Nuovo e utile

Scrivere per il web: i contenuti, il granello di sabbia e l’orizzonte

Può sembrare singolare, e per molti versi lo è, che qualcuno abbia chiesto a una (spero) vispa ma inequivocabilmente sessantenne signora che da quarant’anni traffica con faccende riguardanti la comunicazione (be’, quarant’anni esatti a gennaio 2014) di andare a raccontare quel che pensa dello scrivere per il web: la signora medesima, di fatto, a scrivere ha imparato poco dopo la metà del secolo scorso, intingendo una vera penna in un vero calamaio. E ci ha messo, ai tempi suoi, anche un discreto impegno e una certa fatica: quei pelucchi che venivano su insieme all’inchiostro e si incastravano nel pennino sbavando sul quaderno, poi, erano una iattura.
La suddetta signora, oltre alla dimestichezza di cui sopra, ha un singolo credito da vantare: un sito (questo) che nonostante i toni morbidi, i mezzi scarsi e il generale distacco sia dall’attualità, sia dai pettegolezzi, dalla cucina e dalla moda, si è conquistato (grazie!) un po’ di amici affezionati.

Ma, sempre per esempio, il paragrafo che la suddetta signora ha appena scritto (e che voi, se siete arrivati fin qui, avete appena letto) contraddice diverse regole elementari della scrittura online. È lunghissimo. È pieno di incisi. Gironzola intorno all’argomento e non vi dice qual è il tema di questo post.

Okay, adesso ci arrivo. E passo alla prima persona, che è più facile.
Sullo scrivere per il web – e non tanto sul fatto della qualità intrinseca della scrittura (a questo proposito Luisa Carrada è un gran punto di riferimento) ma sullo scegliere, in generale, che cosa scrivere e in quale maniera farlo, mi è stato chiesto di preparare una presentazione da uno dei maggiori editori italiani. Qui di seguito alcune delle ideuzze che ho raccontato, a partire da un po’ di elementi di macrocontesto.

Il granello di sabbia. Il primo dato è che il web sta crescendo, e questo è noto a tutti.  Vi sfido però a percepire sul serio, come se poteste vederla davanti a voi, l’enormità della crescita. Forse un paio di buone infografiche (anche le infografiche sono uno dei mille regali del web) possono aiutare. Per esempio: sapete che cos’è un petabyte (no, non è una parolaccia)? … uno yottabyte? Ve lo spiega il sito della BBC . Nel 2015 comincia “l’era degli zettabyte”, dice Cisco. Tra l’altro, gran parte di tutta ‘sta roba sarà video.
Se penso che, ogni volta che scrivo qui sopra aggiungo il mio granello di sabbia alla distesa sterminata, crescente e mutevole che è il web be’, un po’ di vertigine mi viene.

Sabbie mobili. Lo sostengono tutti. “La cosa importante sono i contenuti”. “Trova buoni contenuti” “Ottimizza i contenuti”. “Quali contenuti cerca l’utente? Il cliente? Il lettore?” “Mettici dei contenuti irresistibili. Irrinunciabili. Indimenticabili”. Scott Aughtmon elenca “21 contenuti che tutti amano consumare”. E ancora: “i contenuti devono essere appropriati. Sensati. Utili. Freschi. Consistenti. Potenti. Evocativi. Convincenti. Seduttivi”.
Ovvio: dentro quel che uno scrive (e non solo sul web. Anche in un libro, in un giornale, in un tema di scuola o in una canzone) ci dovrebbe essere qualcosa che merita di essere letto. Meno ovvio: a leggere i contenuti del web sono sia persone in carne e ossa, sia i motori di ricerca. Se questi non leggono, addio lettori veri: il testo-granello sprofonda nelle sabbie mobili dell’indicizzazione e ciao!, sparisce. Nel 2011 Google mette online ben trenta pagine di Guida introduttiva (sic) all’ottimizzazione per i motori di ricerca, e graziosamente nell’introduzione ricorda che i vostri clienti finali sono gli utenti, non i motori di ricerca. Potete limitarvi a scorrerla: le cose sono già cambiate e sembra che a valere in un futuro prossimo sarà la reputazione degli autori. Misurata (qui sta l’inghippo) a partire dal rilievo che l’autore medesimo ha nelle cerchie di Google+. Tranquilli: anche per tutto ciò c’è un’infografica.
Forse le sabbie mobili, domani, si estenderanno a tutto quanto sta fuori dal perimetro di Google+? E a questo punto devo segnalarvi una storiella di fiction che mi è frullata in testa, intitolata Il dio del terzo millennio. Tema: nella rete si sviluppa una singola, misteriosa entità che decide della sopravvivenza o meno di tutto quanto sta lì: idee, messaggi, istanze, notizie, storie… il problema è che l’entità decide della sopravvivenza altrui in base a quanto è funzionale alla propria.

