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Genitori iperprotettivi, figli ipervulnerabili

Genitori iperprotettivi: poiché ci sono sempre nuovi bambini, e sempre nuovi genitori, l’argomento è ricorrente. Figli nella bambagia titola il Corriere della Sera, riprendendo un caso apparso sul Guardian (genitori che mandano figli piccoli a scuola da soli in bici, suscitando la riprovazione di altri genitori). I genitori iperprotettivi creano danni psicologici permanenti, titola Huffington Post, citando un’ampia ricerca secondo la quale i partecipanti cresciuti senza genitori troppo “opprimenti” risultano avere il punteggio più alto in sondaggi riguardanti la felicità e il benessere generale. L‘Ansa, rilanciando una ricerca dell’Università di Singapore, titola Bimbi ansiosi se i genitori sono perfezionisti o invadenti. 

GENITORI-ELICOTTERO. In inglese si chiama “helicopter parenting“: lo svolazzare continuamente attorno ai figli, tenendosi pronti a intervenire per risolvere qualsiasi problema. La definizione è buffa, ma la questione non va sottovalutata. Channel 4 le dedica un documentario. Una ricerca australiana mostra che oggi i genitori iperprotettivi  si trovano dappertutto, e anche agli antipodi. Psychology Today segnala che la tendenza dei genitori a intervenire nella vita dei figli non si ferma neppure quando questi, finalmente, crescono e diventano giovani adulti che frequentano l’università. E un lungo articolo dell’Atlantic spiega come genitori iperprotettivi possono favorire l’alcolismo dei ragazzi.

SPIRITO D’AVVENTURA. Per sviluppare curiosità e spirito d’avventura, già nel 2007 due autori per ragazzi, Conn e Hal Iggunden, pubblicano The dangerous book for boys, tradotto come Il pericoloso libro delle cose da veri uomini: un successone, presto seguito dal corrispondente (non tradotto nella nostra lingua) The daring book for girls.

BAMBAGIA ITALIANA. E da noi? Nelle città, l’assenza di piste ciclabili evita il dilemma riguardante l’andare a scuola in bici e la sparizione dei cortili  cancella ogni opportunità di gioco all’aperto. Ma la bambagia in cui si avvolgono i figli è, prima ancora che fisica, mentale.
Vi ricordate i bamboccioni di Padoa Schioppa? Dietro l’antipatica definizione c’è un paradosso reale: figli troppo accuditi da piccoli, troppo coccolati e perdonati da adolescenti. Poi (è l’altra faccia della medaglia) passati i vent’anni i medesimi figli vengono scaraventati in una realtà grama e incertissima, ad affrontare la quale sono del tutto impreparati per tanti motivi: sono abituati a essere aiutati da qualcuno, non si destreggiano nelle dinamiche quotidiane, fanno fatica a elaborare le sconfitte e ad affrontare la frustrazione, a volte tendono a coltivare attese irrealistiche,  non sono resilienti.

UTILI DRITTE PER I FIGLI ADOLESCENTI. Wikihow pubblica una lunga serie di consigli e indicazioni di comportamento per i figli preadolescenti o adolescenti che si trovano a dover fare i conti con genitori iperprotettivi. Sono suggerimenti equilibrati e dettati dal puro buonsenso, e proprio per questo mi sembrano utili assai: equilibrio e buonsenso sono esattamente quanto manca in un contesto iperprotettivo.

UN DECALOGO PER GENITORI. Il Libraio elenca Quello che i genitori iperprotettivi dovrebbero sapere.  Sul tema, insieme al demografo Alessandro Rosina, ho scritto alcune note e un decalogo per i genitori (specie per quelli che hanno figli maschi). Credo che sia più che mai attuale e, se vi va, potreste dargli un’occhiata.

