Nuovo e utile

Dillo in italiano

L’esortazione è semplice: dai, dillo in italiano.
Qui sotto potete leggere il testo che accompagna una petizione in favore di un uso più accorto della lingua italiana da parte di chi ha ruoli e responsabilità pubbliche. Non è una battaglia di retroguardia, e non è un tema marginale. Non è neanche una battaglia contro l’inglese ma va, anzi, in favore di un reale bilinguismo.
La petizione chiede all’Accademia della Crusca di farsi portavoce di questa istanza, che può aver peso e buon esito solo grazie all’appoggio di tutti noi.
Perché è importante che firmiate? Perché la lingua italiana è un bene comune: ci appartiene, ha un valore grande ed è nostro compito averne cura.
Se siete d’accordo potete firmare su Change.org: vi basta un minuto. E poi parlatene e fate girare il testo in rete. E dai… fatelo subito. L’hashtag è #dilloinitaliano

_____________

La lingua italiana è la quarta più studiata al mondo. Oggi parole italiane portano con sé dappertutto la cucina, la musica, il design, la cultura e lo spirito del nostro paese. Invitano ad apprezzarlo, a conoscerlo meglio, a visitarlo.


Le lingue cambiano e vivono anche di scambi con altre lingue. L’inglese ricalca molte parole italiane (“manager” viene dall’italiano maneggiare, “discount” da scontare) e ne usa molte così come sono, da studio a mortadella, da soprano a manifesto.
La stessa cosa fa l’italiano: molte parole straniere, da computer a tram, da moquette a festival, da kitsch a strudel, non hanno corrispondenti altrettanto semplici, efficaci e diffusi. Privarci di queste parole per un malinteso desiderio di “purezza della lingua” non avrebbe molto senso.


Ha invece senso che ci sforziamo di non sprecare il patrimonio di cultura, di storia, di bellezza, di idee e di parole che, nella nostra lingua, c’è già.
Ovviamente, ciascuno è libero di usare tutte le parole di qualsiasi lingua come meglio crede, con l’unico limite del rispetto e della decenza. Tuttavia, e non per obbligo ma per consapevolezza, parlando italiano potremmo tutti cominciare a interrogarci sulle parole che usiamo. A maggior ragione potrebbe farlo chi ha ruoli pubblici e responsabilità più grandi.


Molti (spesso oscuri) termini inglesi che oggi inutilmente ricorrono nei discorsi della politica e nei messaggi dell’amministrazione pubblica, negli articoli e nei servizi giornalistici, nella comunicazione delle imprese, hanno efficaci corrispondenti italiani. Perché non scegliere quelli? Perché, per esempio, dire “form” quando si può dire modulo, “jobs act” quando si può dire legge sul lavoro, “market share” quando si può dire quota di mercato? Perché dire “fashion” invece di moda, e “show” invece di spettacolo?


Chiediamo all’Accademia della Crusca di farsi, forte del nostro sostegno, portavoce e autorevole testimone di questa istanza presso il Governo, le amministrazioni pubbliche, i media, le imprese. E di farlo ricordando alcune ragioni per cui scegliere termini italiani che esistono e sono in uso è una scelta virtuosa.
1) Adoperare parole italiane aiuta a farsi capire da tutti. Rende i discorsi più chiari ed efficaci. È un fatto di trasparenza e di democrazia.
2) Per il buon uso della lingua, esempi autorevoli e buone pratiche quotidiane sono più efficaci di qualsiasi prescrizione.
3) La nostra lingua è un valore. Studiata e amata nel mondo, è un potente strumento di promozione del nostro paese.
4) Essere bilingui è un vantaggio. Ma non significa infarcire di termini inglesi un discorso italiano, o viceversa. In un paese che parla poco le lingue straniere questa non è la soluzione, ma è parte del problema.
5) In itanglese è facile usare termini in modo goffo o scorretto, o a sproposito. O sbagliare nel pronunciarli. Chi parla come mangia parla meglio.
6) Da Dante a Galileo, da Leopardi a Fellini: la lingua italiana è la specifica forma in cui si articolano il nostro pensiero e la nostra creatività.
7) Se il nostro tessuto linguistico è robusto, tutelato e condiviso, quando serve può essere arricchito, e non lacerato, anche dall’inserzione di utili o evocativi termini non italiani.
8) L’italiano siamo tutti noi: gli italiani, forti della nostra identità, consapevoli delle nostre radici, aperti verso il mondo.


