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Informazione e disinformazione: come incidono sulle nostre vite

Il fatto è questo: quando parliamo di informazione, parliamo non solo di quanto sappiamo, ma anche di ciò che decidiamo e facciamo e vogliamo.
Se avete letto le notizie degli ultimi giorni, sapete già molto dell’aggrovigliata vicenda che riguarda Cambridge Analytica e Facebook. Quando le cose si fanno complicate, però, conviene ricapitolare alcuni temi basilari, e connetterli agli eventi di cronaca per ottenere un quadro d’insieme. È quanto comincio a fare in questo articolo, pensando che tutto ciò possa essere utile anche per ragionare, più in generale, sull’informazione oggi.

SAPERE PER DECIDERE. Il primo tema è il più importante e riguarda tutti noi. Noi decidiamo, e di sicuro cerchiamo di farlo sempre al nostro meglio, in base a quello che sappiamo. E soprattutto in base a come quello che sappiamo ci fa sentire e ci motiva. Cioè, ci spinge ad agire.
Quello che “sappiamo” non è altro che la somma delle informazioni a cui, volontariamente o incidentalmente, siamo esposti. Se per ipotesi non assumessimo informazioni “nuove” (cosa praticamente impossibile, perché in rete e nella vita reale siamo bombardati dalle informazioni) decideremmo comunque in base al nostro patrimonio d’informazioni “vecchie”, magari obsolete o insufficienti.

SCEGLIERE ED ELABORARE L’INFORMAZIONE. Se invece attiviamo quello che il Nobel Kahneman chiama pensiero veloce, può addirittura succedere che decidiamo intuitivamente, rispondendo allo stimolo costituito dall’ultima informazione che ci ha raggiunto, senza nemmeno investire il tempo e la fatica necessari a elaborarla: cioè a verificarla e a confrontarla con le informazioni che già possediamo.

QUESTIONE DI INFLUENZE. Non si può sostenere, come alcuni fanno, di non essere per niente influenzabili nelle proprie decisioni. Così come non si può sostenere che una fonte d’informazione vale l’altra: dai, in rete c’è gente che sostiene che la terra è piatta, e al bar o nei talk show c’è gente che dice molte altre cose bislacche.
Prima ancora di sentirci responsabili di prendere le decisioni giuste, dunque, dovremmo sentirci responsabili di dotarci delle informazioni giuste: il più possibile fondate, certe, verificabili, affidabili. in altre parole, dovremmo scegliere da che cosa lasciarci influenzare.

SE NO, CI RESTA LA MONETINA. Una fonte d’informazioni non va scelta perché è più divertente o più simpatica. Va scelta perché, essendo competente e affidabile, ci aiuta a saperne di più, e quindi (si tratti di salute o di vacanze, di scegliere un bel libro da leggere o un partito da votare, e così via) ci aiuta a decidere meglio.
D’altra parte, in quale diverso modo potremmo mai decidere, se non in base ai fatti che abbiamo buoni motivi per ritenere “veri”, alle opinioni che ci sembrano più fondate, alle interpretazioni che ci sembrano meglio argomentate e ai consigli di persone di cui, a ragion veduta, ci fidiamo? Lanciando una monetina?

LE MOLTE FACCE DELLA DISINFORMAZIONE. Il secondo tema è questo, e la faccio breve: la disinformazione, ce lo spiega bene Valigia Blu, ha molte facce. I contenuti possono essere fuorvianti, manipolati, deformati, o del tutto falsi. E ci possono essere anche notizie parziali o fraintese. O satira che sembra vera.

È STORIA VECCHIA. E ancora: la disinformazione non è certo un fenomeno recente. Pensate alla Guerra Fredda. Pensate alla propaganda dei regimi totalitari della prima metà del ‘900. Tormate ancora indietro nel tempo, e pensate a Luigi XIV, il Re Sole, che stipendia giornalisti e agenti segreti per presidiare il proprio potere.
Pensate alle false reliquie della tradizione medievale, e al loro uso a fini manipolatori e propagandistici. E arrivate fino al 560 avanti Cristo e al tiranno Pisistrato, che inganna il popolo ateniese presentandosi su un carro dorato, accompagnato da una fanciulla molto alta che si spaccia per la dea Atena in persona. Un gran testimonial, non c’è che dire.

CINQUE CAMBIAMENTI. L’avvento del web provoca cinque cambiamenti.

  1. Il processo di diffusione della disinformazione si accelera fino a diventare istantaneo e pervasivo.
  2. I destinatari potenziali della disinformazione si moltiplicano esponenzialmente, fino a coincidere con l’universo delle persone in rete (e, se si tratta di immagini, anche la barriera linguistica cade).
  3. Si moltiplicano esponenzialmente anche le fonti possibili, nel senso che qualsiasi signor Nessuno, senza alcuna speciale abilità e senza dover essere un tiranno o un capo totalitario, può produrre efficace disinformazione, a costo zero.
  4. La soglia per catturare l’attenzione in rete si riduce (stiamo parlando di 8 secondi).
  5. Simmetricamente, la velocità di fruizione cresce. Tutto ciò diminuisce sia l’impatto potenziale dell’informazione affidabile, che di solito è meno urlata, sia la nostra attitudine a valutare e approfondire.

