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Mamme pubblicitarie, di ogni sapore – Idee 100

Il cortocircuito tra i registri espressivi di due recenti e interessanti campagne pubblicitarie straniere che parlano di madri, Old Spice e P&G (una va decisa sui toni comici fino a sfiorare il grottesco, l’altra governa con altrettanta sicurezza le atmosfere sentimentali) mi convince a raccogliere un po’ di ulteriore materiale sul tema delle mamme pubblicitarie, e a mostrarvelo.
Prima, però, vorrei ricordarvi alcuni punti che mi sembrano importanti.

  • Le campagne pubblicitarie difficilmente creano, ma facilmente rafforzano opinioni, cliché e stereotipi diffusi. Le imprese possono contribuire al rinnovamento del paese rinunciando a ripercorrere, nella loro pubblicità, gli stereotipi più arretrati e riduttivi sulle donne (e, ripetiamolo: non solo sulle donne).
  • Quando parliamo di donne (e, a maggior ragione, visto che siamo in Italia, quando parliamo di madri) lo stereotipo della madre-angelo della zuppiera (una sorridente brunetta sui trent’anni che serve la famiglia seduta a tavola) è sempre in agguato.
  • C’è bisogno di aria fresca. Di allargare l’orizzonte. Di moltiplicare i racconti: tenerezza, humour, coraggio, passione, paradosso. C’è un universo di emozioni e registri narrativi da sperimentare, e questa è davvero una bella sfida creativa. Perfino le zuppiere vanno benissimo, a patto che nell’immaginario collettivo non ci siano “solo” zuppiere. Insomma, sarebbe bello vedere madri di tutti i sapori.
  • Ne ho parlato qualche tempo fa all’assemblea UPA (qui la sintesi dell’intervento). In questi mesi non mi sembra di aver visto grandi novità nell’offerta pubblicitaria nazionale, ma magari mi sono persa qualcosa.

… siete pronti per una doccia scozzese di emozioni e sapori?

PICCANTE. Bene, cominciamo con le appiccicose ed esilaranti madri di Old Spice. Un bel lavoro sugli stereotipi, caricati fino al grottesco.
DOLCE. …e viriamo sul sentimentale-epico di P&G in occasione dei giochi olimpici invernali. Forse lo spot, colonna sonora compresa, non è così efficace come quello che l’ha preceduto, ma si tratta comunque, mi pare, di una buona prova: niente melensaggini, niente eccessi cosmetici.
DOLCEAMARO. Andiamo in Tailandia per un commercial strappacore, ma sul serio. E forse funziona anche perché la madre è un donnino da niente: gesti quotidiani e nessuna enfasi. È un registro sul quale i tailandesi sembrano muoversi benissimo, come dimostra un altro recente commercial in cui si parla di una madre ammalata (che però non si vede) e, soprattutto, di un padre.
DOLCE. Adesso, dai, smettete di singhiozzare: anche senza drammi, le madri di tutto il mondo fanno in sacco di cose importanti. Per esempio, trasmettere il dono della lettura.
AGRO. Al grido di “non siamo la tua mamma” il club ucraino degli art director invita i soci a non presentare lavori brutti al premio annuale: la giuria sarà inflessibile. I giurati dimostrano l’affermazione per paradosso, travestendosi da madri – non così improbabili, gambe pelose a parte. Unico, e non irrilevante, neo: il gioco funziona solo perché la giuria è interamente maschile.
Qui il making of della campagna.
AMARO. In occasione della giornata della mamma, questa campagna americana ricorda che troppe donne al mondo ancora muoiono per complicazioni legate al parto. A proposito di giorno della mamma: qui una raccolta di annunci stampa d’occasione (e, secondo me, niente di notevole). Mi auguro che qualcuno riesca a inventarsi qualcosa di meglio, magari, per il prossimo 14 maggio.
AMARISSIMO. È australiana la  campagna per Amnesty International che fa parlare le madri dei migranti che chiedono asilo politico. Meditate…
DOLCEAMARO. Viene dal Cile. Presenta una carrellata di celebrities bambine. Prima che tutta ‘sta gente diventasse famosa, e amata in tutto il mondo, ciascuna già poteva contare sull’amore di qualcuno. E indovinate di chi si tratta. Della serie: come parlare di maternità senza neanche mostrarla.
DOLCE/PICCANTE. È sudafricana la campagna che gioca, con ironia (e una vena di maschilismo – ma l’ironia ce lo fa perdonare, no?), sullo stereotipo della bella mamma.
PICCANTE. Il rap della desperate mother di Fiat 500. Eppure c’è qualcosa che non mi convince fino in fondo. Un po’ più di leggerezza, magari?
DOLCE. Sta di fatto che, in tutto il mondo, la mamma è sempre la mamma. Questo commercial è un buon modo, tenero e senza retorica, per ricordarlo.
Infine: non ho trovato buone storie di madri che lavorano. Ve ne viene in mente qualcuna?

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Pasta, pupe, pallone, provincia… l’Italia stereotipata degli spot
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11 risposte

  1. Ciao Annamaria, post arguto!! A proposito del quesito delle mamme che lavorano, ti segnalo lo spot paradossale realizzato da Kinder che rappresentava la mamma lavoratrice che veniva assistita nella sua pseudo routine da uno spaventapasseri! Di che sapore sarebbe? A presto, Francesca

  2. Pubblicizzare MAMME che LAVORANO: queste MAMME che alzano i figli, li vestono, gli preparano la colazione, la merenda, li portano a scuola e poi sgommano via per andare al lavoro in orario …

    Quanti prodotti ci stanno solamente in questa prima parte della giornata di MAMMA 2.0 (due punto zero)??? Merende, orgologi, auto, abbigliamento, borse, ecce ecc ecc

    Però … A volte si potrebbe pubblicizzare il CORAGGIO anzichè le zuppiere, il CORAGGIO che in molti casi le MAMME sanno tirar fuori a due mani …

    Ma il CORAGGIO a volte può diventare denuncia e la denuncia pubblicizza un problema ma non “fa vendere un prodotto”, anzi … e quindi NON conviene.

    Per questo, pur andando probabilmente fuori tema, parlo del CORAGGIO di una MAMMA LAVORATRICE che si è trasformata in una MAMMA BASTONE.

    Il sapore? Salato … !!!

    http://www.youtube.com/watch?v=-vHoCLFiqYo

    http://gazzettadireggio.gelocal.it/cronaca/2013/04/24/news/la-leucemia-di-mia-figlia-non-e-colpa-del-destino-1.6942117

  3. Mamma Lavoratrice: a me viene in mente una pubblicità progresso francese, che passa spesso su Euronews, che dice, molto brutalmente, che l’unico dato in cui abbiamo raggiunto gli uomini è il numero di infarti.
    E’ abbastanza ansiogena, ma nel modo giusto.

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