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Le primarie del PD: tra vincere, perdere e comunicare

Domenica pomeriggio la nebbia tra l’appennino emiliano e Milano è fitta come zucchero filato. Viaggio tra i campi a quaranta all’ora, tirando accidenti perché non si vedono neanche i fossi e scanalando sull’autoradio per evitare il calcio. Ci metto una vita. Arrivo a casa giusto in tempo per arraffare la scheda elettorale, cercare l’indirizzo e catapultarmi. C’è ancora gente in fila. Alle otto meno cinque di sera, finalmente, ci metto anch’io, come quasi tre milioni di italiani, la mia croce e voto alle primarie del PD.
E vabbè, l’ho fatto anche stavolta.

Torno e mi piazzo davanti alla tv. Nove e dieci: prima intervista (Fassina) su Sky: “Come considerate il voto a Cuperlo più basso delle attese?”. Risposta: “Lo consideriamo più basso delle attese”. Seguono dichiarazioni altrettanto rilevanti.
Arriva un po’ di altra gente del PD: tutti si pavoneggiano per la partecipazione popolare. Poi, a dare un tocco surreale, sullo schermo passano immagini di Renzi circondato da un gruppetto di tizi vestiti da babbo natale. Un po’ di rosso intorno non gli sta male, diciamolo.
Dichiarazione del renziano Dario Nardella: “Il PD sarà un partito inclusivo nella chiarezza” (traduzione: abbiamo vinto noi, e non rompete).
Arrivano le prime proiezioni. Pubblicità.

Intanto su La7 ha cominciato anche Mentana, fibrillato in attesa dell’arrivo di Epifani (“È già un po’ meno segretario”, dice). Altri commenti a riempire il tempo: Marco Da Milano (l’Espresso): “Renzi è un outsider che viene incoronato leader”. Urca, soprattutto per via di quell’”incoronato”.
Stefano Di Traglia, responsabile della comunicazione PD: “Tutto ciò è stato reso possibile dal trauma delle elezioni di Bersani”. Urca e basta, ma davvero ha detto una roba del genere oppure ho capito male?
Aldo Cazzullo del Corriere della Sera: “Le cose complicate per Renzi cominciano adesso che deve fare il segretario di partito”. Be’, questo non fa una piega.
Arriva Epifani, rigido rigido e dice quasi niente.

Cuperlo è il primo dei candidati a fare una dichiarazione. Si presenta con il miglior sorriso dell’intera campagna elettorale. Abito grigio formale, lui composto ma meno legnoso del solito. Ringrazia. Aggiunge “Se ho capito bene, quando si perde è importante fare un bel discorso”. E qui, proprio sull’ammissione della sconfitta, decolla. Segnala i pericoli dello squadrismo verbale grillino. Parla di crisi dell’economia, della democrazia e dell’etica pubblica. Dice “lealtà, chiarezza reciproca, orgoglio, schiena dritta, responsabilità, riscossa culturale, politica e civile”. Insomma: tutto il menu, ma cucinato in modo assai dignitoso. Non farà sconti a Renzi.
E poi (questa è la novità in termini di stile del politichese italico, che prevede che gli sconfitti si dichiarino diversamente vincitori) riprende “Io mi sono candidato alla guida del mio partito e ho perso… e la responsabilità di quello che non siamo riusciti a fare è interamente mia, per tutte le volte che non sono stato all’altezza delle nostre idee e per tutte le cravatte che ho sbagliato”. Non male, anche se le cravatte non c’entrerebbero così tanto.

Sono ancora su La7, che buca la dichiarazione di Civati, poarino, per un difetto di collegamento. Salto nuovamente su Sky.
Civati, pullover da bravo ragazzo e giacchetta blu, aria arruffata, ha un tono intimista e commosso: “Ci dicevano che saremmo stati residuali  e non è andata così. Non finisce qui.” Porterà avanti i temi degli ammortizzatori sociali e del reddito minimo, insomma. Ma si vede che stasera ha poca voglia di scherzare.
In una successiva intervista, ritrova il suo stile e si definisce “un terzo che arriva quasi secondo”. E sottolinea “Riconosco la vittoria di Renzi, stimo Cuperlo”.
Ma Civati in tv proprio non ha fortuna. Sul più bello Sky lo interrompe cafonescamente: “Scusa Civati, ma ubi maior”. Già, sta per parlare Renzi.

