Avete mai sentito parlare del Flynn Effect? Riguarda il fatto che il quoziente d’intelligenza medio, nell’ultimo secolo, è cresciuto in modo sostanziale. La storia della sua scoperta è fantastica. Eccovela.
Jim Flynn è un politologo americano. Insegna in un’università neozelandese, è antirazzista, si interessa di psicologia e non sopporta l’idea che i neri vengano considerati “intellettualmente inferiori” per motivi genetici: una posizione sostenuta, tra gli altri, dallo psicologo americano Arthur Jensen negli anni Sessanta.
LA STORIA DEL FLYNN EFFECT. Flynn decide di studiare la questione e va a controllarsi i test d’intelligenza che vengono fatti ai ragazzi americani e di altri paesi quando prestano il servizio militare. Scopre che tra il 1920 e il 1950 le prestazioni dei neri crescono molto più di quelle dei bianchi. Scopre inoltre che il valore medio dell’intelligenza, così come la misurano i test, sale di tre punti ogni dieci anni, anche se in modo variabile in diverse parti del mondo. Se l’intelligenza fosse, come sostiene Jensen, in larga misura ereditaria, tutto questo non potrebbe succedere.
Dunque, con ogni evidenza, l’ambiente in cui una persona cresce è importante, e un miglioramento delle condizioni ambientali, oltre a far aumentare, per esempio, la statura media delle persone, ne migliora anche l’intelligenza.
FLYNN EFFECT E QUOZIENTE D’INTELLIGENZA. In effetti, quando Flynn comincia a interessarsi dell’argomento i ricercatori già sanno di dover aggiornare periodicamente i test d’intelligenza, rendendoli più complessi perché continuino a essere significativi. Ma, sorprendentemente, nessuno si è mai domandato come mai. Flynn sostiene di averci pensato perché non è uno psicologo ma un outsider, e non ha nozioni preconcette.
Per inciso: guadagnare tre punti di QI può sembrare una sciocchezza, ma non è così: vuol dire, per esempio, che se un ragazzo di oggi, con un’intelligenza media, tornasse con una macchina del tempo indietro fino al 1910, risulterebbe avere un quoziente d’intelligenza di 130. Sarebbe, cioè, più intelligente del 98% dei suoi coetanei.
Nel 1980 Flynn pubblica le sue tesi in un libro intitolato Race, IQ and Jensen e provoca uno sconquasso nella comunità scientifica. All’università di Berkeley, scoppiano violente manifestazioni studentesche davanti allo studio di Jensen medesimo.
MA IN CHE COSA CONSISTE IL FLYNN EFFECT? In sostanza, il Flynn effect riguarda il fatto che, generazione dopo generazione, tendono a diminuire percentualmente le persone con un’intelligenza davvero bassa (ma non a crescere quelle con un’intelligenza altissima). I motivi per cui l‘intelligenza media cresce sono molti: alimentazione migliore, riduzione delle malattie epidemiche che “rubano” energia al cervello, scolarità più diffusa, maggiore familiarità con i test medesimi, maggior coinvolgimento delle famiglie nell’educazione dei figli, diffusione dei programmi governativi per l’educazione delle classi più disagiate, maggior diffusione delle tecnologie, maggior numero di stimoli ambientali, maggiore parità tra maschi e femmine.
Tra l’altro, la maggiore scolarizzazione ha positivamente influenzato in modo sostanziale anche i risultati ottenuti dalle donne nei test d’intelligenza. Nel 2012 Flynn segnala che, sempre grazie al miglioramento del fattore ambientale, le donne ormai ottengono nei test risultati analoghi, e qualche volta lievemente superiori, a quelli dei maschi.
Se volete approfondire, Flynn medesimo vi racconta in questa bella Ted Conference come nell’ultimo secolo ci siamo guadagnati la capacità di categorizzare, usare il pensiero astratto e fare ipotesi: tutte conquiste brillanti. Sono anche migliorati i risultati medi ottenuti nel SAT (Scholastic Aptitude Test) che misura le capacità linguistiche e matematiche.
FLYNN EFFECT E INTELLIGENZA POTENZIALE. Tutto ciò non vuol dire che, anche se per via del Flynn effect in cento anni siamo diventati tutti più intelligenti tanto da obbligare gli studiosi a modificare le scale di misurazione, il processo continuerà all’infinito. Per esempio, in Norvegia, Gran Bretagna e Danimarca, dice di Telegraph a conclusione di un buon articolo sul tema, gli effetti sembrano essersi rallentati o fermati (in Italia non si sa, e non sono riuscita a trovare neanche mezzo dato affidabile).
In generale, comunque, tutto ciò può significare che, almeno in alcuni paesi sviluppati, in media le persone stanno raggiungendo o hanno già raggiunto il loro massimo potenziale, e che il divario con i paesi in via di sviluppo (e questa è comunque una buona notizia) si sta contraendo.
Tuttavia molte questioni restano aperte: diventando più intelligenti, siamo anche diventati più creativi? E che rapporto c’è tra intelligenza, creatività e tecnologia? Vuol dire che torneremo a parlarne presto.
AGGIORNAMENTO
I numeri del Flynn effect, raccontati da Elena Dusi.
http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerArticolo.php?storyId=54f5777c66c9f
Consiglio la lettura di HANS MAGNUS ERZEMBERGER – NEL LABIRINTO DELL’INTELLIGENZA, EINAUDI, 2007. Racconta molte cose sui test di questo tipo….