La creatività è fatta anche delle esperienze vissute. Comunque siano, insegnano qualcosa. Oggi ospito la storia di Lilliana Basile: è una mia studentessa bocconiana, catapultata in Brasile per un Erasmus.
Mi piacerebbe, ogni tanto, pubblicare qualche altra storia di cambiamento di vita e di pensiero, e di coraggio. Se ne avete da raccontare (siate brevi) l’indirizzo è info@nuovoeutile.it
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Atterrare a São Paulo è stato molto facile.
Brasiliani felici sull’aereo, cielo azzurro sulla città, taxisti brillanti che conoscono la tua minuscola via di casa, in Vila Madalena. Ti osservi da fuori, mentre quel taxi ti accompagna in una nuova vita – transitoria – ma, da adesso, vera. In un misto di fretta ed eccitazione, ti chiedi dove sia la differenza tra il tuo mondo e questo, perché tu ti senti così a tuo agio che potresti essere in giro per le strade di Milano.
Ma vivere il primo mese, a São Paulo, è molto difficile.
In pochissimo tempo crollano i pensieri che hai costruito nei primi fotogrammi della tua nuova vita.
São Paulo è violentemente gigante, ed enormemente violenta. Non tanto per la violenza fisica tra le persone – quella è sotterranea e spesso solo immaginata. La violenza è dentro la città, è nei ritmi, nei volti che non riconosci, nel misto di razze che ti allontana e ti fa sentire straniero.
São Paulo è enorme, cattiva, piovosa, trafficata, e brasiliana.
È piena di farmacie, banche e benzinai. Una triade di carburanti nel motore di vita contemporaneo.
Ci sono macchine ovunque. Brulicanti e strafottenti, che bruciano semafori e ammazzano pedoni, come per chiarire una superiorità gerarchica e affermare con arroganza la velocità di navigazione della città.
La carne costa poco. L’alcol parecchio, o almeno di più di quanto uno si aspetti. L’unica cosa che è a costo zero sono i sorrisi, quelli sempre.
A São Paulo ci sono altri cieli. Altre nuvole, mozzafiato perché qui l’aria è tropicale. Piove di una pioggia torrenziale, che riempie le strade, straborda dai tombini. Il cielo si fa nero tutto d’un tratto: come la fine del mondo. E piovono proiettili, violenti.
Per forza questa città non ti piace e ti spaventa. A tratti ti fa addirittura ribrezzo.
Questo è un altro mondo. Non è casa. Non è Milano, Londra, Parigi. È estraneo.
São Paulo ti strappa. Ti prende e ti sbatte in un turbinio di luci, rumori, colori, pezzi di umanità che ti urlano addosso la differenza.
Smetti di lamentarti.
Il motivo del tuo iniziale malessere sta nell’aggrapparsi a ciò che si riconosce, nel cercare elementi familiari che fanno sentire a casa. Negare di essere una disadattata. È un comportamento umano, comprensibile, ma qui vivi con regole diverse. Lo sbaglio, facile, è cercare qualcosa. Cercare qualcosa di casa, di te, di un mondo che ti assomiglia.
Qui dentro ti devi lasciare attraversare, bagnare e bruciare. Ti eserciti a pensare fuori dai tuoi schemi, a leggere un mondo che è lontano dal tuo.
Una delle cose più assurde è l’uso (e abuso) del corpo.
Dove sei nata tu lo conservano. Qui lo utilizzano come uno strumento, lo consumano fino allo sfinimento. Tatuaggi ovunque, nasi-tette-culi aggiunti e tolti, LSD che spopola, proteine in polvere e palestra a oltranza.
Le maschere del Carnevale sono la caricatura estrema di questi corpi formosi, tatuati e pompati. Coloratissimi e vivi. Ballano fino alla stanchezza fisica estrema. Dormono solo quando crollano. Puoi leggergli in faccia la voglia che hanno di vivere e di viversi, di portarsi fino al confine della resistenza fisica.
C’è una fisicità animalesca che prevale, forse per questo più vera. I brasiliani hanno corpi di gomma, ricercano una estetica che è ‘primitiva’, che guarda le forme, i movimenti del grasso nella samba – una danza che è corteggiamento.
Il Carnevale è il trionfo del sesso e della pulsione erotica, trionfo del corpo sulla mente, della fisicità sull’interiorità. Colori, musica, alcol. Nessuno parla con le parole, ma con un linguaggio fisico, che tocca il cuore.
Capisci, dopo un mese, che la ricchezza risiede nell’incontro tra un mondo conosciuto – il tuo – e uno sperato – questo –. La ricchezza c’è dove la potenza incontra l’atto. Dove i tuoi occhi di italiana piena di certezze incontrano i loro occhi, scommettono su un futuro che è incerto, quasi sicuramente migliore.
I brasiliani sperano, tanto. E tu devi succhiare questa energia, camminando in bilico, sulla frattura di due mondi lontani.
Il Brasile insegna molto.
T’insegna qualcosa su di te, scavando sensazioni sepolte.
T’insegna a dare una seconda possibilità. Perché il primo impatto è uno schiaffo violento a tutto quello che ti fa stare bene. Vivere qui è una lotta con te stesso, tanto più violenta quanto meno riesci a staccarti da ciò che immaginavi, che speravi, che volevi dalla tua vita qui.
Il Brasile t’insegna a fare un passo indietro: per sopravvivere, devi sospendere il giudizio.
Fino ad arrivare al punto in cui ti chiedi se ha senso darli, questi giudizi.
O se non è meglio vivere le situazioni, momento per momento, senza bilanci né piani strategici.
Lilliana Basile – 24 febbraio 2012
molto ben scritto!
Bello Lilliana…! Complimenti..! Nel tuo scritto si sente l’ansia di capire, di abbracciare, di immergersi senza perdersi. Leggendolo mi viene in mente una frase che ho letto tanto tempo fa: ogni viaggio e’ un viaggio dentro te stesso, dentro i tuoi valori, dentro le tue paure, dentro le tue sicurezze o insicurezze. Vai che comunque e’ un’esperienza bellissima…! E poi il portoghese e’ una lingua meravigliosa. Io la sto studiando per puro amore di conoscenza, sia perche’ mi piace come suona, sia perche’ e’ come un viaggio nelle nostre radici linguistiche. Una lingua “di frontiera” dell’impero romano che ha mantenuto tanto del latino. Tantissimi auguri e facci sapere come procede il tuo Erasmus. Marcello
Complimenti Lilliana. Ti faccio i complimenti e dico che ti capisco benissimo. Io sono brasiliana e tempo fa ho fatto il percorso (quasi) inverso, venendo da Rio ad abitare in un piccolo paesino della Sardegna. E’ vero che São Paulo é enorme e spaventa. E’ vero che ti colpisce come ben dici tu. Ed è vero che questi viaggi/cambiamenti danno un’immensa scossa in tutte quelle certezze che ti costruisci adosso crescendo e, sicuramente, ti fanno vedere il mondo (intendo quellavisione delmondo che abbiamo dentro di noi) in modo diverso. A mio parere, ne vale sempre la pena. Tantissimi auguri, ne sono sicura che in un tuo futuro di successo questa esperienza sarà un ricordo costante e gratificante. Ana
Brava ! Complimenti, e scritto benissimo !