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Ministero della creatività: lo strano ossimoro

Si chiama ossimoro la figura retorica che consiste nell’accostare due termini antitetici. Alcuni ossimori hanno un loro senso sbieco: per esempio, affrettati lentamente. Oppure illustre sconosciuto, silenzio eloquente, fuoco amico, lucida follia.

Altri, anche a pensarci bene, proprio non ce l’hanno, un senso: per esempio, brutta bellezza, o corretto errore, o notte assolata.
Magari sbaglio, ma “Ministero della creatività” mi sembra un concetto ossimorico riconducibile più alla seconda categoria (assenza di senso) che alla prima (senso sbieco).
Eppure si sta parlando di un possibile Ministero della creatività con frequenza crescente, e nonostante il baccano elettorale.
Ma cominciamo dall’inizio.

– Nel settembre 2012 la Commissione europea presenta un piano strategico di valorizzazione delle industrie culturali e creative, che individua nella creatività e nella cultura elementi fondamentali di identità e di crescita economica. Con questo dà seguito alle evidenze e alle istanze emerse in un consistente studio del 2006, che NeU vi ha già presentato. I dati sono impressionanti: il settore culturale e creativo fattura, nel 2003, più di 654 miliardi di euro: oltre il doppio dell’intera industria automobilistica (271 miliardi). Contribuisce al pil UE più di tutte le attività immobiliari. E cresce, in cinque anni, del 12,3 per cento in più della crescita economica globale.

– Tra l’altro: il 2009 è stato l’anno europeo della creatività e dell’innovazione. Se non ve ne siete accorti è perché in Italia, sul tema, è stato fatto poco o niente. Così come si è fatto poco e male con l’utilizzo dei fondi strutturali UE per lo sviluppo delle creative and cultural industries: il documento UE che ne parla afferma, fra l’altro, che il dibattito politico ancora soffre di una interpretazione scadente e ingannevole del ruolo della cultura e della creatività… il paese non ha una strategia nazionale… l’azione politica appare male orientata e/o inefficace rispetto alle reali priorità di sviluppo. Seguono una sessantina di pagine che analizzano nel dettaglio le politiche caotiche e l’assenza di prospettive.

– Ma adesso c’è in ballo un sacco di soldi: Europa creativa è un progetto-quadro che prevede lo stanziamento di quasi un miliardo e mezzo di euro tra il 2014 e il 2020. In altri paesi europei si stanno già attrezzando (qui un articolo che vi offre una sintesi dello stato dei fatti).

Ed ecco venir fuori la proposta di istituire un Ministero della creatività. In favore di quest’idea si pronuncia Sel. Intanto la Fondazione Rosselli, con il XIV Rapporto sull’economia dei media, segnala la necessità di mettere a sistema l’intero settore. Intanto sul Corriere Ernesto Galli della Loggia chiede l’istituzione di un “vero” ministero della cultura.
E la brava europarlamentare Silvia Costa domanda al governo di non perdere anche questo treno (ha ottime ragioni per farlo, visti i pregressi).

A questo punto, vorrei esprimere un dubbio e fare una domanda.
Premesso (chi mi legge sul web o ha letto La trama lucente lo sa bene) che credo con tutta me stessa nel ruolo imprescindibile che la creatività svolge non solo per lo sviluppo economico e sociale di un paese, ma tout court per il progresso dell’umanità.
Premesso che credo con tutta me stessa che lo sviluppo delle imprese culturali e creative sia una fertile e fondamentale prospettiva per l’Italia. Premesso che continuo a scandalizzarmi per il modo in cui il tema da noi continua a essere ignorato, bistrattato, frainteso, sottovalutato.

