Potremmo chiederci che cosa questa faccenda del contagio da coronavirus ci sta insegnando, e soprattutto che cosa ci sta ricordando su noi stessi, sulla nostra condizione nel mondo e sul nostro modo di percepire quanto ci accade intorno.
Provo a mettere in fila sette punti.
1) EFFETTO-FARFALLA. In un sistema complesso, una piccola variazione nelle condizioni iniziali può avere enormi conseguenze. È l’effetto-farfalla (butterfly effect), espresso in forma poetica agli inizi degli anni 60 dai teorici del caos con la formula “può bastare il battito d’ali di una farfalla in Brasile per provocare un uragano in Texas”.
MONDO INTERCONNESSO. Così, in un mondo globalizzato, complesso, interconnesso basta un meno poetico coronavirus proveniente dalle parti di Wuhan, Cina, per scatenare il panico nei mercati finanziari, bloccare una quota consistente dei voli internazionali, rallentare l’economia globale, mobilitare i governi in un’ottica di massima riduzione del rischio di contagio.
E per sequestrare l’attenzione generale, tanto da oscurare perfino la deprimente conclusione della prima stagione delle telenovela della Brexit.
ECONOMIA GLOBALE. Del resto, come ricorda Time citando il McKinsey Global Institute, la nazione più popolosa del mondo ormai è parte integrante dell’economia globale. È il maggior produttore di beni. Importa più greggio di qualsiasi altro paese. Con 150 milioni di viaggi all’estero, per un valore di 277 miliardi di dollari nel 2018, i cinesi sono al vertice della spesa per il turismo. E la Cina è il più grande mercato al mondo per molte categorie merceologiche, dalle automobili agli alcolici, all’intera gamma dei prodotti di lusso.
2) CONTAGIARSI. Siamo tutti collegati, e sempre più somiglianti. Come segnala un ampio articolo del National Geographic, da un capo all’altro del mondo ci vestiamo sempre di più allo stesso modo, mangiamo cose sempre più simili, desideriamo gli stessi prodotti, ascoltiamo la stessa musica, condividiamo (più o meno) le stesse informazioni. Ci contagiamo in mille modi.
MEDESIMI DESTINI. La possibilità del contagio sanitario è una delle tante conseguenze del nostro essere così strettamente legati: certo, la più deteriore e, nell’immediato, la più evidente e terrorizzante. Ma è parte di un pacchetto infinitamente più ampio che, ci piaccia o no, ci indirizza tutti quanti verso la condivisione di medesimi destini.
3) ALTRI CONTAGI. Nei secoli, è stata tante volte l’Europa a portare il contagio là fino a dove si andavano allargando le sue conquiste. Recupero un paio di dati: la colonizzazione delle Americhe ha portato epidemie di vaiolo (1518, 1521, 1525, 1558, 1589), tifo (1546), influenza (1558), difterite (1614) e morbillo (1618). Si stima che il 95 per cento della popolazione indigena sia rimasta uccisa.
In Australia, la colonizzazione ha portato vaiolo, sifilide, tubercolosi, influenza e morbillo tra le popolazioni aborigene, che ne sono rimaste decimate. E ancora: nei secoli, l’Europa stessa è stata devastata da peste, colera, vaiolo e tifo.
PARADOSSO. Se oggi le cose vanno meglio, è perché in buona parte del mondo sono migliorate l’alimentazione e l’igiene. E perché ci sono i vaccini.
C’è un paradosso: quanto più le malattie contagiose vengono contrastate dai vaccini (o addirittura azzerate, com’è successo con il vaiolo), tanto più diminuisce la percezione del rischio, tanto meno le persone sono propense a vaccinarsi.
EPIDEMIA ITALIANA. Il coronavirus ci preoccupa così tanto perché per adesso non c’è un vaccino ma, per dire, è meno contagioso del morbillo. Qui in Italia abbiamo avuto una epidemia di morbillo appena un paio d’anni fa, ma non ricordo di aver visto nessuno andare in giro con la mascherina. Nel 2018, nel mondo e soprattutto nei paesi in via di sviluppo, il morbillo ha ucciso più di 140.000 persone (dato OMS).