Se siete d’accordo firmate su Change.org, parlatene, condividete in rete. E fatelo adesso. Grazie!

NeU ha pubblicato diversi articoli sull’abuso dell’itanglese. Per esempio:
Lingua italiana: le parole sono perle
300 parole da dire in italiano

51 risposte

    1. Ciao Ettore.
      Credo proprio di sì. Ma credo, d’altra parte, che il problema non sia una singola parola che, come hashtag, è entrata nell’uso, e il cui corrispondente (cancelletto) viene adoperato piuttosto raramente.
      Quello che, secondo me, andrebbe evitato è il fritto misto di termini. Cose come “dobbiamo schedulare un meeting per il kick off del recruiting di persone skillate sul digital, oh yeah!”

    2. Mmm, il termine hashtag è divenuto troppo ricorrente nell’uso comune nonché ampiamente utilizzato dai mezzi di comunicazione di massa (e qui forse “mass media” avrebbe reso meglio :D).
      Ma se proprio volessimo cercare un corrispettivo efficace, io voteri per “etichetta” 🙂

      1. Direi proprio di sì. È certamente un uso figurato, ma carino ed elegante. Al posto di una parola di difficile pronuncia e soprattutto scritto in mille modi diversi ed errati dagli italiani scimmiottatori di una improbabile cultura inglese.

    3. Ettore, aggiungo che nell’uso comune hashtag non indica il simbolo # ma la parola marcata con il cancelletto, #esempio, ed è con questo nome che ormai identifica un concetto diffusissimo e condiviso. Neanch’io penso sia proponibile un’alternativa perché creerebbe solo confusione.

      Un aspetto curioso, che forse non tutti conoscono, è che nella documentazione ufficiale di Twitter, sia in inglese che in italiano, hashtag è proprio il simbolo #, e che in inglese #esempio si chiama hashtagged word, un termine che però non usa praticamente nessuno. In italiano #esempio inizialmente era stato chiamato etichetta ma nel 2013 il nome è stato cambiato in hashtag, sicuramente per riflettere la terminologia effettivamente usata dagli utenti (però nell’URL si nota ancora il vecchio nome: https://support.twitter.com/articles/253564-cosa-sono-le-etichette-hashtag#).

    4. Direi proprio di sì. È certamente un uso figurato, ma carino ed elegante. Al posto di una parola di difficile pronuncia e soprattutto scritto in mille modi diversi ed errati dagli italiani scimmiottatori di una improbabile cultura inglese.

  1. In ambito tecnico scientifico (es. manualistica) sta prendendo piede un linguaggio controllato proveniente dal settore aerospaziale: il Simplified Techncial English (STE).

    Qui alcuni riferimenti:

    http://en.wikipedia.org/wiki/Simplified_Technical_English

    http://www.boeing.com/boeing/phantom/sechecker/se.page

    http://www.writec.com/InfoMap_STE_DettaglioCorso.asp?zona=formazione

    I principali obiettivi di questo linguaggio sono:
    • ridurre le ambiguità,
    • favorire la comprensione,
    • favorire le traduzioni (anche quelle assistite da pc …).

    Sulla base di questa teoria, anche in Italia qualcosa si sta muovendo, infatti si sta pensando ad un linguaggio equivalente (o quasi) chiamato Italiano Tecnico Semplificato (ITS).

    http://www.comtec-italia.org/it/articoli-redazione-tecnica/42-articoli/316-italiano-tecnico-semplificato-il-senso-del-progetto-comatec.html

    http://www.idm.it/documents/News/118/Eventi_CorsoCISE3dic2014.pdf

    Per favorire la corrispondenza tra i due linguaggi (STE – ITS) ed una loro valida reversibilità, i due linguaggi dovranno essere assolutamente “allineati”.

