ridere, risata

Farsi una risata aiuta sempre, anche quando c’è poco da ridere

D’accordo, in tempi come questi c’è poco da ridere: ma, proprio perché è meno facile del solito che una risata ci venga spontanea, forse dovremmo cominciare a coltivarle, le risate e le occasioni per ridere, come se si trattasse di un bene prezioso.
Cominciamo col ricordare alcuni fatti. Ridere è una risposta emotiva a uno stimolo esterno. Indica sorpresa, gioia, eccitazione, sollievo, felicità. Il respiro si modifica, una serie di muscoli si contrae, i denti si scoprono, gli occhi si inumidiscono e, come scrive un bell’articolo della BBC, noi facciamo un sacco di strani rumori primitivi.

ESSERI UMANI E GRANDI SCIMMIE. Ridiamo trenta volte di più quando siamo in compagnia che quando siamo da soli, ricorda il New York Times, e non necessariamente lo facciamo per una battuta. Le persone ridono più o meno tutte allo stesso modo, a qualsiasi cultura appartengano e qualsiasi lingua parlino. Pochi altri esseri viventi sanno ridere: lo fanno le grandi scimmie, nostre vicine cugine e, come noi, ridono anche quando vengono solleticate.
Qui potete vedere e sentire come ride uno scimpanzé: produce un ha alla volta, mentre noi (che, sapendo parlare, sappiamo anche controllare meglio il respiro) produciamo sequenze di ha-ha-ha e di ho-ho-ho. I neonati umani ridono come gli scimpanzé.

I NEONATI RIDONO. Già: i neonati sanno ridere. Ci riescono molti mesi prima di crescere abbastanza per essere in grado di parlare, e ridendo stabiliscono un legame affettivo più forte con i genitori. Da diverse parti, in rete e non solo, si sostiene che un bambino di quattro anni rida 300 volte al giorno mentre le risate di un adulto arriverebbero a stento alla ventina, ma non sono riuscita a trovare una fonte primaria affidabile. Che i bambini ridano più degli adulti è però un fatto piuttosto evidente.

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UN VANTAGGIO EVOLUTIVO. Ridono i topi (se volete convincervene, trovate un ratto e fategli il solletico). Ridono, o almeno fanno qualcosa di piuttosto simile, anche i cani. Ride, più o meno, un uccellino australiano: il Kookaburra sghignazzante (Dacelo novaguinaeae). Se volete sentire come fa, ci sono diversi video su YouTube. A parte questi, nessun altro animale sa ridere.
Il fatto che condividiamo con i primati la capacità di ridere fa pensare che la risata abbia radici biologiche, e che saper ridere costituisca un vantaggio evolutivo. In effetti, ridere è un’emozione sociale e un positivo strumento di interazione: indica una propensione giocosa e rafforza i legami. Per questo, e dato che ridere è anche contagioso, una risata si trasforma facilmente in una specie di collante sociale.

DONNE E UOMINI. E poi: ridere favorisce l’apprendimento. Ed è un segnale importante nel corteggiamento, specie nelle prime fasi. Qui vien fuori un fatto curioso: sembra che le donne apprezzino di più gli uomini che le fanno ridere (uh!, questo tizio è proprio intelligente, aperto e creativo!), e che gli uomini apprezzino di più le donne che ridono (uh, questa tizia sì che mi capisce e si interessa a me!).
Una lunga serie di studi condotti in diverse università americane nel corso degli ultimi trent’anni sta a dimostrare questa divisione dei ruoli. Tutto ciò, fra l’altro, può anche farci pensare che i meccanismi del corteggiamento, almeno negli Stati Uniti, siano meno misteriosi e più prevedibili di quanto pensiamo o vorremmo.

RISATE ATTRAENTI. La cosa più interessante è che le risate sono, nelle singole relazioni, un ottimo indicatore del livello di attrazione reciproca tra le persone. Insomma: più ridiamo insieme, più ci piacciamo (e molto probabilmente viceversa). Dunque, se avete un appuntamento a cui tenete, disponetevi a ridere o a far ridere.
Evitate però toni più sarcastici e aggressivi: quelli che non suscitano la risata aperta, ma una reazione più complessa di sorpresa, spaesamento e disagio. Dai, è intuitivo capire come mai è uno stile che proprio non funziona.

RISATE BENEFICHE. E ancora: ridere migliora il flusso sanguigno. Riduce il livello degli ormoni dello stress come il cortisolo e l’adrenalina e aumenta il livello delle endorfine e degli anticorpi. Insomma: fa proprio bene.
Ma non solo: ridere ha un effetto anestetico e migliora la soglia di tolleranza al dolore fisico. Il primo ad accorgersene, già alla fine degli anni Settanta, è il giornalista e attivista per i diritti civili Norman Cousins, che afferma di essere riuscito a curarsi da una grave forma di artrite con alte dosi di vitamina C e di film dei fratelli Marx.

