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Libri e lettura in Italia: parole, dati e fatti

Nella settimana che succede alla chiusura della Fiera del Libro di Francoforte, oplà, si aprono le polemiche si libri e lettura in Italia. Se siete amanti del genere, eccovi Gian Arturo Ferrari che sul Corriere della Sera lamenta la mancanza italiana di creatività e dice che la responsabilità è (sic) di tutti e di nessuno. Qui Christian Raimo che, dal blog di Minimum Fax, gli risponde per le rime. Qui invece il Manifesto, che titola Questa industria libraria fa schifo. E qui Linkiesta che, almeno, fa due più due e mette in relazione le scarse competenze linguistiche degli italiani, appena rilevate da OCSE, e le scarsissime fortune dell’editoria nazionale. Amen.

Se volete passare dalle polemiche ai fatti, eccovi l’analisi che, a partire dai dati dell’Associazione Italiana Editori, lavoce.info fa della situazione della lettura in Italia. In sostanza: quasi il 55% degli italiani al di sopra dei sei anni di età non legge neanche un libro all’anno (manuali scolastici o di lavoro esclusi). La percentuale degli italiani lettori, che nella seconda metà del secolo scorso è passata dal 16.3% del 1965 al 41.9% del 1998, risulta pressoché stabile da una quindicina d’anni, con una permanente differenza di genere: nel 2012 ha letto almeno un libro il 51.9% delle donne contro un 39.7% degli uomini. Ulteriore problema: solo un 15% dei lettori, che comunque restano meno della metà degli italiani, legge libri sul serio (almeno un libro al mese).

Le cose vanno molto meglio con bambini e adolescenti: tra i 6 e i 19 anni oltre la metà del campione legge libri, con un picco (60.8%) tra gli 11 e i 14 anni. Si noti che la spesa per le biblioteche scolastiche equivale allo 0,001% della spesa scolastica complessiva. Chi ha voglia di  guardare nel dettaglio la tabella 5, inoltre, può scoprire un paio di dati interessanti: tra il 1995 e il 2012 cresce bene la lettura dei giovanissimi, resta pressoché stabile o addirittura cala quella dei 15-19enni, cresce di poco la lettura delle classi centrali di età, si impenna la lettura dei 55-74enni.

Altra faccia della medaglia: una miriade di case editrici sforna una quantità di libri. Sono quasi 64mila nel 2011, con una crescita rispetto all’anno precedente che sfiora l’11%: vuol dire 175 nuovi libri pubblicati ogni giorno.
Ma chissà quanta parte di questo gran pubblicare percorre le nuove frontiere e i modelli di business emergenti e sostenibili per l’editoria, sia cartacea sia digitale, che il Digitoriale racconta (del resto, qualsiasi sia il business, “sostenibilità” sembra essere la parola magica dei prossimi anni). Ecco alcune suggestioni: valorizzare la produzione di contenuti e renderla centrale in strutture editoriali più agili. Proposte di lettura in streaming. Scrittori finanziati dal pubblico. Universi narrativi (l’esempio è il russo Metro2033) in franchising. Aggiungo che l’idea delle wild duck mi sembra mica male: se qualcuno mi pagasse per starnazzare selvaggiamente in una casa editrice ne sarei entusiasta.

Tuttavia, ho il sospetto che qui da noi, (altro che wild duck!) la situazione sia così tragica che, per modificarla in modo sostanziale, già potrebbero bastare un po’ di buonsenso e di buona volontà, la rinuncia a velarsi di panni catastrofisti, tanto nobili e seducenti quanto inconcludenti, e il coraggio di ripartire dalle piccole cose.
Che ci vuole a quintuplicare o a decuplicare l’irrisorio investimento nelle biblioteche scolastiche, per esempio? È un modo semplice per promuovere libri e lettura presso le classi di età in assoluto più sensibili. Che ci vuole ad avviare, come suggerisce Antonella Agnoli, un’indagine sulle biblioteche (alcune delle quali stanno peraltro registrando un piccolo ma significativo boom di lettori) con l’obiettivo di ottimizzare l’offerta scovando e diffondendo pratiche virtuose? E che ci vuole, per esempio, a offrire qualche incentivo ulteriore (ne avevo già parlato qui, a proposito dei dati sull’industria editoriale diffusi da ISTAT). alla nuova classe di lettori 55-74enni?