Ecco: premesso tutto questo, mi prende il dubbio che la risposta (temo, per certi versi, automatica) “creiamo un ministero della creatività” possa non essere la risposta giusta.
È davvero questa la forma della struttura amministrativa che può gestire e promuovere un comparto complicatissimo e dai confini sfuggenti, a cui fanno capo musei e aziende che progettano videogame o siti web, moda e biblioteche, teatri e studi di graphic design, case di produzione audio-video e orchestre, agenzie pubblicitarie e case editrici, siti archeologici e cinema, fotografi, ideazione e produzione di festival e grandi eventi, pittori e cantanti e musicisti…
Siete mai stati in un ministero? A me è capitato, per lavoro, di aver a che fare sia col ministero della Pubblica Istruzione, sia col Ministero dei trasporti. è stata un’esperienza mistica, in entrambi i casi.

Ed ecco la domanda: non si dovrebbe, forse, affrontare in modo creativo la sfida di mettere a sistema e promuovere, nei suoi mille aspetti, la creatività italiana?
Il che significa: affrontare il tema senza pregiudizi e soluzioni precostituite. Raccogliere best practices e dati aggiornati. Andare a sentire quali sono i bisogni reali di chi fa lavori creativi (un universo frammentatissimo, variegatissimo a livello territoriale, con imprese minuscole e alte dosi di autoimpiego, e condizioni di lavoro peculiari nei diversi comparti – pensate alle differenze fra un attore di teatro, il curatore di un museo, un fotografo che fa reportage, un webmaster e un illustratore). Capire quali sono i nodi maggiori (dai contratti di lavoro al diritto d’autore, alla difficoltà per moltissime imprese creative, che spesso hanno commesse da enti pubblici, di farsi pagare prima di andar fallite).
E poi, forse, non converrebbe immaginare una struttura di coordinamento centrale più leggera di un ministero, integrata da una forte rete di presidi territoriali capaci di intercettare le diverse vocazioni e le diverse opportunità e di interfacciarsi con le imprese, i professionisti e le istituzioni locali – qualcosa, per esempio, sul modello delle film commission?
E non converrebbe (sembra un dettaglio, ma non lo è) proporsi di formare bene sia i pianificatori sia gli addetti, dicendogli che “creatività” è un’attività dotata di proprie caratteristiche che vanno rispettate, di necessità che vanno comprese. E, infine, ricordando che c’è bisogno (anche in vista dei fondi europei, se riusciremo a non perderceli), non di produrre ulteriore burocrazia ma, possibilmente, di aiutare a ridurla?

31 risposte

  1. Cara Annamaria,
    intanto ti devi beccare i “soliti complimenti” per il nuovo tema portato in evidenza su NU dal quale, mi auguro, possa scaturire una discussione ricca di contributi. C’è concreta nel paese più avveduto e moderno, l’esigenza di mettere ordine su questi temi in maniera innovativa e proficua. Siamo in campagna elettorale e tra qualche mese si insedierà un nuovo governo che “probabilmente” sarà guidato dal centrosinstra. Questo dato di partenza, che io personalmente reputo auspicabile, non è secondario. L’orientamento politico del prossimo governo determinerà o meno la volontà di mettere mano alla materia in modo concreto. Non a caso questa ipotesi e questa formula del Ministero della Creatività, trae origine da una riflessione della sinistra riformista sia in Europa che in Italia.
    Non ne faccio una questione ideologica ma di sensibilità sui contenuti e sulla forma che essi devono assumere. Nuove leggi, nuovo ordinamento del lavoro, del diritto d’autore, il riconoscimento giuridico di nuove figure professionali, l’eliminazione del precariato, le connessioni dei diversi ambiti creativi, l’impatto sui temi dell’agenda digitale e tanto altro.
    Io credo che le tue riflessioni e le tue domande siano legittime, suggerite dalla realtà delle nostre istituzioni e dalla storia dei nostri ministeri, ma è altrettanto vero che una materia così complessa deve assumere una centralità strutturale e finanziaria che materializzi la volontà politica di intervenire e governare il processo. La costituzione di un nuovo ministero è la soluzione più corretta per rendere operativo e organico il grande lavoro che c’è da fare. Dal basso, dalla realtà del paese, dalle persone, e dai creativi, stanno maturando ed emergendo proposte e progetti concreti che possono trovare una sponda in una struttura governativa solida, che rielabori questa intelligenza diffusa e disponibile. Commissioni, comitati, super comitati non possono che allontanare la possibilità di intervenire e agire. Il tempo a disposizione per fare questo salto di qualità non è tanto e le risorse economiche messe a bilancio dall’Europa non devono rimanere, come spesso accade in questo benedetto Paese, residui passivi. L’occasione c’è ed è concreta, i professionisti e le idee ci sono, manca lo strumento politico e attuativo: il Ministero della Creatività. Bel nome.