Questo post è stato aggiornato nel luglio 2016. Se vi è piaciuto potreste leggere anche
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33 risposte

  1. Avevo già letto il decalogo dell’educazione e devo dire che l’ho trovato molto attuale (ho un fratello minore maschio che non fa nulla in casa poichè, poverino, non è capace e non vi dico le lotte con maman). Ogni mattina vedo ragazzine e ragazzini vestiti firmati da capo a piedi, impeccabili nei capelli e nel trucco: ma come fanno? Ma dove trovano il tempo? A queste domande forse la risposta ovvia è che hanno tempo poichè i genitori li portano a scuola in macchina (guai a usare i mezzi pubblici): magari un bel disincentivo in tal senso sarebbe utile (chiusura del traffico per le macchine che portano i figli al liceo). L’iperprotettività forse nasce anche dalla mala informazione, in cui i genitori sono dei veri campioni. Il decalogo consiglia di invogliare alla lettura, ma se il papi legge solo Cavalli e Segugi o Tuttoperilcamper non da proprio il buon esempio (e ricordo che siamo la nazione con una percentuale di non lettori vicina credo al 53%). Scusate il commento in stile sfogo ma sapere che il voto di questi fallomarmocchi conta quanto il mio mi manda in bestia.

  2. @Anonimo: tutti i giovani che lavorano o hanno lavorato per me a) hanno imparato delle cose e sono cresciuti b) sono stati pagati ben al di sopra della media di mercato, anche se in periodo di stage. Alcuni si sono dimostrati in gamba. Altri meno. Credo nella meritocrazia e non l’ho mai nascosto. Fa parte del mio modo di essere il fatto di accettare tutti i contributi. Sarebbe però interessante che chi si prende la responsabilità di muovermi pubblicamente degli addebiti personali avesse il coraggio di firmarsi con nome e cognome.

  3. Oggi come ieri è possibile trovare un equilibrio tra autonomia e controllo nell’educazione dei bambini, accompagnando con le dovute cautele ma senza demonizzare i potenziali pericoli. Vincenzo

  4. Maggiore libertà vuol dire avere maggiori responsabilità e maggiore senso del dovere, questi ragazzi hanno una sola scusante: hanno pochi esempi, gli adulti ed in particolare la classe dirigente e la classe politica italiana non brillano per queste doti. La strada del cambiamento per il nostro paese è MOLTO in salita. Complimenti ad annamaria per l\\\’iniziativa di questo sito che trovo veramente interessante, mi stupisce ed apprezzo molto anche il fatto che riesci a trovare il tempo per rispondere quasi in tempo reale ai commenti. Sto diffondendo questo sito fra le mie classi, insegno matematica.

  5. Strano che proprio a lamentarsi di quanto gli uomini siano bambini irresponsabili, sono proprio le stesse donne che in questo momento stanno educando il ‘prezioso’ figlio maschio alle stesse regole che hanno subito dalle loro madri. E la vogliamo rompere sta catena.

  6. E’ un fenomeno poco studiato, tanto che non mi viene facile colpevolizzare i genitori. Per mia esperienza ho visto solo una madre educare all’autonomia i propri figli (due maschi). Ma era finlandese.

  7. @ leorotundo : grazie! Spero che i tuoi studenti troveranno in NeU qualcosa di utile. Credo che i modelli di ruolo siano fondamentali.. E certo: è un bel guaio se passa il messaggio che studiare non serve perché basta essere carini e farsi mantenere, poi, da un partner ricco. O che per diventare popolari è sufficiente una comparsata in uno spettacolo televisivo trash. Non solo è una logica perversa, che esalta le scorciatoie opportunistiche e sbeffeggia l’impegno, la tenacia, la competenza e la pazienza. Ma è anche una logica fallimentare: nel senso che per una carina e disinvolta che (in quella logica lì) “ce la fa”, o per uno spregiudicato e fortunato che (sempre in quella logica lì) si guadagna un successo effimero, ce ne sono mille che si ritrovano istantaneamente scaraventati ai margini, e senza essersi procurati gli strumenti per percorrere altre strade. Quelle in salita. Credo però che anche per i ragazzi più avveduti, quelli che si preparano sul serio, il passaggio dal tepore dell’accudimento familiare al gelo della scarsità di occasioni e prospettive sia traumatico. E forse le temperature andrebbero bilanciate: un po’ meno caldo a casa, un po’ meno freddo fuori. Le due cose insieme, però: non una sola. E sapendo bene che un “fuori” tiepido come casa propria proprio non esiste. E che però non si può stare rintanati, né mentalmente né materialmente, tutta la vita. Cerco di rispondere se posso (e se mi sembra di aver qualcosa da dire). Ma spesso mi precede qualche amico di NeU che dice quanto pensavo di dire come, o meglio, di quanto avrei fatto io 🙂 @ anonimo6: certo. E’ una catena da rompere perché, quando c’è, imprigiona tutti, genitori e figli. Ma dubito che i padri se ne possano tirare fuori. A meno che non si voglia assegnare alle madri “anche” un compito educativo nei confronti dei padri. Un po’ troppo, no?