Cercare l’orizzonte. Che fare, allora? Tutto cambia talmente in fretta che non si può immaginare di mettere insieme una conclusione definitiva. E nemmeno una provvisoria conclusione definitiva. Ecco perché le ideuzze che mi frullano in testa si fonda su paradigmi assai meno recenti del web. E per questo, credo, più stabili.
Ancora prima dello scrivere in modo corretto, chiaro ed efficace, ancora prima del trovare un argomento la cui lettura sia irresistibile, irrinunciabile e indimenticabile e bla bla, e naturalmente ancora prima dell’onnipotente motore di ricerca e delle sue logiche imperscrutabili c’è, in ogni atto di comunicazione, un bisogno vecchio quanto è vecchio il genere umano: riconoscere se stessi come individui nello scambio con qualcun altro. Cercarsi per raccontare una somiglianza e una differenza.
Le regole e i vincoli (motori di ricerca compresi) guidano verso la somiglianza. Sgomitare tra regole e vincoli (di linguaggio, di struttura, di argomento), e magari forzarli (a patto che la forzatura abbia un senso e una direzione) preserva la differenza.
Mentre delle regole e dei vincoli possiamo avere qualche ragionevole certezza (per questo ci è più facile parlarne e per questo tendiamo a sopravvalutarli) ogni nuova forzatura implica un (nuovo) rischio. Ma nell’assunzione consapevole di questo rischio stanno la responsabilità dell’autore e il senso del suo lavoro. E sta, meraviglioso, quel brivido lungo la schiena che viene quando si solleva lo sguardo dalla sabbia all’orizzonte e si affida il proprio granello di scrittura al vento.
Ho la sensazione che, se impressionati dalla complessa estensione del web, rinunciamo nella scrittura alla responsabilità, al rischio e all’incertezza del forzare le regole, affidiamo il cambiamento solo ai criteri mainstream espressi della tecnologia. Però, se facciamo questa scelta, tanto vale lasciare che a scrivere siano direttamente le macchine, e buonanotte.

25 risposte

  1. La situazione la vedo come un far west. Mi spiego: i primi arrivati sul web si sono accaparrati gli “spazi” migliori e col tempo la fama. Potevano parlare di qualunque cosa, erano i primi. I secondi per dfferenziarsi, hanno introdotto le modalità di scrivere certe cose, per essere più accattivanti. I terzi hanno introdotto temi nuovi e così via. Ma come successo anche col petrolio da Rockefeller in poi, i monopolii e gli spazii di gestione si sono gradualmente ridotti. Inducendo molti a doversi ritagliare il proprio spazio, trattando le proprie temetiche, interessanti per i propri lettori. Google+? Si inserisce bene in questa logica delle cerchie ristrette.

  2. Alla fine di tante parole sparse ovunque, sul cosa e sul come e sul quando pubblicare online, noto che la cosa strettamente necessaria sia avere cose nuove da dire, pensieri propri, idee. Poi importa la forma, ovviamente, ma le idee e i pensieri originali (frutto di una valutazione delle cose che ci accadono quotidianamente) li trovo sempre più rari e, in ogni caso, premiati da chi legge e quindi anche da Google.

  3. “Senza i tuoi occhi non esisto” Disse la scrittura.

    Il desiderio di tutti è di riuscire a far arrivare
    il nostro granello di sabbia in quegli occhi.

    Disturbare per poi fornire un collirio di buone letture.

