Qualità dell'istruzione

Qualità dell’istruzione e qualità della vita

Su una (a suo modo terrorizzante) pagina pubblicitaria fashion di ambientazione scolastica la modella occhialuta molto molto Gelmini-style sta sotto un titolo che promuove qualità a basso prezzo. Chissà se l’annuncio piace a Luca Piergiovanni, precario, premiato da Gelmini vera come migliore prof. d’Italia, che si acchiappa euro 600 al mese.

Intanto l’OCSE ci conferma che per la scuola l’Italia spende poco e soprattutto con modesti risultati in termini di qualità dell’istruzione. E una scorsa alla sintesi dei dati dell’ultimo rapporto Education at a Glance ci dà un’ulteriore cattiva notizia: la formazione permanente coinvolge solo poco più del 20% degli adulti (pag 28/29).

Il che, in un paese con pochi giovani, è doppiamente grave. Forse bisognerebbe dire che la qualità dell’istruzione influisce, oltre che sul reddito (oltre il 50% in più della metà dei paesi esaminati, pag.38), anche sull’interesse per la politica, e perfino sullo stato di salute (pag.48/49).
Insomma, la qualità dell’istruzione conta non solo per i giovani, non solo nel periodo della scuola, non solo per quanto riguarda strettamente le competenze scolastiche, come leggere scrivere e far di conto, che pure permettono di esprimere  la propria cittadinanza. Chi ha istruzione migliore non solo guadagna di più, ma (guardate qui i dati) vive anche più pienamente, e di più.

23 risposte

  1. Mentre la Gelmini distribuisce riconoscimenti formali e non sostanziali prendendo in giro “il miglior professore d’Italia”, Michele Serra ci racconta che è nata la prima scuola leghista in provincia di Brescia. “Sole delle Alpi impresso sui banchi, sui cestini dei rifiuti, sugli zerbini, sui tavoli, sui cartelli, sulle finestre, sul tetto, ovunque. Unico altro simbolo ammesso e anzi imposto è il crocifisso”. L’ennesimo affronto rivolto a tutti quelli che credono che la scuola pubblica debba essere, oltre che di qualità, di tutti e per tutti. http://www.repubblica.it/scuola/2010/09/13/news/scuola_lega_serra-7018781/?ref=HREA-1 Ciao a tutti Ilaria

  2. purtoppo non si vuole capire che la formazione delle coscienze dei nostri figli sarà la base del futuro di tutti. L\\\’altro giorno sono andata ad un incontro tenuto da don Luigi Ciotti che parlava proprio di questo: per far si che le persone abbiano voglia di dare il loro contributo al mondo in maniera equa e socialmente responsabile è essenziale investire nella cultura e nell\\\’istruzione. E\\\’ il solo modo per rendere le coscienze libere di scegliere! quanto siamo lontani da questa consapevolezza? ciao a tutti e grazie per i vostri spunti! Margherita

  3. ma allora chi prende un master vive cent’anni? come chi beve birra? e quindi la quantità di birra bevuta entrerà nelle statistiche? non abbiamo gà le statistiche che ci dicono quanto conti la vita all’aria aperta, il sole e il mare, l’essere preti e vegetariani….tra l’altro,fare statistiche allunga la vita? ciao a tutti

  4. La notizia che cita Ilaria è già raccapricciante di suo. Ma la Gelmini riesce a renderla ancora più oscena: smorza le critiche alla scuola di Adro mettendo tutti in guardia contro i “simboli comunisti” che secondo lei affollerebbero le nostre aule, e invita a criticare – per par condicio – anche questi. Ho fatto il Parini nei primi anni ’80. Non ricordo, in quel noto covo di sovversivi marxisti, alcun simbolo comunista. Sarà l’età che mi offusca la memoria… Valeria

  5. il buco nero della Toscana, ha raggiunto livelli fantasmagorici. apparentemente sembra funzionare tutto…nella pratica poi ci si scontra con i “baronaggi” in ambiti anche diversi tra loro! che dire della grande distribuzione, ad esempio, dove la coop la fa da padrone? altro che libero mercato!! claudia

  6. @anonimo: i dati Istat non parlano di campare fino a cent’anni, ma di una speranza media di vita superiore di alcuni anni per le (non moltissime) persone che nel nostro paese hanno scolarità superiore. Un fenomeno analogo si rileva (vedi i dati OCSE) in altri paesi europei e non, e a pag 48 di Education at a Glance l’Ocse ti spiega anche quali sono i motivi. Non so se l’Istat correli la propensione a bere birra o al fare vacanze al mare con la speranza di vita. Nel caso dell’istruzione, lo fa. Vedi tu.

