creatività

La creatività è una (potente) medicina

Questo è un articolo che parla di creatività in una prospettiva un po’ diversa dal solito.
È anche un articolo a cui pensavo da tempo ma che ho sempre rimandato. Perché scriverlo è difficile. Perché rischia di apparire o melenso e consolatorio, o mistico ed esoterico, o disturbante. Se vi anticipo la tesi di fondo capite subito il motivo. Eccola.

RITROVARE IL SENSO DI SÈ. Premessa: molte persone creative (e molti autentici geni) hanno avuto infanzie difficili. Una percentuale davvero alta ha avuto infanzie o adolescenze spaventose: lutti familiari, spaesamento e solitudine.
Tesi: questo, per carità, non vuol dire che per essere creativi “bisogna” passare attraverso la tragedia. Vuol dire invece che, per molti diventati da adulti creativi eminenti dopo un’infanzia o un’adolescenza disgraziata, la creatività è stata il modo per evitare la depressione e l’emarginazione che possono essere l’altra conseguenza di traumi gravi.
Una medicina indispensabile. E potente. Una via per ritrovare il senso di sé attraverso il senso e il valore di ciò che si fa.

INFANZIE DIFFICILI. Mio padre, al quale mi sono sempre tenacemente opposto, era addetto a un centro sportivo. Mia madre aveva un negozio, Cat’s Plus, di articoli da regalo, tutti di sembianze feline. La loro unica preoccupazione era che non diventassi un delinquente. Così il regista Tim Burton parla della propria infanzia.

QUESTIONI DI SOPRAVVIVENZA. Si diventa molto creativi perchè si deve sopravvivere, dice la scrittrice Amy Tan in questa bellissima Ted conference. E notate la grazia luminosa con cui racconta la propria storia.

LA BASE DELLA CREAZIONE LETTERARIA, SECONDO KIPLING. Un altro scrittore, il premio Nobel Rudyard Kipling, nasce in India, a Mumbai, ma a sei anni i genitori lo spediscono in Inghilterra con la sorellina Amy, di tre anni. Finisce a casa del capitano Holloway, che lo maltratta. Racconta: ho sperimentato una buona dose di prepotenze, ma quella era tortura intenzionale, religiosa e scientifica. Tuttavia ha fatto sì che prestassi attenzione alle bugie che presto mi sono trovato obbligato a dire. E questa, credo, è la base della creazione letteraria.

ESPERIENZE SFIDANTI. Dean Simonton, uno dei massimi studiosi della creatività, scrive: la creatività eccezionale non sempre emerge dagli ambienti familiari ed educativi più protettivi. Invece, l’acquisizione di potenziale creativo sembra richiedere (a) qualche grado di esposizione a esperienze sfidanti che rinforzino l’abilità individuale a superare gli ostacoli, (b) esperienze diversificanti, che aiutano a indebolire le restrizioni  imposte da una socializzazione convenzionale.

Infine: moltissimi studiosi mettono in evidenza il circolo virtuoso che connette creatività, humor e resilienza, la capacità di reagire positivamente ai traumi. E mi fermo qui. Ma vi linko questa canzone.

Questo articolo è stato aggiornato nel novembre 2018

16 risposte

  1. Approfitto di questo post per segnalare un’esperienza incredibile sul fronte del connubio tra creatività e disabilità: quella di Esagramma, una cooperativa sociale di Milano, che lavora con disabili secondo le metodologie di Musicoterapia Orchestrale e di Musical Virtual Opera (interazione Multimediale).