    Annamaria ricordi i bigliettini lanciati in classe
    per comunicare la nascita di un amore?
    Anche quelli rischiavano di rimanere impigliati
    nei capelli del destinatario.
    Chi non desisteva aveva la possibilità di ritentare il tiro.

    Che magia avere successo e poter sprofondarci in quegli occhi.

  4. Fa freddo, il vento fa sbattere una persiana e immagino arruffi i granelli di sabbia e i ricordi.

    I tuoi primi quarant’anni sono stati costantemente Nuovi e Utili. Le tue pagine ordinate, semplici e chiare costituiscono una testimonianza preziosa di ciò che volendo potremmo. Un esempio di come volendo potranno.

  5. Carissima Annamaria! come viene a galla il tuo amore per lo scrivere bene, giustificare i contenuti che devono essere come dici tu appropriati, sensati, utili, accattivanti, seduttivi, sarcastici.
    Molto bello, ma nella realtà, sempre meno persone leggono, soprattutto testi dai contenuti profondi, mi capita di scrutare mentre viaggio in metropolitana attraverso gli smartphon le imbecillità che grazie a whatsapp con solo due pollici riescono a scrivere. Cosa pensi di questo…è il segno dei tempi, dobbiamo adattarci, farci il callo, purtroppo per noi questi scribacchini sono in forte aumento.

  6. Annamaria, interessante la tua fiction, una sorta di “sopravvissuti” che potresti in qualche modo “legare” alla vecchia serie TV dove rimas esolo l’1% della popolazione per colpa di un … virus.

    Avere una “unica entità” che governa il tutto spaventa un po’ ma, come tutte le cose, credo che anche qui, specialmente qui vi siano cicli e prima o poi arriverà qualcun’altro.
    Anche se già oggi sia Internet che il WEB sono governati da “entità”, seppur senza scopi di lucro (es. W3C).

    Orizzonte:
    la prima idea che ho visualizzato è:
    – foglio bianco in verticale (formato a4)
    – una riga che lo suddivde in verticale, in due parti uguali
    – a sinistra: tutto quello che funzionava prima del web
    – a destra tutto quello che funziona grazie al web
    – un secondo foglio con la scritta “DOMANI” su cui annotare gli argomenti in comune delle precedenti colonne.
    Questa lista rappresenta la base, rappresenta ciò che NON dovrà mancare in un orizzonte futuro. E dovremo tenerne conto !

    Il web ha portato:
    – vantaggi enormi (quantità di info disponibiil)
    – ma anche parecchia confusione (troppe info per lo stesso argomento possono confondere o addirittura essere scorrette).

    In ogni caso l’orizzonte futuro credo debba tener conto anche di ulteriori aspetti:
    – utenza/platea cui ci si rivolge sempre meno eterogenea (per cultura, lingua, altro);
    – utenza sempre più esigente;
    – utenza con poco tempo per approfondire;
    – utilizzo degli SPAN di memoria (MBT) da parte degli utenti (Miller 1956).

    Forse sono andato fuori tema, ma nel caso sono sicuro che qualcuno me lo farà notare … 🙂

    PS: Annamaria, il Grazie lo rivolgo a te, che ospiti e dai voce anche a gente comune come il sottoscritto.

  7. Leggere queste parole è come prendere una bella boccata d’aria fresca.
    Niente di nuovo nasce, né in senso positivo né in senso negativo, se non si rischia qualcosa.
    La comunicazione è per sua natura rischiosa perché mette in contatto due sistemi di pensiero, due mondi diversi, che separatamente potrebbero ugualmente vivere ma in modo certamente limitante.

    Se lo si fa sulla base di input sconnessi credo se ne possa ricavare ben poco ma, se il rischio è calcolato (anche se non pienamente prevedibile) e consapevole, infrangere qualche schema o regola può essere secondo me un’azione sensata.
    Bisogna avere il coraggio di battere nuovi sentieri ogni tanto, senza per forza rinnegare tutto ma procedendo verso l’ignoto forti della propria base conoscitiva.