  7. La Gelmini, è chiaro, vuol ridurre i costi di un’azienda sgangherata; il suo governo ( che ci possiamo aspettare?) diffida di ogni discorso di riorganizzazione, anzi, di rifondazione della scuola, che è magari l’unico settore per cui il ” ben altro” è appropriato. Ci vuol ben altro che tagliare le spese. Ci vuol ben altro che cambiare i programmi, o indire l’aggiornamento di massa, o aumentare gli stipendi ( per renderli concupibili dalle clientele), o escogitare riforme di qualsiasi segno. Alla scuola bisogna credere, e in tanti; non vorrei essere melodrammatica, ma per la scuola bisogna lottare ( come facemmo) perché sia moderna e efficiente in senso democratico e coi parametri culturali operanti in qualsiasi sua articolazione. Se no, ci teniamo la scuola così com’è: con punte straordinarie di eccellenza e tante schiappe.

  8. IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO! Oggi 13 settembre primo giorno di scuola media – pubblica – per mio figlio Giacomo. Abbiamo dovuto attendere questo avvenimento per conoscere in che classe e sezione era stato collocato, avere un buono per l’acquisto dei libri con sollecito di ritiro perché siamo già a metà settembre (l’avrei fatto volentieri anche prima ma ogni docente ha un margine di scelta tra quelli prescritti) apprendere di essere in 25 in classe per mancanza di fondi a coprire una sezione in più ipotizzata e richiesta…

  9. Dall’articolo che ha indicato Laura desumo che su 60 milioni di italiani, 30 milioni sono analfabeti, semianalfabeti o analfabeti di ritorno. Mi chiedo se il popolo della rete, nel suo insieme alfabeta, non escluda, non rappresentandoli, proprio quelli che hanno più necessità: una democrazia pesantemente dimezzata. Dura, eh?

  10. Da leggere la storia di Massimo, ricercatore italiano, precario, che ha rifiutato 600.000 dollari da Page e Brin per restare in Italia. A Padova. Pagato poco più di 1000 euro al mese.

  11. Cara Annamaria Una storia limitrofa a questa, e che a questa prelude. Viene dalla mia esperienza attuale di mamma di bambino piccolo che ha amiche con bambini piccoli, e che comincia a vedere rosicchiato l’attuale diritto allo studio previsto dalla costituzione italiana. Perchè oggi, se nasci a ROma in un quartiere popoloso, in conseguenza dei tagli ministeriali alla scuola, mica è sicuro che tu abbia una scuola materna. Non rientri perchè le classi sono tagliate. Ho un’amica che con tre figli, uno le va alle elementari due li tiene a casa perchè all’asilo (non nido) non li hanno presi. Mentre quella premia a casaccio, si erode il diritto democratico e costituzionale allo studio. Quello che succede nelle materne potrebbe capitare anche alle elementari. Zauberei

  12. IL DISEGNO INTELLIGENTE Una strana e invasiva televisione, dopo venti anni di liquefazione di ogni spirito critico, di pensiero indipendente, attuando una pianificazione sistematica delle coscienze, spingendo in nome della libertà di solleticare sempre più spesso la pancia e i bassi istinti di un’intera nazione, ha desertificato lo sforzo di alfabetizzazione della scuola e della prima televisione pubblica del dopoguerra. Così, dopo che per 5 anni hai pagato anche il sapone e la carta assorbente per i bagni della scuola elementare di tuo figlio, viene loro tolta anche la possibilità di continuare tutte le attività sperimentali, di laboratorio, creative di interscambio verticali fra classi e diverse culture. Vedi balbettare incerti anche i genitori “pro Gelmini” ma che comunque vanno avanti, magari rinunciando al lavoro per stare dietro ai figli o iscrivendoli alle private, che non hanno “gli spechi” i “privilegi” delle scuole pubbliche. Ho forse, per i meno fortunati, lasciandoli ore e ore da soli davanti alla televisione… walter

