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Non raccontarmi storie. Anzi, sì… – Idee 30

Perché raccontiamo? Siamo animali che raccontano storie, e raccontare ci è indispensabile sia come individui sia come specie, dice Jonathan Gottschall, docente di letteratura al Washington & Jefferson College di Pittsburgh ed esponente dei darwinisti letterari americani.

RICONOSCERE STORIE. Siamo molto bravi anche a riconoscere le storie. E addirittura a interpretare in termini narrativi qualsiasi accadimento. Per esempio: nel 1944 gli psicologi Fritz Heider e Marianne Simmel mostrano a 34 soggetti questo video. Guardatelo. Voi cosa avete visto? Nel ‘44 solo uno dei soggetti del test risponde: «una serie di forme geometriche che si muovono su un piano bidimensionale». Tutti gli altri attribuiscono personalità alle figure e costruiscono elaborate narrazioni per spiegare il significato di quello che gli è stato mostrato.

RACCONTARE PER SPIEGARE. Le storie ci coinvolgono sul piano emotivo molto più dei ragionamenti astratti. Con una storia (The Story of Stuff), l’attivista Anne Leonard può spiegare al mondo i concretissimi problemi del consumismo. Comincia con un video da venti minuti e nel giro di pochi anni dà vita a una comunità di oltre un milione di persone che si impegnano attivamente per cambiare le cose.
Le storie vengono anche ricordate molto di più. A dircelo è l’Economist, citando una ricerca dell’Università di Stanford: se una serie di dati nudi e crudi ha un ricordo del 5-10%, quando i dati vendono inseriti in una storia il ricordo sale al 65-70%.

BEATI I BRAVI NARRATORI. Il Wall Street Journal   racconta perché i bravi narratori (good storytellers) sono più felici nella vita e in amore: da una parte, raccontando bene, riescono a dare un senso e a inquadrare positivamente quanto è loro accaduto. Dall’altra, vengono norma considerati più attraenti. Ma attenzione: sono solo le donne a valorizzare la capacità di raccontare buone storie come segno di attitudine a raggiungere livelli di intimità maggiori.

storie 1

COM’È FATTA UNA BUONA STORIA? È ancora il Wall Street Journal a ricordarcelo, elencando gli elementi fondamentali: le emozioni e la morale della storia devono essere autentici, perfino se si tratta di una storia di fantasia. Dev’esserci una struttura riconoscibile, con un inizio, uno svolgimento e una fine. Dev’esserci un modo di raccontare (un tono di voce). Devono esserci personaggi  ben caratterizzati.
A proposito di sviluppo e personaggi: date un’occhiata alle teorie di Christopher Vogler riguardanti archetipi e sviluppi narrativi.

NARRAZIONI AZIENDALI. Se digitate Corporate storytelling con Google trovate milioni di risultati. Da diversi anni le imprese si sono accorte che raccontare storie crea valore e consolida la reputazione: sarà per questo che anche il Wall Street Journal si interessa alle storie?
Per esempio, le distillerie che producono Johnnie Walker costruiscono un’epica del brand che vi rimarrà piantata in testa per sempre raccontandovi, con oltre cinque minuti di meraviglioso piano sequenza, la storia dell’uomo che cammina.
Dell’importanza di raccontare storie per avvicinare le persone alle arti visive (e dell’incapacità di molti curatori di musei di riuscirci) parla un bellissimo post di Luisa Carrada.

LUNGA O BREVE? Quanto dev’essere lunga una storia? Dipende.
Può essere lunghissima: il Guinness ci dice che il libro più lungo del mondo è Alla ricerca del tempo perduto di Proust. Se parliamo di saghe dobbiamo però citare non Martin con il Trono di Spade, che pure non è breve, ma la giapponese Kaoru Kurimoto, che con la sua Saga di Guin ha raggiunto i 126 libri.
Una storia può essere anche brevissima. Nel 1920 Hemingway ci vince una scommessa, scrivendo una storia di sole sei parole: «vendesi: scarpe da bambino, mai usate». Se l’argomento vi interessa guardatevi anche il progetto creato da SMITH Magazine nel 2006: Six word memoir. Autobiografie in sei parole, raccolte in rete e che stanno dentro a un tweet. Un’idea tanto forte che a dieci anni dalla nascita (secoli, per i tempi di Internet) continua a raccogliere contributi e commenti. Reddit ha aperto una pagina di storie in sei parole nel 2014, e continua a raccoglierne.