4) NOTIZIE FALSE CONTAGIOSE. Il contagio da notizie false è sommamente pericoloso. Già nel 2018 uno studio del Mit ha dimostrato che le notizie false si diffondono più velocemente, più ampiamente e più in profondità di quelle vere. Giusto per darvi un’idea: una notizia falsa ha il 70 per cento di probabilità in più di essere ritwittata di una vera.
INFODEMIA. Scrive il Sole 24Ore: nel contesto delle malattie infettive, come si è visto anche in Congo con Ebola, le false informazioni si diffondono rapidamente attraverso i social, aumentando i rischi di trasmissione e rendendo inefficaci le misure di prevenzione. Le disinformazioni virali saranno in futuro una minaccia nel causare epidemie.
Ora all’OMS tocca anche contrastare l’infodemia (infodemic): l’eccesso di informazione su un problema che rende più difficile la soluzione del problema.
Con le diffusione dei deepfake (i video falsificati) andrà ancora peggio. Anche di questi contagi dovremmo preoccuparci.
5) TI SEI LAVATO LE MANI? La paura è contagiosa. Ancora più contagiosa è la paura del contagio, con il suo contorno di comportamenti del tutto irrazionali.
Ho la sensazione che un bel po’ della gente che evita i ristoranti cinesi, o arriva a ostracizzare bimbi cinesi nati in Italia e mai stati in Cina, poi trascuri, per esempio, di lavarsi le mani col sapone prima di pranzare. O prima di toccarsi la faccia. O prima di mettersi le dita nel naso (in questo caso, per favore, lavarsi le mani anche dopo).
Eppure si tratta del gesto più importante per prevenire la diffusione delle infezioni. Ma è fin troppo semplice, e allora lo si sottovaluta. A ribadirne la centralità è il nostro Ministero della salute.
6) CAVALCARE LE PAURE. C’è sempre qualche disgraziato pronto a cavalcare le paure collettive per sfruttarle a proprio vantaggio. Magari per giustificare e incoraggiare comportamenti razzisti.
Scrive l’Avvenire: al netto dell’azione degli imprenditori (politici e culturali) del rancore verso gli immigrati, la paura che si fa esclusione e discriminazione parla di un’Italia malata, essa sì, di perdita di punti di riferimento, razionalità di giudizio e fiducia sociale. Insicurezza, smarrimento, autoreferenzialità, ripiegamento privatistico generano mostri.
7) ATTEGGIAMENTO RAZIONALE. Siamo un piccolo pianeta. Le emergenze e le crisi se ne infischiano dei confini. Si possono contrastare solo attraverso il trasferimento di informazioni e la cooperazione tra gli stati e tra i popoli. E mantenendo un atteggiamento razionale.
PROBABILITÀ E IMPATTO DEI RISCHI GLOBALI. A proposito di razionalità, vi segnalo che il Global Risk Report 2020 del World Economic Forum, pubblicato pochi giorni fa, sostiene che: fra i dieci rischi globali più probabili, i primi cinque sono di ordine ambientale. Fra i dieci rischi globali di maggiore impatto distruttivo, rischi ambientali si trovano al primo, terzo e quarto posto. Per dire: al secondo posto ci sono le armi di distruzione di massa. Le epidemie globali sono contemplate, ma con probabilità e impatti minori
Il problema è che, per contrastare il rischio climatico (il più probabile, il più impattante) non basta scoprire un vaccino. L’altro problema è che quel rischio ci spaventa molto meno di quanto dovrebbe.