    Un’ultima considerazione: secoli fa gli uomini viaggiavano via mare per mesi e mesi guidati soltanto dalle stelle, senza nessuna certezza di rimettere piede sulla terra ferma o di poter fare ritorno a casa; nel XXI secolo basta un po’ di tecnologia a spaventarci? 😉

  8. Ci hanno insegnato che quando si scrive, attraverso qualsiasi supporto, il nostro primo riferimento e obiettivo resta il lettore, è a lui che ci rivolgiamo. A qualunque metamorfosi o innovazione ci obblighi la tecnologia, credo sia sempre il lettore a fare la differenza. E’ per lui che cerchiamo le parole più adatte, le immagini evocative…
    E così ogni nuova regola “si umanizza”. Anche il web, spero.

  9. Il dio minore Algo Ritmo tenta l’omologazione dei granelli di sabbia.Tutto dovrebbe sottostare alla quadratura accerchiata.L’ ammasso di idee
    affini, sono la risultante ed il pensiero deve generare al predatore numerico “algoritmie”.Le quali indispensabili alla ragione sociale del fine ultimo.Grato al dio minore son qui a leggere in circolo,consapevole di generare numeri ingozzandomi di sensazioni.

  10. Quella che tu chiami differenza l’abbiamo praticata nel web muovendoci a caso, facendo primeggiare l’istinto. Credo sia sempre un atteggiamento personale che fa interpretare una giusta scelta alla tecnologia. Oggi la semantica applicata, vale anche per le nuove versioni dei motori di ricerca, permette la più aderente similitudine al contenuto cercato scrivendo semplicemente una breve frase descrittiva. I sistemi disambiguando nomi e concetti (persone, territorio, tempi, emozioni, posizioni e parole che compongono la frase) propongono come risultato della ricerca, canali di lettura titolati con memi anche trasversali, differenti: il concetto di similitudine si amplia a comprendere la struttura e la simbologia (a breve anche grafica) del linguaggio usato in un determinato contenuto. Tra poco scriveremo con queste nuove regole e quando qualcuno si impiegherà a comporre un dataset che raccoglie le migliori descrizioni di stati d’animo in letteratura tutti avremo la qualità di esprimerci come Dostoevskij. Allora troveremo un’altro modo per individuare il vero e per comunicare senza più lettori.

  11. Ciao, Annamaria,
    le tue riflessioni sono più che pertinenti: scrivere è sempre stato una “fatica” (un “labor”, come dicevano i Latini) e oggi, forse, lo sta diventando sempre più.

    E’ necessario proporre contenuti originali, interessanti, scritti con modalità e forme sempre più dinamiche ed accattivanti e con ritmi, ahinoi, sempre più pressanti.

    Scrivere per il web è ben diverso dal redigere una rubrica su un giornale o dal “creare” un libro.

    Mi sento di suggerire, non senza un velato imbarazzo, due elementi che possono orientare il nostro “curioso” vagare tra le dune:
    – la passione di condividere ciò che abbiamo compreso e che riteniamo importante raccontare non solo con i “vicini” (colleghi ed amici che siano), ma anche con i “lontani” che, tramite il web, diventano nostri commensali;
    – la creatività nello “stravolgere” ogni giorno regole e dettami per inventare nuovi contenuti, forme, colori, profumi, che contribuiscano a rendere ciò che scriviamo affascinante per chi lo incontra.

    La passione, il desiderio di imparare, la curiosità di conoscere, il piacere di condividere sono aspetti che ci accompagnano fin dalle società primitive e, a mio modesto parere, lo faranno ancora per molto, a dispetto degli algoritmi dei motori di ricerca.

    Ma tutto questo, tu, lo sai bene … e lo declini nei tuoi testi sia dentro sia fuori dal web.

