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Fotografia. Photoshop, tra vecchie polemiche e nuovi dubbi – Idee 110

Il fotoritocco è vecchio quasi quanto la fotografia, e falsi fotografici sono sempre esistiti: c’è un sito (fateci un giro, è interessante) che ne raccoglie una quantità, a partire dal 1840. Anche l’immagine che vedete qui sopra è un noto falso.
Ma da quando esiste Photoshop, cioè dall’inizio degli anni Novanta, il nostro stesso modo di guardare le immagini fotografiche è cambiato nella misura in cui il fotoritocco è diventato non un’eccezione o una curiosità, ma un’abitudine. 

La marca di prodotti per l’igiene personale Dove è stata tra i primi a denunciarne gli eccessi, diversi anni fa, con un memorabile video intitolato Dove evolution. Di recente, la cantante ungherese Boggie ha ripreso il discorso guadagnandosi notorietà internazionale con un altro video, intitolato Nouveau Parfum.
Le turbolente polemiche intercorse tra i due video non accennano a placarsi: da una parte c’è chi sottolinea i pericoli derivanti dall’instaurarsi di un codice unico di bellezza, peraltro irraggiungibile nella vita vera. Dall’altra c’è chi sghignazza sugli errori: lo fanno in molti, dal Guardian all’Huffington Post, e perfino Vogue. Se volete divertirvi vi basta cercare “Photoshop disaster” con Google.

Intanto, due parlamentari americane propongono un Truth in Advertising Act per limitare l’uso di Photoshop nella pubblicità: è improbabile che passi, dice il Washington Post, ma se non altro l’iniziativa ha alzato il livello di consapevolezza collettiva sull’esigenza di non diffondere immagini irrealistiche del corpo.
Eppure non si tratta solo di una (importante, controversa e difficile da affrontare in modo equilibrato) questione di corpi femminili e anche maschili manipolati (qui la meno nota versione maschile del video Dove, intitolata, appunto, Manipulation).

Ci sono anche, per esempio, le immagini di cibo ritoccate per renderle più invitanti: così, la differenza tra la realtà di un piatto precucinato e la sua fotografia, nella pubblicità o sulle confezioni, non è minore di quella che intercorre tra me e Angelina Jolie (certo, apparteniamo entrambe al genere umano e al sesso femminile e siamo entrambe brune. Ma, a parte questo, abbiamo poco altro in comune, e nemmeno Brad Pitt).
E ci sono le immagini di turismo troppo (si fa per dire) belle per essere vere. È il caso della recente campagna Divina Toscana commissionata dalla Regione: tramonti tropicali tra i cipressi e faraglioni innestati di fronte all’Argentario. La campagna (qui potete vedere tutte le immagini) è stata travolta da un’ondata di proteste prima ancora di uscire, e la Regione l’ha dovuta annullare.

C’è poi, ancora sotto traccia, un fenomeno più recente che riguarda l’intero mondo dell’informazione: i grandi mass media internazionali usano sempre più spesso immagini (foto e video) prodotte da non professionisti che hanno la ventura di trovarsi sul posto mentre qualcosa sta succedendo.
Lo fanno per coprire avvenimenti accaduti in luoghi lontani o difficili da raggiungere, tipicamente il Medio e l’Estremo Oriente, o fatti improvvisi e imprevedibili: una tromba d’aria, un grosso incidente, una protesta o un attacco terroristico.

Con il diffondersi delle macchine fotografiche di alta qualità sui telefonini e dell’accesso alle reti sociali come Facebook, oggi, per esempio, già succede che molte fra le migliori foto di breaking news (le notizie dell’ultima ora, o quelle da edizione straordinaria) siano scattate da privati cittadini.
L’attitudine a utilizzare foto prodotte da “giornalisti accidentali” è stata, come affermano Claire Wardle e Sam Dubberley in una recente, interessante ricerca sulgli UCG (User Generated Content), definitivamente normalizzata nel corso del conflitto siriano, ed è altamente probabile che si espanderà ancora, e molto.

Ma il ricorso crescente agli UCG apre una quantità di questioni. Come verificare l’autenticità della foto, e il fatto che sia davvero riferita all’evento dichiarato (per esempio: la tromba d’aria è proprio quella di ieri nel Wisconsin, o è quella di un anno fa in Alabama?) Come accreditare l’autore? Come identificare gli UCG separandoli dal normale contenuto redazionale? E come essere certi che una foto non abbia fatto un passaggio di troppo su Photoshop, e quindi sia la “vera” foto di un evento reale?
Un nuovo sito, Izitru, si propone di risolvere almeno quest’ultimo quesito. Ne parla La Stampa, affermando che “è in grado di scovare un eventuale intervento manipolativo”. Ho fatto qualche prova casalinga. Più che scovare i ritocchi, in realtà il sito certifica (high trust) solo ed esclusivamente le foto importate direttamente dal telefonino o dalla fotocamera, e suggerisce di essere diffidenti (potential file modification) nei confronti di tutto il resto. Però, anche quando provo con la foto (non ritoccata, e importata direttamente) di una foto, il responso è indetermined file history.
Sarebbe interessante che qualche fotografo professionista amico di NeU desse un’occhiata, e aggiungesse qualche informazione ulteriore.