  8. Non suscito esattamente riprovazione quando racconto di mandare il mio undicenne a scuola da solo in bici – 2 km circa di strada – ma una sensazione leggera di madre incosciente si capta sempre. Il decalogo – già adocchiato appena scoperto il sito – lo trovo attualissimo. In qualità di mamma di due maschi mi infastidisce un po’ il commento n°6 ma è realistico, i dati sulla “asimmetria di genere” preoccupanti. Come si rompe la catena? Occorre impegno e pratica continua, secondo me, non accontentandoci di condividere delle opinioni ma modificando (perlomeno tentando con onestà di modificare) in primis il nostro stile di vita. Con buon senso, per prove ed errori e rimanendo alla larga da modelli preconfezionati spesso presuntuosi di voler essere perfetti. Senza troppa rigidità, in somma, né troppa indulgenza…

  9. Essendo mamma di un maschio…eccomi qua. Effettivamente, leggendo quel che si dice, comincio a pensare di aver messo al mondo una specie di alieno: mai voluto abiti griffati (beh, abbiamo dato il buon esempio) dalle medie in poi ha frequentato contemporaneamente anche il Conservatorio, maturità classica al D’Oria e laurea biennale in Conservatorio, sempre col massimo dei voti, ora lavora, anche se si fa letteralmente “il mazzo”, come insegnante e accompagnatore al pianoforte…lavori precari, ovvio, ma almeno fa qualcosa che gli piace.Sa farsi anche da mangiare…legge molto…mai andato in discoteca, non beve, non fuma…a volte mi domando di cosa mi lamento, cioè, me lo domanda lui…in effetti,guardandomi attorno, mi sa che ha ragione (considerando anche che quando va in giro per Master class a volte mi porta con lui, come l’estate scorsa, 2 settimane a Parigi).Anche altri suoi amici sono così. P.S. Peccato che quando mi sono registrata qui non ho potuto inserire, come categoria d’appartenenza, “mamma”. Non era contemplato neppure “casalinga”, così ho dovuto scrivere “altro”. Forse bisogna essere creative anche nell’allevare i figli ^__^

  10. A proposito dell’atteggiamento iperprotettivo nei confronti dei bambini che ostacola la curiosità mi sono ricordato di un’intervista al chimico premio Nobel George Porter comparsa nel numero di febbraio del 1998 di “Le Scienze”: “Per diffondere la conoscenza, bisognerebbe incominciare a insegnarla ai bambini, a partire dai primi anni di scuola. E’ davvero un peccato che non si vendano più nei negozi perché sono considerati pericolosi, giochi come “Il piccolo chimico”, che aiutano a sviluppare la curiosità nei confronti di questa scienza come è capitato a me. Oggigiorno si proibisce tutto, non è vero? Ho paura che la prossima cosa a essere proibita, per motivi di sicurezza sarà l’acqua.”

  11. @Leorotundo: esiste ancora Il piccolo chimico! L’ho regalato l’anno scorso a una nipotina. Ed esistono un sacco di giochi scientifici fantastici che trovi in posti tipo “La città del sole” o “Natura è”. Il piccolo “sito archeologico” da scavare con la picozzina, la mini-funivia a luce solare (da montare col papà) eccetera. I giochi ci sono: ma non sono quelli pubblicizzati su ItaliaUno, nè quelli che trovi nei centri commerciali. E d’altra parte, sono giochi che NECESSITANO di una partecipazione (attiva o anche a distanza, ma attenta) degli adulti: e pochi adulti hanno voglia di dedicare il loro prezioso tempo libero all’educazione dei figli. Valeria

