cogliere il senso

Cogliere il senso che sfugge agli altri – Metodo 59

Spesso i fatti o i gesti che val la pena di cogliere perché illuminano un evento o accendono un’intuizione se ne stanno lì, davanti agli occhi di tutti.
Il problema è che nessuno se ne accorge. Eppure basterebbe solo voltare lo sguardo.

Dunque: è l’8 giugno 1968 e Paul Fusco è un fotoreporter della rivista Look. Come tutti i colleghi, viene spedito alla cattedrale di St. Patrick, a New York, per fotografare il funerale di Robert Kennedy, assassinato nel pieno della campagna elettorale. Fusco afferra tre macchine fotografiche, si riempie le tasche di rullini e si fionda. Al termine della funzione sale sul treno speciale che porterà il corpo di Kennedy a Washington.

Fa molto caldo. I servizi segreti hanno preso il comando del convoglio e hanno collocato la salma sul pavimento dell’ultimo vagone. Nel penultimo c’è la famiglia Kennedy. I fotografi, stipati nel vagone precedente, cercano vanamente di rubare qualche immagine.
Fusco non sa bene che cosa fare.
Intanto succedono tre cose: una folla sterminata comincia a concentrarsi lungo i binari. I ferrovieri, contraddicendo le indicazioni dei servizi segreti, alzano la bara appoggiandola in precario equilibrio sugli schienali dei sedili in modo che quella gente là fuori possa almeno vederla. E rallentano il treno.

cogliere il senso

Fusco capisce come cogliere il senso di quanto sta accadendo: abbassa il finestrino (sui treni degli anni Sessanta si poteva) e comincia a fotografare tutta quell’America raccolta in silenzio.
Da New York a Washington sono circa 350 chilometri. Il viaggio durerà più di otto ore, per concludersi al tramonto. Fusco scatta quasi duemila foto, catturando immagini via via meno nette (in fondo a questa pagina vedete una delle ultime) mentre la luce cambia e lentamente si spegne.

cogliere il senso

È un reportage memorabile. Potete trovare una selezione degli scatti (tre pagine) sul sito dell’agenzia Magnum. Vi consiglio di cliccare su una delle prime foto per ingrandirla e poi di procedere usando la freccia a destra: vedrete, è un po’ come essere su quel treno.
La seconda parte della storia è rilevante quanto la prima: quando Fusco porta le sue foto in redazione, il direttore gli dice che le immagini dei funerali sono già state pubblicate dal concorrente Life e non guarda neanche il servizio, che finisce in archivio. Qualche anno dopo Look chiude.

cogliere il senso

Fusco non demorde: negli anni seguenti ripropone le sue foto in occasione di ognuno degli anniversari della morte di Bob Kennedy, senza che nessuno dimostri mai il minimo interesse. Finalmente, trent’anni dopo, le offre a George Magazine, la rivista di politica e costume di cui è editore John John Kennedy, nipote di Bob. Il servizio viene istantaneamente accettato e pubblicato.
Solo allora tutti si accorgono di quanto fosse importante. Ne vengono tratti libri e mostre (una anche in Italia, alla Stazione Termini).
Tutte le foto del Funeral Train sono conservate presso la Biblioteca del Congresso.

cogliere il senso

La storia di Paul Fusco è raccontata da Calabresi, insieme ad altre che aiutano a capire che cos’è davvero il fotogiornalismo, in un bel libro intitolato A occhi aperti.
Credo che dica una cosa semplice ma importante: qualche volta, distogliere lo sguardo da ciò che tutti stanno osservando non significa voler ignorare ciò che accade, ma andare alla ricerca di un’altra prospettiva, di altri aspetti meno ovvi e di un senso differente.
Qualche volta, succede che questa ricerca non venga considerata o capita. E, qualche volta, bisogna insistere.