  2. Ancora una volta noi italiani siamo vittime del formalismo: dobbiamo catalogare, elencare, sistemare (nel senso di mettere a sistema). Siamo vittime dell’ossessione della forma, della paura della naturalezza, della paura del giudizio, della paura dell’originalità. Ma queste categorie sono il fondamento della creatività, sono, per l’atto creativo, l’equivalente del carbonio per l’acciaio. Scrive Galimberti, che ha capito prima e meglio di tutti questo problema italico: “alla base esiste quella tendenza all’oggettivazione che…porta i professori a giudicare i loro studenti esclusivamente in base al profitto, che è termine mutuato dall’economia, risolvendo l’educazione in puro fatto quantitativo dove a sommarsi sono nozioni e voti. Siccome la quantità è misurabile con il calcolo, dalla scuola vengono escluse ed espulse tutte quelle dimensioni che sfuggono alla calcolabilità: Creatività, Emozioni, Identificazioni, Proiezioni, Desideri, Piaceri, Valori, Credenze e Dolori. Ciò spiega perché a scuola vanno bene quei ragazzi che hanno un basso livello di creatività, scarsi impianti emozionali, limitate proiezioni fantastiche”. Ma come è possibile tutto questo!?! Ma come si fa a pensare ad un Ministero quando tutto il sistema educativo ancora non è in grado di accettare il concetto delle intelligenze multiple, dell’intelligenza emotiva. La creatività è considerata, dai bidelli ai Rettori, dai Professori ai Ministri, come un commensale stravagante, bizzarro, indefinito, inaffidabile e, proprio per le cose che scrive Galimberti, incapace di essere “governato”. La creatività ha come fondamento primo l’estraneità da ogni regola preesistente, l’uscita dai binari del “consueto” e questo non può essere tollerato dai professorini con i piedi per terra, da quelli che scrivono di creatività senza aver mai ideato neanche un portacenere, da quelli che amano i POF i PIG i PIM, i DURC, i CIG e definiscono i “Piani di Offerta Formativa” e fanno programmazioni. La creatività è un’altra storia, si nutre ben altre sostanze, non ama rendere conto. Si badi bene, non sto facendo apologia del disordine, sto dicendo che la creatività non sottostà a nessuna CONFORMITA’ che è proprio invece ciò che la scuola italiana (TUTTA) pretende dagli alunni, dagli studenti, dai ricercatori, dai professori. La creatività è capacità di esprimere la propria unicità, e saper indirizzare la propria energia psichica ed emotiva, la creatività è uniformità con la propria natura e questo significa educazione al riconoscimento di sé, significa pedagogia del silenzio, significa amore per la differenza, significa conoscere gli strumenti emotivi della propria personalità. Come sempre risolviamo i problemi dall’alto, istituendo Commissioni, Ministeri, Enti, per distribuire risorse, denaro, opportunità a chi le ha sempre avute mentre vasterebbe iniziare a far studiare a scuola le biografie dei grandi inventori , il funzionamento della propria mente, basterebbe iniziare a far conoscere ad ogni allievo …prima di tutto sé stesso. Poi forse inizierebbe ad assumere significato sapere come guerreggiavano i Sumeri, sapere cosa produce la Francia, apprendere i principi della fisica. Ma tutto questo avverrebbe solo dopo che ognuno avrà scoperto qual è la sua…pasta e avendola scoperta non potrà non destinarla al suo logico sviluppo. Quando un giovane scopre che tipo di albero egli è, i suoi frutti non potranno non essere che “i suoi frutti”.