  12. IL FIGLIO DI RIYUEREN E GLI ALTRI In effetti uno guarda i comportamenti più diffusi, e si sconforta. Poi si imbatte delle, per fortuna numerose, eccezioni, e pensa che esistano altre possibilità. E torna a sperare. Lo vedo in aula: ho di fronte campioni di ragazzi tutto sommato molto omogenei per età, aspirazioni, formazione. Eppure visibilmente, prepotentemente diversi nei tratti individuali: curiosità. Attenzione. Prospettive. Modo di mettersi in relazione. Energia. E sì, anche competenze linguistiche. Tutta roba che – credo – vien fuori da una cooperazione formativa tra scuola e famiglia. Da madre di un figlio maschio adolescente mi faccio un sacco di domande. Trovo risposte parziali. Mi porto dietro alcuni principi di base solidi e irrinunciabili ma, per il resto, navigo a vista. Proprio come scrive Laura. Riaggiustando giorno per giorno le proporzioni di flessibilità e rigore, in un negoziato infinito. Credo che “mamma” sia qualcosa di più di una categoria: una condizione esistenziale. E anche di aver esercitato qualche sorta di maternage diverse volte, e anche prima di diventare madre biologicamente. Alcuni – molti – ragazzi mi incantano: pensano e fanno cose meravigliose con una leggerezza sapiente che me li fa subito considerare pari, nonostante la differenza di età. Altri, lo ammetto, mi fanno arrabbiare, per una specie di cecità arrogante. Altri ancora mi intristiscono, divisi tra opportunismo e rinuncia. Insomma: mica facile prendere ogni volta le misure. Spesso difficile, e a volte impossibile sia capire che farsi capire. Oltre al piccolo chimico: il libro di cui ho linkato il trailer è pieno di esperimenti “pericolosi”. Ma anche cucinare insieme può funzionare. Senza contare che sapersi preparare qualcosa sui fornelli è una competenza che chiunque, maschi compresi, dovrebbe avere. E che, naturalmente, si estende al mettere poi le pentole al posto giusto nella lavastoviglie.

  13. Essendo padre di due maschi… eccomi qua (scrivo anche anome di mia moglie…). Effettivamente, leggendo quel che si dice, cominciamoo a pensare di aver messo al mondo due specie di alieni: hanno sempre voluto abiti griffati (eppure noi avevamo sempre dato il buon esempio), dalle medie in poi hanno frequentato contemporaneamente anche le peggiori compagnie, maturità classica al Carducci (e ti raccomando gli scioperi e le occupazioni) e laurea uno allo IULM (che gli fa schifo) e l’altro al Politecnico (vedi sopra), sempre con “quasi” il massimo dei voti; ora uno lavora, anche se si fa letteralmente “il mazzo”, come giornalista (sempre meglio che lavorare, si diceva una volta…) l’altro non fa nemmeno lavoretti precari, (a meno che fare il tifoso del Milan non sia considerato un lavoro…), ma almeno fa qualcosa che gli piace (e molto, sembra!). Naturalmente non sanno farsi nemmeno una piadina, leggono molto, questo sì (il secondo La Gazza, naturalmente), mai andati in discoteca, non fumano sigarette normali (il resto non so), in compenso bevono molto… a volte mi domando di cosa ci lamentiamo, cioè, ce lo domandano loro… in effetti, guardandoci attorno, mi sa che hanno ragione (considerando anche che quando vanno in giro per il mondo non ci portano mai con loro, anzi, nemmeno ci dicono dove vanno e con chi). Fortunatamente, anche altri loro amici sono così (mal comune mezzo gaudio?

  14. ANNI 70, CHE BOTTO, LA RIVINCITA Riguardando il trailer ho rivisto la mia infanzia, tutto uguale ma senza babbo alle costole, non ne avevamo bisogno e loro (i babbi) mai si sarebbero lontanamente sognati di giocare con noi. A differenza del trailer, a noi venivano le croste sui ginocchi cadendo dai carretti sull’asfalto, spesso passavamo dal pronto soccorso per farci rappezzare ferite varie, i bernoccoli in testa erano un accessorio indispensabile, e i nostri scherzi agli adulti erano molto, ma molto più crudeli. Alla libreria al momento di pagare il costo esoso dei libri scolastici, il commesso ha detto ad un padre filippino che acquistava i libri per il figlio “Una bella botta, eh?” e il padre ha risposto indicando il figlio “le botte le prende lui se non studia!” Darwin sosteneva che non è il più forte ad avere più possibilità di riuscita, ma il più adatto al cambiamento in corso. E’ probabile che i nostri ragazzi cerchino nel galleggiamento una forma di adattamento alla società in cui sono malgrado loro immersi, altri ragazzi in altri mondi lottano non per galleggiare ma per sopravvivere e vincere una vita migliore, con determinazione e resistenza da noi impensabili. Un domani potrebbe esserci un emigrazione rovesciata, dove giovani italiani vanno a fare i badanti a ricchi e capricciosi signori indiani o cinesi. walter