Che ci vuole a diffondere, anche sul web e con il passaparola, un’esperienza come quella delle Little free library, peraltro replicata, in modo credo del tutto spontaneo, da questo bravo signore di Palermo? E che ci vuole a far proprio il presupposto di Idea Store a Londra: i bibliotecari non devono star dietro al bancone aspettando i lettori. Devono andargli incontro. A questo proposito, leggetevi anche il bel post di Anna Pegoretti sulle differenze tra biblioteche italiane (universitarie e non) e biblioteche inglesi.
E magari è un po’ più complicato ripensare l’offerta delle librerie, però chi l’ha fatto ha avuto successo. Anche per quanto riguarda la promozione della lettura ci sono mille messaggi ispiratori e, per favore, non replichiamo i precedenti, modesti messaggi italiani.

La buona notizia – ne ho dato conto qui, l’ha sottolineato Tullio De Mauro su Internazionale – è che finalmente, e da diverse prospettive, di questi temi si parla al di fuori dei soliti circoli. In favore dell’investire in conoscenza si schiera anche Ignazio Visco, governatore di Bankitalia. Servirà a qualcosa?

Questo post è uscito anche su Internazionale.it

14 risposte

  1. Interessante. Molto interessante. Da applicare. Sarei curioso di sapere se le indagini che rivelano il numero di lettori di libri prevedevano un incrocio di dati fra acquirenti e lettori. Infatti nella realtà del mondo libri (quelli su carta intendo) esiste una diffusa e meritoria accresciuta attitudine all’acquisto di libri, indotta anche da alcuni eventi e dalla pubblicità di alcuni editori. Molti libri sono acquistati per autoconsumo, molti altri per regalo. Esiste di sicuro una percentuale dei libri che entrano nelle case che vengono riposti nella “biblioteca” e lì restano. Agire sulla cultura e sulla lettura potrebbe consistere anche nel fare una campagna istituzionale per far leggere i libri che si hanno già…

    1. Mi risulta che la domanda sia “quanti libri hai letto…” e non “quanti libri hai comprato o ti hanno regalato”.

      Le campagne per la lettura, di norma, non invitano all’acquisto di libri ma, appunto, a leggere libri, senza specificare se si tratti di libri acquistati, regalati, scambiati o presi in prestito da una biblioteca o da un amico.

      Il tema vero è che all’estero si fanno efficaci – spesso bellissime – campagne per la lettura, mentre qui da noi i messaggi sono così insulsi da risultare, temo, quasi disincentivanti. Guardati il terzultimo e il quartultimo link.

      1. CIAO Annamaria,
        sicuramente la biblioteca della mia città (Biblioteca Panizzi http://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Panizzi …) http://panizzi.comune.re.it/ non può reggere il confronto con librerie del calibro della Bristish Library o di città molto grandi, però funziona bene ed assolve il proprio dovere; ovviamente tutto è migliorabile, ma il servizio bibliotecario credo sia in generale di buona qualità, così come quello delle biblioteche di quartiere.

        Per questo forse sono spesso piene di grandi e piccini desiderosi di correre a casa per leggere quei “nuovi libri” che non sono stati acquistati o regalati ma semplicemente presi in prestito.

        Segnalo alcune iniziative (forse alcune te le avevo segnalte in altri post …) degli ultimi anni messe in piedi in città:
        http://www.reggionarra.it/ ,
        http://www.reggionarra.it/notte-dei-racconti/
        • i giorni delle biblioteche aperte, ecc.
        Altra iniziativa interessante è questa: http://www.natiperleggere.it/.

        Molto interessante anche l’iniziativa “SCAMBIO DEL LIBRO” messa in atto da alcune maestre di alcune scuole elementari : il bambino ogni settimana può scegliere un libricino tra quelli portati dai compagni (custoditi in una piccola biblioteca di classe), lo legge, lo riporta e ne riassume il contenuto.