  13. LE FLESSIONI DA SOLE NON BASTANO, RIFLESSIONI DI GINNASTICA Vado al link “maestri di strada” e leggo: Andrea Ichino (economista, n. 1959) dall’articolo su Il Sole24Ore del 25 luglio 2010 Eliminiamo l’educazione fisica dal curricolo scolastico (2010) … Ci sono 33830 insegnanti di educazione fisica nelle scuole medie inferiori e superiori italiane, la cui retribuzione lorda annua è di circa 29071 euro (con 15 anni di anzianità). (…). Con questa somma si possono acquistare nel mercato privato attività sportive di qualità mediamente migliore di quella offerta dalla scuola pubblica. (…) Ma se lo Stato richiede ad ognuno di noi una spesa rilevante per fornire un servizio che in realtà è ben lontano dall’essere adeguato (soprattutto per i poveri che non hanno alternative), non sarebbe meglio chiedere allo Stato di farsi da parte rendendoci i soldi, in modo da consentirci di organizzare da soli quanto necessario… Ascolto poi il mio undicenne di prima media: “Meno male che c’è l’ora di ginnastica. Se c’è bello usciamo in giardino e corriamo. Oppure tiriamo due calci al pallone. Non è come fare un allenamento vero ma ci divertiamo. Il lunedì con tre ore di fila di italiano ci stende!” Almeno i miei soldi, penso, a qualcosa servono. Sei ore al giorno filate – esclusi eventuali rientri pomeridiani – con 15 minuti di pausa all’interno di un edificio pur dotato di spazi esterni a me la dice lunga. Butto un occhio su http://www.zeusnews.com/index.php3?ar=stampa&cod=13031 e si pone l’accento sul fatto che possedere aule e materiali informatici non significa essere attrezzati e pronti ad usarli, soprattutto per quanto riguarda l’insegnamento. La formazione dei docenti e le direttive sull’uso degli strumenti è quanto meno sconclusionata. Il ministero sembra voglia intervenire attraverso il Piano LIM – http://www.irrelombardia.it/LIM-homepage – e il Piano Cl@ssi 2.0 – http://www.istruzione.it/getOM?idfileentry=1122965 – Mah, continuo a flettere e riflettere…

  14. @ zauberei. Forse non si arriverà a negare l’accesso anche alle elementari. E’, appunto, un diritto costituzionale (art 34). Ma già ora i tempi vanno riducendosi, il numero di alunni per classe cresce e gli alunni disabili hanno insegnanti di sostegno per meno ore. Tutti modi per mantenere formalmente il diritto, ma per rosicchiarlo o svuotarlo nella sostanza. Il tema degli asili e delle materne è sensibile, fra l’altro, anche perché influisce sulla possibilità che le madri hanno di lavorare. E quindi allontana ulteriormente il raggiungimento degli obiettivi europei del 60% di occupazione femminile. Che potrebbe dare un grande impulso al PIL (equiparando il tasso di occupazione femminile a quello maschile e assumendo che il PIL aumenti in misura proporzionale, il PIL italiano aumenterebbe del 21% – Daly, 2007). Il che permetterebbe, oltretutto, di avere anche molte più risorse per la scuola. Uno dei mille cani che, nei nostri cortili scolastici, si mangiano tristemente la coda. Milano, centro: non sono, ai tempi, riuscita a mandare mio figlio all’asilo pubblico. Niente posto. Nella scuola media, frequentata fino all’estate scorsa, la stessa situazione descritta da Walter: niente sapone, niente carta igienica. E intervalli passati in classe per assenza di spazi esterni. Due anni fa, un’aula nel sottotetto che d’estate raggiungeva temperature impossibili. Ma un altro dei cani che si mangiano la coda riguarda la qualità del tempo scolastico. In che modo si insegna e che cosa si impara. Se si leggono in modo approfondito i dati OCSE-Pisa, si vede che l’Italia è mediamente messa male PUR AVENDO straordinarie punte di eccellenza. A cui fanno riscontro, per mantenere la media a livelli così bassi, straordinarie voragini di inefficienza. Sul fatto che non basta passare un tempo adeguato a scuola, ma che questo tempo deve avere un senso sotto il profilo didattico e pedagogico, pubblica un’interessante raccolta di brani il blog maestri di strada E l’altro cane triste riguarda ruolo e riconoscimento degli insegnanti. E certo che ci sono gli eroi che, malpagati, ignorati, maltrattati e per pura passione civile continuano a fare il loro lavoro in modo straordinario. Ma sta di fatto che oggi il lavoro dell’insegnante è in sé poco desiderabile, poco attraente, poco gratificante. E a pesante rischio di burnout, la vera malattia professionale della categoria. Difficile attrarre un numero adeguato di talenti. E poi c’è la relazione tra scuola e famiglie. E non è mica vero che tutti vogliono che i figli abbiano un’istruzione adeguata. E i compiti sono troppi… e la prof è una carogna… e gli ha dato quattro perché lo odia… Molti a difendere i figli, comunque e a prescindere. Bestie, ma sempre cocchi di mamma.

