introversione

Perché introversione e creatività vanno spesso d’accordo – Idee 118

Sapevo che l’avrei trovato suggestivo, ho aspettato il momento giusto per aprirlo e finalmente sono riuscita a ritagliare il tempo necessario per una lettura intensiva. Si tratta di Quiet, il potere degli introversi.
Susan Cain, l’autrice, ne racconta la genesi in un divertente Ted Talk, nel quale esordisce ricordando il proprio smarrimento di bambina silenziosa, lettrice accanita per tradizione familiare, spedita in un campus estivo in cui essere socievoli è un imperativo indiscutibile.

Ed ecco di che si tratta.
L’asse “introversione-estroversione” definisce il tratto forse più importante della personalità di ciascuno di noi ed è, nei Big Five (una delle più accreditate teorie della personalità) il primo dei cinque grandi fattori che definiscono la personalità individuale: cioè il modo unico e speciale in cui ciascuno di noi pensa, sente, si comporta e interagisce con gli altri e con il mondo.

Chiariamoci subito: “introverso” non significa misantropo, antipatico, timido, asociale o musone. Inoltre: tra introversione ed estroversione non c’è un’alternativa netta (come bianco/nero), ma un continuum (un’amplissima scala di grigi) lungo il quale ciascuno di noi tende a collocarsi.
Il motivo per cui un individuo risulta più o meno estroverso o introverso è tanto solido quanto controintuitivo, ed è connesso con il grado di reattività che ciascuno di noi ha agli stimoli esterni: le persone estroverse hanno un basso grado di reattività, e quindi hanno bisogno di percepire più stimoli, più forti (tanta gente, tante parole, tanto rumore, tanta attività, tanta velocità…). Le persone introverse hanno un alto grado di reattività agli stimoli e quelli intensi risultano “troppo” intensi e destabilizzanti.

Si calcola, dice Cain, che tra il 30 e il 50% dei cittadini degli Stati Uniti (una delle nazioni più estroverse del mondo) sia comunque introverso: dotato, cioè, di un carattere tendenzialmente riflessivo e quieto. Se volete sapere quanto siete introversi dovete fare il test Myers-Briggs: qui potete trovarne una più che discreta edizione gratuita.  Altrimenti, c’è il quiz del Guardian.

Il guaio è che la società contemporanea tende a valorizzare gli estroversi e a stigmatizzare gli introversi, nella scuola, nel lavoro, nelle relazioni sociali e affettive:  “alla Harvard Business School la socializzazione è uno sport estremo”, dice a Cain uno studente.
“Vogliamo attirare persone creative” afferma il responsabile delle risorse umane di una grande media company. E per “creative” intende “socievoli, divertenti, elettrizzate di lavorare con noi”. E sì, le persone estroverse sembrano sempre entusiaste, energiche, veloci, decisioniste, attive, seducenti, simpatiche, amichevoli, ottimiste, carismatiche, vincenti. E ancora: le persone loquaci vengono percepite come più intelligenti. Ma è proprio così?

Carisma e risultati: non coincidono. Lo afferma Bradley Agle, docente di economia aziendale alla Brigham Young University, dopo aver studiato gli amministratori delegati di 128 grandi società. Quelli reputati più carismatici vantano retribuzioni più alte ma non risultati economici migliori.
Molti fra i maggiori manager contemporanei sono introversi, a cominciare da Bill Gates e Steve Wozniak. Ipotesi interessante: i leader estroversi migliorano i risultati quando i sottoposti sono passivi, i leader introversi sono più efficaci nel guidare individui intraprendenti e creativi. Lo confermano anche alcuni studi di Teresa Amabile.

– Introversione e creatività. Le persone creative sono di solito “introverse a proprio agio con la socialità”. Hanno cioè capacità di relazioni interpersonali, ma sono tuttavia individualiste e indipendenti. Lo dicono ricercatori come Mihaly Csikszentmihalyi e Gregory Feist. Albert Einstein: “sono un cavallo fatto per tirare da solo, non mi sento tagliato per lavorare in tandem o in gruppo”. Qui alcuni ottimi suggerimenti par mettere le persone introverse in grado di dare il meglio. Agli introversi, il web offre oggi la possibilità di lavorare in gruppo pur mantenendo la necessaria dose di isolamento.

Rischi e opportunità. Sotto il profilo evolutivo, sia l’introversione sia l’estroversione presentano vantaggi e svantaggi. In sintesi: gli estroversi sembrano essere più “sensibili alla ricompensa” e tendono a cogliere più opportunità, ma anche a correre più rischi. Hanno maggiori ambizioni finanziarie, politiche, edonistiche, ma l’euforia può portarli a sottovalutare i segnali di allarme. Inoltre: tendono a compiere errori di giudizio per eccesso di fretta e a non elaborare i risultati negativi. L’estroversione è legata alla dopamina, l’introversione alla serotonina.

– Problem solving. Gli introversi non sono più intelligenti degli estroversi, e viceversa. Gli estroversi sono di norma più bravi nel multitasking, nel lavoro di gruppo, nel governare un sovraccarico di informazioni e quando c’è da fare in fretta e da gestire il “qui e ora”. Gli introversi sono più accurati e tenaci, affrontano con concentrazione maggiore compiti più difficili, hanno visioni più ampie e proiettate nel futuro.

