Nuovo e utile

Prendere appunti. Come si fa? – Metodo 28

prendere appunti

Come si fa a prendere appunti? L’operazione è meno banale di quanto possa sembrare ed è una faccenda creativa perché dà vita a un testo nuovo (e utile). Per metterla semplice, si tratta di fare tre cose insieme: capire dove va a parare un testo o un discorso, selezionare gli elementi più importanti (parole e concetti-chiave, dati) lasciando perdere il resto, organizzare secondo un ordine, più traducendo che trascrivendo, e con un grado di sintesi funzionale allo scopo degli appunti medesimi.
E, ovviamente, si tratta di fare tutto questo in velocità e senza perdere il filo.

Nel prendere appunti ciascuno ha il suo stile, il suo grado di dettaglio, i suoi codici e i suoi segni: per rendersene conto basta confrontare (è illuminante: provateci) le note prese da due persone diverse nel corso della stessa riunione o della stessa lezione.
Tra l’altro: si dovrebbe imparare a prendere appunti già quando si va a scuola, anche perché scrivere ciò che si sta ascoltando è un modo efficace per capire meglio e ricordare di più, più facilmente e con maggior precisione. Ma sembra che oggi non sia di moda: anche all’università gli studenti si impigriscono sui ppt che i docenti mettono a disposizione. È un favore apparente e un danno reale, visto che la vita vera non viaggia corredata dal suo powerpoint.

Se dovessi dare qualche suggerimento sul prendere appunti a chi non lo ha mai fatto direi questo:
1) Comincia a esercitarti con alcuni testi scritti di media difficoltà, così puoi ragionare su quel che fai senza lo stress del tempo che si porta via le parole dette. Prima, leggendo, capisci gli snodi del discorso. E sottolinea le parole e le frasi rilevanti. Poi traduci, scrivendo una sintesi tua. Attenzione: sia sottolineando, sia scrivendo puoi usare accorgimenti grafici che rendono il lavoro più chiaro. Righe, doppie righe, ovali attorno a una o più parole, note a margine, punti di domanda, asterischi… mentre sottolinei.
Titoli, stampatelli, sottolineature, liste a punti, frecce, salti di riga mentre scrivi.

2) Perché dico “alcuni” testi scritti? Perché ogni testo ha una sua propria densità concettuale e bisogna imparare a percepirla e a sottolineare solo quanto serve. Così, può darsi che un testo chieda solo un paio di sottolineature per pagina e che un altro ne chieda dieci. Sottolineare tutto è come non sottolineare niente. La stessa cosa vale per i discorsi ascoltati.

3) Quando cominci a sentirti più a tuo agio nell’intercettare le logiche e gli snodi (tranquillo: con un po’ d’esercizio succede proprio così), fai una prova con il parlato. Scegli un pezzo di discorso (bastano dieci minuti) da YouTube e prendi appunti. Due i vantaggi di fare così: se perdi il filo, puoi sempre premere “pause” e recuperare. E, in ogni caso, quando hai finito ti suggerisco di riascoltare tutto quanto, controllando di aver intercettato i punti importanti.

4) Quando ti senti più sicuro puoi affrontare riunioni, conferenze, lezioni… non farti prendere dal panico. Ricorda che la lingua parlata è ridondante, e che novantacinque volte su cento le pause e le ripetizioni ti lasciano tempo sufficiente per prendere le note necessarie. Bloc notes o quaderno, penna o matita, iPad: scegli lo strumento con cui sei più a tuo agio.
Se scrivi a mano: meglio una parola in meno, ma che sia leggibile, almeno per te. Ascolta bene prima di scrivere, e presta attenzione a tono e pause: sono indizi importanti sulla direzione del discorso. Infine: se devi riordinare i tuoi appunti, per esempio trasformandoli in un meeting report, fallo subito. Gli appunti non ripuliti invecchiano e avvizziscono proprio come i sedani lasciati in frigo, mentre fra le note ripulite, così come tra i segni che hai lasciato su un libro (se il tuo codice è ricorrente) ti orienti dopo anni.

5) Luisa Carrada approfondisce, come sempre in modo egregio, il tema del prendere appunti per lavoro. Dai un’occhiata.

