comunicazione politica

Comunicazione politica: un illuminante video del 1991

Mi sono presa la briga di frugare fra vecchie cassette, estraendone un reperto piuttosto interessante e mai diffuso, e chiedendo a un’amica (grazie a Didi Gnocchi) di riversarlo in formato digitale. È un lavoro del 1991 sulla comunicazione politica italiana: una cosa abbastanza pionieristica, su materiali oggi difficili da recuperare. Guardatelo. C’è un’ottima Lella Costa, un ranocchio di peluche e una galleria di orrori della comunicazione politica che val la pena di rivedere o – per chi è più giovane – di scoprire, e una gran voglia di rendere trasparenti meccanismi di cui, ai tempi, pochissimo si parlava.
Per inciso: il tema di cui si dibatteva nel 1991 era la riforma elettorale.

Nel caso in cui vi chiediate come mai il video non è stato diffuso: bene, l’abbiamo proiettato in anteprima a Milano, davanti a un pubblico di politici e simpatizzanti dell’allora PDS il cui Dipartimento Cultura e informazione aveva, peraltro, sostenuto l’iniziativa con gran convinzione, anche se con nessuna risorsa.

Ero riuscita senza troppe difficoltà a far passare il progetto. Ci abbiamo lavorato in quattro, per mesi, mossi solo dalla voglia di capire e far capire come funzionassero le complesse dinamiche della comunicazione politica che, ai tempi, appariva decifrabile solo agli addetti ai lavori.
Dopo quell’unica proiezione il video è stato rapidamente scopato sotto il tappeto, e condannato all’oblio. È davvero un miracolo che sia riuscita a recuperarne una copia dal mio archivio personale.

Ho la sensazione che, per osservare l’evolversi della comunicazione politica alla luce della sua maggiore o minore potenzialità creativa intesa in senso stretto (come capacità di esprimere un clima e di dar luogo a una visione condivisa del presente e di un futuro possibile, attorno alla quale creare comprensione e consenso) sia opportuno osservare non solo il presente, ma anche il passato.

Dunque, provate a pensarci: che cos’è cambiato dagli anni Novanta, al Duemila, a oggi, e che cosa è rimasto, invece, immutato? Quali sono state e quali sono oggi le prospettive, quanto ampie, quanto realistiche e quanto autenticamente visionarie? E in che modo la comunicazione politica dei leader finisce sempre, nel bene e nel male, non solo per orientare il paese, ma anche per esprimerne, di volta in volta, una delle molte anime?

12 risposte

  1. Sono un “giovane”. Quindi non posso che ringraziarti ( ti do del tu….) per il preziosissimo contributo, che divulgherò nel mio piccolo. 1991-2012……nn è cambiato proprio nulla e un pò mi fa schifo. Grazie ancora

  2. Ciao Edo, sono certa che a un primo sguardo può sembrare che niente sia cambiato. Anche perché alcune facce, invecchiate, restano le stesse. Bene: sarebbe interessante entrare nel dettaglio ed elencare le cose che NON sono cambiate. Ma sarebbe anche interessante vedere se qualcosa è effettivamente cambiato, quanto, quando e come. Prova a distinguere i diversi stili e i diversi filoni. Come se fossero rivoli che si stringono e si allargano, spariscono, riappaiono, correndo su un terreno accidentato. Pannella è rimasto uguale a se stesso. L’aggressività del primo Bossi è cresciuta ed è diventata uno stile condiviso, negli anni più recenti, da molti e anche (novità!) da alcune donne della politica. A un certo punto è venuto fuori il torrente berlusconiano, che si è man mano intorbidato, sia sia contagiandosi di aggressività, sia amplificando a dismisura una vena di populismo prima solo dichiarato a parole, sia riprendendo quell’io…io…io… che già era stato di Cossiga. Ma nel torrente c’era molto altro, prova a pensarci. Poi, un paio di mesi fa, puff… il torrente berlusconiano si inabissa. Oggi il rivolo Bossi (che però si sta dividendo in due) e il rivolo Di Pietro cantano musiche per certi versi analoghe… ma Bersani, a chi somiglia? … e riusciamo a sentirlo? E come canta questo nuovo fiume del governo “strano”, che sembra venuto fuori dal niente? C’è qualcosa di vecchio che è riemerso? C’è un tono nuovo? A che cosa può somigliare?

