omofoni e omografi

Storie per gioco: omofoni e omografi

Raccontiemo storie rimescolando le carte e sovvertendo (in apparenza) le regole del narrare. Ecco il gioco che vi propongo questa volta: scrivete storie brevi (qualche centinaio di battute) che cominciano con la parola fine e finiscono coi principi.
A permettervi di fare questo ribaltamento è il fatto che vi sto proponendo di usare, per le vostre storie, un termine omofono e uno omografo.
Fine,
al femminile, indica una conclusione. Al maschile, invece, un obiettivo o uno scopo: quello che, per alcuni, giustifica i mezzi. Ma fine è anche un aggettivo, e sta per sottile, delicato, educato…
Prìncipi
(qui dobbiamo usare per forza il plurale perché il gioco funzioni) fa riferimento al titolo nobiliare. Si riferisce anche, per estensione, a persone eccellenti per capacità: prìncipi del foro. Ma se appena spostate l’accento, e dite princìpi, eccoci agli inizi, alle origini. Ma princìpi vuol dire anche regole fondanti di una disciplina (i princìpi della fisica). Se andate alla farmacologia, abbiamo i principi attivi. E, infine, princìpi sta per valori etici. Potete sbizzarrirvi: tra una parola e l’altra ci stanno miliardi di storie.

Con omonimi, omofoni e omografi si è divertito assai anche Umberto Eco, e guardate che cos’ha combinato. Un paio di esempi si trovano, insieme ad altra ginnastica verbale di qualità, in questo articolo dedicato a Sator arepo eccetera.
Ricapitolando: cominciate le vostre storie con fine (o se vi vien più comodo, con fini). E concludete coi principi: in mezzo, tutte le storie brevi che vi vengono in mente. Giusto per mostrare che è facile giocare con omofoni e omografi, ecco un esempio (ma di sicuro sapete fare di meglio).


Fine, fine, grosso, grosso, grosso, storto (deprecabile), gobbuto (orrore!), fine, grosso, grosso, fine… fine?
Aarwyn Glyffenold, Responsabile Calibro Nasi, capo della quinta e ultima sezione (nasi) del dipartimento di Metriche corporee, si fermò di colpo. OZ10H045, la femmina che gli stava di fronte, era un’autentica, perfetta bellezza. Quelle sottili, simmetriche scaglie dorate sul capo! Quegli occhi di un glorioso rosso cupo! Si era meritata 10/10 su tutte le altre metriche e,  per dirla tutta, lui se la sarebbe volentieri portata fuori a cena., ma il naso… eccedente di ben mezzo millimetro oltre il massimo accettabile. Un vero peccato.
Aarwyn si grattò la (finissima) mononarice, ci infilò dentro la lunga unghia cilestrina ed estrasse una caccola rosa, che con un gesto lesto fece volar via. Sbuffò, e con decisione pigiò il tasto “delete”. Peccato per OZ, ma quel naso… non ci si poteva fare niente. E anche lui aveva i suoi princìpi.

24 risposte

  1. Qlc1 dice che t3 mano le mani.
    Ma tu
    cambi_ali
    e se
    cambi_ami.
    Come una ruota di scarto,
    su una rotta di scorta.

    1. Fine, elegante, stilosa come un cielo stellato in una notte di agosto. Sguardo ammaliante, modi raffinati e cortesi si celavano dietro quell’abito azzurro che le cingeva la vita in un modo così casto che anche un cieco avrebbe creduto alla sua innocenza. Mai fermarsi all’apparenza: dietro quel bel visino si celava un mostro senza dogmi né princìpi.

  2. Il tortellino FINI finì nel piatto sopravvissuto di un servizio di preziose e fini porcellane del presidente Fini, come avanzo negletto, il povero!

    Apparteneva ad una nobile casata gastronomica modenese FINI di sani princìpi, con illustri antenati (principi e principesse) di cui andava orgoglioso.

    Ed ora? Solo soletto come resto in un piatto!

    Dove sono andati a finire gli antenati principi e i sani princìpi, ohibò? (*_))

  3. Alle prossime elezioni, con la nuova legge a doppio turno, potevano prendere un’ottantina di parlamentari: sperando nel recupero di PDL e Lega, e con Monti rinvigorito dall’opposizione, avrebbero potuto trattare col nuovo segretario del PD, Filippo Taddei. Non è che uno può restare legato ai soliti principi.

