storie vere di creatività

Storie vere di creatività, piccole e grandi

Senza una difficoltà da superare non c’è cambiamento. Funziona con le fiabe (ce lo dice Vladimir Propp: ogni favola inizia con la fine di una situazione di  quiete e sicurezza) ma anche con le storie vere. Per tutto questo mese, sarebbe bello che tutti ci raccontassimo piccole e grandi storie vere di creatività. Per cominciare, eccovene due: una nota (e bellissima), l’altra sconosciuta. La prima comincia negli anni Ottanta, a Palermo, con un errore giudiziario.

CUCINARSI UNA NUOVA VITA  25 anni Filippo La Mantia, fotoreporter di mafia, è un bel ragazzo sciupafemmine. Succede che dalle finestre di quella che in precedenza è stata la sua garconniere viene ucciso il commissario di polizia Ninni Cassarà. Per quell’affitto ormai disdetto lui viene arrestato, innocente, nel giugno del 1986, e spedito in galera all’Ucciardone. Per consolarsi, comincia a cucinare su fornelli improvvisati, senza coltelli, facendosi raccontare ricette dagli altri detenuti. Riesce a preparare piatti meravigliosi. La Mantia viene scagionato dal giudice Giovanni Falcone. Esce a fine dicembre, mentre sta progettando un pranzo di Natale per i sui compagni di carcere. E continua a cucinare. Ri-inventa ricette tradizionali: via l’aglio, dentro le erbe profumate, e mandorle, capperi, agrumi. Fa fortuna. Oggi è uno chef molto noto. Il suo ristorante è a Roma, in via Veneto. La sua storia è diventata un romanzo ed ha ispirato un film.

MODELLARSI UN FUTURO Sandra C. arriva da sola dall’Ecuador in Italia, a Milano, a poco più di vent’anni, con un visto turistico. Vuole fermarsi: questo è il paese della moda e lei, da quando era piccola, sogna di diventare stilista. Per mantenersi fa le pulizie per due anziani che la pagano in monetine. Poi la cameriera alla piscina Solari e la stiratrice di camicie. Cerca qualcosa di più stabile: un posto come babysitter. È a questo punto che ci incontriamo. Viene a lavorare da me e la metto in regola. È tosta, simpatica, veloce, intelligente. Mi chiede di insegnarle bene l’italiano perché “chi parla bene si fa rispettare”. La sera frequenta un corso di disegno della Regione. Poi, un corso di sartoria. Due anni dopo, quando mi dice che sta per sposarsi, beh, l’abbraccio e le dico che sono felice per lei. Ed è vero, anche se mi dispiace non averla più intorno. Mentre mette su casa trova lavoro in un atelier e continua a frequentare corsi: uno da modellista, uno di alta sartoria maschile… Per due anni sta in un laboratorio di costumi teatrali, poi cambia nuovamente. Una casa più grande, e il suo primo atelier che la richiama, con un lavoro migliore. Mi ha telefonato tutta emozionata poco più di un mese fa per invitarmi alla sua prima sfilata da stilista, nella sede del Sole24Ore: diversi modelli (tra questi, un abito con una bella gonna di petali), ispirati alle orchidee del suo paese. Anche l’alta moda 2010 che Dior ha appena presentato a Parigi è ispirata ai fiori.

6 risposte

  1. DOVE LE RISAIE DIVENTANO QUADRI Vent’ anni fa circa, a Koichi Hanada, un impiegato del locale municipio, arrivò una richiesta inusuale: il suo superiore gli chiedeva di individuare un modo per attirare i turisti in questa piccola comunità rurale del Giappone settentrionale, ricca di risaie e meleti, ma poco più. Hanada racconta di essersi arrovellato per mesi tentando di escogitare un’ idea. Un giorno, si trovò a osservare alcuni bambini di una scuola che piantavano delle piantine di riso in una risaia. I bambini alternavano due varietà di riso, una con fusti violacei più scuri e un’ altra con fusti di color verde brillante. E così ebbe l’ idea: perché non piantare delle varietà di riso diverse in modo tale da formare parole o creare immagini? (continua…) Paddy Art Il boom del villaggio giapponese dove le risaie diventano quadri Paddy art – immagini

