
Viaggio in Islanda. L’emozione del paesaggio
Questo articolo dà conto dell’ultima parte del viaggio il Islanda di 13 giorni che ho fatto con mio figlio (i precedenti articoli si trovano qui e qui). Quando l’abbiamo organizzato abbiamo compiuto alcune scelte nette: per esempio, abbiamo a priori stabilito che le esperienze termali e quelle sotterranee ci interessano poco. Che invece ci saremmo focalizzati sulla varietà e la singolarità dei paesaggi. E che il modo migliore di vedere i posti è camminarci, e l’avremmo fatto il più possibile. Infine, che ci saremmo goduti ogni momento di ogni percorso tanto quanto il fatto di raggiungere ciascuna meta.
GIORNO 10) ISOLA DI FLATEY, STYKKISHÓLMUR, EFFETTO FOSS E HELGAFELLSVEIT. La traversata in traghetto da Brjanslaekur a Stykkishólmur tocca la minuscola (un pugno di case) Isola di Flatey, che si trova al centro della grande baia del Breidafjörður. È essa stessa una buona tappa del viaggio e un modo per scandirne il ritmo.
E poi il mare è calmo, in lontananza si vede il profilo delle montagne e il susseguirsi dei fiordi, e il cielo è di un blu commovente.

Stykkishólmur è una linda cittadina di pescatori, in parte convertita al turismo. È all’imboccatura di un porto naturale. Con poco più di mille abitanti è il maggior insediamento della penisola di Snaefellsnes. Sembra proprio un bel posto.

Per una volta, decidiamo di depositare i bagagli con calma. E, poiché stiamo facendo con calma, abbiamo tutto il tempo per accorgerci che le lenzuola della nostra stanza d’albergo non sono, per così dire, fresche di bucato. Avvertiamo la cortese receptionist, che chiama la cameriera del piano per risolvere il problema. Scopriamo però che, sotto, c’è un coprimaterasso in condizioni assai peggiori. Togliendo il quale, infine, appare un materasso davvero imbarazzante. Cambieremo stanza, e decideremo di battezzare Effetto Foss la tipica sequenza di eventi (dai, può capitare) nella quale un piccolo disastro, sottostimato, ne rivela uno maggiore, che ne rivela uno ancora maggiore.
Così, questo viaggio in Islanda ci regala una seconda, interessante integrazione del nostro lessico familiare.
L’effetto Foss si è preso una discreta parte del nostro pomeriggio. Dunque cerchiamo al volo un buon sentiero nelle vicinanze. Ci ritroviamo in un’area che si chiama Hellgafellsveit, accanto a Grundarfjördur, su un percorso che alterna lava e prato e torrente: una delle più incantevoli camminate dell’intero viaggio. Il silenzio è assoluto. Non incontriamo anima viva.

GIORNO 11) PENISOLA DI SNAEFELLSNES: MONTE KIRKJUFELL, DJÚPALÓNSSANDUR BEACH, DRITVIK, ARNARSTAPI E HELLMNAR, YTRI TUNGA, ELDBORG CRATER, BORGARNES. La penisola è piccina, le distanze tra una meta e l’altra sono brevi e per seguire tutto l’itinerario lungo la costa ci vogliono poco più di due ore di guida. Passiamo accanto al monte Kirkjufell (altra location del Trono di Spade) e per un buon tratto di strada vediamo la mole imponente del vulcano Snæfellsjökull, con il suo ghiacciaio, ammantato di nuvole.

Sulla spiaggia nera di Djúpalónssandur si trovano ancora i resti del naufragio di un peschereccio avvenuto negli anni Quaranta. Il mare è calmo e le onde ricamano una perfetta trina di schiuma bianca sulla sabbia nera, ma la condizione e soprattutto la posizione dei rottami, arretrati di molte decine di metri rispetto alla riva, ci ricorda quanto furiose possono diventare.
Un semplice sentiero lungo la costa porta verso Dritvík. È panoramico e vale la pena di percorrerlo.
Anche la passeggiata da Arnarstapi a Hellmnar è semplice e si snoda lungo un bellissimo tratto costiero di faraglioni e piccole baie. Al termine ci sono una grotta imponente e il premio di un’ottima fetta di torta nel luogo di ristoro – una vecchia costruzione di legno scuro – affacciato sulla spiaggia.
Invece sulla spiaggia di Ytri Tunga ci sono più turisti che foche, siete avvertiti.

Il momento memorabile della giornata, però, e uno dei più memorabili di questo viaggio in Islanda, è l’escursione verso Eldborg crater. Il nome islandese significa “Fortezza di fuoco”. È una formazione vulcanica perfettamente circolare, affascinante, isolata in mezzo alla pianura. Ci arriviamo nel tardo pomeriggio, dopo esserci lasciati alle spalle la penisola di Snaefellsness, e non c’è nessuno. Il percorso è lungo poco più di sei chilometri e sale prima lentamente attraversando un basso bosco di betulle, e poi in modo più deciso, fino a concludersi con una serie di grossi scalini di pietra che portano fino al bordo del cratere: vento teso, panorama sulla pianura, nuvole che corrono nell’interminabile tramonto.


