La pubblicità in rete ha tante forme: banner. Social media. Virali. Ma la vera cosa nuova è la pubblicità interattiva. Già un paio d’anni fa Nintendo lascia tutti a bocca aperta facendo a pezzi una pagina di YouTube per presentare un videogioco, ma è solo l’inizio. Oggi pubblicità, interattività e videogame si integrano in forme sorprendenti: potete fare una caccia al tesoro attraverso mezza Internet, andare a un party su YouTube, o (la campagna ha qualche mese ma vale la pena di rivederla) riscrivere la storia di un cacciatore che all’orso non vuole proprio sparare.
Se siete stufi di Farmville guardatevi MyFarm di National Trust (il FAI del Regno Unito). Investendo 30 sterline vi unite ad altri 10.000 giocatori nella gestione virtuale di una fattoria reale a Cambridgeshire, in Inghilterra. Esattamente come nel gioco su Facebook dovete scegliere che cosa piantare e allevare. Obiettivo: riavvicinare le persone al cibo che mangiano.
Non siete sazi? Andate a spulciarvi, uno per uno, vincitori e nominati dei Webby Award 2011 (i premi Oscar delle rete) della sezione interactive advertising. Potrete rendervi conto che è solo l’inizio di un processo che molto probabilmente, nei prossimi anni, crescerà in maniera esponenziale: in un mondo in cui le merci appaiono sempre più intercambiabili, e in cui il tempo e l’attenzione del pubblico acquistano sommo valore e promettono (almeno un po’ di) fidelizzazione, coinvolgere il pubblico in prima persona contaminando pubblicità, interattività, elementi ludici sembrerebbe davvero un’idea vincente.
E poi: se la chiave invece fosse ancora raccontare una cara, buona, vecchia storia?

Creatività delle donne e patriarcato
Non possiamo smettere di parlarne. Dunque provo a raccontarvi come pregiudizi e stereotipi, sostenuti da oltre tre millenni di patriarcato, hanno impedito e tuttora ostacolano
Hai ragione Luca. Abbiamo sistemato, grazie.