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Leadership. Quando ce n’è bisogno? E com’è un leader?

Più le persone vogliono contare come individui, più sentono il bisogno di fare riferimento a un leader e a una leadership per contare ancora di più. Questo fatto non è così paradossale come potrebbe sembrare.

UN CATALIZZATORE. Le persone cercano una guida in grado di ispirare, orientare e organizzare. Un catalizzatore che consolidi e metta a sistema i bisogni e i desideri. Cercano una voce e una presenza fisica (un corpo) tale da rappresentare e promuovere le istanze e dargli continuità e progettualità. Cercano, nell’identità del leader, uno specchio e un amplificatore della propria identità. E perfino un oggetto di stima, rispetto e venerazione.

LEADER, CIOÈ? Ma quando diciamo “leader”, abbiamo tutti in mente lo stesso profilo? Oppure il termine è oggi usato in modo così generico da accogliere qualsiasi significato catartico e salvifico: poco più che la personificazione di una speranza?
Tra l’altro, è curioso che né in italiano né in francese ci sia un termine strettamente corrispondente all’inglese leader. In spagnolo c’è un termine adattato: lìder.Comunque, per una volta, l’uso del termine inglese porta con sé almeno un vantaggio: l’essere privo di connotazioni di genere.

UNA DISTINZIONE. Su leader e leadership sono state prodotte, tra sociologia, psicologia, impresa e politica, molte teorie e innumerevoli pagine. Chissà se riesco, sullo stesso tema, a scrivere qualcosa di sensato in poche righe.
Partiamo dalla caratteristica più  elementare, il ruolo: leader è “colui  o colei che guida” (leader viene dall’inglese “to lead, guidare”). E subito vien fuori una sottile ma cruciale distinzione.

UN RUOLO DI GUIDA. Se diciamo “capo” (in inglese,chief) intendiamo chi esercita un potere. Se invece diciamo leader, intendiamo chi assolve una funzione di guida. Dunque, possiamo avere capi che sono carenti di leadership (e che non possono essere considerati leader). E leader che non hanno alcun potere sostanziale, se non quello che deriva dall’assenso e dalla numerosità dei loro sostenitori.

EMOZIONE E COMUNICAZIONE. Ed eccoci a un secondo punto: un “capo” ha dei subordinati, che comanda. Un “leader” ha dei seguaci, che raccoglie e orienta. E ancora: non c’è capo senza gerarchia, ma un leader può essere tale a prescindere da qualsiasi struttura gerarchica. il potere del capo chiede di essere conquistato e sostenuto dalla competenza, la leadership, invece, di essere espressa, anche (e soprattutto) in chiave emozionale, e attraverso la comunicazione.

CONSENSO E VICINANZA. Il potere del capo può esprimersi anche in termini di coercizione. Quello del leader è puro potere morbido (soft power) fondato sulla fascinazione, sul consenso e su una fantasticata vicinanza. Questo vuol dire che un capo può essere percepito come una carogna e mantenere il suo ruolo. Un leader, no.

LEADERSHIP GUADAGNATA E PERDUTA. Infine: si può diventare leader anche proprio malgrado, per il puro fatto di sostenere una tesi o di compiere un’azione rilevante e ispirante, proprio nel momento in cui una collettività ne sente il bisogno. E si perde leadership, senza fare neanche in tempo ad accorgersene, se si dicono o fanno cose in cui la medesima collettività non si riconosce più.
Un capo può essere narciso e arrogante, un leader dev’essere (o, almeno, apparire) umile ed ecumenico: ogni seguace perduto è un pezzetto di leadership che se ne va.

TRA CAPI E LEADER. Un capo può anche essere o diventare un leader, e viceversa. Il sovrapporsi dei due elementi accresce l’efficacia dell’azione, ma aumenta anche l’instabilità del ruolo. Per esempio, se un capo perde leadership, anche il suo potere di comandare viene messo in discussione.

CENTO DEFINIZIONI. Inc.com raccogle cento definizioni di che cosa sia la leasdership. Forbes sottolinea che è un processo di influenza sociale, e che non ha niente a che fare con l’età anagrafica o la seniority (l’anzianità professionale), le cariche, i titoli.

PASSIONE E APERTURA. Fast Company  dice che per la leadership sono importanti la flessibilità, la capacità di comunicare, l’insieme di coraggio, tenacia e pazienza, un’umiltà non ritrosa e un senso di responsabilità. Molti segnalano che caratteristiche fondamentali della leadership sono la passione e l’apertura verso ciò che è nuovo. Quest’ultima qualità è particolarmente rilevante, se pensiamo che di leadership si sente il bisogno soprattutto in tempi di cambiamento.

E, poiché i nostri sono tempi di cambiamento, che la sorte ci scampi dall’incompetenza dei capi, dalla demagogia e dalla manipolazione dei leader. E da tutto questo, quando i due ruoli coincidono nelle stesse persone.

6 risposte

  1. Buongiorno,

    Mi scusi se sarò leggermente critico verso questo articolo, ma mi sembra di ravvisare un ottimismo tutto aziendalista nei confronti della figura del leader.
    Alle aziende piace il concetto di leader perché gli imprenditori automaticamente giustificano un sistema gerarchico verticale – e di innegabile efficacia, lo concedo.
    Personalmente sono giunto a ben altre conclusioni.