  15. LA VERTIGINE DI REMO LUCCHI E LA VISIONE DI WALTER Oggi è venuto in aula Remo Lucchi, AD della società di ricerche Eurisko. Quattro vertiginose ore di lezione sul presente e il futuro della nostra società, costruite sulla premessa che oggi il cambiamento è così veloce da rendere immediatamente inadeguati perfino gli strumenti che abbiamo per interpretarlo. La radice del cambiamento è una discontinuità epocale: l’accesso all’istruzione di amplissime e crescenti fasce di popolazione. Ma più istruzione significa che molte più persone hanno molti più strumenti per pensare e decidere con la propria testa: le società diventano molto più disomogenee. Frammentate. Le identità si moltiplicano. La relazione verticale tra istituzioni che orientano e stabiliscono (la chiesa, i partiti, lo stato, le imprese…) e popolazioni che si adeguano, accettano, eseguono e si conformano entra in crisi. Le persone, man mano che si appropriano di strumenti culturali, pretendono relazioni alla pari, di cui essere co-protagoniste. Ora siamo esattamente a metà del cambiamento. Un 30% di giovani adulti con istruzione superiore. In due-tre decenni saranno il 70%. E intanto voleranno fuori dalle mappe dei sociologi delle belle fette di persone anziane con scolarità elementare o nulla. Niente sarà più come prima. E’ un cambio di paradigma, come direbbe Thomas Kuhn. Una discontinuità drammatica ed epocale, le cui conseguenze, intrecciandosi con altri rapidissimi cambiamenti in corso, sono ad oggi difficilmente prevedibili. Il giovane filippino di cui parla Walter, quello che prende botte se non studia, sarà di sicuro in quel 70% di giovani adulti acculturati. E sarà determinato e resistente. Saranno in quel 70% molte, moltissime donne. Già oggi, nel 2010, il 60% dei laureati è donna. E la presenza femminile nel segmento che Eurisko identifica come “delfini”, quello delle classi dirigenti del futuro prossimo, è già oggi ampiamente superiore a quella maschile. In questa logica, la sintetica e potente visione di Walter, “giovani italiani che vanno a fare i badanti a ricchi e capricciosi signori indiani o cinesi”, è meno paradossale di quanto sembra. Ma le società, per svilupparsi e vivere in modo armonioso, hanno bisogno di equilibrio. Il bruschissimo (pochi decenni contro millenni) ribaltamento nella distribuzione di conoscenze – e poi, fatalmente, di potere – tra i generi rischia di avere conseguenze – credo – drammatiche. E no, sono abbastanza certa che non sto esagerando. Incitare i figli maschi a mettersi alla pari, e a mettersi in gioco alla pari, abbandonando da subito ogni illusione di superiorità, ogni presunzione di valore connesso al genere, aiuterà a crescere meglio non solo loro, ma anche la nostra società. Certo che il clima, e le news di quest’ultimo periodo, aiutano assai poco. P.S: Ne Le visioni dei saggi NeU ospita uno scritto di Remo Lucchi.

  16. Lo dico sempre che ci è capitato lo scorcio di secolo migliore. Vi ricordate? Giovani, abbiamo contato. Belle parole, Annamaria. Ma…il genio è saggezza e gioventù, è stato detto. E i giovani, grazie a Dio, sono imprevedibili.

