Vedere, guardare, osservare

Vedere, guardare, osservare: lo sguardo creativo – Metodo 83

Immaginate la scena: sono a pranzo con un imprenditore italiano noto nel mondo per creatività e capacità innovativa e la sua compagna. Non lo conosco bene e non mi sento esattamente a mio agio. Dopo le prime battute mi accorgo che lui sta fissando qualcosa oltre la mia spalla e comincio a preoccuparmi: avrò detto qualche sciocchezza?
E poi lui si alza, cammina fino in fondo al ristorante e si mette, in tutta calma, a raddrizzare i numerosi quadri che stanno appesi a una parete. Non ce n’era uno diritto, dice quando torna, e io non sopporto le cose storte. Poi in tutta serenità riprende la conversazione dal punto esatto in cui si era interrotta. È fatto così: vede sempre tutto, commenta ridendo la sua compagna.

ESSERE VISIONARI E SAPER VEDERE. Non tutti sanno vedere sempre tutto. In rete si trovano numerosi elenchi intitolati “cose che le persone creative fanno in modo diverso dalle altre” (per esempio, potete dare un’occhiata a questo. Oppure a quest’altro).
Vi convincano o meno, se provate a scorrere i punti elencati potete verificare che molti riguardano la visione, prima ancora che nel senso dell’essere visionari, nel senso proprio di “vedere usando i propri occhi”. Per esempio: i creativi guardano il mondo con gli occhi di un bambino. Guardano le persone. Vedono ciò che altri non vedono. Sono grandi osservatori. E così via.

Vedere, guardare, osservare

DALLA PERCEZIONE ALLA CONSAPEVOLEZZA. Le parole vedere, guardare, osservare e scrutare hanno sfumature di senso diverse e interessanti. E lo stesso termine “vedere”, che in prima istanza significa “percepire stimoli esterni attraverso l’organo della vista” (un atto per certi versi meccanico: basta avere gli occhi aperti, e che ci sia luce a sufficienza) vuole anche dire “rendersi conto, prendere coscienza” e perfino “rendersi responsabili” .
Forse un esempio può chiarire meglio la differenza: 1) vedo la mia stanza, 2) vedo che la mia stanza fa schifo 3) vedo (attenti: in quest’accezione, “vedo” è più netto e urgente di “penso” o “credo”) che devo fare qualcosa per la mia stanza.

Vedere, guardare, osservare

L’INTENZIONE E IL TEMPO. E poi c’è “guardare” (rivolgere lo sguardo, fissare con intenzione, esaminare). Il dizionario Treccani ricorda che “guardare” non include necessariamente l’idea del vedere, in quanto si può guardare senza vedere, così come si può vedere qualche cosa senza rivolgervi intenzionalmente o coscientemente lo sguardo. C’è “scrutare”, che è un guardare più intenso e attento ai dettagli.
E c’è “osservare”, che è un posare lo sguardo per un tempo più lungo: un continuare a guardare, vedendo bene e giudicando di conseguenza.
Le differenze fra i termini sono, credo, abbastanza analoghe a quelle che esistono tra gli inglesi see, watch, observe. “Tu vedi, ma non osservi” dice Sherlock Holmes a Watson: lo ricorda un articolo su Big Think, invitando i lettori a essere attenti e a usare i sensi per accrescere la propria consapevolezza.

Vedere, guardare, osservare

RESTARE VIGILI, EVITARE TRAPPOLE. Già: quanto sappiamo vedere (per notare fenomeni e peculiarità e per prenderne coscienza) guardare (per scoprire dettagli, differenze errori e aree di miglioramento) e osservare (per cogliere indizi e intercettare il modificarsi di un fenomeno nel tempo)? Ci mettiamo l’attenzione e l’intenzione, l’impegno e la consapevolezza necessari? Per riuscire a farlo, ci tocca restare vigili e immersi nel momento presente, in contatto costante sia col mondo esterno, sia con noi stessi. Mica facile.
E poi c’è il rischio della trappola mentale nota come “effetto lampione”, a partire dalla storiella dell’ubriaco che ha perso le chiavi attraversando un parco buio, ma ora le cerca sotto un lampione perché lì ci si vede meglio.
Riguarda il fatto che vediamo solo quello che vogliamo vedere, o che ci aspettiamo di vedere, o che ci è più comodo vedere. Ma, d’altra parte, non vediamo neanche più quello che siamo “troppo” abituati a vedere. Per esempio: avete mai provato a entrare in casa vostra guardandovi attorno come se fosse la casa di un estraneo, in cui non siete mai stati? Fatelo: è una strana sensazione.

Vedere, guardare, osservare

UN PROCESSO MENTALE COMPLESSO. Di arte dell’osservare, e di come il saper scegliere che cosa merita di essere osservato, parla un bell’articolo su Brain Pickings, raccontando che l’osservazione è un processo mentale complesso che coinvolge sensi e mente, e che molte di quelle che ci appaiono come intuizioni scientifiche brillanti nascono, in realtà, da una grande capacità di osservare.

Di fatto, solo vedendo, guardando e osservando noi possiamo stabilire il nostro posto nel mondo che ci circonda. Chi non sa vedere non può nemmeno costruire visioni. E, per poter guardare oltre, bisogna prima imparare a vedere, guardare, osservare quel che c’è qui, adesso. Magari proprio davanti al nostro naso.

