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Sarah Lucas, il bagno pubblico e la disarmante semplicità

All’ingresso dei bagni pubblici sotterranei di Porta Venezia, a Milano, c’è la fila. E non è esattamente una fila di gente pulciosa che ha bisogno di farsi una doccia. Ma quei bagni pubblici sono speciali: sono stati progettati nei primi anni 20 dal grande architetto Piero Portaluppi come “tempio della bellezza e della cura del corpo”. In fila ci sono giornalisti e critici: è l’anteprima del progetto che l’artista britannica Sarah Lucas ha preparato in collaborazione col FAI e la Fondazione Trussardi. Il progetto si intitola Innamemorabiliamumbum. Mi metto in fila e finalmente entro sventolando il tesserino e brandendo il cellulare. Abito a Milano da sempre ma, all’Albergo Diurno Venezia, non avevo mai messo piede.


Si entra attraverso un lungo corridoio piastrellato, in penombra, sul quale si apre una serie di porte. Il posto è magico. È un pezzo di passato sospeso come in una bolla sotterranea nel bel mezzo di una delle zone più trafficate e multietniche della città. Racconta antichi splendori e il procedere del tempo: lo si sente quasi gocciolare, il tempo,  sulle piastrelle graffiate.

Milano, Albergo Diurno di porta Venezia – interno

Procedo, e mi imbatto nel primo indizio: una serie di wc trasparenti e illuminati accanto a una vecchia poltrona da barbiere. Secondo indizio, assai più interessante: da un lavandino seminascosto dietro a una porta socchiusa spuntano… beh, è una serie di calze da donna che Sarah Lucas ha riempite di qualcosa e annodate: messe in quel modo, in quel luogo, acquistano una strana vibrazione biologica e carnale, candida e spudorata. Comincio a capire perché la presentazione dice che il lavoro di Sarah Lucas è “irriverente e pungente per la sua disarmante semplicità”.

Milano, Albergo Diurno di porta Venezia – interno 

Un’altra porta socchiusa: da un bidet esce pittura rosa che si spande sul pavimento. Un’altra porta ancora: c’è una strana presenza appesa  sopra una vasca da bagno: un personaggio ectoplasmatico costruito con un paio di collant.
Sarah Lucas lavora sugli stereotipi maschili e femminili. Sull’intimità e sull’ambiguità. Sul corpo, sulle sue rappresentazioni, sulla spudoratezza.
Non sono un’esperta di arte contemporanea, ma quel che mi colpisce è la trasparente, elementare banalità quotidiana degli strumenti e dei materiali impiegati per ottenere, attraverso lo humor e lo straniamento, un risultato sorprendente.

Milano, Albergo Diurno di porta Venezia- L’opera di Lucas è riflessa nello specchio

Per esempio: prendi una gruccia. Ci appendi una maglietta. Due mezzi limoni diventano due tette gialle. Da sotto spunta la parte inferiore di un pollo. E tutto quanto diventa una storia (e magari, nella mente di chi guarda, un ragionamento) sui corpi passati e presenti, sul nasconderli e sull’esibirli, su quello che i corpi sono e su quello che dei corpi vediamo e mostriamo, o vogliamo vedere e mostrare.E poi sì, certo: il Diurno coi suoi specchi, e la sua gloria appannata e struggente, è una cornice perfetta.

Milano, Albergo Diurno di porta Venezia – la sala centrale 

Al centro del grande, magnifico spazio dai soffitti a volta sul quale si affacciano le aree di servizio del Diurno (barbiere, manicure, parrucchiere per signora…) se ne sta il più spudorato (la più spudorata?) protagonista dell’installazione, sbracato (sbracata?) su un’antica poltrona, come in attesa di accudimento.
Il pubblico ci gira attorno. Fotografa qua e là. Noto che gli sguardi, però, fanno fatica a fermarsi.
Alla fine la stanza si riempie di bella gente contemporanea e cosmopolita, che sa il fatto suo, e che commenta in modi (colgo qualche brandello di conversazione) assai competenti. Nella ressa, lo spudorato vessillo inalberato dal protagonista continua a spuntare superando tutte le teste. Pura anatomia e puro sberleffo.

Milano, Albergo Diurno di porta Venezia – la sala centrale 

C’è un altro pezzo di corpo (due gambe e due uova al tegamino sospese a una gruccia) installato su una lavatrice. C’è un secchio da cui spunta l’occhio rosso di un riflettore e, poiché sopra ci sono altre due fonti luminose appesa a una gruccia, anche quelle che non sarebbero altro che tre lampade innocenti diventano, negli occhi di chi guarda “corpo”. Già: perché tutto è sempre e solo negli occhi di chi guarda, no?La vecchia insegna “cassa” aggiunge il suo tocco surreale.

Milano, Albergo Diurno. 

Esco pensando che proverò a raccontarvi tutto questo, così come l’ho visto. Qui, se volete approfondire, c’è un’intervista con la ragazzaccia Sarah Lucas, che racconta la sua esperienza nei bagni di Portaluppi.

3 risposte

  1. Il Portaluppi! L’architetto di quella meraviglia che è la Villa Necchi Campiglio nel cuore di Milano… Grazie Annamaria, andrò al più presto all’Albergo Diurno,

    1. Ciao Luisa!
      Il posto merita proprio.
      È il FAI a organizzare le visite (il sito non è sempre aperto). Ricordati di cercare le date (e, se passi da Milano, fammelo sapere) 🙂

  2. Che cretinata, neanche un commento merita.
    Basti citare “una serie di calze da donna che Sarah Lucas ha riempite di qualcosa e annodate: messe in quel modo, in quel luogo, acquistano una strana vibrazione biologica e carnale, candida e spudorata”. Si certo, come no. La Testa è solo nel cognome

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