11 risposte

  1. Prendo due piccioni con una fava… Vi inserisco gli “appunti” che ho preso la scorsa settimana al convegno Asfor dello speech del professor De Masi. Attendo il voto della prof… … Sintesi intervento di Domenico De Masi alla giornata Asfor di giovedì 14 giugno Per “interpretare” occorrono, almeno, due cose: • Un paradigma • La formazione Questa crisi è un sintomo più ampio dell’esaurimento di un modello e dell’inizio di uno nuovo. Dopo i 200 anni di rivoluzione industriale (1750-1950) ora c’è la necessità di altro. Negli ultimi tempi abbiamo vissuto di rendita sugli USA. Gli elementi chiave di questi 200 anni, oggi, scricchiolano un po’ dappertutto (longevità, sincronismo vita e lavoro, presunzione di crescita infinita, competitività, consumismo). Dobbiamo elaborare un nuovo modello e dobbiamo migrare dalle certezze del passato alle incertezze del futuro. Siamo, come nei primi anni del ‘900 un po’ tutti come i migranti: tutti migriamo verso qualcosa di non ben definito ma esistono i migranti di poppa (quelli che guardano indietro) e quelli di prua (quelli che guardano avanti). Il concetto di welfare, tutto europeo, con estensione continua a tantissimi soggetti è un modello che, oggi, non regge più. Il comunismo, dice una vecchia, e vera…, battuta, sapeva distribuire la ricchezza ma non sapeva produrla e il capitalismo il contrario ma il comunismo ha perso e il capitalismo non ha vinto. Oggi un ventenne ha, davanti a sé, 530.000 ore di vita (60 anni prendendo la speranza di vita a 80 anni) e deve sapere che ne avrà 80.000 di lavoro e 450.000 di non lavoro. Produciamo più cose con meno fatica e in meno tempo, e questo è un bene ma il mercato del lavoro è molto più complesso (più creativo, meno produzione, più pensionati, etc.) e, perciò, creare un nuovo paradigma completamente diverso da quello della società industriale è un must irrinunciabile. Il 66% di chi lavora, oggi, fa un lavoro intellettuale: • Il lavoro si estende a tutte le 24 ore… • La molla è la motivazione, non il controllo… • Il lavoro si femminilizza… • Il lavoro si destruttura… • Il lavoro si ibrida con studio e gioco (l’ozio creativo)… Si diventa vecchi solo negli ultimi due anni di vita; in questi due anni la spesa farmaceutica è pari alla cifra impiegata per comprare medicine in tutti gli anni della vita precedenti! La metafora del manager cha lavora 12 ore al giorno per “sfuggire” alla famiglia che, poi, gli rifila un cane da accudire… I bambini del futuro avranno più nonni che zii… La sua sintesi, di questo scenario, è la seguente: applichiamo ai nostri tempi, in pratica in ogni campo, gli stessi meccanismi della società del passato… Occorre differenziare l’età della pensione: perché dobbiamo andare in pensione quando, finalmente, abbiamo imparato qualcosa? Mostra il trend dell’economia italiana degli ultimi 100 anni ed è un trend “irreversibilmente” al ribasso! E’ inutile parlare di crescita, è una presa in giro. Il welfare non è morto, anzi, è sempre più necessario, ma va cambiato radicalmente (dice il dato che, in USA, su 8 milioni di homeless, 5 hanno meno di 35 anni!). Che fare, quindi? La sua proposta è chiara: occorre un nuovo patto sociale, tra anziani e giovani, tra occupati e disoccupati, tra ricchi e poveri, tra uomini e donne.. per fare cosa? Per redistribuire sei cose: • Ricchezza • Lavoro • Potere • Opportunità • Sapere • Tutele Cita il suo primo incontro con Adriano Olivetti che si diceva convinto che, in un’azienda, il rapporto ctra chi guadagna di più e chi guadagna di meno non poteva, per lui, essere superiore a 5… Esempio: il manager che sta al lavoro tre ore in più toglie un posto di lavoro a un giovane!!! En passant: in Italia i giovani né…né (non lavorano e non studiano), sono circa 2 milioni (secondi solo alla Bulgaria in Europa). Ammazzare, a tutti i livelli, la formazione è stato un delitto e cambiare approccio, ripete, è una vera e propria conditio sine qua non.

  2. Ciao Graziano. Ottimo lavoro, e grazie per averlo condiviso qui. E’ un bell’esempio di come un discorso di – immagino – quaranta minuti, o forse più, può diventare una manciata di righe assai dense, e senza perdere nessuna delle principali direttrici di senso. E provate a fare la prova contraria: senza uno straccio di appunto, vi pare che un discorso di questa complessità avrebbe potuto essere ricostruito ex post, e magari una settimana dopo essere stato ascoltato, anche dal bravo e attentissimo Graziano?