  3. Cara Annamaria, a me non fa paura la creazione di un minstero ad hoc. A me fa paura il magna-magna di una pletora di burocrati-parenti-parassiti-banchieri-cineasti-elemosinieri che verrebbe a usufruire dei contributi con buona pace della creatività. Il problema è etico e perché in questo Paese non si fa altro che cercare di fottere il denaro pubblico.
    A presto. Francesco

  4. La creatività non dovrebbe avere un ministero per sè ma essere una peculiaritá di tutti i ministeri, dall’istruzione all’industria. Sono assessora ai servizi sociali di una piccola città della Lombardia e sperimento ogni giorni la necessitá di trovare risposte nuove e “utili” all’aumento delle richieste di aiuto e alla crescita esponenziale di nuove fragilità, fenomeni inversamente proporzionali alla diminuzione di finanziamenti pubblici.
    Grazie Annamaria per il lavoro veramente interessante!
    Nadia

  5. Mi trovo pienamente d’accordo con Annamaria e condivido al 100% il punto di Francesco di Bartolo. Possiamo dire che “abbiamo già dato” con Sviluppo Italia e sappiamo bene come è finita: soldi a palate agli amici degli amici e NULLA di fatto.
    Forse sarebbe più giusto chiamarlo “ministero della beneficenza agli amici degli amici” (o della maleficenza?).

  6. Nel tentativo di bilanciare il mio precedente commento in negativo ne propongo uno in positivo: a mio avviso un ministero dell’innovazione potrebbe funzionare se avesse come obiettivo quello di comperare progetti innovativi (fatti e conclusi..!) acquisendone i pieni diritti industriali, allo scopo di rivendere le relative licenze d’uso sia in Italia che (soprattutto) all’estero.
    Il prezzo di acquisto di progetti sviluppati con finanziamento europeo alle imprese proponenti dovrebbe essere decurtato dell’importo già finanziato.
    L’efficienza della struttura (o delle sue sub-strutture specializzate per singoli temi) va valutata di anno in anno in termini puramente contabili: ricavo dalla vendita dei diritti MENO prezzo di acquisto MENO costi di struttura.
    Se il risultato è negativo la struttura preposta si chiude ed i dirigenti si mandano a casa.
    Almeno in teoria questa modalità di funzionamento era (e credo sia ancora) prevista nello statuto del CNR, anche se è stata raramente utilizzata.

  7. Quando mi sono iscritto al Master of Science in Creativity mi ha colto lo stesso dilemma, quello dell’ossimoro.. Mi sembrava strano parlare di Science e Creativity allo stesso tempo. E quanto mi sbagliavo: quanto metodo e deliberatezza forma la creativita’! E se magari non si puo’ imparare la creativita’, si puo’ sicuramente imparare ad essere creativi. E si possono insegnare e condividere tutti quegli elementi intellettuali che aiutano la creativita’. Certo, Il Ministero della Creativita’ sembra Fantozziano, tutti i ministeri dovrebbero essere delle officine di idee e strategie ben realizzate. Pero’, considerando che il futuro ha piu’ bisogno di creativita’ che di cinismo, io direi perche’ no? L’importante e’ farlo bene.

    1. Guardando l’interessante video (http://www.ted.com/talks/mihaly_csikszentmihalyi_on_flow.html) del post http://www.internazionale.it/opinioni/annamaria-testa/2013/02/05/niente-idee-fate-due-passi/ sono stato immediatamente colpito quando, elencando figure di creativi, le prime due sono state quelle dell’artista e dello scienziato (vado a memoria). Non so se esista una scienza della creatività, ma come viene giustamente sottolineato nell’articolo di Annamaria che nella Ted Conference, ci vuole senz’altro una buona tecnica.