  17. Ieri ho scritto un post, ma non mi sembrava il caso di pubblicarlo: poteva risultare fuori tema o fuori luogo. Le riflessioni di Anna Maria mi hanno dato il coraggio di scriverlo: 11/11/2010: è nata Morgana Kg.2,800, bambina Rom. Morgana “è” il territorio che cambia, la mia microsocietà in cammino. Quali le responsabilità nei confronti di Morgana e del territorio? Quali le connessioni con le ideologie educative interne al mio microcosmo familiare? (e non solo) elisabetta

  18. Il decalogo è ficherrimo Ma secondo me c’è un punto mancante perchè dici: non pretendere dal figlio maschio meno di quanto pretenderesti dalla figlia femmina. Il che in questioni tipo aiutare a casa, essere educati etc è cosa buona egiusta da sottolineare. Ma mi è capitato un sacco di volte parlando con madri di donne che hanno finito presto di studiare sentir loro dire. “La scuola era lontana e lei non era una tipa da studio, sai si stancava tanto”. Indi la ragazza interrompeva. Ce ne è a mazzi con questa storia. (Un esempio eclatante: mia cognata fa la commessa, mio marito – suo fratello – è ricercatore universitario). Besos! Zauberei che prima o poi si registrerà (ps. ma sto blog qui bellissimo – perchè è impaginato in questo modo che uno legge solo il post ultimo e gli altri nein? )

  19. @Zauberei Nel passato ce n’è a mazzi davvero di storie così. A mia madre, ultima di 4 figli e brava a scuola, mia nonna fece interrompere gli studi perché non doveva essere più colta dei fratelli-una specie di parità entro mura domestiche. Mia madre lo ha ricordato sempre con dolore, e alle figlie femmine ha tolto di mano i lavori domestici, esortandole invece a studiare e a leggere ( è il motivo per cui non so tirare la sfoglia). Ma ora le cose sono cambiate: ne parla Annamaria nel post n. 18.

  20. Arrivo tardi in questa discussione interessantissima e molte cose che penso sono state già dette: condivido lo sdegno di Rurrina, la critica ai genitori (se le madri sono “responsabili” di ciò, i padri sono sicuramente “conniventi”) che sono specchio di una società decisamente arretrata socialmente, culturalmente, politicamente, economicamente ecc. ecc. Trovo illuminante la chiusa del commento di Walter, che ci dice tutto di come gli italiani usciranno dal confronto con altre realtà estere, pregudizialmente considerate “inferiori” (scusate il termine, e l’abbondanza di virgolette) ma probabilmente più preparate ad affrontare le difficoltà (confronto perdente già adesso) . E anche l’ironia di Graziano lascia trapelare il disorientamento condiviso di molti genitori (tra i quali mi metto anch’io…). Quello che posso aggiungere è una sorta di sillogismo, che, per sintesi, forse sarà riduttivo, ma attraverso il quale provo a darmi una spiegazione dello status quo. I nostri figli ( e forse anche i loro genitori) non sono educati all’autonomia. La discriminazione culturale di cui sono oggetto i due generi è penalizzante per entrambi: i maschi saranno quindi portati ad essere bamboccioni a vita e le femmine invece sono caricate già da piccole di una responsabilità verso il lavoro familiare che pagheranno cara in termini di realizzazione professionale e personale ( e quindi anche in termini di indipendenza e di auostima). Di conseguenza, la società italiana sarà sempre strutturata in maniera impari e sempre carente di presenze femminili nei vari campi, a causa della mancanza di infrastrutture e politiche adeguate che sopperiscano al lavoro – muto e nero – che da sempre le donne svolgono per allevare i figli, prendersi cura di casa e famiglia e curare anziani e malati. Una società in involuzione, insomma, per la cui inversione di rotta non so se sarà sufficiente affidarci alle percentuali di laureati e alla preponderanza tra essi di donne (soprattutto se esse anche da laureate saranno costrette a ruoli sempre riduttivi e qualche volta mortificanti). Eleonora p.s. per Laura, anch’io come madre di maschio, vengo guardata come l’anticristo, però pensavo che ciò dipendesse dal fatto che vivo nella provincia del sud 😉