  2. Di testa nello schermo, ne è testimone il mio collo, teso in avanti, come una corda che cerca di trattenere una nave senza porto. E’ una ricerca ripetitiva, ma tento di cogliere dei particolari, dei frammenti d’immagine che mi diano più luce in un obiettivo umido di noia. Il caldo mi bagna e la tensione mi taglia il ritmo. La ricerca mi allunga la giornata e per fortuna mi rallenta il pensiero, tanto da soffiarmi l’idea nell’orecchio, con il fascino della prima volta. Forse la volta buona. Vorrei afferrare la novità prima di rituffarmi nel grigio incolore di una giornata come tante. Cerco un pertugio tra i solchi della tastiera per vedere le linee di rame correre senza una meta, ma intrecciarsi in una rete di immagini stereotipate. Ecco, finalmente uno snodo di colore, un’immagine che mi sorride, umile ma diversa. Ho trovato qualcosa di Nuovo e Utile. Non aspettatemi sono già scivolato via, lentamente, nella scia di un orizzonte senza linea.

  3. DALLE ROTAIE NASCONO I FIOR New York. Il Meatpacking District si trova tra Chelsea e il West Village. E’ l’ex zona dei macelli, recentemente risanata, in cui cominciano a fiorire gallerie d’arte e negozi di tendenza. Tra questi, il Chelsea Market, bellissimo esempio di recupero commerciale di una fabbrica di biscotti trasformata sì in un complesso di negozi e ristoranti, ma rispettando i vecchi muri e la struttura labirintica degli interni in modo che tutto, alla fin fine, somigli a un sistema di grotte delle meraviglie. Bene. L’area del quartiere, lungo il fiume, è percorsa da un lunghissimo sovrappasso costruito negli anni Trenta per far scorrere il traffico ferroviario al di sopra della rete stradale, e dismesso negli anno Ottanta. L’ultimo carico ferroviario che lo percorre è composto da tacchini surgelati. Quando si comincia a parlare di abbattere quella costruzione titanica, un comitato di residenti comincia a muoversi per proporre un’alternativa visionaria: trasformare tutto quanto in un lunghissimo giardino sospeso. Si fanno i conti e si scopre che l’alternativa può essere economicamente sostenibile. Si cercano finanziamenti. Si bandisce un concorso di idee per il riassetto dell’area. L’idea vincente è insieme semplice, efficace e spettacolare. Si conservano e riutilizzano al massimo strutture e materiali esistenti (traversine, metallo), ripuliti. Si piantano essenze selvatiche, che sono rustiche e sopravvivono dappertutto. Erbacce, insomma. E si disegna un percorso pedonale movimentato e confortevole, tutto legno e niente cemento, ricco di angoli per sedersi a guardare il paesaggio, bellissimo tra fiume e grattacieli, o per sdraiarsi a prendere il sole. Oggi il progetto è già molto avanti, e sull’High Line si può fare una lunga, sorprendente passeggiata, tra gente di tutti i tipi e di tutti i colori: mamme col passeggino, adolescenti che si baciano, tipacci tatuati (poco distante c’è un noto bar di motociclisti), ragazze che si abbronzano, gente che legge libri o traffica con un computer, anziani che chiacchierano. E una quantità di turisti, ovviamente. Il posto è lindo. Non c’è un graffio o un graffito o una cartaccia. Come se tutti sentissero il bisogno di rispettare questo regalo per il quartiere e la città.