      1. Bello il video! la scienza spiega cio’ che non appare. Cosi’ come esiste la creativita’ “spontanea” che non mostra il suo processo e i suoi elementi, cosi’ esiste la scienza della creativita’, ovvero la scoperta di cio’ che prima era nascosto e magari ci eravamo dimenticati o, abituati da un sistema contrario, a non fare piu’. La differenza tra lo scienziato e l’artista e’ solo nell’applicazione, nel soggetto della loro creativita’. La conoscenza oppure l’estetica.

  8. Brava Annamaria Testa!
    Per alcuni anni (fino al 2012) ho messo nel mio programma d’esame (Psicologia Sociale, Università di Bologna) a scelta, il tuo testo “La Trama lucente”(assieme ad altri naturalmente). I miei studenti (Servizio Sociale) dovevano utilizzarlo per un lavoro libero (…scritto, orale, video, grafico..)e comunque la creatività non può avere un trattamento simile a quanto è considerato intelligente, valutativo, legato all’apprendimento universitario anche mnemonico, che costituisce una parte, solo una parte, del lavoro di apprendimento più generale che ha a che fare con le capacità, attitudini personali e il loro sviluppo attraverso la creatività.

    Condivido pertanto “in toto” la considerazione di un ministero per/della creatività un ossimoro, un assurdo.

    Dall’aprile 2012 ho smesso di lavorare per l’università e mi fa piacere ritrovare in rete, nelle parole di Annamaria Testa, gran parte della “Weltanschauung” che ha accompagnato il mio lavoro.

    Forse ce la possiamo ancora fare!!!…
    cordialità
    Milena Ambrosini

  9. Il messaggio che mi arriva (sensazione molto personale) è quello che in Italia siamo incapaci a fare qualsiasi cosa e che quindi c’è bisogno di una legge per tutto.
    Personalmente sono contrario. Anche se istituissero un ministero della creatività cosa si aspettano che un domani nasca uno Steve Jobs tutto italiano? Personalmente non credo che la differenza la possa fare un mistero quanto la possibilità che si dà ad una mente creativa di progredire.
    Parere mio.
    Nello.

  10. Grazie a tutti, intanto. Sta nascendo proprio il tipo di discussione che speravo, e mi sembra che ci siano elementi da considerare bene nelle posizioni i ciascuno.

    La domanda, rivolta specie a chi conosce bene le dinamiche della Pubblica Amministrazione, è questa: quale tipo di struttura potrebbe meglio svolgere i (molti) compiti associati allo sviluppo delle imprese culturali e creative? Che cosa ci vuole a) per parlare con la UE, b) per sviluppare un sensato piano di sviluppo nazionale e attivare sinergie, c) per essere efficacemente sul territorio?

    Vi viene in mente qualche esempio?

    1. tanto per rompere il ghiaccio, e non sono esperto di Pubblica Ammnistrazione, penserei ad un soggetto di facilitazione piu’ che direzione. Che supporti la fase divergente dell’attivita’ creativa: quindi errori che non costino troppo, lo stimolo e la generazione di legami deboli e variegati, gli spazi fisici, la curiosita’, il coraggio… Mi viene in mente Berlino. Ma che bello creare la creativita’!

  11. Amici, se amministrare è governare, il governare un bene prevede il riconoscimento di quel bene. Amministrare un bene presuppone la sua assoggettabilità a leggi.
    Se il bene è il prodotto creativo penso che questo prodotto sia intellettuale.
    A proposito c’è una legge del 41 e successivi aggiornamenti che difende i diritti degli autori.