  12. Ogni scritto, (proprio ogni scritto, anche un libro di matematica) racconta una storia. E ogni storia(diceva Godard, mi pare), tutte le storie, sono storie d’amore. Si può confondere l’amore con la seduzione, cioè si può mentire, si può cercare di sedurre(imbrogliare) sé stessi e gli altri, per un attimo di popolarità, ma le storie che rimangono impresse nella mente, nella cultura e nella Storia, sono solo le storie sincere, di amore sincero, disinteressato, “assoluto”. Amore nel senso più ampio possibile, da quello erotico, all’amore per la conoscenza, all’amore per la vita, per l’arte, per i sogni, o per le nuvole che cambiano forma… O, semplicemente amore della narrazione e della fantasia: non c’è nulla di più sincero e reale della fantasia che vola libera.
    Non importa come si scrive, se a dettare le parole è il proprio amore, il proprio amore verso la propria passione. Chi scrive così scolpirà le proprie parole, per sempre, nel cuore dei lettori(…i veri lettori!).

  13. Mi dispiace parlare di me stesso, ma pur essendo molto interessato a delineare linee di tendenza, quindi quasi a predire il futuro, troppe volte non ci ho azzeccato. Potrei fare un lungo elenco, di previsioni da ma fatte in buona fede, per poi riscontrare che le cose sono andate diversamente. Per questo preferisco parlare in prima persona.
    La più recente riguarda il web. Fino a poco tempo fa – pur riconoscendo che dovevamo apprendere ad usare il web – temevo che questo strumento ci avrebbe comunque portato a diventare più superficiali e più sottoposti ad una massa crescente di schemi (quelli negativi) o “modelli mentali”.
    Poi, mi sono iscritto ad un certo numero di newsletter, la prima fu “nuovo e utile”. Ovviamente riesco a scansare – in un tempo relativamente breve – tante cose che giudico superficiali, anche se mi rendo conto di essere esposto a perderne chissà quante interessanti. Se qualche foto mi colpisce, mi riduco al “mi piace”.
    Ora sto coltivando tante nuove passioni, che mi piacerebbe avere tanto, tanto, tempo in più …da vivere.
    Le newsletter di Annamaria, mi fanno sempre scoprire qualche cosa. Inoltre, anche questa volta – più di sempre – i commenti sono stati magistrali.
    Grazie a tutti.

  14. Ciao Annamaria, mi piace molto l’argomento che tratti in questo articolo. Mi piace perché da sempre amo la scrittura e come dici tu il fluire delle parole è un modo per trovarsi e raccontarsi.
    Sai cosa trovo ancore più interessante? L’origine di questa passione e abilità. Il web ha sicuramente incoraggiato le persone a scrivere, raccontare e quindi i contenuti si sono moltiplicati. Poi però ti accorgi che le persone che in qualche modo vengono più apprezzate e seguite attraverso i loro racconti sono quelle che a loro volta hanno una prima storia davvero appassionate: la nascita di questo amore a prima vista.

    Chi scrive e riesce ad unire stile e contenuti ha un rapporto personale ed intimo con la scrittura, quasi viscerale che nasce di solito durante l’infanzia. C’è un momento in cui tutto ha inizio e non so perché a me interessa quel momento.
    Arrivo al dunque. La tua riflessione mi ha portata a farti una domanda. Da dove nasce la tua passione per la scrittura?

    Grazie
    Francesca

    1. Ciao Francesca.
      Risposta semplice: …da una passione per la lettura. Da quando ho imparato a farlo ho letto tanto, di tutto, disordinatamente, tirandoci notte, saltando i compiti di scuola o facendo tardi per il lavoro e in mille altri modi e occasioni.
      A un certo punto mi sono accorta che riuscivo anche a scrivere.

  15. Credo che la differenza fondamentale sia tra chi crea contenuti per aumentare le visite di un sito e chi crea contenuti per comunicare un’idea, per dare informazioni o semplicemente perché ha qualcosa da dire.

    Tutti i magheggiamenti dei SEO saranno sempre più inutili, Google diventa ad ogni aggiornamento più intelligente e più severo: alla fine vinceranno le idee e la buona scrittura.

    Qualche eccezione ci sarà sempre, certo, ma in generale la direzione segnata mi sembra proprio quella…

    PS. Complimenti per il blog, che leggo sempre con molto piacere (a dimostrazione di quanto detto sopra!).

  16. “Content is king e connection is queen”.
    Da modesto cavallo penso che il problema sia sui committenti. Google applica semplicemente la regola.
    Grazie ad AT per il sostegno alla causa.

