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Scuola: tre prospettive tra passato, futuro e presente

È un rito di passaggio: viene settembre e si riparla di scuola. Le pagine nazionali dei quotidiani ospitano analisi e appelli. In generale il tono è allarmato e urgente. Dopo qualche settimana partono le proteste degli studenti: qualche spazio nelle cronache locali. Poi, più niente o quasi, fino all’anno successivo. Poche voci isolate – tra tutte, quella di Tullio De Mauro (qui tutti gli articoli usciti su Internazionale) – continuano a battere sul tema.
È una verità semplice: il futuro della scuola coincide col futuro del Paese. Ma non solo: ogni storia individuale scolastica disegna, nel bene e nel male, un pezzo significativo di ciascuna storia individuale successiva. E il disegno non sempre è lineare:è noto, ad esempio, che i superdotati vanno male a scuola. Non succede sempre, ma spesso. Umberto Galimberti vi dice perché.
Vi offro solo tre prospettive. La prima riguarda il passato: il 15 novembre 1960 Alberto Manzi appare in televisione con Non è mai troppo tardi. Sottotitolo: corso di istruzione popolare per il recupero dell’adulto analfabeta. 484 puntate dopo, un milione e mezzo di italiani sa leggere e scrivere (io ricordo mio nonno che non si perdeva una lezione). Un medium nuovissimo per l’epoca viene usato in modo rivoluzionario per ottenere un risultato impensabile. Il Corsera racconta bene questa avventura. Guardate anche un estratto dal documentario “TV Buona Maestra”.
Come può la scuola oggi usare i nuovi media in modo funzionale, e non per pura captatio benevolentiae nei confronti degli studenti? La seconda prospettiva riguarda il futuro: eccovi un bel dossier sull’introduzione dell’informatica a scuola, completo di dati e accurate valutazioni costi/benefici, nella migliore tradizione de Lavoce.info.
La terza prospettiva riguarda il presente. Vinicio Ongini elenca dieci vantaggi della scuola multiculturale. Sottolineo il primo punto di Ongini: a Torino, la presenza di tanti immigrati non impedisce alle scuole di essere le migliori d’Italia. E aggiungo un undicesimo punto: la diversità (di lingue, etnie, genere, età…) accresce sempre la creatività di gruppo. La prefazione al libro di Ongini è di Tullio De Mauro. Leggetela, leggetela…
Infine: un omaggio e un saluto ai docenti che, nella sgangherata scuola italiana, continuano a coltivare la propria passione di insegnare, e a far nascere negli studenti quella di imparare.

3 risposte

  1. Un omaggio e un augurio di buon lavoro a tutti gli insegnanti di ogni ordine e grado, dalle materne alle superiori. La loro fatica è la fatica di tutti. Ma un omaggio e un saluto ci vogliono anche per i docenti universitari. Ci sono anche loro, a insegnare ai giovani. Anche se molti di loro non ci si mettono, perché hanno a volte un po’ di puzza sotto il naso. A volte, non sempre. E il senso comune non li mette nel novero degli insegnanti, perché coltiva un pregiudizio complementare, su cui varrebbe la pena fare qualche analisi. Magari la farò. Invece pure in università insegniamo, eccome. Chi lo fa bene ci mette un sacco di tempo, passione personale ed energie. Con soldi che sono sempre meno. E chi lavora bene, in università, non ha mai i soldi che hanno i baroni. Ma una media di 1500 euro netti al mesi. E nessun soldo per attrezzature, laboratori. E strutture fisiche spesso fatiscenti. Salutiamo e omaggiamo anche loro? 🙂 Ciao!

  2. Ho scritto… “ai docenti (senza far distinzioni) che nella sgangherata scuola”… comprendendo nel termine “scuola” gli insegnamenti di ogni ordine e grado. Nella mia mente c’era anche l’università, ma è meglio esplicitarlo. Tra l’altro: Giovanna è un docente universitario che sta in rete, e alla grande. Il suo blog è frequentatissimo, ed è segnalato e recensito alla pagina “pubblicità e comunicazione”. Si chiama Dis.amb.iguando. Uh, a pensarci bene, anche Neu, nel suo piccolo, è una roba così 🙂 E… a Giovanna non solo un saluto, ma anche un abbraccio di inizio d’anno.

  3. Trentadue denti avvelenati Scuola: sperimentata e sperimentanda giusto in questi giorni seguendo di scorcio polemiche generali, e da molto vicino quelle particolari, con due ragazzi di 10 e 12 anni. Reduce della lettura estiva – chissà perché poi questa scelta masochista – del libro della Mastrocola “Togliamo il disturbo” http://www.ilpost.it/2011/02/14/togliamo-il-disturbo-paola-mastrocola/ scrivo due righe a commento di questo tema concentrandomi, al momento, sul link del Corsera. Sono convinta che TUTTOSCUOLA avrà fatto un’indagine capillare e ben fatta certo che quando si parla di “eccellenza” e si portano a riprova 96 nuovi indici (?) e le prove INVALSI, mi sale il sangue alla testa a prescindere. È dura capire se l’uso dei test è giustamente considerato come supporto di dati per incrementare il discorso sull’educazione – dei “Tool of education” per dirla alla Ken Robinson – e non l’obiettivo valutativo di quella. Sembrerebbe così viste le interviste a corollario dell’articolo, certo non posso dire lo stesso del percorso didattico di mio figlio piccolo. La maggior parte delle verifiche scritte sono estratti di quiz invalsi su aperta ammissione della direzione in un perpetuo scarica barile tra direttive, programmi e orientamenti. Ricordo il primo questionario vero o falso alla domanda: La storia è la scienza che studia il passato. Risposta: No. Risultato? Un punto in meno di valutazione. Nessuno si è preoccupato di capire il perché di quella scelta ma bastava chiedere e il novenne avrebbe spiegato, come ha fatto a me, che la storia anche se assomiglia ad una scienza secondo lui non lo è in realtà, ci ha pensato bene, parla di argomenti del passato, racconta. Altrimenti saremmo tutti scienziati! E pensare che non ha ancora letto Popper…

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