In conclusione. Se tendete a essere introversi, consentite a voi stessi di ritagliarvi dei momenti di tranquillità, silenzio, lettura… ne uscirete rigenerati. Se volete ottenere il massimo da un introverso, non infilatelo in un caotico brainstorming, ma lasciategli la tranquillità e gli spazi necessari a sviluppare un pensiero creativo forte e originale.

Considerate che le persone introverse si trovano meglio in situazioni amichevoli e quelle estroverse si divertono di più se c’è una dose di competizione.  Considerate che introversione ed estroversione sono anche tratti culturali: scandinavi e giapponesi tendono a essere più introversi di americani e greci, per esempio. E ricordate che gruppi composti da individui e personalità diverse tra loro producono risultati migliori: insomma, fate spazio agli introversi, anche se lo chiedono sottovoce.

Se vi è piaciuto questo post, potreste leggere anche:
Metodo 49:personalità creative. Ma quanto creativi siete?

11 risposte

  1. Annamaria Carissima,
    Dalle tue newsletter apprendo sempre cose molto importanti.
    Da persona introversa – da ragazzo – ho cercato di diventare molto più estroverso. Ho certamente sottovalutato i vantaggi di essere introverso.
    Mi viene il dubbio ci sia una svista nella tua frase: “le persone estroverse hanno un basso grado di reattività, e quindi hanno bisogno di percepire più stimoli, più forti (tanta gente, tante parole, tanto rumore, tanta attività, tanta velocità…). Le persone introverse hanno un alto grado di reattività agli stimoli e quelli intensi risultano “troppo” intensi e destabilizzanti.”
    Mi sono sbagliato?

  2. Ciao Ugo.
    È proprio così: gli estroversi sentono meno gli stimoli, per cui ne hanno bisogno di più e ne vanno a cercare di più.

    Gli introversi sentono di più gli stimoli, per cui ne hanno bisogno di meno (e ogni tanto sentono anche l’esigenza di mettersi al riparo).

    È tutta una faccenda di chimica neurale…

  3. Avevo questa roba scritta in un post-it (ma prima che in 3M l’inventassero), attaccato alla lavagna delle griglie della SeccoCose, in agenzia: “Credevo di essere un indeciso ma ora non ne sono più tanto certo”. Oggi, finalmente, ho capito da che parte sono sempre stato, a mia insaputa. 🙂

  4. Egregia Annamaria
    Vorrei soffermarmi sulla attenta definizione che è tutta una questione di stimoli chimici per cui chi è introverso e legato alla
    Serotonina e chi è estroverso è legato alla dopamina. Uno scrittore di fantascienza potrebbe ricamare una trama efficace sulla evoluzione di queste due sostanze “stupefacenti” prodotte casualmente da una casa farmaceutica statale.
    Ritengo di condividere le conclusioni dell’articolo.grazie per le pillole di riflessione.

  5. Avevo letto Quiet l’anno scorso in un periodo di disperazione. Vivo in UK e anche qui (dove, notare, raramente sul lavoro ci si parla, pausa caffe’ e pranzo insieme non esiste, men che meno si e’ amici) nel settore creativo si cercano “bubbly person”. Ma perche’? Io amo parlare (anche con gli sconosciuti!) e sono socievole ma ho bisogno dei miei spazi per essere creativa. Ho sempre sofferto i brainstorming. E gli open space? Va bene, ma datemi un limite, un muretto per far sopravvivere la mia energia :). Per questo apprezzo doppiamente chi (colleghi e boss) e’ passato sopra alla mia poca fashionable introversione. Sono giunta al punto di citarlo in modo divertente alle interview: chi prende questo pacchetto sa che ogni tanto va tenuto chiuso ma c’e’ sempre una bella sorpresa alla fine.

  6. Ho letto Quiet e ho visto il Ted Talk di Susan Cain: da “forte” introversa li ho trovati fonte di ispirazione.

    Purtroppo, per anni, sono stata considerata (da maestri, professori, amici, genitori, semplici conoscenti) una persona “asociale”, con “evidenti problemi”, “timida”, “secchiona”, “depressa”, “anormale”, semplicemente perché non conforme a un paradigma di socializzazione, quello estroverso, che risulta più accettabile.

    Al di là della creatività, e del posto di lavoro, sarebbe necessario un cambiamento profondo nell’insegnamento e nell’educazione, perché i bambini introversi non siano “etichettati” malamente e per aiutarli a crescere sfruttando al meglio quello che l’introversione può insegnare.

    A parte segnalo un fumetto molto carino (in inglese) di un’artista belga.

    http://heyluchie.tumblr.com/post/53461087106/my-comic-introversion-is-finished-please-go-to

  7. Ho letto con interesse questa nota, i commenti, i link e i suggerimenti conclusivi di Annamaria.

    Desidero fare due considerazioni: una di storia personale e una sulla scuola.