        Alle medie le cose cambiano, maggior spazio ai cellulari e minor spazio alla lettura …

        Purtroppo, io per primo (e me ne rammarico con me stesso), non sono mai stato un grandissimo lettore, negli anni ho letto sempre più testi per lavoro e sempre meno per diletto (1 all’anno???) dedicandomi semmai alla lettura di articoli in rete o su riviste settoriali.

        Trovo MOLTO INTERESSANTE l’iniziativa delle Little free library e credo si possa applicare su larga scala.

        Perché non applicare una cosa simile anche nelle scuole?
        Un giorno al mese i ragazzi potrebbero scambiare un libro in cambio di un altro libro, magari ogni mese verterà su una materia specifica, es: questo mese potrete scambiare libri che parla di geografia piuttosto che libri di avventura, ecc.
        Questo sarebbe un investimento sui ragazzi a costo zero per la scuola.

        Inoltre si potrebbero sviluppare iniziative legate alla lettura con piccole biblioteche (fisse o mobili) in quei luoghi dove le attese sono davvero lunghe ed estenuanti (es. ospedali) o addirittura facendo scambi a domicilio con persone che non hanno la possibilità di andare a comprare o scambiare i libri in quanto immobilizzate a letto.

        Certo, oggi abbiamo le app ed i formati digitali … ma un libro cartaceo è sempre un libro cartaceo, con tutti i suoi difetti e tutti i suoi pregi (se ti addormenti e il libro cartaceo scivola e cade a terra non si frantuma … inoltre non si scarica sul più bello … e difficilmente tenteranno di rubartelo se lo dimentichi sul tavolo del bar mentre paghi il caffè).

        Per quanto riguarda l’editoria … non saprei.

        Dopo aver realizzato il mio Progetto per bambini ospedalizzati (www.storietestacoda.it) e dopo averne sostenuto i costi (brevetto, sito, ecc), avrei voluto pubblicare veri e propri libri cartacei per dare “forma e corpo” a quell’idea, ma ho desistito e rimandato a tempi migliori: ho avuto l’impressione di addentrarmi in una giungla.

  2. I principali colpevoli sono facilmente identificabili: il ministero della pubblica istruzione e gli editori italiani. Il primo, con la co-gestione dei sindacati degli insegnanti, si è sempre preoccupato principalmente della gestione del personale invece che della qualità della didattica: il fatto che il 90% della spesa vada negli stipendi (con un grosso sbilanciamento della spesa per dirigenti e personale amministrativo, mentre il personale didattico e scolastico in prima linea viene precarizzato) lo dimostra. I secondi perché hanno rinunciato al loro ruolo imprenditoriale per vivere, quando possibile, dalle rendite di posizione date dal monopolio della distribuzione tradizionale (i grandi editori) o dagli interstizi dello stesso per i piccoli editori. Lo dimostra il fatto che l’avvento dell’ebook era largamente prevedibile da 10 anni, ma la principale strategia degli editori italiani è stata frenarne la diffusione o renderla più difficile (DRM, iva al 22%).

  3. l’altro ieri mi è capitato un un delizioso pomeriggio dedicato alla letteratura per ragazzi con il fior fiore di esperti ( italiani ed europei) Beh alla timida domanda finale : OK fintanto che funziona il doppio lettore , l’adulto che legge al bambino o con il bambino affondiamo in analisi , risultati,compiacimenti etc ma poi che succede dopo , perchè e come si va verso il crollo , che idee abbiamo in proposito? La risposta è stata : l’adolescenza e giù di lì è un’età complessa MICA E’ Obbligatorio LEGGERE!ci sono anche altre espressività.L’hanno detto gli esperti. Zitta.
    Stamattina di fronte ad interrogativi intorno ai nuovi modi mediali di conoscere, una timida sedicenne ha sfoderato Se d’inverno
    una notte un viaggiatore.Invitiamola al prossimo convegno !