  2. Non so il perchè ma è saltato parte del testo. Riprendo il discorso. La metodologia di Esagramma è unica in Europa ed è stata messa a punto in oltre 25 anni di attività. I suoi itinerari ruotano attorno al triennio di base di Musico-terapia orchestrale, che sono integrati con momenti di seduta individuale o di gruppo di Musical Virtual Opera (interazione multimediale): un percorso, quest’ultimo, che mira a supportare le esperienze educative svolte nell’area linguistica, rappresentativa e comunicativa o a integrare gli itinerari psicoterapeutici tradizionali. I suoi utenti sono bambini, ragazzi e adulti con problemi psichici e mentali gravi (autismo, ritardo cognitivo, psicosi infantile), pazienti psichiatrici adulti, giovani e adulti con sindromi post-traumatiche, ragazzi e giovani con disagio sociale e famigliare, genitori in difficoltò. Il momento più visibile della sua attività sono i concerti della sua orchestra, formata da utenti che hanno seguito i corsi e da musicisti professionisti. L’orchestra ha in repertorio rielaborazioni di opere di Stravinskij, Dvorak, Mahler, Gershwin, Bartok, Mussorgskij, Saint-Saen, Bizet, Rimskij-Korsakov, Beethoven, Brams, Sequeri e altri. L’orchesta ha dato vita a più di 100 concerti. Nel dicembre 2008 ha suonato (unica orchestra) nella basilica di San Paolo Fuori le Mura, in occasione del Giubileo con i disabili. Nel 2003 ha tenuto un concerto presso la sede del parlamento europeo a Bruxelles a chiusura dell’anno dedicato alle persone in situazione di disabilità. Nel settembre 2007 ha suonato a Loreto come unica orchestra all’Agorà dei Giovani, celebrata da Benedetto XVI. Ultimamente il suo direttore Licia Sbattella ha tenuto un corso presso l’Univerisité Charles de Gaulle Lille3, seguito da una serie di interventi di Musico Terapia Orchestrale con i carcerati di lucali istituti di pena: la duttilità del metodo supera i confini tradizionali e sviluppa nuove applicazioni. Per chi volesse saperne di più, http://www.esagramma.net.

  3. Sinceramente non trovo affatto questo post consolatorio o melenso. Anzi. Ho sempre pensato anch’io che la creatività sia la migliore medicina a tanti mali, dai maltrattamenti alle difficoltà incontrate durante l’infanzia o l’adolescenza e magari da adulti. In più credo che la creatività sia un buon rimedio alla solitudine e penso a tutte le persone che vivono sole, magari vedovi e vedove, con scarse possibilità economiche. Dipingere, scrivere, saper suonare uno strumento musicale e comporre, aiutano ad espandere il proprio sé, aiutano ad uscire fuori dal proprio cerchio. Solitudine e sofferenze diventano un capitale cui attingere per mandare avanti la propria idea di creatività. La sofferenza, spesso, è anche catartica. Mi ha sempre colpito Marilyn Monroe, la “bionda svampita”, quando scriveva poesie struggenti, fragili, delicate, commoventi. http://www.letteraturaalfemminile.it/marilynmonroe.htm

  4. Concordo con l’analisi, e approfondisco dicendo che non importa quale grado di difficoltà il creativo abbia vissuto nella sua infanzia. Magari non è morto nessuno dei suoi cari e non ha subito violenze o vessazioni particolari, ma c’è stato comunque qualcosa che ha innescato un “grumo” di rabbia che non ha saputo trovare altro canale se non quello della creatività. Secondo me è il sentimento – inespresso – della rabbia il motore di tutto. E non posso fare a meno di notare come spesso i lavori dei grandi geni della creatività siano una sorta di reiterato “dispetto” che fanno nei confronti del resto della società con cui sono arrabbiati. La creatività, per me, è un’arma di difesa e di attacco. E anche piuttosto divertente.