  3. Sono d’accordo. Al di là di ciò che dice, mi ha colpito l’uso della gestualità che accompagna il tono della voce, in modo che esso si mantenga dentro gli ambiti della comunicazione civile. Monti non vuole arruolare, vuole essere capito. Ma se lo stesso Monti fosse un politico, forse gli si chiederebbe più retorica? Dopo anni di latrati, personalmente mi seduce la pacatezza. Perciò gradirei che questo fosse il “tono pubblico”. Ma è in grado la politica di rinunciare alla retorica, alla individuazione del nemico per intruppare i seguaci, al reclutare, al sedurre? O meglio, sono in grado gli elettori di rinunciare al sentirsi corteggiati e convinti? Edy

  4. Grazie Annamaria, perchè dimostri che c’è sempre del buono in questo paese: cortesia e pacatezza sono virtù sempre più rare. Purtroppo, comunque, faccio molta fatica nel riuscire ad identificare i torrenti di cui parli. O meglio: faccio fatica ad identificarli in questa maniera. L’unica cosa che vedo è una sorta di “infezione”, un tentativo maldestro di parlare ai “giovani” attraverso mezzi che non si conoscono. Ogni tanto mi sembra di sentire alcuni miei clienti: “Andiamo su Facebook o sull’altro! Quello dei tuit” “Ma a dire cosa?” “CHissenefrega! L’importante è esserci!”. Gli stili si mischiano, i toni pure. L’importante è rimanere lì, incastonati nei troni d’oro che si sono costruiti in 50anni. Mi dispiace. Non è cambiato nulla. Neanche la pacatezza di Monti mi convince: non è stato eletto e governa e la politica ( quella macchina lenta e vecchia) ucciderà anche le sue, spero, buone intenzioni. Non c’è Grillo o Vendola o Renzi o Zaia che tengano. Il sistema è marcio, il sistema non funziona. Ma era marcio e non funzionava neanche prima, solo che prima c’era un tenore di vita che permetteva di passare sopra a questi torrenti. Oggi ci stanno affogando. Spero, come tutti, che le cose cambino in meglio. Davvero. Ma la politica è da sempre troppa retorica, troppa dialettica, poco RES PUBBLICA.

  5. grazie, Annamaria, della fantastica segnalazione. Trovo un elemento di grossa continuità tra l’allora e l’oggi, o meglio tra i politici di allora e quelli del presente. Come acutamente avete sintetizzato, i politici parlano tra di loro, si mandano messaggi in codice, ma con modalità che servono a colpire noi, la gente. Beh, questo è ciò che vedo tuttora tra i politici di ogni schieramento: impossibile trovare un briciolo di contenuto, ma le modalità di comunicazione (quella aggressiva di un Bossi, quella pacata di un Casini, ecc) servono a rassicurare i loro seguaci. Ed è qui il forte segnale di discontinuità che invece vedo in Monti: non parla al resto della compagine politica, ma parla a noi. Con modalità accademiche, è vero, quindi non proprio accessibili anche per la signora Pina (che non capiva neanche le frasi di Berlusconi, ma senz’altro CREDEVA di capirle). Ma almeno ha rotto quella sensazione di comunicazione criptata tra seguaci di una setta. Valeria