Le immagini che illustrano questo articolo sono dettagli delle foto di Sarah Ann Loreth. Qui il suo sito.

10 risposte

  1. Non tutti sanno vedere sempre tutto ma … purtroppo non tutti possono vedere, osservare, scrutare.

    Ancora una volta, leggendo un post che parla di vista, ripenso alla bellissima esperienza sulla lettura tattile cui ho partecipato nel 2011: (http://wp.me/pYL2M-3U) “di che colore è il vento”.

    Questa esperienza (semplice e limitata in due incontri/gioco) mi ha consentito di aprire gli occhi ed osservare da vicino un universo che non conoscevo e che molto spesso molti di noi (che ci occupiamo di scrittura di vario genere) sottovalutiamo o non consideriamo proprio.

    Con mia grande sorpresa (e ignoranza) appresi che molte persone non vedenti vivono sole (per scelta) e sono completamente autonome nelle loro attività quotidiane.

    Diverse volte mi sono chiesto perché, sulle confezioni e sulle istruzioni dei prodotti commerciali (almeno di alcuni di uso comune) che acquistiamo, non siano presenti anche istruzioni in braille.

    Questo potrebbe facilitare non solo la fase di acquisto ma piuttosto il riconoscimento del prodotto una volta portato casa e stipato in qualche armadietto o su qualche mensola insieme ad altri simili.

    Dal 2010 il braille è comparso secondo una Norma UNI volontaria sulle confezioni dei medicinali, ottima iniziativa, ma si può sempre fare meglio …

    Grazie ad alcuni studi recenti ho appreso che i bambini non vedenti dalla nascita, non potendo contare sulla vista e quindi non avendo un rapporto con se stessi e con l’ambiente circostante, impiegano più tempo e faticano molto di più per costruire l’immagine/concetto di sé.

    L’impossibilità di accedere ad informazioni visive limita totalmente la creatività delle persone non vedenti o con disturbi visivi dalla nascita o genera una creatività differente?

    Gli “occhi della mente” delle persone non vedenti o con disturbi visivi dalla nascita, sono davvero così distanti, meno creativi e meno potenti della vista di noi normo-vedenti ?

    Credo che anche “quegli occhi della mente”, a loro modo, siano in grado di osservare, vedere, scrutare e perfino di essere visionari, forse siamo noi che non lo percepiamo …

    Annamaria, se il tuo interlocutore fosse stato un non vedente non avrebbe certamente notato i quadri storti, molto probabilmente avrebbe avvertito il tuo disagio, lo avrebbe gestito e lo avrebbe raddrizzato in modo creativo e unico.

    1. “L’occhio della mente” – Oliver Sacks http://www.libritattili.prociechi.it/lt/index.php?module=pagemaster&PAGE_user_op=view_page&PAGE_id=107&MMN_position=126:126

      Tratto da pag.8:
      “Neville dimostrò che nei sordi prelinguistici (ossia in coloro che sono nati sordi o hanno perso l’udito prima dei due anni di vita) le parti uditive del cervello non andavano incontro a fenomeni di degenerazione o atro. Esse rimanevano invece attive e funzionanti, assumendo però attività e funzioni nuove: venivano trasformate – «riallocate», per usare un’espressione di Neville – in modo da elaborare il linguaggio visivo.
      Studi simili, condotti su individui nati ciechi o che hanno perso la vista in tenerissima età, dimostrano, analogamente, che le aree visive della corteccia possono essere riallocate a nuove funzioni, e utilizzate per l’elaborazione delle afferenze tattili e uditive.
      Con la riallocazione della corteccia visiva al tatto e ad altri sensi, questi ultimi possono andare incontro a un’iperacutizzazione che forse nessun individuo dotato di vista normale riesce a immaginare.”

      Eccolo, credo sia proprio questo “lo sguardo creativo realizzato con gli occhi della mente”.

      Scusate la divagazione sul tema e se sono andato off topic ma l’immagine con le due ragazze bendate ha riacceso questa antica fiammella.

  2. So di “commentare fuori tema”, ma ho una maculopatia all’occhio sinistro e la mia visione è disturbata soprattutto per l’appiattimento dei piani. Brutta sensazione e non mi abituo affatto.

    In compenso ho un olfatto da NASO (il creatore di profumi): posso leggere una città a occhi chiusi, attraverso i suoi odori e, ahi me, le sue puzze *_))

    1. Gentile Hubert Jaoui,
      grazie per l’apprezzamento.
      Perché non mi racconta che cosa ha in mente?
      Un saluto cordiale,
      at

  3. Io sempre di più, ormai, faccio parte delle persone che per ascoltare si servono degli occhi…e da alcuni anni ho cominciato ad avere problemi anche di vista.Quello che posso dire per la mia esperienza,soprattutto di fotografa amatoriale, è che davvero la capacità di “vedere” (la tengo distinta dal semplice “guardare”) non risiede negli occhi, ma in qualcosa di più interiore. Come giustamente ha scritto chi ha commentato prima di me, si può vedere anche con le mani (così come io utilizzo gli occhi al posto delle orecchie, in un certo senso). Consiglio l’esperienza “Dialogo nel buio” che credo sia permanente a Milano così come è ora a Genova.
    Ps (e O.T.).quanto ad olfatto, ahimè, pure io, potrei fare concorrenza al mio cane…come capisco Fiorella…

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