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6 risposte

  1. Storia esemplare, che insegna anche altro, oltre a quello sottolineato da AM: per portare a termine i propri progetti bisogna insistere, avere pazienza, crederci sino in fondo. Dimenticare la trappola del “real time” e abbracciare la prospettiva del “tempo reale”, quello fatto di minuti, di ore, di giorni di anni. Di ricordi e di spazi che abbiamo fisicamente attraversato e che stiamo attraversando. Spazi che con il virtuale non hanno nulla a che vedere e prediligono invece il nostro essere collocati in una dimensione che non è rinchiudibile nell’attimo. Che, come si sa, è fuggente, ma che può essere colto e trasformato in qualcosa che resta.

  2. Questa è una mia storiella…

    Quando il Saggio indica la stella, lo Sciocco guarda il dito, il Sapiente guarda il cielo, il Creativo guarda il cielo, poi il dito e, chiacchierando con lo sciocco, torna a casa.
    Dopo un anno: il creativo è diventato ricco col franchising di manicure per saggi e può dedicarsi all’astronomia con il telescopio senza lenti, che ha inventato e costruito. Intanto il Sapiente ha finito l’opera del Saggio(buonanima): dodici volumi sull’impossibilità, per motivi scientifici, religiosi, fisici e matematici, di costruire un telescopio senza lenti. E lo sciocco? Non lo so, voi l’avete incontrato? 🙂

  3. Ancora una volta la dimostrazione che i nostri sguardi sono spesso “guidati” volontariamente … e molto spesso a nostra insaputa.

    La bara come un trofeo, per distogliere magari sguardi e fotografie dai famigliari? Chissà …!

    Se tutti avessero fotografato la bara avremmo avuto tante foto simili e probabilmente un solo racconto.

    Se tutti avessero fotografato i famigliari avremmo avuto il racconto di un dolore “privato”, ma sempre e un racconto solo.

    Le immagini di Fusco, scattate singolarmente, non avrebbero avuto probabilmente un significato mentre, tutte insieme, rappresentano un lungo e doloroso raccontano “dell’ultimo viaggio” ed hanno una forza comunicativa devastante.

    Razze diverse, società diverse, culture diverse, ambienti diversi … mondi diversi riuniti in un unico gesto, un unico messaggio comunicativo.

    Fotografare quello che sta dietro o attorno alla scena principale, fotografare quello che “non si vede”, fotografare “gli angoli nascosti” (dell’animo, delle piazze o di ciò che ci circonda) richiede abilità non indifferenti.

    In questo “racconto-viaggio” non serve vedere la bara, non serve vedere il treno, non serve “rubare” una foto dal finestrino dei famigliari, è tutto molto chiaro e … silenzioso.

    Anche il rumore del treno è un triste, lento e lontano sottofondo …

    Uscire dagli schemi per osservare con occhi “diversi” richiede sforzi e capacità non indifferenti, Fusco ci è riuscito in modo impressionante.

    Così come il mago ci inganna indirizzando il nostro sguardo verso la mano “scoperta” … le illuminazioni notturne delle piazze guidano i nostri sguardi ad osservare quello che altri uomini hanno deciso di farci vedere.

    Troppo spesso ci facciamo “distrarre” dalla scena principale per questo, prima di “scattare o agire”, “cambiamo occhi” e riflettiamo.

  4. Bella storia. Ho sempre pensato che il valore dell’immagine “fotografata” fosse quello di evidenziare ciò che la fretta o la routine ci portano a sottovalutare e non considerare. Spostare l’attenzione e fermarle su quelli che, in certi momenti, possono apparire come “dettagli”, è a mio avviso un buon modo per vivere la realtà in quest’epoca di rumori ed urli.

  5. su sky arte è passata recentemente una serie dedicata ai Kennedy visti e raccontati dalle loro tate. La puntata finale si conclude proprio con molti minuti di immagini colte da quel lento treno che trasportava la salma di Bob verso Washington, pare che fossero in centinaia di migliaia, in gruppi alle stazioncine di campagna o semplicemente lungo i terrapieni dei binari, con le loro bandiere a stelle e strisce, i berretti e i guantoni da baseball sollevati in segno di saluto, le divise e i fazzoletti dei veterani, massaie con i loro grembiuli o farmer solitari con il cane accanto, la mano sul cuore e l’occhio perduto verso l’orizzonte. Molto toccante.

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