  21. AUTOBIOGRAFIA DI UN FALLIMENTO Ultimo quinto figlio, per giunta gemello, di due genitori già in là con gli anni, cresciuto cercando di scansare le liti tra i fratelli più grandi (+10-13-15 anni) e i genitori ex contadini semianalfabeti che, lavorando più di 16 ore al giorno, hanno sempre cercato di fare del loro meglio. La mamma, sarta casalinga e domestica a ore, per cultura e senso di ospitalità ha sempre provveduto a tutto, cibo, vestiti, conforto. Le sorelle femmine aiutavano, i due maschi più grandi non proprio, anche se la mamma non ha mai chiesto niente, n’è a me n’è a loro. Ma da quando, ancora piccolo, ho realizzato che lei continuava a spignattare fino a tardi per pulire e predisporre tutto per tutti, non l’ho più tollerato, e ho cercato come ho potuto di aiutarla almeno nelle piccole cose, apparecchiare, sparecchiare, spazzare, sistemare, rigovernare, ecc. Lei mi diceva che non importava, ma nei sui occhi ho sempre pensato di scorgere un senso di sollievo e complicità. Adesso siamo io e mia moglie a sgobbare 16 ore al giorno, riusciamo a leggere mezza pagina prima che gli occhi si chiudano dal sonno nel letto, ai nostri due figli, femmina e maschio, cerchiamo di chiedere un aiuto, poche cose, pensare all’allestimento della tavola, sistemare le loro cose e altre cose così. Sappiamo che se lo facessimo noi faremmo prima e meglio, ma ci ostiniamo a ordinarglielo giorno dopo giorno, ma i due mocciosi cercano sempre di svirgolare. Rimarrà qualcosa? Riusciranno a diventare indipendenti e autonomi? Ci sarà l’à fuori uno spazio apero anche per loro? walter

  22. Caro Walter, non basterebbe essere ricordati come noi ricordiamo le nostre madri, con ammirazione e affetto? Loro sicuramente ce l’hanno fatta.

  23. Alle femminucce, invece, dovrebbe essere insegnato che i tempi della “cavalleria maschile” sono terminati per sempre. Perciò niente più cavalieri serventi, niente più stupidi corteggiamenti, niente più cene pagate, niente più mantenimenti, niente di niente. Non solo: alle femmine dovrà essere sempre ricordato che a svolgere i mestieri più pericolosi, nocivi e pesanti sono gli uomini e non le donne. Non a caso in Italia, così come negli USA e in tanti altri Paesi, gli uomini sono circa il 98% dei morti sul posto di lavoro. Per esempio: chi è che costruisce le case, i palazzi, dove vivono anche le donne? Chi è che costruisce le strade, i ponti, le gallerie, etc., dove viaggiano pure le donne a bordo di auto, autobus* e quant’altro (*invenzioni maschil).? (**) Insomma, tutti “piccoli particolari” riguardo ai quali le femminucce, nonché i cagnolini maschi al loro seguito, glissano regolarmente… Saluti. misterxy (**) Anche internet e il pc, ovvero gli strumenti attraverso i quali le femmine diffamano quotidianamente TUTTI gli uomini, sono stati pensati e creati da menti maschili.

  24. >>>>>> I nostri figli ( e forse anche i loro genitori) non sono educati all’autonomia. La discriminazione culturale di cui sono oggetto i due generi è penalizzante per entrambi: i maschi saranno quindi portati ad essere bamboccioni a vita e le femmine invece sono caricate già da piccole di una responsabilità verso il lavoro familiare che pagheranno cara in termini di realizzazione professionale e personale ( e quindi anche in termini di indipendenza e di auostima). >>>>>>> Eccola qua!, la solita lagna, la solita ridicola lamentela femminile! Innanzitutto una domanda: ma perché voi donne continuate a relazionarvi con gli uomini? E, soprattutto, perché seguitate a mettere al mondo dei figli maschi? Perché, in sostanza, “permettete” il propagarsi di quei cromosomi XY che tanto disprezzate…? Un consiglio: smettete di frequentare gli uomini; create una società di sole femmine lesbiche e riproducetevi fra di voi. Amen! Detto questo, ti rammento che stai descrivendo una realtà che non esiste più da un pezzo, in primis perché quella italiana è una società vecchia e in via di estinzione, che un giorno non molto lontano sarà fagocitata da cinesi, rumeni ed extracomunitari vari; in secundis perché le odierne generazioni femminili non si ammazzano certamente di fatica in casa. Basti dire che le suddette è già tanto che sappiano cucinare un piatto di spaghetti, per non parlare del fatto che tali “entità superiori” non sono certamente le “schiave” degli “sporchi, brutti, cattivi e oppressori” uomini italici. Di più: ti rammento che quella italiana è la società mammista per eccellenza, perciò le PRINCIPALI RESPONSABILI di un certo stato di cose sono proprio coloro che in casa, a scuola, nel sesso, nelle relazioi, affettive detengono il potere: ossia le donne. Donne che in Occidente – e non solo in Italia – detengono altresì il potere morale e pertanto sono capaci di condizionare il sentimento collettivo; ergo le decisioni dei governi “maschilisti”. (??!?) Compris?