    Non mettendo in discussione le competenze le capacità di questi “pionieri”, mi chiedo se l’Accademia della Crusca possa fornire un contributo ulteriore per evitare la diffusione di “differenti correnti di pensiero” o “distorsioni”.

    Questi linguaggi di “standardizzazione e semplificazione” sono applicabili principalmente a contesti “tecnico scientifici”, in tutti gli altri ambiti ben venga l’uso e la diffusione dei tanti termini della nostra bella lingua.

  2. Annamaria, ho firmato subito la petizione che hai lanciato, ma bisognerebbe lanciarne una anche per il BUON italiano: va bene parlare italiano, ma facciamola finita una buona volta con le orribili locuzioni che ormai infarciscono i discorsi di chiunque, dal portiere al ministro: i piuttosto che, i quant’altro, solo per citarne due tra quelli che sento più spesso…

    1. Ciao Raganella.
      Grazie, prima di tutto, per il tuo sostegno alla petizione “dilloinitaliano”.
      Devo dirti che capisco il tuo punto, ma seguire questa petizione – che sta andando molto bene – è già abbastanza complicato. E non sto progettando di trasformarmi in un’attivista della lingua a tempo pieno. C’è fior di istituzioni preposte, a cominciare, appunto, dall’Accademia della Crusca.

      Con questa petizione ho solo pensato di dare, su un tema a mio avviso rilevante e sentito, il mio contributo di semplice cittadina.

      C’è anche una distinzione sottile, ma a mio avviso significativa, da fare: mentre può essere accettabile svolgere un’opera di sensibilizzazione su un macrofenomeno com’è quello dell’impiego, ormai fuori controllo, dell’itanglese, credo che da una parte la sorte dei singoli termini, o dei singoli modi di dire, vada davvero affidata al buonsenso dei parlanti. E che, dall’altra, debba essere oggetto non tanto di petizioni, quanto di insegnamento (a scuola) e di buon esempio.

      Le lingue vivono e cambiano. E ogni giorno il loro cambiare viene orientato dai discorsi di tutti noi. Così, ogni volta che parlando o scrivendo uso un congiuntivo, do un piccolo contributo alla sua sopravvivenza. E ogni volta che tu usi “piuttosto che” nel modo giusto aiuti la forma corretta ad affermarsi. 🙂

  3. Ciao Annamaria, grazie della risposta, che in effetti è quella che mi aspettavo. Hai ragione, e il mio è stato uno sfogo fine a se stesso, la voce di una donna sola che urla nel deserto, e anzi scusami per questo. E’ che amo così tanto la nostra lingua, che mi dispiace vedere che viene bistrattata e distorta anche quando non è contaminata dall’itanglese; forse vedo in questo cattivo uso una forma di sminuimento analoga all’uso dell’itanglese. Ma certamente farò come dici, continuerò a dare il mio piccolo contributo 🙂
    Grazie per quello che fai, ti seguo da un po’ e trovo sempre interessanti gli stimoli che proponi.

  4. AGGIORNAMENTO
    Sono le 19.15 e abbiamo superato, in meno di due giorni, le 17.500 firme.
    Questo significa una media di oltre 400 firme all’ora, quasi 7 al minuto, notte compresa.
    È probabile che le firme arrivino a essere 20.000 in serata.

    Chi firma?
    Gente di tutti i tipi.
    Moltissimi che dichiarano di sapere più lingue e di essere inorriditi dall’uso sconclusionato dei termini inglesi.
    Molti insegnanti d’inglese.
    Alcuni stranieri residenti in Italia.
    Diversi italiani all’estero.
    Giornalisti, gente che lavora nelle imprese multinazionali o nella comunicazione.
    Un signore che dichiara di avere ottantacinque anni.
    Moltissimi che dicono di essere innamorati della nostra lingua.
    Molti infastiditi dall’abuso dell’inglese nella pubblicità e nei tg.
    Alcuni che raccontano aneddoti divertenti.
    Altri che ricordano le difficoltà degli anziani coi termini inglesi.
    Qualcuno che dichiara “non so l’inglese e sono stufo di non capire”.
    Alcuni polemici col Governo e insospettiti dal termine Jobs Act.