  4. INSEGUIVA UN SOGNO, ORA LO CHIAMA DESIDERIO E’ una mattina come le altre e William sta seduto nel suo banco, in seconda fila. La maestra di italiano sta parlando della parola e del suo ritmo, parla ininterrottamente per mezz’ora. Ad un certo punto parla di musica, della musica e delle sue parole. La musica concede ritmo alle parole e le parole ricambiano volentieri. Così la maestra chiede agli alunni di portare la propria musica preferita per la lezione successiva. William sente il cuore che gli sobbalza. Ha solo 9 anni ma ascolta già musica British, Oasis a tutto spiano. Ne va matto. Il giorno dopo porta la cassetta con “Wonderwall” per farla ascoltare in classe e per mostrare alla luce uno dei suoi primi sogni: fare il cantautore. Sbaglia e fa ascoltare a tutti “Hello”, brano poco apprezzato e di gran lunga inferiore a “Wonderwall”. William, 5 anni dopo, ha l’occasione di vedere dal vivo i suoi beniamini, a Milano. A 14 anni assiste al suo primo concerto live. Ne rimane estasiato. Vorrebbe essere al loro posto, vorrebbe diventare come loro e allora si rimbocca le maniche. Prende lezioni di chitarra e inizia a comporre i suoi primi brani, la voce è buona così come la musica e i testi: immediati e orecchiabili. William si accorge che possiede un dono; ha bisogno però di farlo crescere e maturare. Il giovane William è anche un tipo impaziente e decide subito di mettere in piedi una band con 4 amici scapestrati, gli amici del quartiere, quelli con cui cresci e con cui non cresci. La band ha zero tecnica ma tanta tenacia e col passare del tempo i ragazzi crescono e iniziano a esibirsi in piccoli locali che poi diventano grandi e così il pubblico inizia ad apprezzarli. Non mancano i dissidi tra William e alcuni componenti della band che cambia front-line un paio di volte. William non vuole gente con le mani in mano, vuole ragazzi che sognano e che si sporcano le mani, che fanno sacrifici, per i loro sogni. Come fa lui, forse in maniera maniacale. Come è lui, impaziente. Inizia l’università, i ragazzi sono grandi, il salto di qualità sembra alle porte. Ma un pomeriggio di metà ottobre crolla tutto. Il chitarrista, maestro degli arrangiamenti non ne vuole più sapere di prendere in mano una chitarra. Lascia tutto e tutti. Lo seguono a ruota gli altri ragazzi. William è incredulo. Il sogno sta svanendo. Passa del tempo e William capisce, non senza dolore, che il suo è più di un sogno. Non è solo il sogno di suonare in una band. E’ molto di più. Lui ora lo chiama desiderio di libertà e di bellezza. Così William continua a suonare e a comporre. Per quel desiderio.

  5. Era ‘na cricca de scolari e scolare ma tutti co’ la prescia e l’ambizzione de trova’, penza ‘n po’, quarche occassione de produsse in ” teatro popolare”. A Cantamaggio, con un testo forte cercorno l’occassione e la trovorno: Brett e li partisciani ‘nnat’a morte. Che t’ho da di’, ce s’accalororno. E de’ regazzi con quella tignata de recita’, uno è un vero attore, l’artri amo fatto ‘na scerta ‘mpeggnata: pure se da ‘mpiegato o ‘mprennitore, quella pe’ noi nun fu ‘na regazzata ma n’improvvisa presa dentro ar core. Finalino. De certo che so’ strani li destini: tutt’ebbe inizzio ar Cral de li postini!