    Comincerei a ragionare da un sito che esiste. Tipo questo. Un portale gratuito, tematizzato e orientato dalla legge citata. Una piattaforma gestita da studenti retribuiti per il servizio. Un luogo virtuale in cui chi esprime un’idea è sicuro di averla messa al sicuro. Un luogo in cui far incontrare offerta e domanda. Nell’ordine Offerta e Domanda. L’ordine giuridicamente legittimo per chiunque riconosca l’esistenza del lavoro intellettuale.
    Ma forse la politica è oltre. O altro. Oh altro.

  12. Non sono un’ esperta e mi scuso in anticipo se quella che mi è venuta in mente è una castroneria. Sarebbe un peccato perdere i soldi, ma le scadenze mal si coniugano con quello che hai in mente, Annamaria. Forse, ma non so se a livello legale è possibile, si potrebbero utilizzare canali già esistenti in cui già si ha a che fare positivamente con i bandi europei. Sto pensando ai gal gruppi di azione locali che riguardano i finanziamenti di imprese in agricoltura. Anche lì si premia la creatività, anche se in un campo specifico. Magari si può utilizzare quella rete e accostarsi con un binario che invece si occupi di quello che sta a cuore a te. Intendo dire che le persone che lavorano in questi gruppi già conoscono il macchinoso mondo dei finanziamenti europei e quando si tratta di domande bisogna saper presentare dei buoni progetti che abbiano un senso se inseriti in una realtà locale. Che si parli di pere, vino, mucche o invenzione dell’ acqua calda alla fine le carte e i modi credo siano gli stessi,farraginosi. La materia prima invece, la creatività, quella deve essere di buona qualità. E cmq la cultura e la creatività non sono così lontani dal mondo agricolo visto che si tratta di cibo, anche se per la mente (quest’ ultima frase me la potevo risparmiare, ma mi piaceva troppo). Questo è un esempio , ma ne esistono in tutto il territorio.

    http://www.gal-lomellina.it/index.php?option=com_content&view=article&id=46:gal&catid=1:ultime

    p.s. il primo link non funziona

  13. Senza giraci troppo intorno, ma solo guardando Senza girarci troppo intorno, ma solo guardando un po’più in là, penso che un “Ministero della Cultura e della Comunicazione” andrebbe benissimo. Come esempio, guardare http://www.culturecommunication.gouv.fr. Creatività è un termine usurato, abusato e usurpato. Il modello da seguire (ha ragione Annamaria) è quello delle Film Commission (alcune). efficiente delle FilmCommissionCommission di alcune regioni italiane.

  14. Amo alla folllia gli ossimori, ma quello del Ministero della Creatività (le due maiuscole sono intenzionali) mi pare una boiata pazzesca e mi spiego.

    Ritengo, c’è un’ampia letteratura al proposito senza segnalare link specifici, che la creatività sia una competenza trasversale e non debba essere ingabbiata in un ministero. Punto. (*_))