Sono cinque variazioni quantitative così rilevanti e inedite da determinare anche un salto di qualità.

DECISIONI FUORVIATE. Ed ecco perché il primo punto (cerchiamo di informarci per decidere al meglio) è così importante: in rete si può trovare anche informazione eccellente, e c’è la possibilità di verificare, volendolo, qualsiasi affermazione. Ma gira anche un sacco di roba, prodotta da chiunque e qualche volta anche solo per scherzo o per provarci, che tende (secondo punto) a informarci al peggio. E quindi a fuorviare le nostre decisioni.
Non è mica finita qui. Ma vorrei lasciarvi un po’ di tempo per ragionare su questi due punti. Ne affronto un altro paio, osservando molto più da vicino la vicenda di Cambridge Analityca, nel prossimo articolo.

Le immagini di questo articolo sono di Igor Lihovidov. Questo articolo esce anche su internazionale.it

Questo è il primo di una serie di tre articoli. Il secondo articolo racconta  che cos’è la ricerca psicografica, e come ha cambiato le regole del gioco. Il terzo articolo racconta come e quanto i nostri comportamenti sono prevedibili, e quanto valgono i nostri dati.

7 risposte

  1. Meraviglioso! Affermare “Da chi mi faccio influenzare oggi?”, è consapevolezza auto-liberatoria! GRAZIE!

  2. non riuscivo a trovare l’articolo. Annamaria cara, non ho fatto in tempo a fare ricerche appropriate, ma sono stata al tempio di Medinet Habu, a Luxor, almeno dodici volte perchè è il mio preferito. E’ il tempio funerario di Ramses III (faraone che ha governato per una trentina d’anni) e sulle pareti vengono raffigurate scene di battaglia e poi cortei di schiavi. Insomma la rappresentazione grafica di una vittoria del faraone. Io credevo contro gli Ittiti, ma qualcuno mi ha poi specificato che era una guerra contro popoli del Mediterraneo (compresi i Siculi antichi). Poi mi hanno anche spiegato che quella guerra non si concluse affatto con la vittoria di Ramses III e che i grafiti erano ad uso e consumo del popolo egizio. Ossia, una antica manipolazione mediatica . O almeno io ho pensato questo. Baci e abbracci a te. Neliana

  3. Si sta dibattendo in modo farsesco su un progetto ventisettenne, il Tav, che molto scalda gli animi delle forze di governo e delle opposizioni. La grancassa mediatica ci bombarda in modo forsennato e distraente sull’argomento. Nonostante mi sia fatta una opinione abbastanza netta al riguardo, sono francamente disinteressato all’esito. Non m’importa un gran che di come andrà a finire, se mai andrà a finire. Credo che la valutazione dei costi e dei benefici si debba fare anche quando si va a prendere un caffè al bar, e che ciò che manca è una visione (qualcuno ricorda il Progetto “80 di Caracciolo? sbagliato quanto si vuole, ma almeno sosteneva ipotesi a medio-lungo termine) e obiettivi chiari per il futuro.
    Premesso questo, ciò che proprio trovo insopportabile è l’uso indecente e fazioso che, soprattutto i telegiornali, fanno delle immagini, che sono l’essenza del loro operare. Sino a una trentina di anni fa, quando non erano disponibili riprese dell’evento, i tg avevano il buonsenso di indicare, scusandosi, che quelle trasmesse erano immagini di repertorio. In questi giorni in modo straripante, ma da molti anni, ormai, l’uso di filmati di repertorio senza indicazioni sono la norma. Ad esempio vediamo nei notiziari (o nelle fabbriche delle notizie false?) i rivestimenti di volta delle gallerie (quegli enormi archi di cemento a forma di parentesi, come questa) mentre si parla di Tav Torino-Lione. Lo stabilimento che dovrebbe produrli non esiste, non sono ancora stati espropriati i terreni in cui dovrebbe sorgere, non ci sono le strade di servizio per trasportarli, la galleria non è ancora stata scavata anche perché non c’è ancora un progetto esecutivo dell’opera. Ciò che è stato scavato è qualche chilometro di una galleria diagnostica e di aerazione, perpendicolare al futuro tunnel, nella quale è stato portato in processione Salvini, ed è l’unico scavo di cui abbiamo visto qualche immagine reale. Tutto il resto è repertorio, fornito dai costruttori e dalle ferrovie, e riguardano altre tratte, come la Bologna-Firenze, la metropolitana di Torino… tanto, si saranno detti nelle redazioni, sempre di un buco si tratta. Far vedere una cosa per un’altra è il gioco delle tre carte.
    C’è stato, un tempo, l’invenzione giornalistica del Grande Vecchio che muoveva i burattini delle BR. C’è voluta la geniale pernacchia del Male e del finto arresto del Grande Vecchio Ugo Tognazzi per smascherare la falsità delle numerosissime ipotesi ventilate e spacciate per vere dalla totalità dei quotidiani e dei telegiornali.
    (02.2019).

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