Ovazione per Renzi. Parlerà per mezz’ora.
Ringrazia tutti quanti: Pittella, Civati, la Leopolda, il PD, Cuperlo (uno che ha molto da insegnare, dice), la sua famiglia, i cittadini. Abito blu d’ordinanza, parla in maniera lineare e riesce perfino a somigliare un po’ meno all’imitazione che ne dà Crozza.
Attacca il vaffa day e le liste di proscrizione dei giornalisti: “Gli italiani hanno dimostrato di essere migliori della loro classe dirigente”, dice. E poi: “Oggi che abbiamo vinto pensiamo a tutte le volte che abbiamo perso”. Prosegue: “È la vittoria di una nuova generazione, cresciuta in un mondo orfano della politica. Useremo metodi un po’ spicci. La stabilità non è un pretesto per l’immobilismo. Basta piagnistei, non abbiamo più alibi. Bisogna saper vincere: niente è dato per scontato. Ai teorici dell’inciucio diciamo vi è andata male”.
Alterna toni piani e toni veementi, con poche – ma qualcuna c’è – scivolate nella piacioneria.
Torna sul taglio dei costi della politica e promette di tenere insieme buonsenso e ideali. Ingiunge e rassicura: “Questa non è la fine della sinistra. È la fine di un gruppo dirigente della sinistra. Stiamo cambiando i giocatori, non il campo. Anche il sindacato deve cambiare con noi.” Cita lo slogan l’Italia cambia verso: uno scivolone  propagandistico che toglie tono di verità al discorso. Conclude su scuola, cultura e autorevolezza sociale degli insegnanti, e citando Nelson Mandela: “il nostro giocare in piccolo non serve al mondo”.
Se ne va pressato dalla folla come una rockstar, in un trionfo di telecamere e telefonini.

Staremo a vedere. Sperando che, dalla nebbia, un pezzo di strada da percorrere, magari non a quaranta all’ora e senza finire nel fosso, venga fuori. E che, giusto per marcare le differenze di stile rispetto alle retoriche del leader carismatico che ci siamo cuccati per vent’anni, il calcio venga lasciato fuori, anche dalle metafore.

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18 risposte

    1. Giacomo, ti aiuto a leggere tra le righe:
      Cuperlo: meno legnoso, decolla. Ammette (novità assoluta!) chiaramente la sconfitta. Ma le cravatte non c’entrano. Se la cava bene in una parte molto difficile.

      Civati: intimista, commosso, arruffato. Tenta una ridefinizione del risultato, si colloca accanto a Cuperlo. Le tv, al solito, lo puniscono.

      Renzi: più lineare del solito. Chiara e doverosa presa di posizione versus Grillo. Ogni tanto cede alla vecchia tentazione della piacioneria, e scivola sulla propaganda. Chiude alto con Mandela, ma è meglio che abbandoni le metafore calcistiche. Quelle, le abbiamo già sentite fin troppo. E per lui i cavoli amari cominciano adesso.

      1. Capisco, ho letto tra le righe, ma ribadisco: ti sbilanci poco.
        Non nel senso che mi interessa sapere per chi hai votato. Ma nel senso che l’analisi è poco convinta, a mio modo di vedere.
        Ho lavorato diverso tempo in comunicazione per diversi candidati politici e credo che qui si sia di fronte a qualcosa che necessita un’analisi meno affrettata.
        Mi spiego, affrettandomi (scusa il paradosso):
        Cuperlo: il discorso della sconfitta l’ho trovato ancora peggio di quello prima della sera prima. Titubante, insicuro, fuori posto.
        Rezi ha fatto un discorso comunque nuovo, che ha saputo emozionare: non ha mai nominato Berlusconi. Ha detto belle cose sulla scuola e la cultura. Ha lanciato bordate per nulla scontate alla classe dirigente.
        Civati l’ha presa male, ma ha parlato bene (del resto ha fatto Filosofia).

        Abbiamo quantomeno 2 modi nuovi di comunicare. Che prima non si erano visti. E di essere politici. Opposti a uno antico e superato, che era visibilmente impacciato perché avvertiva di esserlo.

        Secondo me ci sarebbero un sacco di cose da dire su questi 3 stili. Stiamo assistendo a un cambiamento, mi sbilancio, epocale. Soprattutto nella comunicazione.

        1. Giacomo, tu stai esprimendo giudizi su base emotiva, cosa che – con qualche fatica – ho cercato di non fare. E’ uno sport fin troppo diffuso. E certo che ci sono un sacco di cose emotive da dire… il web ne sta traboccando.
          Proprio per questa ragione, e per come è fatto NeU, ho preferito un’altra scelta: scrivere un breve resoconto annotato che possa restare, per esempio, comprensibile anche tra sei mesi.

          Dicevo: basta con le metafore calcistiche. E, magari, basta anche con le tifoserie. A rischio di apparire démodé, vorrei piuttosto ragionare, ma fra qualche tempo e non ora, su quanto alle parole di ciascuno corrisponderanno i fatti di ciascuno. Secondo lo stile di ciascuno.

          1. Infatti sono curioso del tuo ragionamento. Come sempre. Perché ti stimo. Per questo ho scritto. Tutto qui.
            Non credo di aver dato solo giudizi emotivi. Anche se ovviamente pure quelli c’erano. Ma mi piacerebbe approfondire sul tema comunicazione in queste primarie, perché credo abbiano rappresentato una svolta. Al di à del per chi si è votato.