Grazie all’effetto Foss, ci siamo convinti a modificare l’itinerario stabilito in precedenza. Così, passiamo la notte nella cittadina di Borgarnes, più vicina a un’ultima escursione che abbiamo deciso di aggiungere al nostro percorso: per completare degnamente il nostro catalogo di cascate, non può mancare Glymur, la seconda più alta d’Islanda.
GIORNO 12) CASCATE HRAUNFOSSAR E BARNAFOSS, CASCATA GLYMUR. Procediamo verso Hraunfossar attraversando una pianura ampia e incolta. Si tratta di una strana cascata bassa ed estesa, fatta di mille cascatelle che sembrano sgorgare e direttamente dal campo di lava soprastante per poi precipitare subito nel torrente azzurro che scorre incassato tra le rive. Poco a monte di Hraunfossar, risalendo il corso d’acqua e dopo un breve percorso affollato, vediamo Barnafoss, una cascata più piccola e così turbinosa da trasformare il torrente in cui si getta in un nastro bianco, schiumoso tra le rocce scure.

Balziamo, come dice mio figlio, la piccola cascata Fossatun, che sarebbe anche graziosa se lì vicino non fossero stati costruiti un grosso albergo e un tremendo parco a tema troll. Andiamo ancora verso sud e poi, dopo aver proceduto lungo le rive di un ampio fiordo, ci inoltriamo verso l’interno. Risaliamo lungo una magnifica vallata, del tutto priva di costruzioni se si esclude un grosso complesso industriale collocato sul fondo, in mezzo al nulla.

C’è un po’ di sterrato da fare per raggiungere il punto di partenza del Glymur track. Per affrontarlo ci vogliono buone condizioni meteo e buone scarpe da trekking, un discreto allenamento e un minimo di senso dell’equilibrio, perché il sentiero sale ripido e presenta alcuni punti critici.
Penserò in seguito che somiglia a uno dei percorsi iniziatici delle favole: c’è una grotta da attraversare. Un torrente gelido e vorticoso da superare restando in equilibrio su un tronco con l’unico aiuto di un cavo d’acciaio. Una serie di passaggi erti, stretti, ghiaiosi, scivolosissimi, da risalire tenendosi aggrappati a una serie di corde. Devo dire che ho perfino trovato un Aiutante Magico nelle vesti di mio figlio, che in un paio di punti critici mi ha teso una mano salda. E devo dire che questa volta i bastoncini da trekking, che ho sempre snobbato, si sono dimostrati utili.
Il paesaggio che si scopre man mano che risaliamo è talmente bello e imponente da sembrare irreale.

La cascata ci appare dopo l’ultima svolta del sentiero, che termina in una minuscola piattaforma. Si precipita in una gola stretta. Si sentono solo il rumore dell’acqua e i richiami degli uccelli. Ai piedi della cascata, su uno sperone così scosceso da apparire del tutto impraticabile per qualsiasi creatura non dotata di ali, tre pecore pascolano placide.
Dove osano le pecore, commenta mio figlio.
Mi chiedo come hanno fatto ad arrivare fin lì e come faranno i pastori a recuperarle a tempo debito (in questo bell’articolo, alcune risposte).