  17. Ancora una volta ne ho la conferma: NEU è un “posto” davvero speciale, un “posto” nel WEB che oltrepassa i confini ed i limiti del WEB.

    NEU è una spiaggia accogliente fatta di incredibili granelli di sabbia, granelli che ti si appiccicano addosso, granelli che non entrano negli occhi ma penetrano nella pelle, granelli che risalgono nella mente dove esplodono come fuochi d’artificio illuminando pensieri ed immaginazione.

    Ogni giorno nuovi granelli di sabbia si aggiungono ai precedenti e insieme, sospinti da un incessante vento gentile, volano senza timore verso nuovi orizzonti.

    Ciascun granello di sabbia è unico e diverso dagli alri, con proprie regole, caratteristiche e contenuti che lo preserveranno dai cambiamenti del web (e non solo).
    Ne sono certo!

  18. Differenziarsi? è quello che tutti vogliono ma finiscono poi per assomigliarsi ugualmente. Paradossalmente chi ha un sito desidera con tutto il cuore che i contenuti in esso vengano indicizzati dal motore di ricerca “pigliatutto” più fruibile dalla maggioranza degli utenti. Ma questo non basta…materialmente parlando ci vogliono soldi e mezzi per ottenere di più, oppure si ha quello scatto geniale che, come sappiamo bene, si ottiene con forza ed esercizio, arguzia e gusto.Come? Io credo che i contenuti debbano essere considerati come qualcosa che si può usare, che l’utente sperimenta come se fosse a una fiera nella vita reale; TUTTO può essere oggetto della sperimentazione…mentre spesso si pensa che dire la cosa più saggia, bella, interessante e divertente porterà inevitabilmente all’ eldorado del web, sulla vetta alle visualizzazioni. Peggio ancora: sono poche le facoltà di comunicazione che insegnano veramente come produrre contenuti, come mettersi in gioco veramente e seriamente, e sono molte quelle ancora da svecchiare! mamma mia siamo nel 2014….Al bando le dottrine, bisogna invogliare a interagire! una grandissima parte dei siti e di quello che vi è contenuto non servono proprio a nulla!

  19. Ho letto la tua appassionata nota Annamaria e i commenti che seguono.

    Sono andata a riprendere alcuni punti della mia tesi di laurea, anno accademico 1984-85 (la data non è un dettaglio). Credo siano pertinenti. Che dite?

    “Nelle nostre società la sovrabbondanza del segno corrisponde alla povertà del senso”.
    Nora, S. -Minc, A.(1978) “L’informatisation de la sociètè. Rapport à M.le Presidènt de la Repubblique”, Paris, La documentation fran\aise; tr. it. (1979)”Convivere con il calcolatore. Rapporto al presidente della repubblica francese”, Bompiani

    “La composizione di un discorso non avviene attraverso l’assemblaggio di molecole di “realtà”, bensì sulla base di dati e informazioni già selezionati e elaborati”.
    (Cesareo, G.1984 “Verso la democrazia elettronica?”, in Rinascita, n. 47)

    NeU propone una decodificazione, una critica, una produzione di cultura con impatto critico (*_))

  20. Mah. Io scrivo. Ormai ho smesso di chiedermi perché (“per chi” è una domanda più pertinente) o per dove. Perché scrivere è la mia maniera di esprimermi, perché è scrivendo che organizzo e dunque sviluppo le idee, perché ne avverto l’urgenza e la necessità e solo in ultimo perché l’è il mé mastée (tipo palo della banda dell’Ortica). Ho smesso di pensare di essere pagato per quello che scrivo, ma ho l’impressione che da quello che scrivo possa scaturire quello per cui mi pagano. In questo, senza committente né vincoli editoriali, avverto un’enorme responsabilità ma anche un’enorme libertà, come se mi fossi affrancato da vecchie catene. Probabilmente morirò povero, ma non necessariamente infelice.

  21. Mi piace pensare che le parole vadano usate con cura. Non perché piaccia a Google, ma perché piace a te. Te che scrivi, Te che leggi, Te che ascolti. E una parola curata è una persona amata.
    Grazie di scrivere.

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