Si chiama ambivalenza. È una condizione strana e destabilizzante. L’abbiamo provata tutti, magari senza sapere come chiamarla, o di che esattamente si tratta.
AMARE E NON AMARE. Odi et amo, scrive il poeta latino Catullo nel primo secolo avanti Cristo: Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile / non so, ma è proprio così e mi tormento (sulle tormentate vicende amorose di Catullo qui c’è un articolo assai grazioso).
Te voglio bene e t’odio, nun te pozzo scurdà, canta Totò in Malafemmena. E ancora: Vorrei e non vorrei / Mi trema un poco il cor. /Felice, è ver, sarei / Ma può burlarmi ancor, gorgheggia Zerlina nel Don Giovanni.
L’ambivalenza fa parte della vita, e della comune esperienza emotiva e psichica dai tempi di Catullo. E ancora da prima, dai tempi di Anacreonte. Che nel quinto secolo avanti Cristo scrive amo e non amo, sono pazzo e non sono pazzo. E, ci scommetto, ancora da prima.
NON SOLO IN CAMPO AMOROSO. Il termine ambivalenza unisce due parole latine, ambi (entrambi) e valentia (forza), che bene danno conto del fenomeno: come sentirsi tirati da due forze contrapposte.
Si possono nutrire sentimenti ambivalenti non solo in campo amoroso: possiamo provare contemporaneamente paura e desiderio di tuffaci da un trampolino alto. O attrazione e avversione (specie se siamo a dieta) nei confronti di una fettona di torta farcita di crema e cioccolato.
Possiamo sentirci allettati e respinti da una nuova offerta di lavoro (o da un prospettiva di viaggio) che ci sembra tanto interessante quanto faticosa e piena di insidie. Possiamo nutrire sentimenti ambivalenti perfino per un partito politico. O verso l’idea di iscriverci a una palestra (uh, mi farebbe bene! Eh, la ginnastica è una noia mortale!)
COMPORTAMENTI IMPREVEDIBILI. Sta di fatto che, quando ci troviamo in una condizione di ambivalenza, i nostri comportamenti diventano meno prevedibili e più contraddittori. Per districarci, o almeno per provare a farlo, ci tocca cimentarci in un salto di ragionamento. Un lavoro di metacognizione, che significa pensare al modo in cui stiamo pensando. Magari fino ad arrivare a scrivere, su una scala da uno a dieci, quanto vale la nostra attrazione e quanto la nostra repulsione. Potremmo anche scoprire, se ripetiamo l’esercizio, che i valori fluttuano nel tempo, e molto rapidamente.
ATTRAZIONE E REPULSIONE. Ernest Hilgard, docente di psicologia e autore di un manuale su cui si sono formate almeno un paio di generazioni di psicologi in tutto il mondo (Italia compresa), offre una spiegazione illuminante del perché, in situazioni in cui sperimentiamo insieme attrazione e repulsione, il nostro comportamento diventa ondivago, imprevedibile e contraddittorio.
Succede, dice Hilgard, che quando ci troviamo di fronte a qualcosa che ci attrae e ci respinge, di solito esitiamo. Quando siamo lontani, le componenti attraenti possono sembrarci più forti, e dunque ci avviciniamo. Ma più siamo vicini, più le componenti respingenti diventano visibili e tornano a prevalere. Così ci allontaniamo di nuovo. Questo scomodo andirivieni può ripetersi molte e molte volte.
SITUAZIONI AMBIVALENTI. Infine: poiché spesso le cose non sono solo o bianche o nere, è facile trovarsi in situazioni che sono in sé ambivalenti per complessità e quantità di implicazioni. O perché mettono in gioco differenti ordini di valori. L’ambivalenza storica nei confronti degli immigrati è il grande paradosso americano, titola Time. Non è l’unico.
L’ambivalenza genera sempre ansia e incertezza. Proprio per questo, quando ci troviamo ad affrontare un grande tema controverso tendiamo, per esempio, a non prendere neanche in considerazione le argomentazioni di chi non la pensa come noi. Interpretiamo male i fatti, ragioniamo in maniera sbrigativa e in base a pregiudizi la cui fondatezza evitiamo di verificare. Insomma: facciamo di tutto per conquistarci una posizione certa e univoca, e pazienza se si tratta della posizione sbagliata.
Oppure rimuoviamo la questione. Il disagio da ambivalenza affligge in modo più acuto le persone decisioniste e quelle che sono in posizione di potere, che nell’incertezza si trovano più a disagio delle altre e dunque tendono a non agire.
CONSEGUENZE AMBIVALENTI. Ma l’ambivalenza ha anche un effetto protettivo. Per esempio, e a dirlo è una ricerca recente dell’università di Stanford, coltivare deliberatamente l’ambivalenza del confronti di un obiettivo che non siamo certi di raggiungere ci aiuta a consolarci più in fretta di un eventuale fallimento (“dai, forse l’ho scampata bella!”). Ma d’altra parte, in caso di successo sminuisce il valore del risultato ottenuto (“beh, chissà se ne vale davvero la pena”). Tutto ciò ci dice che perfino l’ambivalenza può avere conseguenze ambivalenti.