  15. Cara Laura, alla scuola pubblica siamo affezionati, ma in Italia il pubblico è sempre accompagnato da disservizi, clientelismo, ritardi. Ora poi che non c’è più l’ombra di motivazione ideale-né quella da libro Cuore, né quella politica- il problema è più vistoso. Ripeto, alla scuola bisogna credere perché funzioni. ” Il lunedì con tre ore di fila d’italiano ci stende”, non voglio allarmarti, è un’esperienza che il piccolo non dovrebbe fare: in tre ore si possono inventare molte cose nuove, utili e interessanti! E l’interesse è vita, è senso. Sembra un fattore secondario, ma non lo è : una scuola che comporti ampi settori di noia è una scuola autoritaria. Ed è inutile dirlo in un sito sulla creatività, ma la domanda continua ad essere centrale: perché la scuola non è creativa? Creativi si nasce o lo si può diventare, almeno in qualche misura?

  16. La notizia è di oggi, su Repubblica: il liceo classico milanese Berchet ha istituito un breve corso di recupero di italiano per i neo-iscritti al ginnasio. Pare arrivino dalle medie con lacune macroscopiche. “Non hanno ben chiara nemmeno la differenza tra soggetto e verbo”, dice il preside. I docenti parlano di “notevole impoverimento lessicale” rilevato negli ultimi anni. Triste, tutto ciò è molto triste. Valeria

  17. @ Gabri È proprio così. Ti dirò, non è tanto la noia che mi preoccupa (spesso catalizzatore creativo) ma la mole di lavoro che segue schemi forse obsoleti o poco realistici. Sono trascorsi solo pochi giorni e l’esperienza è nuova-nuova, ma la domanda sulla scuola creativa perseguita anche me. L’unica cosa che potrò fare probabilmente sarà quella di coltivare un approccio mentale curioso e dare l’esempio ai miei figli affinchè sperimentino e non si scoraggino, trovando il loro modo personale di esprimersi. E anche di cogliere tutte quelle occasioni di cambiamento laddove si manifestano, inseguendole voracemente. 🙂 @ Valeria Mi chiedo se non sia colpa di troppa tecnologia mal digerita o mal fruita… oppure se siamo d’innanzi alla nascita di una nuova era “semplificata” dalla quale il linguaggio tradizionale ne esce drasticamente modificato…

    1. Sai trascrivere in un post, tutta la magia di un posto fttaasnico come quello in cui sei andata. Gie0 solo dalle foto mi immagino il luogo, ma purtroppo di cimiteri in quel modo ce ne sono talmente pochi. Nemmeno qui da me, che sono pif9 o meno in campagna, il cimitero e8 di quel tipo, cemento anche qui. Mettere i morti dentro quei loculi, e8 come volerli strappare dalla madre terra, come volerli tenere lontani dal dopo , qualunque cosa sia. E’ come volerli trattenere con noi a qualunque costo. Capisco che sare0 anche un fatto di spazio, ma si rovina tutta il senso di pace e sacralite0 che un luogo come quello che hai visitato potrebbe dare.

  18. Ehm. Un corso di recupero di italiano – a cominciare dall’ortografia – non farebbe male anche a un non esiguo numero di studenti universitari. Lo dico perché vedo che cosa scrivono nei test in aula, o nel corso dell’esame. Non farebbe male neanche ad alcuni aspiranti copywriter. Non farebbe male nemmeno ad alcuni adulti. E nemmeno ad alcuni adulti che lavorano nelle nostre aziende migliori. La scorsa settimana mi sono imbattuta in un documento (non in un appunto) in cui venivano più volte citati i “verbatims” delle interviste a gruppi di consumatori. Ho provato a far notare che tratterebbesi di avverbio latino, e non di termine inglese marchettaro. Tutto inutile. Sigh.

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