AGGIORNAMENTO
Un bellissimo articolo, in italiano (e molti link interessanti) sul sito del Complexity Education Project per approfondire le relazioni tra reti, epidemie, infodemie.
https://www.complexityeducation.com/2020/02/07/reti-ed-epidemie-quando-il-gioco-si-fa-serio/
Grazie per l’articolo, andrebbe letto nei centri commerciali al posto della musichetta diffusa dagli altoparlanti. Volevo segnalare un link che non funziona “Global Risk Report 2020” , non so se dipenda dalla manutenzione del sito, ma se vuoi controllare io l’ho ritrovato qui: https://www.weforum.org/reports/the-global-risks-report-2020
Ciao Matteo,
grazie a te per l’apprezzamento, e anche per la segnalazione.
Ora il link dovrebbe esser tornato a funzionare.
La validità delle previsioni sull’oggi si misura nel tempo. Tranne una piccola dose d’ottimismo comune a tutti, a un mese di distanza ciò che hai scritto è confermato nei fatti.
Per fortuna che sei riuscita, Annamaria, a fare in tempo il tuo fantastico viaggio! Temo che per molto tempo sarà una possibilità preclusa.
Lo scorso autunno –mi pare, in questi giorni di quarantena ho perso la cognizione del tempo– un molto simpatico amico ci ha invitati ad una serata nella sua casa e nel suo parco per la presentazione di un’iniziativa fatta in loco da un suo conoscente, a suo dire estremamente interessante. L’eccellente location e l’estrema cortesia degli ospiti, nonché il piacere di incontrare diversi amici comuni spiluccando prelibatezze accompagnate da ottimo vino ha trasformato l’inascoltata presentazione Amway in un evento tragicomico molto divertente, tranne che per il costernato padrone di casa.
Il multi-level marketing, noto anche come vendita piramidale o marketing multilivello, è noto a molti di noi che in qualche occasione sono incappati nei venditori di Amway, di Avon, di Tupperware o di Herbalife.
Anche Forza Italia ha creato la sua struttura iniziale sfruttando la rete Pubblitalia utilizzando lo stesso meccanismo piramidale.
Il network marketing prevede che il primo venditore metta in rete, secondo un grafo ad albero, da tre a sei clienti che diventano a loro volta venditori, ognuno dei quali coinvolge altri tre o più clienti-venditori.
Se la catena non s’interrompe e i contatti sono tutti diversi, dopo una decina di espansioni il sistema è saturo, avendo collegato integralmente l’intera popolazione nazionale o quella europea e, con qualche passaggio ulteriore, l’intera popolazione mondiale.
LinkedIn, qualche anno fa, forniva un servizio di visualizzazione della rete di ogni iscritto (http://inmaps.linkedinlabs.com/network), ora non più disponibile. Peccato, perché dimostrava di sapere di ognuno di noi più di quanto sappiamo noi stessi.
Lo scrittore ungherese Frigyes Karinthy, nel 1930, aveva descritto l’interconnessione potenziale di ogni persona con qualunque altra persona al mondo tramite tramite un numero massimo di sei passaggi, detto –con una curiosa traduzione– “sei gradi di separazione”.
Il network marketing, nonostante i suoi notevolissimi fatturati e i successi dell’uomo di Arcore, non raggiunge i risultati sperati per colpa della stupidità umana, che non comprende che ha bisogno di cosmetici e di contenitori in polipropilene isotattico.
I virus, invece, possiedono una maggiore intelligenza e una pervicace ostinazione, capace di superare ogni ostacolo e contagiare nel loro progetto totalitario l’intero pianeta.
Parafrasando Edward Lorenz e il suo celebre effetto farfalla, possiamo dire che “Può il batter d’ali di un pipistrello a Wuan, provocare una pandemia disastrosa in Italia?”. La risposta è senz’altro sì.
Per evitare la casuale conoscente dimostratrice col suo carico di contenitori che bussa alla porta ce ne stiamo serrati in casa in silenzio, facendo finta che non ci sia nessuno. Facciamo così anche contro il coronavirus: può darsi funzioni.
Ciao Rodolfo.
Grazie davvero per questo commento acuto e consistente.
È bello averti fra gli amici di NeU.