  25. Per concludere: al di là delle palle femminil/femministe che si raccontano quotidianamente, ed ovunque, la causa principale del cambiamento di status delle donne è il progresso tecnologico ed economico – portato avanti in primis dagli uomini -, che ha reso possibile alle coppie condurre una vita sessuale e allevare i figli senza bisogno della spietata ed ovvia (in quel contesto sociale) divisione del lavoro che costringeva la madre a consacrare ogni momento di veglia alla sopravvivenza della prole. L’acqua potabile, l’igiene e la medicina moderna hanno diminuito la mortalità infantile e il desiderio di avere un gran numero di figli. Grazie a biberon e latte di mucca pastorizzato, poi a tiralatte e freezer, si può dar da mangiare ai neonati senza che le madri debbano stare al loro servizio ventiquattr’ore su ventiquattro. La produzione di massa ha reso più economico comprare le cose che fabbricarle a mano e impianti idraulici, elettricità ed elettrodomestici hanno alleggerito ancora di più i lavori di casa. L’accresciuto valore del cervello rispetto ai muscoli nell’economia, il prolungarsi della vita (che rende possibile sperare di vivere decenni dopo aver allevato i figli) e l’accessibilità di un’ istruzione di lunga durata hanno modificato i valori delle opzioni che si presentano alle donne nel corso dell’esistenza. Non solo. Grazie a contraccezione, amniocentesi, ultrasuoni e tecnologie riproduttive è diventato possibile per le donne rinviare il momento di mettere al mondo dei figli a quando lo ritengono più opportuno. In conclusione, faccio notare che ad aver tratto i maggiori benefici dal sopracitato progresso, sono state proprio le appartenenti al sesso femminile. Basti dire che nel 1900, in Italia, vi era una differenza di aspettativa di vita media fra i due sessi di soli 6 mesi. Nel 1920 era salita a 2 anni. Oggi, anno 2010, è di 5,4 anni.

  26. edit: Anziché di “palle femminil/femministe” è più corretto parlare (e scrivere) di “vaginate femminil/femministe”.

  27. Scrive Eleonora: >>>>>>> prendersi cura di casa e famiglia e curare anziani e malati. >>>>>>> Magari il sud è un “altro mondo”, ma dalle mie parti a provvedere ad anziani e malati non sono certamente le “nuove leve femminili italiane”, bensì le badanti dell’est…

  28. @ misterxy Grazie per aver espresso il tuo pensiero, investendo tempo ed energie in ben 12 post, uno in fila all’altro. Ho però la sensazione che tu sia un po’ off topic: non di contrapposizione tra generi, ma di educazione dei figli, e del farli crescere indipendenti, si stava parlando.

  29. Come sempre, la verità sta nel mezzo. E’ vero che esistono i casi citati ma io ho studiato che l’”adultizzazione” (ovvero dare ad una persona troppo giovane responsabilità che non può emotivamente tollerare)da più danni che benefici. E qui si parla di studi di psicologia, non di opinioni. L’approccio più saggio è solo uno: calibrare le potenzialità di autonomia del bambino in base al suo carattere, alla personalità, alla maturità, elementi che, in genere , un genitore attento è in grado di quantificare. Crescere non è facile in una realtà come quella odierna, perciò il compito degli educatori è più arduo: è semplicistico e comodo “scaricare” sui giovanissimi tutte le varie tappe dell’evoluzione che un buon genitore deve accompagnare ed incoraggiare, mai FORZARE!

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