  4. Fine..na na na..senza fine.. Chiara nasconde un segreto. Quando tutto sembra andare a rotoli, si ferma. Sale nella vecchia soffitta, solleva un foulard a fiori rossi e fà rivivere il giradischi della sua gioventù . Chiude gli occhi e incomincia a ballare. E sogna, le dolcezze dei suoi amori, i baci dei suoi prìncipi.

    http://www.youtube.com/watch?v=loCYkVr26wE

  5. (Riposto che il precedente invio m’è venuto male). Pardon.
    Fine. Beppe e Gianroberto erano sempre più soli davanti al monitor. Ogni tanto intercettavano qualche indirizzo IP dalla Brianza e dalla rete interuniversitaria della Bocconi, poco altro.
    Oramai erano 128 i deputati e senatori che avevano fondato i due gruppi parlamentari Democrazia Organizzata e votavano regolarmente col governo Civati. Gli ultimi erano usciti il 22 maggio: al Senato passava la legge sulla rappresentanza e sui partiti, alla camera la riforma delle pensioni, degli ammortizzatori sociali, del sostegno alle imprese virtuose.
    Tutto il traffico dei Meetup sembrava assorbito dalle 5 piattaforme rese operative dal ministro Barca il 26 aprile. Gianroberto aveva provato a intasarle generando 800000 avatar di pensionati ma un gruppo di studenti dell’Aldini di Bologna lo aveva beccato e gli aveva riempito l’hard-dosk di video di Bersani e di Crozza.
    Ora stavano preparando il piano B. Erano stati contattati da un esperto di sistemi elettorali, che conoscevano solo per nickname, thepigmaker: Col nuovo sistema elettorale a doppio turno, avrebbero puntato a fare accordi in una cinquantina di collegi. Con PDL e Lega in ripresa, Monti rinvigorito dall’opposizione e una bella campagna a sostegno del ritorno di Ingroia dalla Val d’Aosta, potevano essere di nuovo decisivi, e mettere il nuovo segretario del PD, Filippo Taddei, nell’angolo. La strategia cambia, l’obiettivo, magari, no. Non è che uno può restare sempre legato ai soliti, vecchi principi.

  6. Fine, sottile era l’ago che mi ha dato la morte. La decisione l’ho presa quando mi hanno comunicato la diagnosi. Nessuna speranza di guarigione, anzi la certezza di un peggioramento irreversibile. Non mi aspettavo tante resistenze morali. Oggi finalmente ho visto soddisfatti i miei principi.

  7. Alcuni amici hanno postato su Facebook. Ricopio:
    Laura Grazioli
    Fine dei giochi al parco dei prìncipi.

    Antonio Amato
    Fine, apparentemente educato, dai modi gentili,si presentò nel suo splendore. Enunciò sani principi, tutti se ne invaghirono e tutti si adeguarono al suo stile;
    la menzogna alla fine finì per diventare uno dei sani principi.

  8. Fini e distanti mi sembrarono i tuoi modi, quella sera che, sconfitto dal tuo fascino sconvolgemte, decisi di sedurti, nonostante la mia compagna, nonostante i miei più sani… eppure sciocchi, così parevano ora, principi.

  9. Fine non è mai stato: ‘sta gente lo invita quasi ogni venerdì in omaggio al primitivo compagno di Crusoe. Le cene sono squisite quanto i suoi ospiti, anche se parlano di lui come di un raro esemplare da giardino zoologico. Lo trovano così primitivo, e così divertente, e così naif. Lui gli serve per farli sentire così evoluti, e così raffinati, e così superiori. Se questo è il prezzo, ce la mette tutta per non deluderli. Eppoi lascia pure la mancia: con meticolosa puntualità, quando va pisciare abbassa con cura la tavoletta. E con altrettanta cura si lascia zampillare a cazzo. Così, giusto per rispettare i suoi principi.

  10. “Fine, thanks”. Non sapeva dire molto altro in quella lingua orecchiata dalle canzoni alla radio e mai utilizzata davvero. Si guardò intorno a cercare lo sguardo di sua moglie, la conferma di non aver fatto una madornale gaffe. Poi tornò a guardare interrogativo Patrick. Per un interminabile istante fu silenzio. “How old are you?”, ripeté il cugino irlandese, stranito, divertito forse. “Fa-in, ten – cs”, sillabò ancora Giovanni, certo di aver dato la risposta corretta, rincuorato dagli occhi indulgenti della moglie. Forse aveva solo pronunciato troppo velocemente, con un accento eccessivamente “italiano”, sai, valli a capire questi irlandesi, nemmeno loro parlano un inglese puro e mentre noi italiani ci sforziamo di capire sempre il turista che giustappone senza congiunzioni verbi all’infinito e nomi al singolare, loro no, figuriamoci, questo è chiedergli troppo!
    “You were born in 60’s, weren’t you?”, rilanciò Patrick, perplesso. Giovanni scosse la testa. Questa carràmbata lo aveva già stancato troppo. Non avrebbe ceduto, non avrebbe barattato la ricchezza del suo italiano per andare incontro a dei parenti refrattari a ogni compromesso linguistico, arroganti – benché ospitali – come dei principi.