  15. Al solito, la nostra Testa pensante ha colpito dritta al cuore del problema. L’ossimoro produce spesso risultati sorprendentemente poetici, ma in questo caso temo sia il contrario, e la parola MINISTERO di fatto porti dritta a una prosaicità avvilente. Alzi la mano chi abbia avuto a che fare con i meandri burocratici e mentali dei ministeri e non si sia ritrovato in un incubo kafkiano. Per non parlare della mala gestione e della solita spartizione tra amici e clienti. Mi terrorizza un ministero della creatività. Ma sono sicuramente dell’idea che, visto che già c’è, il Ministero dei Beni Culturali vada scisso in aree di interesse specifiche, cosa che comporterebbe, nel migliore dei mondi possibili, un’auspicabile presenza di persone che conoscano davvero il settore di cui si occupano. Io non voglio un burocrate o un politicante a sovrintendere campi di interesse quali la musica, la letteratura, il teatro e via dicendo: voglio qualcuno che conosca davvero i problemi del settore. Perchè creare un nuovo ministero? E non creare invece una struttura che renda immediatamente rintracciabili e abbordabili i bandi europei e non nei vari settori culturali, orientarsi tra i quali è a metà tra una via crucis e un videogame ridondante di ostacoli ed enigmi? Esistono persino esperti che, dietro lauto compenso, si occupano di “decifrare” i bandi di concorso. Una struttura davvero utile sarebbe quella che potesse aiutare fattivamente ad accedere a questi bandi, spesso persi nei meandri dell’offerta europea.
    Altro punto.
    Da cinque anni dirigo una web tv dedicata ai libri e alla lettura, e insieme a me ci sono sul web tante realtà che da anni si occupano del settore, e lo fanno con competenza e passione. Sarebbe bello che, oltre a sostenere nuovi progetti spesso fumosi, ci si occupasse anche di chi i progetti li ha realizzati, e continua a farli, lavorando duramente grazie anche alla partecipazione volontaria di tante persone. La creatività non è solo futuro, ma è anche presente, ed un presente che spesso fatica a capire se ci sarà un futuro.
    Ultimo spunto, per ora. Oltre il 90% dei bandi (italiani ed europei)inerenti l’ambito culturale prevede che la partecipazione ai bandi stessi sia riservata alle no profit. Perchè? Perchè io che investo il mio tempo, i miei soldi e il mio lavoro in un’impresa culturale non posso accedere alle sovvenzioni, marchiata dal peccato originale di essere parte di una microscopica S.r.l?? Perchè non incentivare invece l’impresa culturale come investimento auspicabilmente produttivo, e non relegarla solo a spirito di volontariato?
    Per ora questo. Ma è solo la punta dell’iceberg.

  16. Io leggo sempre e con grande attenzione nuovoeutile. Leggo anche i commenti, rifletto. elaboro, collego, condivido, dissento. Voglio dire: ci sto pensando, intanto ringrazio tutti per gli stimoli offerti alla creatività dei miei pensieri.

  17. La Hochschule für Gestaltung di Ulm non ha avuto bisogno di un Ministero. Ha utilizzato e scelto a livello internazionale le migliori persone per competenza e umanità. Gli effetti della creatività infusa, stimolata e ricercata nella HfG sono tuttora attivi. (L’interfaccia iPhone, ad esempio, deriva direttamente dalle ricerche svolte alla HfG da Guy Bonsiepe). La Hochschule für Gestaltung è stata chiusa nel 1968 su decisione di un Ministero tedesco. Perché la creatività dà fastidio ai piccoli e meschini poteri costituiti.
    La Olivetti di Adriano Olivetti è stato un esempio assoluto di creatività applicata al prodotto e ai processi complessivi del sistema industriale. La Olivetti è stata demolita dall’ottusità di più ministeri, unita a quella del sistema bancario e da quello industriale, a partire dalle influenti decisioni di Vittorio Valletta (“Siamo disponibili a finanziare la Olivetti, purché rinunci totalmente all’elettronica”). Altre visoni avrebbero potuto fare in modo che la Olivetti fosse oggi la Apple italiana.
    La creatività è oggettivamente molto lontana dai ministeri.
    Forse occorrerebbe prima istituire un ministero per la creatività nei ministeri 🙂 (anche se già esiste ed è quella applicata alle mazzette).

  18. Al di là dell’ovvio paragone con i Ministeri orwelliani, penso che uno stato abbia il compito di garantire i diritti minimi di chi lavora in questo settore, di lavorare affinché ci siano le infrastrutture adatte per la nascita e la crescita di realtà creative indipendenti e di combattere qualsiasi tipo di clientelismo. Insomma, le solite fregnacce utopiche.
    Tra le mansioni che io reputo uno stato debba svolgere, non vedo l’indirizzamento delle risorse tramite una struttura che, per sua natura, ne tratterrà buona parte e avrà pieni poteri per distribuirne a piacimento, secondo parametri e leggi non scritte che saranno per forza di cose opinabili.
    Detta in modo spiccio, gradirei molto uno stato che introducesse la banda larga in modo antimaccheronico, che attuasse delle minime politiche a salvaguardia dell’ultimo stagista dell’ultima agenzia periferica, che ogni tanto organizzasse delle gare di appalto non truccate e che si affidasse a un team di professionisti del settore per capire dove andare a mettere le mani (ma soprattutto dove andare a non metterle).

