Restando tra gli scrittori italiani Carofiglioe Simoni, ex magistrati.
Ma il mio preferito, tra gli italiani, è un medico/cantante, Enzo Jannacci.
Roberto Vecchioni professore di liceo e cantautore; Cattelan votato alla carriera di infermiere ora è un artista di fama mondiale; Corona montanaro e scalatore è anche scrittore affermato; Chiara cantante vincitrice di XFactor lavorava in banca ed è laureata in economia;
La non linearità vale ovviamente anche per gli over 20. E saperlo consente una vita più libera. Grazie per questo bel post.
Cara Annamaria, le tue note sono per me fonte di sollecitazione continua anche se non sempre commento.
Mi ha intrigato non poco questa sfida e mi sono messa alla ricerca.
Il tema, a mio parere, è più complesso di quello che appare ad una prima lettura e chiama in causa storia, sociologia e chi più ne ha più ne metta.
Ed è così che ho cercato sulla fonte universale wikipedia i miei scrittori e poeti preferiti che, se benestanti come il conte Leopardi, non potevano che essere avviati a studi colti ed avere tempo per il DILETTO della scrittura.
http://it.wikipedia.org/wiki/Giacomo_Leopardi
Interessante è la storia di Dante Alighieri che “non nasce” poeta. Curiosate se non conoscete i dettagli.
http://it.wikipedia.org/wiki/Dante_Alighieri
Anche Italo Calvino diverrà successivamente scrittore, ma era già nell’ambito come giornalista.
http://it.wikipedia.org/wiki/Italo_Calvino
Haruki Murakami, invece arriva alla letteratura dopo la lunga gestione di un jazz bar.
http://it.wikipedia.org/wiki/Haruki_Murakami
La chicca che vi voglio regalare invece è quella di una donna: la grande fotografa di strada Vivian Maier.
http://www.incisione.com/opere/bio.php?cognome=maier
http://www.flickr.com/search/?q=vivian+maier
Non vi dico niente, guardate e stupite (*_))
Il chimico Primo Levi … il mio scrittore preferito.
… a 18 o a 22 d’accordo, anzi troverei davvero inquietante il cotrario ma se superati i 40 mettiamo non ne puoi più di arrancare dietro all’architettura e decidi di darti al giardinaggio diciamo… puoi ancora sperare che anche tu come Spinoza, Kafka, Pessoa… che mentre coltivi erbe aromatiche la creatività ti esploderà determinata come non mai e che soprattutto troverai la capacità di esprimerla?
Antoine de Saint-Exupéry, aviatore e scrittore.
Grande.
Anche il compositore russo Aleksander Borodin (1833-1877), medico chirurgo la cui attività principale era la ricerca chimica in cui eccelse facendo significative ricerche. Ma non è ricordato come scienzato bensì come compositore, diventando l’ultimo componente del cosiddetto Gruppo dei Cinque (gli altri sono Balakirev, che fece anche il capostazione; Kjui, generale dell’esercito russo; Musorgskij, avviato alla carriera militare; Rimskij-Korsakov, arruolato nella marina imperiale)
Segnalo il libro di Daria Galateria “Mestieri di scrittori”
(…) Cosa facevano molti scrittori per vivere, prima di diventare famosi. Un itinerario capriccioso e divertente nel quotidiano degli artisti da giovani quando non sapevano o non speravano ciò che sarebbero diventati per noi.
Il mestiere più prestigioso lo ha praticato André Malraux, che è stato ministro; Jack London ha collezionato infiniti mestieri, fu per esempio fiociniere su baleniere dell’Artico; Colette aprì nel 1932 un Istituto di bellezza; George Orwell dalla Polizia Imperiale in Birmania passò a miserrime condizioni, lavapiatti e barbone; pensava di conoscere così il mondo e guadagnarsi la condizione di letterato. Gorki fece mille cose: come sguattero sul Volga conobbe il cuoco che gli fece conoscere i libri. Saint-Exupéry pensava che il suo vero mestiere fosse l’aviazione. Italo Svevo, per fare il grande industriale, smise di scrivere: gli bastava una riga per renderlo inetto al lavoro pratico per una settimana (…)
“Non pretendere di avere a tutti i costi le idee chiare sul proprio futuro a diciott’anni o a ventidue, essere aperti alle opportunità e alle esperienze, essere flessibili e saper recuperare dopo gli inevitabili fallimenti”
Queste parole mi mettono addosso un nuovo senso di avventura, a me particolarmente che stavo iniziando a mollare.
Hai detto bene, più che una scelta è vocazione.
J.W.Goethe letterato e ministro –
Luther Blisset giocatore di calcio e autore del cyberpunk italiano (sicuri che sia proprio lui?)
Ti sei perso un passaggio..
io lavoravo in un negozio di cartucce per stampanti e contemporaneamente mi sono fatta un blog.
Per me era eccellente perche contrario a cio che facevo ufficialmente.
Il blog era bello: ridevo, piangevo, pensavo, consultavo, imparavo, cercavo e a volte trovavo.
rispondo alla domanda: “se mi aiutate a integrare l’elenco di persone che combinano qualcosa di eccellente mentre ufficialmente fanno qualcos’altro ve ne sono grata”
Magritte – da giovane lavorò come disegnatore di carta da parati.
In realtà se uno facesse solo lo scrittore, potrebbe scrivere solo storie astratte, forse, o poesia. Il fatto di avere “vissuto” un’altra professione, offre l’occasione di sperimentare emozioni, sentimenti, relazioni ecc. che alimenteranno poi le loro storie. Comunque complimenti per questo blog. Mi chiedo dove trovi il tempo di scrivere tutti questi articoli di così alta qualità. Splendido. E grazie!
Ciao Antonio.
Grazie.
…diciamo che dentro c’è un bel po’ di lavoro notturno o domenicale 😉
Ma mi sembra che ne valga la pena.
Dino Buzzati ha scritto “Il deserto dei tartari” quando era inviato per Il Corriere della Sera.
dimenticavo… l’idea per il libro gli è venuta annoiandosi in redazione. Allora anche la noia è utile? 😉
Ciao Alberto. Sì, direi di sì. A patto che la noia generi quella irrequietezza che ti porta a reagire facendo qualcosa. E, se sei Buzzati, magari a scrivere Il deserto dei tartari.