  4. Forse mi preoccupa di più cosa legge quel 45% che legge… e quanti di quei 64.000 libri nuovi ogni anno valgono la carta su cui sono scritti? Sono disorientato: se nessuno legge più, perché se ne stampano tanti? Chi se li compra? Chi li legge? E chi li scrive? E perché li scrive? Non è che, sotto sotto, si nasconde una nuova forma di riciclaggio? Non è che si vogliono “seppellire” i libri buoni sotto un cumulo di libri spazzatura?

  5. C’è anche da dire che chi lavora 8 ore in ufficio e tornato a casa lavora per la famiglia e per la casa, week-end compresi, difficilmente può godersi un bel libro.

    1. sia tu che Riccardo mi avete tolto le parole di bocca. E’ vero: parliamo di lettura senza approfondire cosa si legge e se quel che si legge sia degno di attenzione e del poco tempo che resta in una vita caotica e snervante che richiede soprattutto stabilità emotiva… parliamone …

      1. In certi momenti mi domando se il modello di società che ci impone di uscire da casa tutti nello stesso arco temporale, sprecare energie nello stress da traffico e nel rispetto di orari di ufficio, sia il migliore possibile. Simao certi che se potessi lavorare dalle 10 alle 16 sarei meno produttivo? E se avessi il tempo di allargare i miei orizzonti grazie a testi divulgativi su discipline che esulano dalla mia specializzazione, non avrei una mente più aperta e quindi capace di dare un miglior servizio alla mia organizzazione, sia essa un’azienda privata o pubblica? E siamo certi che questa società che costringe a parcheggiare i nostri bambini a scuola a tempo pieno (quindi in istituti privati) creerà una classe dirigente migliore di quella attuale? Capisco che dovrei anche proporre delle rsposte, ma non ne ho.

    2. Penso che dipenda molto dal tipo di lettura. Ci sono romanzi che si leggono tranquillamente in metro andando al lavoro o a casa la sera, al posto del solito filmaccio.

  6. CIAO Annamaria,
    scusami se invio nuovamente questo post, ma quello scritto nei giorni scorsi mi ha restituito un errore (forse dovuto ai link presenti, che ora ripropongo inserendo due spazi dopo www. o http:).
    PrEmessa – Leggere un libro richiede:
    • “passione per la lettura” … ma è più facile leggere un riassunto su wikipedia che un libro intero !
    • “tempo” … ma c’è sempre qualcos’altro da fare, una mail da leggere !
    • “attenzione” … ma c’è sempre un sms da inviare immediatamente !
    • “concentrazione” … ma l’orecchio è in attesa di quel fatidico bip-bip che non arriva mai !
    • e “pazienza … fino alla fine” … ma l’importante è sapere come va a finire !
    Tutti questi aspetti sono sempre meno presenti che in questo mondo di CLICKWORLD.
    PrOmessa – in futuro cercherò di scrivere post più brevi … ma non siete obbligati a leggere fino alla fine, potete fermarvi qui e dedicarvi nuovamente a quel libro che avete iniziato 😉

    Ovviamente la biblioteca della mia città (http: //panizzi.comune.re.it/) non può reggere il confronto con librerie del calibro della Bristish Library o di megalopoli, però funziona bene ed assolve il proprio compito.

    Inoltre da queste parti, negli ultimi anni, sono stati messi in campo investimenti ed iniziative nel settore cultura-lettura-biblioteche-infanzia che coinvolgono grandi, piccini e famiglie nella lettura:
    • www. reggionarra.it ,
    • www. reggionarra.it/notte-dei-racconti,
    • http: //biblioteche.provincia.re.it/Sezione.jsp?idSezione=256
    • i giorni delle biblioteche aperte, ecc.
    • stupenda iniziativa sui libri tattili che ho riportato nel mio blog
    http: //alesatoredivirgole.wordpress.com/tag/libri-tattili/

    In merito all’ultimo punto, proprio ieri ho scoperto con piacere che, nella biblioteca del mio quartiere, è stata avviata una ulteriore bella iniziativa: LEGGOCHIARO, ovvero un piccolo spazio con libri nati per soddisfare le esigenze di bambini e ragazzi con diverse abilità, libri da leggere non solo con lo sguardo.

