stampanti 3d

Stampanti 3D. Il futuro, stampato su misura – Idee 93

Di solito NeU non si occupa di tecnologia, ma questa faccenda delle stampanti 3D rischia davvero di essere non un fatto di innovazione incrementale (un miglioramento nel modo di fare le cose) ma una vera, importante innovazione radicale (un cambiamento nel modo di fare le cose). Un fatto, insomma, che allarga, e di molto, l’orizzonte creativo di ciò che si può immaginare, progettare e produrre, con il massimo della personalizzazione, in tempi brevi, a costi accettabili.

Che cosa si può fare già oggi con una stampante 3D? Be’, di tutto. C’è il tacchino-candelabro (quest’anno negli Stati Uniti il Thanksgiving Day e Hanukkah cadono nello stesso giorno). L’ha inventato un ragazzino di nove anni e la famiglia lo sta producendo e vendendo. C’è lo spazzolino da denti che li lava tutti insieme in sei secondi. Ma c’è anche chi stampa mini-organi umani per testare vaccini: non è fantascienza e lo racconta la BBC.

Due medici dell’università del Michigan, Glenn Green e Scott Hollister, hanno stampato un attrezzo sperimentale su misura (traduco a spanne: un supporto tracheale) per aiutare una neonata a respirare e le hanno salvato la vita. L’attrezzo è in poliestere biodegradabile, può adattarsi alla crescita della piccola e in tre anni si dissolverà completamente.
C’è chi stampa elegantissimi, leggeri sostituti su misura della tradizionale ingessatura da braccio rotto. C’è chi stampa cibo sintetico (e, speranzosamente, afferma “ci sarà pizza su Marte”). E c’è chi produce sculture (commestibili) di zucchero.

C’è chi stampa un’intera parete, e qui sono le dimensioni a far la differenza, perché le stampe 3d di norma hanno misure contenute. C’è chi pensa (succede a Boston) di stampare anelli con un codice, che sostituiscano la tessera d’abbonamento dei mezzi pubblici. C’è chi – la NASA – pensa di dotare gli astronauti in missione spaziale di stampanti 3D: qualsiasi cosa si rompa, possono riprodursela sul posto. O chi (la casa di produzione) ci ha stampato l’Aston Martin di James Bond per il filmSkyfall: un terzo delle dimensioni reali, particolari perfetti e la possibilità di girarci scene d’azione senza perdere l’auto originale, costosissima.

Nel 2014 scadranno alcuni brevetti-chiave per la stampa 3D: questo significa che il prezzo delle stampanti di buona qualità decrescerà in modo significativo, anche perché in Cina si stanno attrezzando per produrle. E forse non è così lontano nel tempo il momento in cui molti di noi avranno una stampante 3D in casa. Per adesso, basta un salto a Londra e con qualche decina di sterline ci si porta a casa – qui l’articolo e il video di Repubblica – una statuina di se stessi, dettagliata nei minimi particolari, con colori fedeli alla realtà e, ovviamente, stampata in 3D: fra tutti gli oggetti stampabili, il più frivolo che si possa immaginare.

17 risposte

  1. Già “Idee 92: facciamo un piccolo, utile esercizio di visione” ci ha aperto finestre interessanti sul futuro e sul modo di ragionare in proiezione. Quindi ogni perplessità offre qualche ragione per essere giudicata conservatrice. Sono circa vent’anni che utilizzo le stampanti 3D per la prototipazione e ho partecipato in qualche misura a scandagliarne le possibilità, anche fuori dagli schemi.
    Ho due perplessità fondamentali su di esse, (anche se oggi ne sono disponibili di ottime, fatte in Italia, a circa 400 Euro). La prima perplessità, che mi segue dall’origine, è che il materiale dell’oggetto risultante, proprio per ragioni intrinseche al processo, è isotropo, quindi uniforme in ogni direzione, con evidenti pecche dal punto di vista strutturale. L’ingessatura che citi ne è un esempio: la benda impregnata di gesso ha una robustissima struttura meccanica che non è minimamente riproducibile con il seppur elegante guscio stampato. Ho provato a produrre ausili per persone con disabilità aptiche o motorie, con scarso risultato, dovuto proprio ai limiti del processo. Ma questo limite potrebbe essere superato in futuro, anche se non vedo molte possibilità in una semplice attività sostitutiva che consista nel fare le stesse cose con macchine diverse.
    La seconda perplessità è di ordine ambientale e energetico. Con l’avvento del computer la carta avrebbe dovuto sparire: il risultato è stato che, con la disponibilità di stampanti personali, la quantità di documenti stampati è decuplicata più volte in pochi anni. Oggi molti stampano in più copie e archiviano le mail, a colori.
    Non ci sono sufficienti risorse per fare ciò che affermi: “progettare e produrre, con il massimo della personalizzazione, in tempi brevi, a costi accettabili”, poiché i costi possono essere accettabili a patto di ignorare i costi sociali, energetici e ambientali e la proliferazione dei rifiuti.
    Quindi? La stampa domestica, individuale 3D potrebbe essere solo un braccio evolutivo che si estingue a favore di una ulteriore e maggiore evoluzione consistente nel passaggio dal dare forma alla materia all’informare la materia, in un processo evolutivo tecnologico e biologico per ora appena intravisto.