  6. Una grande storia vera di creatività. … Care amiche, cari amici, Promotori della Libertà, l’estate è stagione ingannevole, con il suo caldo e con le sue lunghe giornate dedicate per convenzione alle vacanze e al riposo forzato. Le aule parlamentari sono vuote, i colloqui telefonici si infittiscono tra una spiaggia e una montagna, le chiacchiere prevalgono sui fatti: tutto questo spiega come questa estate, l’estate del 2010 passerà alla storia per il ritorno alla vecchia politica del teatrino e appunto delle chiacchere. Intendiamoci, questo virus ha contagiato soltanto chi dalla politica politicante veniva, non ha contagiato certamente me e il mio Governo. Anche oggi si può cogliere la fotografia di due situazioni contrapposte: da un lato, il Governo del fare che continua a lavorare e a mettere in galera i più pericolosi latitanti e ad assestare colpi mai inferti prima alla malavita organizzata; dall’altro, i politici di professione e i loro giornalisti di riferimento che discutono tra loro di ammucchiate fuori del tempo. Come si può pensare, nell’anno di grazia 2010, a resuscitare alleanze dal collante incerto, dai programmi ancora più incerti, dalle prospettive addirittura incertissime? Grazie al nostro ingresso in campo, gli elettori oramai e definitivamente si sono abituati ad una chiarezza semplificativa che non potrà mai più essere abbandonata: vanno a votare sapendo in anticipo quale sarà il premier per cui indicano la loro preferenza, quale sarà l’alleanza delle forze che costituiranno il Governo e sanno soprattutto quale sarà il programma dall’inizio alla fine della legislatura. Tornare indietro da questa conquista non è possibile, non si può rivoluzionare la politica facendo marcia indietro dal computer, dagli iPhone e dai blackberry all’abbecedario di vecchia scuola. È vero che siamo in estate, ma agli italiani alcune idee chiare e precise non vengono certo offuscate dai calori estivi. Il ritorno della vecchia politica perciò è il tentativo di riaprire un teatrino che ormai non trova più spettatori. E’ come se cercassimo di tornare alle arene estive di massa dimenticando che nel frattempo è intervenuta la tv digitale e satellitare. Al di là dei dibattiti politici estivi perciò, dobbiamo tenere un punto fermo: le innovazioni che abbiamo introdotto nella politica restano, non perché lo diciamo noi, ma perché questa è una conquista della gente e la gente giustamente non accetterebbe mai di tornare indietro. Andiamo avanti, quindi, sulla strada della novità e della semplificazione, su quella realizzazione concreta delle promesse elettorali che resta l’unico punto di aggancio vero nei confronti dei nostri elettori. Abbiamo già detto quel che il Governo ha realizzato, e ha realizzato molto e molto bene, in questi due anni, a partire dalle grandi emergenze, come i rifiuti in Campania, il terremoto dell’Abruzzo, la questione Alitalia. Ha lavorato bene, il Governo, anche nel campo della riforma della scuola e dell’università, nella lotta alla criminalità organizzata e nella percezione più diffusa di sicurezza nelle città, ottenuta grazie all’impiego dell’Esercito, nel contrasto all’immigrazione clandestina (dove si può parlare davvero di risultati clamorosi). E per finire, è il caso di ricordare, a chi lo volesse dimenticare, la difesa delle finanze pubbliche grazie alla strategia del rigore, in contrasto con un’opposizione che pretendeva ancora di spendere e spandere e che in questo modo avrebbe portato il nostro Paese alla rovina come la Grecia. La manovra da 25 miliardi di euro, che abbiamo portato a termine senza un giorno di sciopero, ha completato l’ operazione stabilizzando il bilancio pubblico: e direi che tutto questo è molto importante! Abbiamo ottenuto cosi l’approvazione dell’Unione Europea, della Commissione di Bruxelles, del Fondo Monetario Internazionale e perfino delle principali agenzie di rating. La ripresa è avviata e si stanno già mettendo in moto gli incentivi per incrementare le occasioni per le aziende italiane sui mercati interni e su quelli esteri. Ed è proprio nella politica estera che il Governo ha dato il meglio di se con l’organizzazione del G8, dell’Aquila, e con la nuova diplomazia commerciale dove in ogni occasione abbiamo fatto valere il nostro peso e la nostra esperienza. Tutti questi risultati sono stati realizzati proprio grazie alla nostra politica concreta, alla politica del “fare”, non certo la politica dei chiacchiericci estivi. E i cinque punti che il Popolo della Libertà e il Governo intendono portare con priorità in settembre dinnanzi alle due Camere, confermando tutto il programma approvato dagli elettori, sono la continuazione concreta di una politica tutta tesa ai fatti: su quei punti e per quei punti sono stati eletti tutti i rappresentanti del Popolo della libertà che su quei punti e per quei punti saranno chiamati ad impegnarsi per portare a termine una legislatura fruttuosa e feconda di risultati positivi. Sono sicuro che questo debba avvenire ed avverrà. Tutto il resto sono soltanto chiacchiere, chiacchiere e basta. Vi abbraccio forte, uno ad uno. Silvio Berlusconi

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