  5. Ah, chissà tu allora, Annamaria, che infanzia avrai avuto! A parte gli scherzi, la tesi è condivisibile probabilmente anche senza arrivare a situazioni border-line, come suggerisce Benedetta. La rabbia, spesso surrogato di un dolore, è un motore che si alimenta dei più impercettibili sentimenti e delle più grandi tragedie e, se affamata, qualcosa “ha da fare”. Se si riesce anche inconsciamente ad incanalarla in un condotto creativo, penso sia una buona terapia. Che può anche trasformarsi in un mestriere. Laura Grazioli

  6. Sono d’accordo con le riflessioni di Annamaria (chissà perché ma sono sempre in sintonia con quello che esprime, mi devo preoccupare?) aggiungo che a mio avviso che anche la solitudine è uno stimolo alla creatività, alla fantasia. Il rimanere solo con se stessi e pensare (positivamente si intende) credo aiuti a mettere in funzione processi logici che conducono a creare nuovi punti di osservazione nuovi argomenti. Penso ai bambini, che per la loro indole introversa si isolano e giocano da soli, riempiono i loro giochi di fantasie, creandosi un mondo tutto loro. Penso sia la prima scintilla di un processo creativo che magari negli anni si manifesta più decisamente. Che ne pensate? Se mi lasciate solo con i miei pensieri… mi in ludo 🙂

  7. Sono in sintonia con quanto ben espresso da Annamaria, ne sono convinta e non ci trovo niente di melenso. Credo, però, che non ci sia la rabbia, dietro alla creatività; la rabbia tende a distruggere, non a ccostruire. Credo che sia, invece, il bisogno, l’urgenza, di incanalare energie imprigionate dagli eventi o dall’ambiente in cui si cresce. Dentro, urgono delle possibilità, spingono, bruciano, ma tu non sai come espletarle perché hai da pensare e fare altro. Sei costretto a fare altro e a impegnare in altro la tua mente. Così cominci a leggere, a scrivere, a dipingere, a suonare, a scolpire… Scopri questa realtà parallela che nessuno ti può negare di frequentare. E che ti permette di salvare il tuo sé autentico. Ho spesso pensato che molte depressioni dipendano dall’impossibilità di dare sfogo a queste energie o dall’incapacità degli individui di riconoscerle e usarle. Tanto da farle esplodere dentro. Grazie, Annamaria, per questo articolo.

  8. Bruno Munari dà le definizioni che conoscete

    http://www.youtube.com/watch?v=yZqE8h3hPPk

    Io credo di essere principalmente IMMAGINIFICA e di seguito, coniugo la mia esperienza con il tema proposto.

    Nasco a Milano e lì cresco, amatissima da un padre con una vita breve che mi ha fatto sognare e mi ha regalato FANTASIA e POESIA.
    Sono stata una bambina svogliata e ribelle, con la testa NELLE NUVOLE.

    Quando, già adulta, una patologia importante, come dicono i medici, mi ha sorpreso, questo essere tra le nuvole é stata la salvezza della mia mente e mi ha dato la forza di affrontare otto mesi di pesanti terapie. Mi ha anche cambiata e, paradossalmente, in meglio, con una grinta da vendere.

    La forza derivava dal sistema TAPPARELLA, così l’ho nominato cercando di trasmetterlo ai miei compagni di ventura.
    Bloccare il pensiero al presente, non pensare al dopo, neanche prossimo e concentrarsi su altro. Come? Io facevo giochi di parole, mi occupavo comunque del GIORNALE TELEMATICO che, a scuola, non si poteva fermare e doveva andare in rotativa.

    La Apple è stata la mia risorsa in questo lavoro, il grande STEVE!

    Correva l’anno 1988.

  9. AGGIORNAMENTO
    Yayoi Kusama, artista visionaria, ha una storia di malattia mentale e da sempre usa l’arte come terapia. Vede il mondo in modo diverso da noi e ce lo racconta con le sue opere. Compie 87 anni, continua a lavorare e dice che i suoi occhi sono pieni di immagini. Il video del Guardian.
    https://www.facebook.com/groups/123148507743289/permalink/1335226646535463/

    Stephen Wiltshare è un ragazzo autistico. Gli basta un breve giro in elicottero sopra una città per ricrearla in un incredibile disegno panoramico.
    https://www.youtube.com/watch?v=d0aP3pJrgSc

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