    Il tono generale dei commenti è pacato, affettuoso, a volte accorato, a volte seccato o scandalizzato, ma non violento.
    Una meraviglia di civiltà, visti gli andazzi correnti in Rete.

  5. Scusami Annamaria,
    avevo scritto un commento (con diversi link) simile a quello appena postato nei giorni scorsi.
    Non vedendolo pubblicato ho pensando ad un problema legato proprio a quei link quindi l’ho riscritto in forma ridotta.

    PROBLEMA: solo ora (!!) mi è riapparso il primo commento, quello con i diversi link, ma con la dicitura in attesa di moderazione.

    Non capisco se è un problema di visualizzazione mio o altro, se cambio c non lo vedo …
    A questo punto eliminalo pure.

    Scusa per il pasticcio

    1. Neu ha un sistema davvero efficiente per eliminare la spam. Ogni tanto è “troppo” efficiente, e se la prende coi commenti che contengono troppi link. Ho recuperato il tuo commento più ampio ed eliminato il duplicato sintetico. Un saluto e grazie per il contributo!

  6. Ho firmato 🙂
    Perché la penso come te: sono d’accordo su tutti gli 8 punti e anche con tutti i tuoi post che ho letto finora sull’argomento.

  7. Io lavoro molto con l’inglese e uso molto l’inglese nel mio lavoro, credo sia necessario conoscere questa lingua al meglio e saperla parlare..ma quando si comunica in italiano bisogna parlare in italiano e cercare di farlo al meglio. Io stessa certe volte temo di non trovare più i corrispondenti italiani di molte parole inglesi che ormai sono parte integrante dell’uso comune ma mi eserciterò sempre più per “dirlo in italiano”!

    Naturalmente, ho firmato! 🙂

  8. AGGIORNAMENTO – giovedì 19 febbraio.
    Dopo meno di tre giorni dal lancio, avvenuto nella mattina di martedì scorso, abbiamo raggiunto le 25.000 firme.

    Hanno firmato moltissimi che dichiarano di sapere più lingue e di essere inorriditi dall’uso sconclusionato dei termini inglesi, molti insegnanti d’inglese e d’italiano, italiani all’estero e stranieri residenti in Italia. E poi: avvocati e giornalisti, medici, economisti, persone che lavorano nelle multinazionali o nella comunicazione, tutti sfiniti dall’eccesso d’itanglese. Hanno firmato studenti e anziani, compreso uno straordinario signore di 85 anni. Hanno firmato cittadini che pretendono di capire bene quel che si dice nei tg o nei discorsi dei politici. Hanno firmato tantissimi che dicono “amo la mia lingua”.

    Questo pomeriggio l’Accademia della Crusca, sulla sua pagina Facebook, ha scritto:
    Cari amici, condividiamo le ragioni della petizione “Un intervento per la lingua italiana ‪#‎dilloinitaliano‬”. Ne discuteremo durante il convegno “La lingua italiana e le lingue romanze di fronte agli anglicismi” che si terrà lunedì 23 e martedì 24 febbraio in Accademia.
    Questa è l’altra ottima notizia.

    Sarebbe bello arrivare all’appuntamento del 23 febbraio con il massimo numero possibile di adesioni. Dunque, c’è ancora da fare: se avete cinque minuti di tempo e se vi va, potreste parlare di questa iniziativa ai vostri amici. Noi, intanto, stiamo preparando un piccolo video che condivideremo domani.

    Grazie a tutti voi che avete firmato e condiviso, e a chi lo farà.

  9. AGGIORNAMENTO – 21 febbraio, sabato mattina.
    Grazie ancora a tutti voi: la petizione #dilloinitaliano ha raggiunto (e rapidamente superato) le 41.000 adesioni. Un risultato al di là delle aspettative.

    Ne hanno dato notizia, con un articolo di un’intera pagina, Il Giorno, Il Resto del Carlino, La Nazione. Qui il testo: http://www.quotidiano.net/termini-inglesi-italiano-1.690172

    Ne hanno parlato, manifestando adesione, Massimo Gramellini su La Stampa e Michele Serra su La Repubblica. Grazie a entrambi!

