Durante l’ultima settimana della moda di Milano, la fotografa Jamie Beck e il designer Kevin Burg si inventano il cinemagraph, una strana immagine ibrida che sgomita per sfuggire all’obbligo di registrare solo un istante. Uno scatto con un soffio di vita. Guardate, è magico anche perché, in realtà, l’intervento attuato è minuscolo. E proprio per questo rompe l’equilibrio statico della fotografia quasi di nascosto: come un sussurro. O come l’indizio della vita che continua a scorrere oltre l’immagine.
Tutto comincia con le gif animate. Quelle che a inizio anni ’90 trasformano mezza internet in un albero di Natale lampeggiante (vi ricordate queste icone?). E ora rieccole, nobilitate, in forma di strumento sperimentale. Se volete provare anche voi, sul blog Espressioni digitali c’è un buon tutorial per fare dei cinemagraph.
Ma la fotografia rompe i limiti del tempo non solo animandosi. Il russo Sergey Larenkov prende frammenti di foto della seconda guerra mondiale e li immerge, con Photoshop, in scatti recenti degli stessi luoghi. Il cortocircuito è incredibile. Se l’idea vi piace, fate un giro anche su Historypin, che incrocia immagini di Google Street View con foto d’epoca. Il gioco della fotografia che esce dalla fissità temporale funziona – ancora meglio, secondo me – anche senza web: basta far combaciare i bordi. O, come fa Irina Werning, i soggetti. Guardate sia la prima, sia la seconda puntata del suo progetto Back to the Future.

Creatività delle donne e patriarcato
Non possiamo smettere di parlarne. Dunque provo a raccontarvi come pregiudizi e stereotipi, sostenuti da oltre tre millenni di patriarcato, hanno impedito e tuttora ostacolano
In assoluto la migliore similitudine tra passato e presente è nella sezione “la seconda puntata” la coppia di foto relativa al muro di Berlino scattata da “Christoph 1990 & 2011” e intitolata a ppunto “Berlin Wall” FANTASTICA! COPI
Ricordo la massima espressione – secondo me – di questa tecnica nei ritratti per Voom fatti da Bob Wilson: http://www.youtube.com/watch?v=i4n5EKHkDsU&feature=related
Non ho parole, il progetto di Irina Werning: bellissimo, pieno d’ironia, a tratti nostalgico, mi ricorda dei disegni che facevo da bambina, lo chiamavo il “gioco delle famiglie” e mi divertivo a disegnare i membri di varie famiglie inventate da me con le reciproche somiglianze e il prima( da piccoli) e il dopo( da grandi)… grazieeeee!!!!!