Andrea Aparo segnali deboli

MARKETING – Paolo Ferrero e Andrea Aparo: cogliere i segnali deboli

Paolo Ferrero in Fiat Auto ha coordinato il Product portfolio di tutti i mercati overseas. Nell’area di business development si è occupato di valutazione e sviluppo delle attività con partner internazionali.

Andrea Aparo, fisico sperimentale, visiting scientist al MIT, membro di comitati governativi e comunitari,  è responsabile del Technology Intelligence di Finmeccanica. Scrive su Next e NetForum.

Nella nostra vita professionale abbiamo avuto la fortuna di occuparci  in modi, luoghi e tempi diversi, di un po’ tutto quello che sta dietro al prodotto, al marketing (strategico e operativo) e alla comunicazione (interna ed esterna) in aziende e settori diversi.

Il tema di fondo che vede da sempre strettamente correlate queste materie e che da sempre ci appassiona è cercare di leggere nel futuro: infatti solo anticipando o anche solo intuendo dove forse andrà il sotto-mondo di cui ci stiamo occupando, come cambieranno i gusti e le motivazioni dei clienti potenziali, quali dinamiche, sociali e non, sottintendono ai cambiamenti, solo così, cercando di interpretare il futuro e declinarlo su un prodotto e quindi sulla sua evoluzione, si puo’ offrire un notevole vantaggio competitivo all’azienda produttrice.

Dopo anni di attività in questo campo e di continuo confronto tra noi su questo tema ci siamo proposti di allargare la nostra discussione a chi è a sua volta interessato al futuro della propria azienda e dei propri prodotti. È nato così uno spazio di discussione tutto per noi dedicato al Signor Futuro

Il futuro ha da sempre avuto un’importanza fondamentale nello sviluppo delle attività a breve e medio termine delle società. Fin dall’antichità l’uomo ha cercato di leggere il futuro, beneficiando i suoi guru di grande considerazione e importanza sociale.

La  necessità di sapere è così forte che il committente, spesso, dimentica di considerare il labilissimo, se mai c’è, legame tra la divinazione e la scientificità della risposta. A volte poi la pressione del committente le separa ancor di più.

Ma col passare dei tempi il pensiero dell’uomo si è evoluto, amalgamando la logica e l’induzione con l’immaginazione, e queste con la ricerca e il metodo scientifico. Tutto ciò ha consentito poi di separare le predizioni, come  le eclissi, i passaggi delle comete, i cambiamenti climatici, dalle divinazioni governate dal fato, e si è evoluto fino ai tempi nostri, dove lo studio del futuro al servizio della redditività delle aziende ha sviluppato uno strumento chiamato marketing.

Il marketing nasce nel mondo occidentale negli anni ’50, quando si conclude il periodo in cui la domanda superava l’offerta: si vendeva ciò che si produceva e al produttore non interessava se la tecnologia del prodotto superasse le aspettative del cliente. È questo il momento in cui si affaccia  una nuova era nella quale sono le aziende a cercare il cliente. Di conseguenza prende sempre più piede la necessità di interpretare i bisogni latenti del consumatore.

Nascono così le ricerche di mercato, la segmentazione del mercato, il brand positioning e il brand management, il brand value, il marketing esperienziale e così via fino al 2000: è un cinquantennio che  vede cambiamenti che possiamo definire “ad andamento lento”, nel senso che i cambiamenti socio-culturali che si riflettono sugli acquisti sono sì rilevantissimi, ma si presentano con una velocità e un ritmo per così dire gestibile, dove un attento lavoro di ricerca e analisi permette di proiettare il futuro a breve del prodotto, spesso centrando la sua evoluzione.

Quella che viviamo oggi è un’altra era del marketing. Il futuro e i cambiamenti che porta con sé si avvicinano a velocità e ritmi inimmaginabili solo qualche anno addietro ed è questo il nostro tema: come gestire tutto questo affinché il nostro prodotto sia sempre competitivo, e come comunicarlo.

Alla fine anni ’90 già c’erano i cellulari, formato mattone e sempre scarichi. Oggi, 10 anni dopo, non solo abbiamo prodotti profondamente diversi, potentissimi, microscopici e di design, ma li lanciamo integrando nuove forme di comunicazione. Se guardiamo le più recenti campagne di lancio di nuovi prodotti di massa, accanto ai mezzi tradizionali troviamo internet, telefonia mobile, bluetooth, e-commerce, YouTube, SecondLife eccetera. Mezzi che dieci anni fa avremmo definito da fantascienza.