  19. Questa volta non sono d’accordo con Annamaria Testa.
    Io lo farei un Ministero sulla Creatività, separato da quello, eventuale sulla Cultura.
    Serve innovare un po’ tutto.
    Affiderei il Ministero sulla Creatività a:
    Annamaria Testa
    Che ne dite?

  20. Ma perché abbiamo sempre bisogno di qualcosa di nuovo???? Non è possibile! Il traffico non scorre e pensiamo un nuovo viadotto, la scuola non funziona e pensiamo un nuovo progetto, la sanità non funziona e costruiamo un nuovo ospedale. NO! NO! NO! Se la creatività è la nostra natura e noi le siamo fedeli non c’è motivo di inventare qualcosa di nuovo, essa fiorirà da sola, come l’intraprendenza degli americani, come la tenacia dei tedeschi. Mi dispiace per la Sig.ra Testa che ammiro molto, ma la domanda non è quella che lei pone, la domanda è: come consentire ad un Paese di essere fedele alla sua natura? Questo è compito che nessun Ministero può assolvere, questo è un problema di identità di un popolo. Dovremmo avere il buon senso di evitare di pensare ad una soluzione per..domani mattina. Il problema Italia, il problema cioè di chi ha cercato di far finta che bastasse un buon Master per giustificare un incarico direttivo, che bastasse un concorso da Associato per giustificare la propria docenza, non è di imminente soluzione. Non possiamo continuare a produrre cose nuove, dobbiamo iniziare a correggere il tiro che vuol dire iniziare ad uniformare i curricula delle scuole italiane ad una natura diversa da quella Umanistico-professionale, ammettere di aver fatto molti errori. Una società è come un individuo, per superare i propri limiti deve scoprirli, deve “vederli”, riconoscerli. Dovremmo compiere tutti un grande sforzo di umiltà nel riconoscere che abbiamo cercato di essere ciò che non siamo.

  21. In Puglia lo sappiano da tempo che l’Europa non parla più in termini di “cultura” ma di “creatività”… e Vendola, infatti, è il leader di SEL, il partito che propone l’istituzione di un Ministero della Creatività o comunque “Beni culturali e creatività”.
    In Puglia siamo avanti, allineati con l’Europa, checchè se ne dica.

  22. Il ministero della creatività non è una brutta idea di per sé: anche una materia fluida può giovarsi di una struttura formale e istituzionale con la rilevanza di un ministero.

    Il problema sono le persone che dovrebbero costituirlo e lavorarci. Come impedire l’accesso alle lobby? come tenere gli apparati (tipo la SIAE – cfr Report sull’argomento) dal gettarsi a capofitto e lucrare sul lavoro di tutte le tante parti deboli che ha citato nel post?

  23. Sarebbe una boccata di ossigeno. La creatività è rimasta l’unico ingrediente in “dispensa” che può salvarci dalla crisi. Un’amica ballerina ed insegnante di danza mi raccontava giusto ieri sera di come creatività e cultura vengano tenute in altissima considerazione in Scozia, paese in cui si è di recente trasferita e che le sta dando un lavoro, un futuro e l’opportunità di realizzare un suo sogno: diventare coreografa che lavora con le disabilità. La creatività è considerata “curativa”, in tutti gli ambiti. Il ragionamento per me non fa una piega. Risorse buttate al vento? Ci sono materie, problemi, questioni più impellenti? Che cosa c’è di più impellente per la società del cercare di stare meglio?

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