Una versione più breve di questo articolo esce su internazionale.it Se vi è piaciuto potreste leggere anche:
Idee 95: cinque progetti visionari

10 risposte

  1. Photoshop offre grandi opportunità di bluff ma ancor di più, con le nuove videocamere, lo offre l’applicativo Camera RAW, in grado davvero di ribaltare in toto una foto in origine non eccezionale grazie alla possibilità di lavorare sul formato RAW, ovvero il negativo-digitale.

    Discorso simile per gli smartphone, dove app accattivanti stravolgono lo scatto originale.

    Oltre ai personaggi sulle copertine, un esempio di “falso-autentico” sono le foto dei prodotti che acquistiamo al supermercato.

    Aprendo una confezione di biscotti, gelati, surgelati o prodotti di altro tipo, avete mai trovato corrispondenza tra contenuto e immagine di “copertina”?

    Riporto il “noto” servizio fotografico dedicato ad una nota azienda produttrice di hamburger: http://www.ninjamarketing.it/2012/06/29/il-dietro-le-quinte-di-un-servizio-fotografico-marchiato-mcdonalds/

    Viviamo ogni giorno in un bluff fotografico , un mondo parallelo non reale.
    Come scoprire il bluff di immagini ritoccate ad arte? Quasi impossibile …

    Come difendersi dal bluff ? Proviamo ad osservare in modo critico e oggettivo ciò che abbiamo davanti, lasciamo sempre una piccola possibilità al dubbio, verifichiamo magari la veridicità di tale argomento prima di fare commenti o prima di diffondere la notizia.

    Ma il bluff fa parte del mondo di oggi, quante immagini che ogni giorno compaiono sui nostri giornali NON sono vere ma messe insieme con strumenti tipo Photoshop, GIMP o altro?

    Quante volte commentiamo senza saperlo quelle immagini?
    A proposito di foto, segnalo che anche quest’anno ha preso il via la grande manifestazione http://www.fotografiaeuropea.it/, tanti fotografi, tante foto, tante storie di realtà … o forse no ?

    Per chi volesse provare, segnalo un divertente auto-esperimento (citato nel mio blog di cui allego il link) da eseguire con una fotografia del proprio volto ripreso frontalmente, diviso in due parti uguali (destro e sinistro) ma che in realtà uguali non sono: http://wp.me/pYL2M-99

    A voi definire poi se quella vostra immagine rappresenti la realtà o un semplice bluff … eppure siete sempre voi, no?
    Magari provate proprio con la app segnalata da Annamaria 🙂

    Buon divertimento

  2. Ovviamente il problema, prima che di natura tecnica, è di natura di “etica della comunicazione”. Sarebbe interessante inquadrarlo anche da questo punto di vista che coinvolge non soltanto la responsabilità delle imprese ma – e credo innanzitutto – la responsabilità dei comunicatori.

  3. Immagini fin troppo “perfette” e molto accattivanti, ritoccate ad arte per catturare i nostri sguardi e colpire i nostri sensi, sono una vera e propria forma di inganno … uffa !!!

    Dovrebbe esserci sempre una buona corrispondenza tra immagine del prodotto (dai biscotti alle spiagge) e prodotto stesso, a meno anche non si inizi a scrivere anche sui cataloghi di viaggio: “l’immagine potrebbe non corrispondere al prodotto“.

    Potrebbe essere interessante fare un simpatico esperimento sui tanti prodotti che acquistiamo (dai biscotti ai viaggi), creando uno spazio in cui inserire le immagini prima-dopo l’acquisto, dove sono le immagini che parlano e chiariscono ogni dubbio:

    – a sinistra si inserisce l’immagine proposta sulla confezione (o catalogo)

    – a destra si inserisce la foto del prodotto effettivamente comprato e contenuto

    – il tutto potrebbe essere completato da due soli commenti:
    o corrisponde/non corrisponde
    o comprato perché mi piace/comprato grazie all’immagine

  4. Il punto sarebbe partire dalla percezione visiva e cioè chiarire cosa è fotografia e cosa non lo è ed è invece illustrazione. Lo specifico fotografico,il noema Barthesiano o la parentela con il ” to on ” definito da Cacciari potrebbero essere il primo passo per una riflessione su quello che sta succedendo.Se però facciamo confusione e ce la prendiamo con il RAW ( che è invece l’unico originale ,non demosaicizzato con le sole informazioni tonali della scena),se lasciamo il marketing e le sue informazioni sintetiche banalizzate a parlare ,allora la confusione aumenterà! IZITRU è un lettore di JPEG e quindi non analizza i metadati per ogni pixel ( come la data originale etc etc) e quindi funziona solo per foto amatoriali in quanto non può analizzare una foto sviluppata dal Raw,salvata in Tiff e poi duplicata in Jpeg a bassa !definizione! ma chi se ne importa ..il problema sarebbe analizzare come viene fruito il famoso”linguaggio che non c’é” oggi che non è più fotografia ma altro..e soprattutto domandarsi: ma funziona??