  1. … chiude con Mandela, ma oggi a Firenze nn ci sarà per la commemorazione. Non sarà importante per lui, la foto da tenere dietro le spalle quando fa le interviste dal museo ce l’ha già, del resto, ma è sempre il Sindaco. Per decenza dovrebbe dimettersi se non è in grado di fare il suo lavoro che consiste anche nel rappresentare la città.
    Mi sarebbe piaciuto leggere, ma forse me lo son perso, un tuo commento sullo slogan deciso dal nuovo ufficio comunicazione renziano per le primarie “Io voto perché le primarie sono aperte”. In passato sono state fatte le bucce alle virgole…ma forse me lo sono perso, ripeto.

    1. Gianna, abbi pazienza, NeU non è una testata giornalistica né un blog politico. E’ un blog sulla creatività, tenuto in vita da uno sparutissimo gruppetto di ragazze insieme alla sottoscritta. E le bucce alle virgole le fa ogni tanto, perché se dovesse farle ogni volta finirebbe per non parlare di nient’altro rendendo, forse, un peggior servizio anche ai suoi lettori. Che hanno un intero web per documentarsi, dibattere e dissentire.

      … se proprio muori dalla voglia di leggere un commento su qualcosa, la prossima volta scrivimi. Magari affronto l’argomento, come ho già fatto altre volte.

      1. Non credo ai blog on-demand. E’ il vostro blog, si vede che non lo ritenevate stimolante. E’ comunque una indicazione.

  2. Cara Annamaria, il post ? Si, mi piacicchia. Non si può pretendere l’entusiasmo tutte le volte. Lo trovo giusto. Privo di smagliature. Il testo di una Signora che fende le nebbia e si rifugia nel calduccio di qualche colpo ben assestato. Un pizzicotto a questo, a quello e a quell’altro. Il difetto pieno di queste primarie e che non ci siano tre donne a dirsele di santa ragione.Ho trascorso la domenica al seggio fingendomi Calvino. Ma guardati negli occhi quei voti, nella circoscrizione che fu obbligata ad eleggere Cuperlo, triestino ma di sostegno ai traslochi con gli scatoloni PCI, PDS, DS, DEMOCRATICO.., contenevano un certo sberleffo e forse questo spiega, per lo meno in parte, il risultato di Renzi in Toscana. Cari saluti.

  3. Guelfo nessuno obbliga mai nessuno. Io mi reputo di sinistra e non ho votato nessuno.C’è sempre una scelta, potevate non votarlo Cuperlo se non vi piaceva. Diciamo che in Toscana è sempre piaciuto, come in altri posti, stare dalla parte del “vincente” , garantiva a tutti tante cose.
    Basta rinunciare.

  4. Altro elemento da sottolineare dal punto di vista della comunicazione è che la colonna sonora di Renzi non era dei Nomadi.

  5. NU mi piaci sempre ,un punto di riferimento per i miei.. …pensieri pigri che scuoto per riformulare (ma in difficoltà a rinnovare !!!!)Quando i miei scolari riformulano questo e quello sono già a buon punto ,mi sembra abbiano accettato l’invito nella mia bottega …di artigiana

  6. Ma le cravatte c’entrano, Annamaria, eccome! L’analisi di Cuperlo è perfetta, almeno dal punto di vista di chi crede che la cravatta sia un accessorio che puoi scegliere a seconda dello stato d’animo, un rivelatore di autenticità, per dirla con enfasi. E invece no: è grazie alle cravatte scelte con calcolo e strategia che si vincono oggi le battaglie.
    Con la cravatta giusta si possono vendere sogni per realtà, promesse per possibilità, impegni per risultati. E se poi chi trionfa non fa quel che ha promesso con la sua cravatta vincente? Bèh, può sempre contare sull’umanità di chi ha creduto in lui in buona fede, dimenticando che una cravatta può anche funzionare da cappio al collo…
    Ma che se ne fa, chi vince, della buona fede?
    Al momento ho solo risposte berlusconiane e grilline… attendo le renziane.

  7. scopro solo in questi giorni questo tuo blog, grazie ad una trasmissione su rai5. alcuni libri tuoi li ho letti. non mi occupo di comunicazione per professione ma la trovo un esercizio stimolante per la materia grigia. interessante il pensiero che hai sopra esposto e qualcuno, forse, non lo ha voluto comprendere per ciò che era (una disamina, come da titolo, tra vincere, perdere e comunicare)tentando di trascinarti verso una disamina squisitamente politica ed ideologica.
    plaudo alla tua iniziativa ed auguro a te ed alle tue collaboratrici buon lavoro ed un anno un pochino migliore di quello appena trascorso…luciano

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