  6. Cara Annamaria, ti ringrazio sempre per gli spunti di riflessione e le domande che poni, poiché ci dai modo di incuriosirci, interrogarci, ricercare e cercare di dare una risposta a questioni molte volte non semplici da comprendere nella loro complessità. Ed è appunto quello che provo a fare: rispondere alle domande (e porne delle altre) a proposito della comunicazione politica e del confronto tra passato e presente, dal ristretto margine della mia esperienza. Convengo con te e con la maggior parte dei lettori che poco o nulla nella comunicazione politica sia cambiato dal passato ad oggi, questo perché forse gli stessi politici non sempre sono alimentati dalla volontà di assurgere al compito di tutelare gli interessi del Paese, ma molto spesso invece sono più presi ora dal preservare, ora dal rompere, ora dal muovere determinati equilibri di partito e di coalizione che in sostanza non hanno nulla a che vedere con la politica pratica, quella delle riforme, quella del lavoro, quella dello stato sociale, quella insomma che riguarda “l’arte di governare una società”. Annovererei questo interesse troppo ossessivo per la conservazione del potere che accomuna politici di ieri e di oggi insieme ai tratti già evidenziati sapientemente dal video – delizioso, tra l’altro. Per quel che riguarda le prospettive, ciò che osservo oggi (tra i politici, non certo tra i tecnici, che invece danno la parvenza, e credo sia così, di sapere molto bene quello che fanno) è che ci sia una discreta dose di confusione sicuramente dettata dal momento di transizione e “riassestamento” dell’economia che stiamo vivendo a livello globale. La domanda più bella che poni è l’ultima: “E in che modo la comunicazione dei leader finisce sempre, nel bene e nel male, non solo per orientare il paese, ma anche per esprimerne, di volta in volta, una delle molte anime?” La risposta, o almeno una parte della risposta, risiede nella già evidenziata passione dei politici per l’invasione dello spazio: si tratta di un obiettivo perseguito a suon di interventi televisivi o, per chi se lo possa permettere, a suon di intere reti televisive completamente strumentalizzate e rese mezzo di propaganda e di orientamento nelle scelte dei cittadini. Ad aggravare il problema della strumentalizzata comunicazione ci sono poi i giornalisti che “vedono le cose con lo stesso occhio dei politici” come dice bene Lella Costa. Ma, in una corretta distribuzione delle responsabilità, c’è da dire che è anche vero, come sostiene implicitamente la tua domanda, che noi “siamo” la politica che ci governa e viceversa, in uno scambio di vizi e virtù che disegna e colora i tratti caratteriali di ogni Paese. Non so se sono più o meno triste di appurare invece che l’eccezione è rappresentata dal governo Monti, a mio avviso lontano dall’impersonare la/le anime dell’Italia, poiché il nuovo deus ex machina giunge fino a noi a causa di un apparente (dovrei dire convincente – ci ha convinto la condizione disastrosa in cui Berlusconi ci aveva trascinato) stato di necessità. Molto più grave del discorso sulla comunicazione metapolitica, ciò che rilevo è che stiamo osservando e subendo in questo momento un’Assenza di Democrazia. Mi risulta difficile interrogarmi sull’efficacia comunicativa delle parole del primo ministro, poiché prima di osservare il suo stile convincente, i tratti di discontinuità rispetto al passato, la sua chiarezza espositiva, il suo tono sobrio ed elegante, mi si pongono davanti altre domande, tra cui la prima è: quali interessi persegue, e per conto di chi? E ancora: come può uno Stato democratico farsi governare senza un mandato popolare forte ed esplicito? Come posso credere nella democrazia se la nostra sovranità popolare è requisita in nome di decisioni e di logiche assunte a porte chiuse, in sedi private dove si tutelano interessi privati? come è possibile che un governo non eletto debba decidere le sorti di interi popoli senza che a questi venga garantita una chiara percezione delle cose? L’impressione che ho è che Questa politica, quella dei tecnici, sia esattamente la stessa – forse solo, per forza di cose in questo momento, più operativa – di quella che ci ha preceduto negli anni, con la differenza che invece di tutelare gli equilibri partitici, essa tutela gli equilibri internazionali. E noi? Noi, più o meno consapevoli di questo stato non-democratico, possiamo scegliere se subire, capire, protestare, sperare, o alzare i forconi, con tutte le contemplabili conseguenze. Un saluto affettuoso, Lucia

  7. La discussione sta diventando interessante. Bene. Una precisazione sugli interventi di Edo e Lucy: il tormentone sul governo “non eletto” sta andando avanti da un bel po’. C’è un equivoco, però: nel nostro ordinamento, e secondo la Costituzione, i cittadini eleggono i parlamentari (e non il presidente del consiglio). Che, invece, è nominato dal Presidente della Repubblica. Provate a dare un’occhiata a questo articolo di Antonio Rispoli che, a mio avviso, ben spiega la dinamica costituzionale.

  8. Grazie della segnalazione Annamaria: effettivamente, di tanto in tanto ho qualche moderato timore complottistico, spero anch’esso frutto dei tormentoni della rete. Trovo complicato a volte, soprattutto nelle questioni politiche sovranazionali, stabilire dove risieda la verità. Resto comunque fiduciosa: ci sono dei venti di rinnovamento che mi piacciono e mi fanno ben sperare nella società del presente-futuro.

  9. gli spaventosi occhiali di, non in ordine di spavento, craxi, bossi, andreotti, cirino p., le terribili zampe di craxi, la cravatta che non saprei come definire, di occhetto, la assoluta follia di cossiga (era presidente della repubblica!), questo fingere di parlare di cose non poteva finire che in bocca al mago berlusconi, che parlava finalmente di cose (il ponte di messina), ma finte. Con monti sembra di essere tornati in un paese normale, ma poichè il paese è la nostra italia, mi domando: ma sarà vero? auguri a tutti, soprattutto alla mia nipotina lena che ha un anno e che ha due passaporti, essendo di madre tedesca. potrà sempre scappare a berlino!!! marco weiss

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