Arriviamo a Reykjavik a sera. Nel corso di questo viaggio in Islanda ho preso appunti e scattato una quantità di foto, ma mi rendo conto che, quando proverò a raccontarlo, non sarà semplice restituirne in modo soddisfacente l’emozione, né con le parole né con le immagini.
È stata una specie di corpo a corpo con il paesaggio, che si è fatto via via più intenso di vallata in vallata, di vulcano in vulcano e di percorso in percorso.
GIORNO 13) Ripartendo da Reykjavik verso l’aeroporto facciamo un primo bilancio. Abbiamo avuto una fortuna sfacciata con il meteo: molti cieli plumbei, che però fanno parte integrante del contesto e accentuano la drammatica imponenza di certi paesaggi. Poco vento, alcune straordinarie giornate di sole e nemmeno un giorno di pioggia.
Certo, ormai il turismo è un fenomeno globale e l’idea di un viaggio in Islanda è seducente. Quindi non c’è da scandalizzarsi se, specie attorno alla capitale e specie in alta stagione, le mete più note sono affollate. Per questo abbiamo cercato percorsi e destinazioni alternative, soprattutto verso est o verso nord. Il fatto positivo è che perfino le aree più affollate o frequentate sono straordinariamente linde: vuol dire che la gente non butta cose in giro, e questo è confortante.
E comunque: camminare è virtuoso, sempre. In particolare, i percorsi verso Eldborg crater e verso la cascata Glymur, insieme alla risalita lungo il corso d’acqua che si conclude con la cascata Skógafoss (se ne parla nel primo articolo di questa serie) ci hanno regalato emozioni e visioni indimenticabili.
Infine: abbiamo visto tanti posti nel mondo, ma questi paesaggi e questi colori non somigliano a null’altro.
I primi due articoli che raccontano questo viaggio in Islanda sono stati apprezzati in rete (grazie!). Molte persone hanno commentato o mi hanno scritto chiedendo ulteriori informazioni e suggerimenti. Dunque, nello spirito di questo sito, ho pensato di concludere con qualche nota (spero) utile e interessante.
Vi ricordo che all’inizio del primo articolo della serie trovate una mappa con tutto l’itinerario.
ORGANIZZARE UN VIAGGIO IN ISLANDA. In rete si trovano diverse offerte di viaggi organizzati, individuali o di gruppo. Replicano, con mille variazioni, l’itinerario (Ring Road) che è il più classico, e che vi ho raccontato.
Non è però difficile organizzarsi il viaggio da soli, prenotando direttamente online voli, auto e alberghi: noi abbiamo fatto così.
Se pianificate e prenotate voi il vostro viaggio, vi suggerisco di decidere subito non solo il periodo, ma anche quali esperienze volete fare, quali cose volete vedere, e quali percorsi o deviazioni servono per vederle. Quindi stabilirete le tappe, e quindi i pernottamenti. Fate che le tappe siano equilibrate per lunghezza e difficoltà.
QUANDO ANDARE IN ISLANDA. Nel periodo estivo le giornate sono lunghissime, il clima è più favorevole e anche le strade sterrate sono facilmente percorribili. Ma è alta stagione e c’è una quantità di persone che si affollano nei luoghi più noti.
Significa che tutto (hotel, ristoranti) è caro, e che è necessario prenotare con buon anticipo i pernottamenti. Le distanze sono grandi e, se arrivate in una località remota e non trovate posto, rischiate di dovervi spostare guidando per chilometri e chilometri. Significa inoltre che vi conviene evitare, o visitare rapidamente per poi dirigervi altrove, le mete più conosciute, specie quelle vicine alla capitale e disposte lungo il Golden Ring. Oppure arrivarci di mattina presto o verso sera.
In bassa stagione le giornate sono brevi. Le temperature decrescono e, se c’è vento, il freddo può mordere davvero: è il wind chill. D’inverno ci sono solo cinque ore circa di luce (qui una spiegazione dettagliata, mese per mese). In bassa stagione tutti i prezzi (hotel, auto, ristoranti) sono inferiori. Alcune strade diventano non percorribili, alcune mete sono difficili o impossibili da raggiungere e, in pieno inverno, possono verificarsi condizioni meteo estreme. Da ottobre a marzo, e a volte anche per periodi maggiori, è possibile vedere l’aurora boreale.
SÌ, CAMMINARE È VIRTUOSO. Viaggiare in auto vi espone a paesaggi indimenticabili. Ma, specie se venite in estate, andare a piedi seguendo i mille sentieri tracciati vi restituisce un rapporto più diretto coi luoghi e vi permette di allontanarvi dalla folla. Nel primo articolo di questa serie ho indicato e linkato due ottimi siti di itinerari a piedi. Prima di avviarvi controllate il meteo, sempre, e verificate l’accessibilità e la sicurezza dei sentieri. Le scarpe da trekking sono fondamentali. Vestitevi a strati e portate sempre con voi una giacca a vento e un berretto.
COMPORTAMENTI SUGGERITI. In molti luoghi, e anche a Reykjavik, l’acqua dei rubinetti può odorare di zolfo. Gli islandesi la usano tranquillamente ma in questi casi, per i turisti, negli hotel sono disponibili grosse bocce d’acqua alle quali ricaricare le borracce.
Portate sempre con voi la vostra spazzatura e lasciatela nei luoghi deputati. Seguite le regole della raccolta differenziata. Non buttate niente a terra, mai, neanche un mozzicone.
Seguite sempre, sempre, sempre i sentieri tracciati e non allontanatevene. Per via del freddo e delle estati brevi, la vegetazione islandese, licheni e muschio compresi, è fragilissima. Abbandonare il sentiero calpestando piante che riescono a crescere di pochi millimetri all’anno è un comportamento ignorante e riprovevole.
A maggior ragione, in auto non abbandonate mai, mai la strada, asfaltata o sterrata: il terreno in Islanda è sempre umido e morbido, e le vostre tracce possono rimanere per anni. Guidare fuoristrada è illegale e la polizia può multarvi.
L’Islanda è un paese magnifico, in molte parti selvaggio, dovunque sorprendente. Percorrerlo e scoprirlo con curiosità, consapevolezza e rispetto è parte integrante dello spirito e del piacere del viaggio.
Grazie per aver letto questa serie di articoli. E ancora grazie per questo viaggio (narrato, fantasticato, sognato, o progettato) che abbiamo fatto insieme.
Questo è il terzo di una serie di tre articoli che raccontano nel dettaglio un viaggio in Islanda di 13 giorni.
Qui il primo:
Islanda. 13 giorni tra cascate e vulcani
Qui il secondo:
13 giorni in Islanda, tra verde, nero, grigio e blu.
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