    – La prima riguarda la mia infanzia e il mio essere decisamente introversa. Parlavo sottovoce, ero sempre, come diceva mia madre, tra le nuvole e ci stavo benissimo. Poi il collegio perché non studiavo. Qui avviene quello che chiamo “slittamento” verso l’estroversione. La comunità di insegnanti e studenti rafforza e non punisce il mio essere tra le nuvole e così acquisto padronanza e socializzo con entusiasmo. Un episodio è impresso nella memoria: un tema storico sulla disfatta di napoleone a Waterloo. Non ero affatto preparata sulla battaglia e ho scritto, senza pudore, un tema di fantasia. L’insegnante ha dato due voti al mio elaborato 8 per la narrazione, 4 per la parte storica. Complimenti all’insegnante!

    Il ’68 prima, l’insegnamento poi e infine la vita in azienda hanno fatto il resto. Insomma io sono una introversa vestita da estroversa o viceversa. La mia introversione è l’anima dell’estroversione. Scusate il bisticcio

    – Il divertente e interessante intervento di Susan Cain sull’attuale orientamento della scuola (anche nella disposizione dei banchi per favorire il lavoro di gruppo) che premierebbe gli estroversi, mi porta a considerare quanto segue. La scuola, penso e mi piacerebbe un confronto, ha il compito di traghettare dall’individualità della famiglia alla socialità, da figlio a cittadino. Certo in questo passaggio accade quello che Brenda racconta.

    Per anni mi sono posta, come insegnate, il problema di far convivere la socializzazione e il lavoro di gruppo con l’individualità, la riflessione. Mi sono inventata anche una disposizione dell’aula che potesse corrispondere a entrambi i bisogni, perché quando i bambini o i ragazzi sono a scuola per 8 ore non puoi chiedere loro di studiare a casa. Bisogna farlo in classe individualmente e silenziosamente.

    Bisognerebbe che fosse sempre chiaro a tutti e all’istituzione in quanto tale *_))

  8. Ho letto da poco il libro di Susan Cain e ne ho appena parlato sul mio blog. Questo libro, assieme a quello dello psichiatra italiano Anepeta (Timido, docile, ardente), mi hanno letteralmente aperto gli occhi.
    Mi fa piacere vedere che si parli in modo intelligente di questo argomento.
    Sogno un mondo in cui non si viene più discriminati in base alla prima occhiata o alla capacità di battere i pugni sul tavolo!
    Prima o poi ci arriveremo 🙂

  9. Ho letto cn molto interesse questo articolo che mi ha un po sollevata e mi permette di capire meglio alcuni aspetti del mio carattere.Io sono ,credo,entrambe le cose:estroversa se sto cn la gente intriversa nel mio bisogno di ritagluarmi spazi solo miei.Timidissima alla base, ho imparato,negli anni ad andare verso le persone io piuttosto che aspettare venissero da me.Questo fa di me,in pubblico,una persona molto loquace,battuta sempre pronta ecc ecc.La mia natura piu vera pero’ la trovo nel mio NON bisogno di star in mezzo a gente,suoni,folla.Io amo stare da sola,quando ci riesco(spesso ) provo sempre una bella sensazione di grande liberta’.Mi pare che tutto sia possibile.Provo un reale e nn dissimulato piacere a immaginare tutto quello che potrei eventualmente fare e gia solo questo mi da un tale sentimento di benessere che a parole é difficile tradurre.Apprezzo la compagnia degli amici e di chi conosco ma… a scegliere, la compagnia che prediligo é sempre la mia in primis e cosi facendo ho imparato ad esplorare tante mie sfaccettature,miei hobby( tra i vari la scrittura)e anche il mio modo di affrontare situazioni e vicissitudini ordinarie e straordinarie.In conclusione…mi trovo pure meglio di prima cn me adesso che nn ho piu bisogno di giustificare questo mio bisogno di solitudine e tranquillitá quando a sceglierla sono io.
    Grazie.

  10. Per fare spazio ad un introverso (è il suo invito) ci vuole un estroverso, perché i due tipi sono indispensabili e complementari. Le diversità arricchiscono!

Lascia un commento

MENU
I post di NeU Risorse sulla creatività
Clicca per leggere le prime pagine 
TUTTO NEU
Creative Commons LicenseI materiali di NeU sono sotto licenza Creative Commons: puoi condividerli a scopi non commerciali, senza modificarli e riconoscendo la paternità dell'autore.
RICONOSCIMENTI
Donna è web 2012
Primo premio nella categoria "Buone prassi"
Primo premio nella categoria "Web"
Articoli di NeU sono stati scelti per le prove del 2009 e del 2019
creatività delle donne_CHIMICA

Creatività delle donne e patriarcato

Non possiamo smettere di parlarne. Dunque provo a raccontarvi come pregiudizi e stereotipi, sostenuti da oltre tre millenni di patriarcato, hanno impedito e tuttora ostacolano

Che succede con l’intelligenza artificiale?

“Non perfetta ma straordinariamente impressionante”.Così McKinsey, società internazionale di consulenza strategica, descrive in un recente articolo la prestazione di ChatGPT, il modello di intelligenza artificiale

Ops. Hai esaurito l'archivio di NEU.