Grazie a tutto questo il cliente stesso diventa protagonista e “padrone” del nostro prodotto, lo esamina in dettaglio e lo giudica con gli amici della chat, e insieme diventano un potenziale moltiplicatore in positivo o negativo del nostro prodotto.

In questi dieci anni siamo cambiati, tanto e sempre più velocemente: ciò che prima diventava solo “vecchio” nel giro di un biennio, oggi appartiene decisamente a un’altra era.

E allora, come “sentire” i cambiamenti, almeno prossimi? Secondo noi, ascoltando e analizzando i cosiddetti “segnali deboli”, organizzandoci e attrezzandoci per captarli, cercando di capire quali si trasformeranno in concrete spinte sui consumi.

Dovremo tenere ben presente la grande frattura generazionale tra gli old e i new consumer, intendendo per new consumers la generazione Y, i nati dal 1975 al 1984, e le successive fino ai nati di fine millennio. Questi sono e saranno consumatori i cui segnali deboli sono ancora più difficili da individuare e interpretare.

Sono imbattibili alla Playstation, cresciuti a tv e internet. Molti dei più giovani in assoluto sono già multilingue e giocano via web con amici sparsi su tutti i continenti della terra. Abbiamo dato loro tutto il possibile e anche di più. Per loro mezz’ora di tempo equivale a una vita.

Cosa consumeranno, come vivranno, dove andranno in vacanza e che atteggiamento avranno verso l’inquinamento, le auto, quali gusti musicali, quali storie ameranno? …insomma, un bel black hole!

Ci dobbiamo attrezzare per scoprire il nostro e il loro futuro prossimo, con un’unica certezza: le metodologie impiegate fino a oggi non servono più, roba di un’altra era geologica!

Capire correndo a perdifiato, con un panorama in continuo cambiamento: bella sfida. Ma a noi piacciono queste sfide, vi mettete alla prova con noi?

Bene. Cominciamo col dire che un’azienda, e quindi i suoi prodotti, ha quattro possibili atteggiamenti verso il futuro:

–    cercare di essere trend setter

–    essere follower

–    assistere al nuovo e non agire

–    non accorgersi del nuovo.

Dalla scelta che viene fatta discendono non solo il come organizzare l’azienda, cioè quali processi e strumenti di controllo si devono utilizzare, ma soprattutto quali ricavi aspettarsi nel divenire, tenendo bene a mente esempi di aziende che non hanno saputo o voluto affrontare il futuro.

Un esempio su tutti: pensiamo all’incoerenza della gamma-prodotto della GM e della Chrysler rispetto ai tempi che stiamo vivendo. Vetture di grandi dimensioni, dai consumi  eccessivi, mentre è sempre più urgente trovare soluzioni di mobilità eco-compatibili e quindi vetture piccole e “verdi”.

Se si è interessati al futuro, questo va cercato, studiato e analizzato, e la nostra proposta è appunto quella di cogliere i segnali deboli e poi di elaborarli e trasformarli in idee di prodotti nuovi. Ma come? Dotandosi di strumenti che, partendo da un’analisi continua delle tendenze emergenti dei mondi interessanti per noi, ci aiutino a leggere e interpretare i cambiamenti dei valori socio-culturali, degli stili di vita, del consumo, per poi collegarli tra loro e selezionando possibili  scenari futuri. Consentendoci, con innovazione e creatività, di elaborare proposte di prodotti nuovi.

Un  esempio? Eccolo: se producessimo mezzi di trasporto, dovremmo monitorare i cambiamenti nel lifestyle, nell’ambiente, nella sicurezza, nel design e nella tecnologia. Dovremmo correlare e aggregare le novità di questi diversi campi, immaginarne le possibili evoluzioni future elaborandole poi con la logica del “what if” e quindi scegliere laconcept strategy di riferimento nella quale si inserirà il nostro nuovo prodotto. Poi dovremmo passare a definire le concept ideas, selezionando una prima scala di priorità delle caratteristiche del prodotto nuovo, e infine trasformarle in concept di prodotto. Da qui il collegamento allo sviluppo operativo del prodotto.

Che ne pensate? Parliamone.

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