  3. Ringrazio e integro con una mini riflessione personale. Io ho sempre preso appunti, fin da piccolo e non concepisco chi non li prende. Anzi, e soprattutto quando sono in aula di formazione con qualche cliente, divido il mondo in due: chi prende appunti e chi no. E chi no, ovviamente, non ha il mio apprezzamento, anzi… Integro ulteriormente condividendo la mini sintesi dello speech di De Rita, anche lui uno degli intervenuti al convegno. …… L’Italia è cresciuta su due elementi chiave: la giovinezza (tutto è nato da lì: le pmi, i distretti, il sommerso… la chimica adolescenziale…) e la sovranità (tutti ci sentivamo sovrani. dall’impiegato all’imprenditore mentre oggi ci sentiamo, tutti, sudditi…). Questi due elementi non ci sono più e questo è il vero problema del nostro paese. Come ne usciamo, allora? Con altri due elementi chiave: la capacità di capire che i tempi sono stretti (occorrono rapidità, start up, prendere i problemi di petto, non procrastinare…) e l’allargamento della dimensione spaziale dei nostri ragionamenti (think big, il mondo come dimensione, open mind approach). Il tutto offrendo ai giovani una cosa su tutto: la cultura dell’interpretazione (nota mia: cfr. la sintesi di De Masi parte da lì, dal senso del concetto di interpretazione). E, come elemento finale: non c’è più la soggettività e serve una cultura collettiva, non sarà il singolo a vincere. Not easy, of course… (nota mia).

  4. Questo tema mi interessa e mi piace moltissimo. È stato il mio più grande cruccio durante gli anni dell’università: come prendere appunti utili e di facile consultazione? ricordo che scrivevo un sacco, troppo, spesso riportando intere frasi che poi si rivelavano poco interessanti e perdendomi dei contetti chiave. Per imparare a sintetizzare e a cogliere i punti salienti di un discorso ho impiegato ANNI e ancora ci lavoro (negli ultimi mi alleno spesso con le conferenze TED: ben organizzate, ma con tantissimi spunti da cogliere). Molte delle mie difficoltà però erano legate agli attrezzi che usavo per prendere appunti e qui c’è poco da allenarsi: qui serve capire se stessi e il proprio corpo. Sono convinta che trovare lo strumento adatto sia il primo passo per imparare a prendere appunti e mi permetto di raccontare la mia esperienza a riguardo (perdonatemi la lunghezza) 😛 ————————– Negli anni in cui usavo la carta le ho provate tutte: dai quaderni ai fogli sparsi, dagli A4 ai piccoli block notes, dalle righe ai quadretti, dalla penna alla matita. Con il tempo ho scoperto che il foglio bianco mi lasciava più libera di muovermi, di spezzare le frasi ogni 3-4 parole e andare a capo, strutturandolo così in una serie di colonnine simili alla pagina di un giornale, solo più storte (avevo imparato che le frasi corte davano velocità alla mia mano). La matita scorreva meglio della penna; ogni tanto dovevo interrompermi per temperarla, ma il suo sfregare sulla carta mi rilassava. Il foglio si è poi spostato in orizzontale: mi sentivo più libera di organizzare il materiale che raccoglievo e poi sentivo la necessità di “vedere tutto a colpo d’occhio”. Usavo sigle e abbreviazioni, la mia grafia veloce era brutta e illegibile, ogni volta mi toccava tornare a casa e riscrivere tutto; quel materiale non era adatto allo studio. Ricordo di aver invidiato spesso le amiche che riuscivano a scrivere con ordine, con bella grafia, seguendo le righe del foglio: dopo davano un colpo di colore ed erano pronte per studiarci sopra. Il limite maggiore di quegli appunti era però l’impossibilità di creare collegamenti tra un pezzo e l’altro, di tornare indietro per aggiungere una parola ad un argomento trattato in precedenza. Ok, usavo gli asterischi: ma dopo un po’ sembrava di avere innanzi un cielo stellato. La svolta c’è stata con l’uso delle mappe mentali: mi hanno aiutata a lavorare innanzitutto sulla sintesi (ascoltare, capire e riportare tutto in poche parole significative; prima scrivevo “a fiume” e non riuscivo a fermarmi, questa nuova organizzazione dello spazio mi costringeva a pormi dei limiti). Il risvolto migliore dell’uso delle mappe è stato il poter saltare da una parte all’altra del foglio per aggiungere o integrare (utilissimo durante le ripetizioni dei concetti). Il foglio bianco e la matita si prestavano meravigliosamente; si vede che il mio amore per loro doveva portarmi da qualche parte 😀 Ma le mappe mentali manuali non mi bastavano. Nel corso degli anni le mie mani hanno imparato a digitare tasti sempre più velocemente (uso il pc per almeno 10 ore al giorno), mentre la scrittura a mano libera è diventata lenta e faticosa. La matita sulla carta non scivola più come prima, oggi il mio corpo ha delle nuove abitudini. Così mi sono scontrata di nuovo con l’attrezzatura da usare; il portatile, per quanto piccolo fosse, non mi piaceva, non riuscivo a tenerlo sulle gambe e non sempre avevo dove posarlo. L’iPad, piccolo e maneggevole, è stato la svolta. Ad oggi mi permette di sfruttare la velocità di scrittura con la tastiera (per quanto la tastiera dell’iPad non sia poi così meravigliosa), le parole sono sempre leggibili, non uso più abbreviazioni, impiego meno tempo a digitarle per intero. Inoltre, riesco a creare mappe digitali, con il grande pregio di riorganizzare i contenuti in corso d’opera: non solo posso saltare da una parte all’altra della mappa, ma posso spostare rami e parole trascinandoli (e se a volte sento ancora il bisogno di scrivere appunti fiume, mi basta cambiare applicazione). Adesso, una volta tornata a casa, invece di copiare in bella copia quanto scritto, posso subito rileggerlo, sistemarlo, integrarlo. Sfrutto il tempo del riordino in modo più utile. La “manualità” però non l’ho messa via del tutto. Al termine di un incontro, una conferenza, una lezione, mi piace riportare i concetti fondamentali in un’unica mappa mentale, scritta e disegnata a mano, rigorosamente a colori. È il momento della sintesi finale, quello in cui memorizzo grazie ai colori e alle immagini, riflettendo sulle parole da usare e muovendo le mani con lentezza. Tutto questo per dire che quando si vuole far bene qualcosa serve esercizio e studio, ma serve anche capirsi e riflettere sulle proprie necessità per trovare metodo e strumenti adatti. Continuando a imitare (e invidiare) gli altri non sarei arrivata da nessuna parte 😛