    Ne ha parlato diffusamente l’Huffington Post: http://www.huffingtonpost.it/giulia-carrarini/come-si-dice-in-italiano-petizione-contro-itanglese_b_6707308.html

    Noi abbiamo preparato un piccolo video – il primo di una serie – per dare un’idea della varietà delle motivazioni che hanno spinto tante persone a firmare. Lo trovate a questo indirizzo e, se vi va, potreste diffonderlo in rete.
    http://youtu.be/UmqN-XxkBQE

    In questo fine settimana continueremo a darci da fare per far conoscere la petizione. Quante adesioni riusciremo a raggiungere entro lunedì pomeriggio, quando tutto ciò arriverà ufficialmente all’Accademia della Crusca?
    È una bella domanda. E speriamo di avere una bella risposta.

  10. Sono veramente sconcertata dalla proposta del nuovo LOGO per Roma “Rome & you”.

    Aiutoooo *_)€

  11. Roma NON è la capitale, è molto, ma molto di più.
    Solo Alemanno poteva aggiungere CAPITALE!
    Una città che il mondo ama e visita non è solo capitale.

    Ha un logo antico che rappresenta la forza laica della città: SPQR (molti non ricordano neanche più che cosa significa), come contraltare dell’altra grande anima della città: la chiesa.

    Ora, a parte questo assurdo scimmiottare la lingua inglese, che accidenti mi rappresenta questo logo?
    I fascisti cavalcano il dissenso, ma c’era proprio bisogno di questo restyling? Ecco qui forse l’inglese ci vuole, perché mi pare che restauro o peggio miglioramento proprio non siano appropriati. *_))

  12. Grazie Annamaria, per aver ideato questa petizione, che ho subito firmato e cercato di promuovere il più possibile, e per averla impostata non come contrappopposizione alla lingua inglese, ma come miglior uso dei termini più appropriati delle due lingue.
    Soprattutto le istituzioni e gli enti pubblici dovrebbero smetterla di usare solo termini inglesi, spesso a sproposito e favorire una maggiore comprensione delle loro iniziative, anche dal punto di vista linguistico.

    Stamattina il prof. Francesco Sabatini ha illustrato brevemente la tua petizione nel corso di “Uno mattina in famiglia” su Rai1.

  13. AGGIORNAMENTO – domenica 22 febbraio
    #dilloinitaliano ha superato le 50.000 adesioni. Domani pomeriggio, alle 18, presento ufficialmente l’iniziativa al convegno dell’Accademia della Crusca.

  14. Grazie dell’iniziativa! Volentieri ho firmato e diffondo. (E grazie anche per questo bellissimo blog: e ogni volta che leggo i suoi articoli mi piace la sua mente lucida e la sua stima per la creatività. Non so perché ma riesce a darmi coraggio, anche quando parla d’altro).

  15. per social network perché non usare RETI SOCIALI come fa lo spagnolo? per hashtag se si usa ETICHETTA non cambia molto, semplicemente un termine italiano prende una nuova accezione. Io non mi stancheró mai di usare ARCHIVIO invece di FILE nel mio calcolatore elettronico 😛

    1. Daccordissimo!
      Ci sono parecchi termini che sono ritenuti “intraducibili”, ma non lo sono affatto. Basta solo fare una piccola ricerca ed utilizzare al meglio la nostra lingua!

  16. Moltissime espressioni sono molto chiare in
    italiano e l’uso di una parola corrispondente in inglese è assolutamente superfluo.
    Per es., pars pro toto, showroom al luogo di
    vetrina, meeting invece di incontro…

  17. Purtroppo c’e’ molta gente, oserei dire ignorante, che crede che questo miscuglio itanglese sia positivo perche’ si inserisce, secondo loro, nell’accezione di “multilinguismo europeo”! Ma cosa c’entra il multilinguismo? Al contrario multilinguismo significherebbe esistenza di una plularita’ di lingue perche diversi sono gli stati e diverse le lingue!

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