AMBIVALENZA E COMPRENSIONE. In realtà, le situazioni ambivalenti ci obbligano a compiere una ginnastica mentale mica male. E ci incoraggiano (se ne abbracciamo l’ambivalenza, invece che negarla) a sviluppare una più profonda comprensione della realtà, delle alternative possibili e di noi stessi. Per uscire dall’ambivalenza, poi, c’è una strategia interessante: dare ascolto al proprio corpo. Immedesimarsi il più profondamente possibile in una delle alternative, e poi nell’altra, e vedere come si sta. Poi, decidere di conseguenza.
Stavo riflettendo: sarebbe interessante esplorare il rapporto tra l’ambivalenza e la menzogna.
Anche se penso che Pirandello ci abbia sguazzato tutta la vita in questo tema, credo che la maggior parte (o meglio, una parte) delle menzogne non siano pronunciate consapevolmente come tali, ma come espressioni di ambivalenza.
Per contro è molto facile che una dichiarazione ambivalente e quindi ambigua venga recepita e classificata successivamente come una menzogna, privandola quindi delle sfumature e del contrasto interiore che l’accompagnava.
Ciao Magari.
È un’intuizione davvero interessante, e un’ipotesi assai probabilmente fondata.
🙂
Ma temo che sia difficile da verificare e misurare in via sperimentale. Però…
La teoria delle pulsioni di Freud ,nonché le istanze quali io,superio,inconscio e preconscio,danno strumentazione e contesto sufficienti a comprendere l’ ambivalenza anche di agiti apparentemente illogici.
Se davvero lo si vuole, anche con lo smartphone le virgole vanno al posto giusto…
Credevo di essere un indeciso, ma, dopo aver letto questo, non ne sono del tutto certo.
Quando si deve decidere tra A oppure B, ed entrambe offrono sia vantaggi che svantaggi (alla medesima persona o a due “contendenti”), è bene non cadere nella “trappola” del compromesso (tra un “bianco” e un “nero” scegliere un “grigio”) o della scelta drastica (scelgo A OR B).
Vivamente consigliabile investigare i Principi Separativi (vedi TRIZ) separando A AND B nello “Spazio” AND/OR nel “Tempo” AND/OR nel “Sistema” AND/OR “Condizione”.
Un semplice esempio: tra “Competere” OR “Cooperare” posso scegliere entrambe ottenendo Competere AND Cooperare (si chiama Coopetizione), separando
– nello Spazio (esempio: cooperare nel mercato A e competere nel mercato B
– nel Tempo (esempio: cooperare in tempo di crisi e competere in tempi di benessere
– nel Sistema (esempio: cooperare in R&D e competere nel mercato)
– sotto a Condizione (esempio: cooperare se la “torta” non c’è e competere se c’è).
Buongiorno, sono qui per un consiglio.
Ho un’amica che ha comportamenti decisamente ambivalenti…
Io sono fortemente attrato sessualmente da lei e la cosa é decisamente esplicita.
Molte volte ci siamo trovati a casa mia e dopo poco io faccio delle avance che non sono mai fermamente respinte e ciò è quello che ogni volta mi induce a ritentare. A lei fa di certo piacere essere toccata da me, perché non mi rifiuta subito ma passa del tempo in cui anche lei si struscia e si mette in posizioni come ad aspettare I miei avvicinamenti e le mie carezze esplicitamente sessuali. L’unica cosa che dice è che non vuole mischiare il sesso con l’amicizia perche poi, dice lei, si rovina tutto. Quindi dopo varie carezze, se ne va…
Il rifiuto non è mai esplicito, altrimenti non ci proverei ogni volta e poi se così fosse eviterebbe di salire da me, tanto ormai va sempre a finire nello stesso modo.
Che consigli mi date?
Io ho pensato tante volte di lasciar perdere ma la pulsione sessuale che provo nei suoi confronti è troppo forte e ogni volta ci ricasco…
Grazie!
Petrarca,a distanza di un anno,come si è evoluta la storia?Sono curiosa di sapere a questo punto se hai avuto ciò che desideravo tanto…
buon giorno da crazyhorses………… logica disamina di questo stato di emotività, ed è ciò sta succedendo a me, 76 anni io ben messi, la lei 45,ex famiglia in continua lotta, mamma morta di cancro govane, lei sola ha assistito mamma, il babbo disinteressato e pretenzioso. Brutta vita, la lei si è rinchiusa in un fatalismo strenuo,taciturna, misantropa, niente figli. Essendo io uno spudorato di prima cotta, l’ho portata al dialogo, poco tatto, è una bastian contrario. Io vorrei fare sesso ampio con lei nonostante la mia età. La lei è impegnata con un uomo pantofolaio, ed il sesso per lei è una cosa superflua. Sono ad un punto morto,giorni fa ho avuto uno scatto d’ira e siamo passati al solo b.giorno. mi dai p.c. qke dritta ?