NUOVI NARRATORI. Per creare una nuova generazione di narratori Nick Hornby nel 2010 fonda a Londra il Ministero delle Storie, una scuola non profit di scrittura creativa per ragazzi dagli 8 ai 18 anni. L’iniziativa replica l’analoga 826 Valencia, inaugurata nel 2002 a San Francisco dallo scrittore Dave Eggers.

BREVI STORIE VERE. Se volete cimentarvi e cavarvela in fretta, perché non provate a raccontare una storia vera (quella che volete) in sei parole? La mia è: «Bimbo giapponese: era così la guerra?».(articolo aggiornato ad agosto 2016)

54 risposte

  1. veramente sarebbe “nuanda” (sapete l’attimo fuggente?) ma ho sbagliato a scrivere! la mia storia è: “dal deserto, al mare, al deserto” ciao

  2. la risposta a quella del bimbo giapponese da un bimbo di allora: ” era peggio perchè fatta dagli uomini”

  3. Sogno ad occhi aperti di svegliarmi. Settantenne. In mano violette nel tam. Cercò disperatamente l’odore dell’acqua. Ho smesso di parlare con me.

  4. 1) Badisco, terra cuti e liberta\\\’. 2) Al risveglio io e Trudi ci diamo baci. 3) Respiro l\\\’aria: l\\\’estate é arrivata. 4) Lei amava le donne gentili. 5) Sei parole a volte fanno una storia. Buona primavera a tutt*. Ernestina Schena

  5. @ Punco X Mi spiace tu non abbia colto l’ironia. Sono i padani che credono esista un popolo con questo nome, non io. Ipotizzavo solo un futuro non in linea con le loro aspettative.

  6. @ Lucciola Ehm, l’ironia non è il mio forte… Però potevi scrivere: Said: “Brambilla, sono più milanese io!” 😉

  7. Una storia del 2011 in sei parole? L’ha scritta il Presidente Napolitano (onore e ringraziamento a lui). “Così non si può andare avanti”.

  8. Raccontare, ma anche raccontarsi storie, raccontare scrivendo o narrando a voce.
    Un universo magico che credo appartenga a tutti almeno nell’infanzia.

    I miei pensieri poggiano su una doppia esperienza
    – il Teatro Ragazzi (Franco Passatore al Teatro Stabile di Torino e Tinin Mantegazza al Teatro del Buratto di Milano). Inoltre l’esperienza con la Comuna Baires, a Milano. Si apprendeva la tecnica dell’attore, ovvero un buon attore, non finge, ma si immedesima attraverso l’esercizio degli stati d’animo.
    – Le produzioni di Candide Camera con la RAI e la realizzazione, nella periferia romana di Vermicino, di film di animazione promosso da Renato Nicolini e diretto da Lorenzo Taiuti. Quando riuscirò a mettere ordine nella mia vita trasferirò su youtube le produzioni cosicché saranno visibili.

    ULTIME CONSIDERAZIONI
    Giocare di ruolo è una esperienza liberatoria dal piatto presente. Personalmente lo faccio spesso. Anziché arrabbiarmi con gli automobilisti romani gioco d’ironia e racconto storie inverosimili.

    Altre storie inverosimili ce le siamo raccontate in rete in 11 scrivani che non si conoscevano. Ecco il lavoro.

    http://www.issuu.com/linkroma/docs/contepriscilla
    (*_))

  9. Quanto dev’essere lunga una storia? Quanto una gonna: corta abbastanza da suscitare interesse, lunga abbastanza da coprire il soggetto. 🙂

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