RIDERE PER NEGOZIARE MEGLIO. Ridere può perfino attutire le situazioni di disagio sociale e le tensioni politiche, scrive Slate: sembra che, prima della caduta del muro di Berlino, molte battute antisovietiche fossero diffuse dal KGB stesso, proprio con questo scopo. Ma ridere è anche un potente strumento per l’attivismo non violento: attenua la paura e sottolinea da una parte l’intrinseca stupidità dei regimi, dall’altra l’intelligenza e l’acutezza di chi protesta.
Ridere aiuta a ottenere successi negoziali: una risata condivisa incoraggia a fare qualche concessione alla controparte. Ridere aiuta a migliorare la salute mentale e aumenta la resilienza in condizioni di stress. Per questo, non così paradossalmente, dovremmo ridere di più proprio nelle situazioni in cui non c’è proprio niente da ridere. Dopotutto, farsi una risata costa così poco. E, gente!, vale così tanto.
Questo articolo esce anche su internazionale.it

9 risposte

  1. Bello questo articolo. Peccato che manchi il riferimento allo Yoga della Risata, l’unica disciplina che insegna a ridere in maniera incondizionata, cioè a non avere bisogno di stimoli esterni per ridere. Con questo metodo, ideato dal dr. Madan Kataria una ventina di anni fa, si tratta la risata come un esercizio fisico unendola ad esercizi di respirazione per andare a riscoprire la gioia di ridere e la libertà di farlo ogni volta che vogliamo. Grazie comunque per questo articolo che porta l’attenzione su quanto sia importante ridere di più anche per la nostra salute e le nostre relazioni.

  2. L’articolo -scritto benissimo- parla del ridere come atto in sé, non fa menzione delle tecniche che favoriscono la risata, condizionata o incondizionata che sia. Del secondo gruppo fanno parte, oltre lo Yoga della Risata di millenaria tradizione indiana (e recentemente codificato da Madan Kataria), anche la Laughter Therapy di Annette Goodheart (pioniera della Risata Incondizionata, attiva sin dagli anni ’60), la Laughter Wellness di Sebastien Gendry (che sarà con il sui primo training in Italia a luglio) e dal prossimo settembre anche la Risabilitazione® di Elisa De Meo (che si occupa oltre che di Risata anche di Gibberish e Stupidera).
    Informatevi e scegliete il metodo che vi piace di più. Nel dubbio, ridete 😀
    http://www.risataliberatutti.it

  3. Si potrebbe anche dire, mia cara Annamaria, http://centorete.blogspot.it/2013/09/born-to-be-ridere.html. O, ancora: “Ridere ci salva, vedere l’altro lato delle cose, il lato surreale e divertente, o riuscire a immaginarlo, ci aiuta a non essere spezzati, trascinati via come fuscelli, a resistere per riuscire a passare la notte, anche quando appare lunga lunga.” (Roberto Benigni, ai tempi della presentazione de “La Vita è Bella”) Oggi, ahinoi, più che mai “Il coraggio vuol ridere” (F. Nietzsche).

  4. C’è anche chi DEVE ridere.

    Ricordate il finale?

    (…)  Il fatto è che noi villan… 
    Noi villan… 
    E sempre allegri bisogna stare 
    che il nostro piangere fa male al re 
    fa male al ricco e al cardinale 
    diventan tristi se noi piangiam, 
    e sempre allegri bisogna stare 
    che il nostro piangere fa male al re 
    fa male al ricco e al cardinale 
    diventan tristi se noi piangiam!

    Ancora molto attuale *_*

  5. Si tratta di un consiglio semplice che ti cambia la quotidianità che però è di difficile applicazione, soprattutto perché quando si è abituati ad un comportamento diverso è davvero dura.

    Spero che lei abbia in progetto un nuovo libro, minuti scritti ormai l’ho consumato.

    1. Ciao Salvatore.
      Sì, è dura, ma tutti noi affrontiamo ogni giorno un sacco di incombenze non solo dure, ma assai più gradevoli di questa. Dunque, forse forse…

      Felice che Minuti scritti ti sia piaciuto. Un nuovo libro: per ora non ho in mente nessun progetto concreto, ma mai dire mai 🙂

      1. Vuol dire che attenderò con pazienza e piacere il suo prossimo lavoro.

        Mi permetto di cogliere l’occasione per porle una domanda: secondo lei perché non esistono testi che trattano la questione della comunicazione tra Pubblica Amministrazione e contribuenti?

        Lavoro per un ufficio tributi e pur considerando utili i testi prodotti finora dalla PA e da specialisti del suo livello, sento che manca una simile guida. Mi riferisco specificatamente ai contribuenti in quanto il rapporto con il cittadino posto davanti all’obbligo di un pagamento è diverso da quello, per esempio, di chi chiede un atto presso all’ufficio anagrafe. Ci sono aspetti psicologici e legali di cui tenere conto ma pare che non interessi a nessuno (compresa una parte dei miei colleghi).
        Grazie

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