  5. Questo post sugli appunti mi ha fatto ricordare gli anni dell’università. Prendere appunti era indispensabile, niente file di powerpoint, solo il sudato lavoro manuale dello studente. Mi è sempre piaciuto prendere appunti, era un sistema molto utile per preparasi allo studio successivo e inoltre, sono grata a questo lavoro artigianale perché mi ha permesso di conoscere una persona straordinaria che tuttora è mia amica, a distanza di molti anni e il tutto è nato perché mi aveva chiesto di passarle i miei appunti di un corso universitario.

  6. ciao mi chiamo rota angela luana e abito a borgo san martino in via rivale 29 a alessandria vorrei chiedere un consiglio come faccio a prendere appunti

  7. Ritengo sia opportuno distinguere le due situazioni/contesti in cui si prende appunti.

    – prendere appunti in un dibattito, conferenza, ovvero annotare ciò che un relatore espone

    – prendere appunti per TENERE una lezione, un intervento pubblico, una relazione

    La prima situazione é connotata dalla prevalenza ad ascoltare e a memorizzare annotando elementi del discorso.
    Io uso foglio e penna (rigorosamente penna a sfera nera) o matita morbida e annoto per parole chiave con rimandi, frecce, etc.

    Nella seconda situazione, in cui è prevalente la pianificazione di un intervento, uso soprattutto il pc Scaletto il discorso, mappo la relazione e a lato elenco frasi significative, metafore da inserire (*_))

  8. Ammetto pubblicamente che io NON so prendere appunti.
    Quando alle superiori la supplente di algebra mi disse che non avevo metodo di studio, mi si aprì un mondo (non prima essermi franata la terra sotto i piedi ovviamente).
    Invecchiando sto recuperando (quasi) tutto quello che avrei dovuto saper fare da ragazzino… pensavo fosse più frustrante. Ma invece complice anche la maturità, riesco ad apprezzare appieno ogni esperienza. Ed è meraviglioso.
    Farò tesoro dei consigli di questo post 😉 Grazie,
    Nello.

  9. Οla un mio amico mi ha mandato l’indirizzo di qesto blog e sono pawssata a vedere ѕe effettivamente merita.

    Mi ƿiace tantо. Aggiuոto tra i preferiti. Splensidօ blοg e temρlate spleոdido!!!

  10. Ieri ho fatto degli appunti che non trovo. Vorrei capire come fare per ritrovarli. Grazie mille. Marco

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