    Ottima anche l’iniziativa “SCAMBIO DEL LIBRO” messa in atto da alcune maestre delle elementari : il bambino ogni settimana può scegliere un libricino tra quelli portati dai compagni (custoditi in una piccola biblioteca di classe), lo legge, lo riporta e ne riassume il contenuto.

    Il LITTLE FREE LIBRARY potrebbe funzionare quindi anche nelle scuole?
    Direi di sì! Un giorno al mese i ragazzi potrebbero scambiare un libro in cambio di un altro libro; letto il libro, lo studente potrebbe proporlo/discuterlo o riassumerlo in classe in forma scritta o orale.

    Questa attività potrebbe portare allo studente crediti o bonus spendibili in ambito scolastico o extrascolastico. Questo sarebbe un investimento sui ragazzi a costo zero per la scuola.

    Il Little free library potrebbe funzionare anche in altre strutture?
    Dagli ospedali allo scambio a domicilio per persone immobilizzate a letto tutto è possibile.

    Certo, oggi abbiamo le APP ed i formati digitali … ma un libro cartaceo è sempre un libro cartaceo, con tutti i suoi difetti e tutti i suoi pregi (se ti addormenti e il libro cartaceo scivola e cade a terra non si frantuma … inoltre non si scarica sul più bello … e difficilmente tenteranno di rubartelo se lo lasci sul tavolo del bar mentre paghi il conto).

    FASCIA OVER 55:
    inutile dire che chi non legge o ci legge poco difficilmente inizierà a farlo ad una certa età, però … non si potrebbero incentivare questi utenti tramite:
    1. ristampa dei contenuti principali di un libro, “tagliando” quelle parti NON fondamentali? In pratica: revisione del contenuto (i famosi tagli) per favorire letture meno dettagliate ma sicuramente più brevi e più dirette.
    2. ristampa di questi libri con caratteri più GRANDI: lettura facilitata ed occhi meno affaticati;
    3. ristampa con formati e dimensioni più GRANDI e malleabili del classico formato libro.

    EDITORIA:
    Dopo aver realizzato il mio Progetto per bambini ospedalizzati ( www. storietestacoda.it) e dopo averne sostenuto i costi (brevetto, sito, ecc), avrei voluto pubblicare veri e propri libri cartacei per dare “forma e corpo” a quell’idea, ma ho desistito e rimandato a tempi migliori: ho avuto l’impressione di addentrarmi in una giungla.

    E I LIBRI PER LA SCUOLA:
    ogni anno le famiglie investono capitali (!!) per avere ristampe di testi che spesso presentano:
    • lo stesso contenuto della/e precedente/i edizione/i,
    • le stesse immagini della/e precedente/i edizione/i,
    • gli stessi esercizi della/e precedente/i edizione/i,
    • una disposizione diversa (a volte) dei contenuti rispetto alla/e precedente/i edizione/i,
    • un PREZZO maggiore (costante invariabile) della precedente edizione … ma questa è tutta un’altra storia …

  7. L’incremento in fascia oltre 55 indica che una maggiore scolarizzazione si traduce in più lettori non appena le persone hanno più tempo per sè. E dimostra che quella del tempo, pur spesso una scusa, è anche una limitazione reale.
    Sulle librerie-bazaar avrei molti dubbi. Le esperienze locali hanno ognuna la sua storia, quelle formattate, come Red, mi sembrano un po’ sospese tra una proposta di cibo che non emerge e una letteraria molto soffocata. Non lo so… Vedo più il cotè letterario come fattore differenziante di un modello di ristorazione. Ma così vuol proprio dire che si fa un altro mestiere.

  8. mi colloco nel segmento dei c.d. “lettori forti”, 15 libri in media l’anno, quasi tutta saggistica. Tuttavia a che serve se non per la mia soddisfazione personale? De Mauro dice che almeno l’80% degli italiani è di fatto analfabeta di ritorno. Forse il restante 20% ha qualche riconoscimento nel lavoro? Leggere, oggi in Italia, serve solo a fare le parole crociate. Altro che “investire in conoscenza”.

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