  2. E’ una tecnologia ancora “verde”, anche se piena di prospettive.
    Il vero salto qualitativo ci sarà tra una ventina di anni quando queste stampanti useranno una tecnologia fondata sulle nanotecnologie…
    Allora potranno “stampare” qualsiasi cosa di qualsiasi materiale, attuale o futuribile, molecola dopo molecola…

  3. Il commento di Rodolfo è molto puntuale e riassume tutte le perplessità del movimento makers, legato molto al techno-entusiasmo spesso senza molte riflessioni critiche.
    L’elemento più importante è la sostanziale democratizzazione dei progetti di modellizzzazione e la loro condivisione in rete, tramite la foilosofia open source.
    Filosofia che coinvolge anche il microprocessore del robot, come Arduino CC.
    Da una primitiva migliaia di altre persone possono migliorare i disegni, sia per personalizzarli per le loro esigenze sia in una ricerca, ludica e sretiva, di innovazione e debug.
    Credo che questo,l’elemento innovativo, più che la stampa finale su materiali che sono sempre, alemo per ora, polimeri e quindi molto limitati, come ha sottolineato Rodolfo.
    Del resto la stampoa 3D non è innovativa, è un processo che esiste da anni nella creazione di prototipi con il CAD.

  4. … si credo proprio che sarà come una nuova rivoluzione industriale che cambierà molte cose. Un po’ inquietante l’idea delle statuine…

    1. La sola tecnica toglie ogni poesia alla raffigurazione. Fare una scansione tridimensionale del busto –trattieni il fiato per qualche istante Barack, grazie– e produrne una restituzione con una stampante 3D è l’analogo dei calchi in gesso del papa o del dittatore morto. Nessuno si sognerebbe di martellargli la rotula chiedendo:”perché non parli?” Quest’oggetto mostruoso, questa maschera sepolcrale, seppure della massima precisione dimensionale, non ci restituisce nulla della vitalità e dell’immagine viva che del Presidente ci siamo fatta. Quanto è più somigliante una caricatura (http://roedersrants.files.wordpress.com/2013/08/obama-stupid-caricature.gif) anche quella meno riuscita, rispetto a quell’ignobile oggetto?
      Ho il sospetto, ma di sicuro sbaglio, dati i tuoi strabilianti saperi, che in questa tecnologia banalmente pantografica, tu ci veda un non so che di magico, come a fare pupazzetti di fango, soffiarci sù, e …sorpresa! 🙂

      1. Ciao Rodolfo. Ci vedo – ma non sono la sola, credo – la possibilità (e anche il rischio) di ribaltare logiche industriali consolidate, contraendo i costi e dislocando la produzione presso gli utenti.

        Ci vedo un “su misura” portato all’estremo: mi faccio la protesi (ma anche un paio di scarpe o una montatura per gli occhiali) come voglio io.

        E poi: la fine del mercato dei pezzi di ricambio. La possibilità di realizzare prototipi a basso costo. E tanto altro. Per ora si tratta soprattutto di pupazzetti e gioiellini, ma credo che tra una decina d’anni ci sarà da divertirsi, per chi vorrà.

        1. Ciao Annamaria e Rodolfo,
          siamo solo all’inizio e questa tecnologia porterà sicuramente nuove opportunità.

          La prima che mi viene in mente?
          Esempio banalissimo: devo arredare casa …
          Vado sul sito IKEA o da un qualsiasi altro mobiliere, scelgo i mobile e mi scarico i file 3D …
          Stampo i file ottenendo dei mobili (i miei mobili) in miniatura …
          Li dispongo su un ipotetico “plastico” o disegno (traccio i contorni su un foglio)che riproduce le dimensioni della stanza …
          In pratica ho la possibilità di arredare il mio appartamento e capire se effettivamente quei mobili “entrano” o possono convivere nella stanza.

  5. Tutti potrebbero acquistare nei brico, con meno di cinquanta euro, una sega da banco e farsi i mobili in casa. Ma chissà perché preferiscono andare all’Ikea. Beh, qualcuno se li fa e ne è anche molto orgoglioso: non deve pagare la manodopera che è la sua, gratuita, non deve avere la fabbrica che è in garage, il suo, e non deve contabilizzare tutti gli altri costi nascosti o l’impronta ecologica della sua attività, socializzata. Ma questo bricolume non ha fatto morire l’industria del mobile.
    La stampa 3D fa intravvedere altre opportunità, ancora da mettere bene a fuoco, metaprogettuali e mi verrebbe da dire ontologiche, che, nei dibattiti e nelle valutazioni fatte con alcuni colleghi appaiono ancora sfocati, ma non può possono essere la semplice trasposizione della fabbrica in casa o una banale alternativa di processo tecnologico. Alcuni facili entusiasmi –che circolano fra i giovani designers e in rete mi sembrano più motivati dai tecnobottegai che vendono le macchine e dai giovani tecnoentusiasti nativi digitali disoccupati che ne colgono solo alcuni aspetti ma non ne vedono le controindicazioni– che da vere ragioni economiche, ecologiche, energetiche e persino libertarie. Comunque la mia attenzione è costante e la disponibilità a ricredermi sempre presente. Alla prossima.

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