  11. Fine, aveva messo fine alla loro storia. Aveva amato Paolo ma ormai quell’amore era svanito. Incredibilmente evaporato come acqua al sole, si ripeteva ora davanti a una tazza di caffè al bar Lutetia. Da lì poteva vedere la finestra dell’appartamento in cui avevano vissuto insieme. Si sentiva straordinariamente bene, la valigia ai suoi piedi era piena di cose, la sua testa di nuovi idee e principi.

  12. NECESSITA’ Fine della carta igienica. Era nel bagno di un bar nei pressi della stazione. Si era trattenuta durante tutto il viaggio in treno e appena arrivata a destinazione aveva cercato la toilette nel grande atrio scoprendo che costava un euro all’ingresso. Un euro era troppo, un vero ladrocinio. Ora si trovava a dover agire con quel che aveva. Si sfilò il foulard di Ermés dal collo. Di fronte al bisogno certe mode cadono insieme agli effimeri principi.

  13. LA LEZIONE. Fine, la sabbia calda filtrava tra le mie dita, quel giorno in riva al mare. La prima volta che io e Luca, i primi della classe, bigiavamo la scuola. Era tempo di fare qualcosa che nessuno si aspettava da noi.
    Ad accomunarci solo i bei voti, i classici bravi ragazzi, ma dopo quel giorno ci scegliemmo come amici. Passavamo le serate, dividendo uno scooter e parlando dell’esame, del futuro e delle ragazze. E insieme imparammo che le cose belle vengono quando si è veramente se stessi, a volte anche accantonando i sani principi.

  14. “Fine”. Andrea aveva in testa solo una cosa: farla finita, una volta per tutte. Troppe giornate buttate via a sognare di essere in un altro luogo, paese, tempo. Centinaia di pugni fracassati contro al muro per cercare di calmarsi, di non pensare al malessere che lo stava divorando. Un giorno si decise. Si fece accuratamente la barba, indossò i suoi bermuda preferiti, sandali e t-shirt con il kiwi e aspettò il suo capo davanti al bar dove ogni giorno era solito fare colazione. Attese fino a che non gli fu a mezzo metro e strinse la pistola che teneva in tasca. In un attimo si ricordò di tutte le umiliazioni, denigrazioni e frustrazioni che aveva dovuto sopportare. La sfilò dalla tasca e respirò profondamente… prima di lasciare la presa e entrare nel caffè, dietro di lui. Tutto quello che aveva immaginato andava contro i suoi principi.

  15. TRAGICO ERRORE GIUDIZIARIO

    Fine pena: mai. Fu il verdetto in terzo grado di giudizio per quell’efferato delitto.
    Un’adolescente violata e uccisa e la sorellina, testimone suo malgrado, sepolta ancora viva.
    Il barbone innocente non riuscì mai a dimostrare la sua innocenza.
    Fu il caso a far emergere la verità, non uno dei principi del foro.

    Mery Carol

  16. La fine dei miei giorni: voglio che al suo venire mi trovi viva. Viva con tutti i miei sogni,i miei rimpianti e i miei principi.

    Mery Carol

  17. Fine è colui che non chiede l’età a una donna, che non chiede ai propri ospiti quando se ne andranno, che chiede “ti disturbo?” all’inizio di una telefonata, che non suona il clacson o impreca al volante per un nonnulla, che non sta a puntualizzare ogni volta che qualcuno dice un’imprecisione e che non si impunta solo per tener fede ai suoi princìpi.

  18. SENZA PRINCIPI
    “Fine”. Amanda aveva sudato sangue per arrivare a scrivere quella parola. 580 pagine. Due anni chiusa in casa. Niente vacanze, niente amici, niente Natale, la spesa fatta portare dal fattorino del negozio di alimentari. Ma il suo romanzo sarebbe stato un bestseller perché aveva gli ingredienti giusti. Sesso, passione, perdizione, riscatto.
    C’era il sole. Uscì. La città le sembrò diversa. La colpì la gigantesca locandina davanti all’edicola. Il Libro della Settimana, a un euro con il quotidiano locale. Sesso, passione, perdizione, riscatto c’era scritto. La copertina era quella che lei aveva immaginato. Anche il titolo era lo stesso, Senza Princìpi.

  19. Finestre sporche. Pavimento impolverato. Piatti – sporchi – impilati nel lavandino. La luce si fa largo tra il sudiciume illuminando il suo corpo nudo sul divano. Per ucciderlo, un colpo secco alla testa. La sporcizia è contro ai miei principi.

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