    La distinzione tra leader e capo è giusta, ma si immagini un piccolo gruppo senza gerarchie formali. Il leader diventa il capo de-facto, avendo il potere e l’autorità effettiva. Succederebbe lo stesso anche in caso di gerarchie con rigidità minore di quelle militari (“Severance: tagli al personale” è un delizioso horror che mostra bene anche una situazione simile).
    Ora si immagini di essere un semplice gregario che non riconosce questa leadership – sia perché deluso sia perché refrattario fin dall’inizio – solo e in minoranza, mentre il leader e i suoi gregari si muovono come un solo uomo dritti verso l’abisso.
    Come pensa che vivrebbe questo ‘soft power’, da questa posizione? Le sembrerebbe ancora così eticamente sostenibile?
    Penserebbe ancora che un leader non può essere una carogna?

    L’umanità è intrinsecamente fallace, e la socializzazione impone che i deboli stiano sottoposti ai forti: ecco un riassunto altrnativo della leadership.
    Ecco perché i leader politici acquistano visibilità e potere nei periodi di incertezza. giusto subito prima di rivoluzioni, dittature e altre simili amenità (scusi se continuo con i riferimenti mediatici, ma “Leaders of men”, dei Joy Division, merita un ascolto).
    Per ogni mahatma Ghandi o Che Guevara da idolatrare abbiamo avuto la nostra parte di Hitler, Savonarola e vari ministri dei temporali: carogne fatte e finite.

    Cinicamente devo riconoscere che i leader possono essere uno strumento di cambiamento, ma credo siano l’equivalente umano della muffa: a volte, con molto lavoro e competenza, si possono trasformare in medicina, ma per la maggior parte se non sono tenuti sotto controllo rischiano di rovinare tutto quello che toccano.

    Grazie comunque per l’ottimo articolo (solido e scritto come sempre benissimo – indipendentemente da quanto condivida le conclusioni).

    Magari

  2. Gentile Magari.
    Prima di tutto, grazie per il suo commento, che aggiunge qualità e pensiero a questa pagina.

    Ovviamente sì, un leader può essere una carogna.
    Basta, penso, che non appaia tale ai suoi sostenitori: “un leader dev’essere (o, almeno, apparire) umile… eccetera.

    Un buon, semplice modo per ottenere questo risultato è sostenere che le carogne sono “gli altri”. Se i sostenitori ci credono, il gioco è fatto. Aggiungo che chi sente forte il bisogno di credere a qualcuno è molto propenso a continuare a farlo nonostante l’evidenza (sono certa che le verranno in mente molti esempi anche tratti dalla cronaca contemporanea).
    In sostanza, tutto ciò riguarda, più che l’etica, le credenze e le apparenze.

    Le assicuro che sull’ottimismo aziendalista nutro le sue stesse perplessità. Anche perché, in oltre quarant’anni di lavoro con le imprese, devo dire che non ho trovato tutte queste schiere di leader intenti a galoppare verso un più luminoso futuro.

  3. Buongiorno, vorrei sapere se ritiene che vi sia differenza tra leadership e mentorship / leader e mentore. Se sì, potrebbe approfondire l’argomento?
    Grazie!

    1. Cara Francesca,
      direi che c’è una differenza tra guidare e formare o far crescere, anche se è difficile formare o far crescere senza avere almeno un po’ di capacità di indirizzare e guidare..
      Consideri però che di norma un leader è tale in relazione a un gruppo o a una comunità, un mentore è tale in relazione a un individuo, o a ciascun singolo individuo di un gruppo.

  4. Buongiorno Sig.ra Testa,
    grazie per la bellissima risposta.

    Scusi se riprendo il mio stesso commento: sono stato lento nell’organizzare le idee su questo tema e ci sto arrivando un poco per volta.

    Il mio primo commento è nato dalla lettura di alcuni articoli sulla psicopatologia degli agenti finanziari e dei manager.
    Si sosteneva che fossero praticamente dei sociopatici gravi, quasi dei serial killer mancati.
    Sono stato molto colpito anche da altri articoli sul suo blog: https://nuovoeutile.it/persone-di-potere/

    Nella mia mente si è sviluppata l’idea che i leader non siano affatto diversi da queste categorie: anche loro devono isolarsi emotivamente per poter prendere decisioni a volte difficili, e sicuramente devono avere una forte autostima, al limite del narcisismo patologico (e oltre).

    Tutte queste qualità non dipendono dall’autorità gerarchica, ma sono sicuramente connaturate in chi riesce addirittura a ritagliarsi una autorità all’interno di un gruppo senza nessun supporto esterno.

    Questa situazione è aggravata dal fatto che questo genere di personalità deviante è istintivamente venerata, proprio per la mancanza di ‘punti deboli’ emotivi, dalle personalità empatiche e più equilibrate (ahem) dei gregari.

    Anche senza scomodare politici molto visibili sui social o gli infiniti esempi fallimentari negli opposti schieramenti penso sia un punto di partenza più critico nei confronti di tutti i leader, e anche un manuale tremendamente cinico su cosa significhi pensare e agire come un leader.

    Grazie ancora per gli spunti!

    Magari

    http://www.igorvitale.org/2012/06/03/leadership-e-psicopatologia/
    https://qi.hogrefe.it/rivista/patologia-della-leadership-e-del-management/

    1. Gentile Magari,
      capisco il suo punto. Ma penso che ci siamo dimenticati che esiste un’altra faccia, o un altro modo, dell’essere leader, senza alcuna ambizione di diventare capi, ed è quello il focus dell’articolo: consenso invece di potere. Ho la sensazione che si stiano aprendo spazi più ampi per questo modo di intendere la leadership.

      Penso anche ad alcuni giovanissimi che in tempi assai recenti si sono trovati in posizioni di leadership loro malgrado, semplicemente dicendo o facendo la cosa giusta nel posto giusto, al momento giusto.

      Mi sono imbattuta in un recente articolo del Guardian sulla leadership tra i primati. Le incollo qui sotto il link.
      https://www.theguardian.com/science/2019/mar/12/what-animals-can-teach-us-about-politics

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