  5. La divina Toscana delle fantastimmagini è stupidamente repellente. Forse non si è più capaci di guardare e vederla la bellezza dov’è e com’è.
    Ieri sera ho incontrato un esponente d’una categoria di merci molto pubblicizzata in questo periodo: l’ex sindaco del mio comune (70.000 abitanti, interland di Torino) in prossimità di un manifesto che lo ritraeva, quale candidato alle regionali. Non ho potuto fare a meno -ci conosciamo da trent’anni e neppure il culo della sua ragazza era allora così liscio e giovane, come appare ora il suo volto- di prenderlo bonariamente per i fondelli, lui e quel cane del fotografo intervenuto così efficacemente e che -ma guarda!- si è prese tutte le colpe.
    Da sempre le locandine dei cornetti gelati mostrano un tortiglione cremoso che fuoriesce dal cono per almeno otto centimetri ma, quando la barista lo estrae del frigocongelatore, esso è miracolosamente piatto, tutto rientrato nella cialda. Questa discrasia che mi infastidisce da un quarantennio, si è estesa ad ogni merce e a ogni forma di mercificazione. Non si tratta di mostrare il meglio o il lato migliore della realtà correggendone qualche imperfezione, è solo un modo aggiornato e miserabile di contar balle, di essere ciarlatani berluscorenziani.
    … Sono invece addolorato: ho appena saputo che Massimo Vignelli non sta affatto bene, ed è come se stesse per lasciarci Filippo Brunelleschi o Luca Pacioli. Ma, in questo BelPaese di formaggini in quanti saremo a rattristarci?…

  6. Evviva!!! C’è voluto Photoshop per far tremare (non ancora crollare) la leggenda popolare di fotografia=realtà ?! Ebbene si, signori:”Il re è nudo”! La fotografia non solo non è la realtà, ma non è nemmeno la rappresentazione della realtà, al massimo può essere una sua evocazione o una sua schematizzazione(ma sempre a partire da parametri strettamente soggettivi e arbitrari). E’ ciò che tutti gli artisti hanno sempre saputo, ma, non si capisce perché, il senso comune fa così fatica ad accettare. Cito Picasso:
    Un uomo criticò Picasso perché creava arte troppo poco realistica. Picasso gli chiese: «Mi può mostrare dell’arte realistica?» L’uomo gli mostrò la foto della moglie. Picasso osservò: «Quindi sua moglie è alta cinque centimetri, bidimensionale, senza braccia né gambe, e senza colori tranne sfumature di grigio?» da Wikipedia, voce Picasso. 🙂

  7. Incredibile e stupefacente creazione di un mondo popolato da persone non reali.

    Perché non applicare il medesimo gioco prima-dopo anche ai prodotti citati nei precedenti post, attraverso il confronto tra la foto sulla confezione e una foto del prodotto effettivamente acquistato?

    Questo confronto a “carte scoperte” potrebbe in qualche modo spingere i produttori ad adeguare i prodotti alle immagini sulla confezione ?
    O accadrebbe il contrario?

    Ovviamente la speranza è che il prodotto vada verso l’immagine riportata sulla confezione, non solo come aspetto ma anche come qualità del prodotto.

    Si potrebbero catalogare i prodotti per marca o per tipologia, creando un confronto diretto tra i vari produttori e i vari prodotti.

    Nessuna guerra ai software o ai formati file, ribadisco ancora una volta che questi sono solamente uno strumento, potentissimo, ma pur sempre uno strumento al nostro servizio.

    Come sempre, la differenza sta tutta nel modo in cui si utilizza quello strumento:
    • per diletto,
    • per necessità,
    • per migliorare,
    • per guadagnare,
    • per modificare la realtà,
    • per riderci su,
    • per offendere,
    • per ingannare,
    • o per mille altre ragioni.
    Tutto questo funziona?

    Se penso a:
    • quante persone investono somme (anche importanti) per assomigliare sempre più a quelle copertine patinate, a quelle immagini di volti o corpi non reali,
    • alle somme di denaro che spendiamo ogni anno per acquistare prodotti all’apparenza gustosi, appetitosi e sani che ci deludono già dal primo momento, estraendoli dalla confezione,
    direi proprio di sì, funziona !

    Molto meglio la realtà dello scatto di un “giornalista accidentale”, tecnicamente meno perfetta, sicuramente meno calcolata ma indubbiamente vera … fino a prova contraria …

    Vero, l’arte non deve avere vincoli, ma quella del bluff andrebbe messa da parte.

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