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Social network, spirito del tempo e necessità di rallentare – Idee 152

La velocità dei social network incoraggia reazioni istantanee e non meditate. E spesso si tratta di reazioni violente. Questa la tesi di fondo di un articolo pubblicato dal giornalista britannico Will Hutton sul Guardian. Di seguito, in estrema sintesi, i tre punti sui quali si sviluppa il ragionamento contenuto nell’articolo.

1) UNA CONNETTIVITÀ SENZA PRECEDENTI. Controlliamo il telefono in media 200 volte al giorno. È un livello di connettività che non abbiamo mai sperimentato prima e che trasforma la struttura stessa del nostro pensiero. Essere connessi in modo istantaneo non è un fatto solo positivo.

2) NEGATIVITÀ E PREPOTENZA. Tim Berners-Lee, l’inventore del web, segnala che negatività e prepotenza si diffondono in rete anche perché la velocità stessa dei social network favorisce, appunto, reazioni istantanee e non meditate. E poi: le cose che ci fanno arrabbiare hanno dieci volte più probabilità di essere ritwittate rispetto a quelle che ci rendono felici.

3) PENSIERI LENTI E VELOCI. Il nostro modo di pensare, come evidenzia il premio Nobel Daniel Kahneman, procede lungo due binari: c’è un pensiero veloce, istintivo, irrazionale, iperemotivo e c’è un pensiero più lento, ponderato, riflessivo (e faticoso). Dobbiamo renderci conto che oggi il dibattito pubblico è più emotivo e rabbioso dei suoi protagonisti proprio perché la velocità dei social network incoraggia, insieme alle risposte emotive, le posizioni più semplificate ed estreme. Ma l’avvento social network i cui protocolli “danno il tempo per pensare” oggi sembrano improbabili, conclude Will Hutton.

Social network rallentare

COME GESTIRE L’INTERAZIONE? Giovanni De Mauro riprende il tema in un editoriale su Internazionale, segnalando che, oltre al Guardian, anche il Washington Post, il New York Times e Mozilla si stanno facendo delle domande in proposito. Moderare i commenti costa tempo ed energie. Una soluzione è impedirli relegandoli, appunto, ai social network. Ma questo per le testate significa da una parte rinunciare a una bella fetta di interazione coi lettori, dall’altra spostare il problema in un’altra parte della rete, senza risolverlo.

VELOCITÀ + ANONIMATO + FAVORE DEL PUBBLICO. Ho il sospetto che le cose siano anche più complesse di così. Se la velocità incoraggia i commenti violenti ed emotivi, l’anonimato li rende privi di conseguenze, e il fatto che siano i commenti più violenti ed emotivi ad essere maggiormente condivisi sui social network è un bell’incentivo a continuare sulla stessa lunghezza d’onda.

PPPP: PRIMA PENSA POI PUBBLICA. Un po’ per gli argomenti che tratta (niente cronaca. Niente politica salvo rarissimi casi. Niente sport…) e moltissimo grazie agli amici che lo frequentano, questo blog è abbastanza immune dai commenti tossici. Tuttavia, chiunque navighi in rete e frequenti i social network ne incontra molti più di quanto vorrebbe. Per questo più di un anno fa, un po’ per scherzo e un po’ no, su queste pagine è uscito un articolo dedicato a bufale, disinformazione e discorsi d’odio (hate speech) in rete. Insieme all’articolo, un piccolo dono per tutti. È un cartellino scaricabile: PPPP, Prima Pensa Poi Pubblica. Un invito a usare il pensiero lento: quello che distingue, confronta, verifica e non si lascia disorientare da rabbia e paura.

LO SPIRITO DEL TEMPO. Con tutti i problemi che ci sono, potrebbe sembrare che occuparsi degli umori dominanti sui social network sia una questione oziosa. Credo che non lo sia per un motivo elementare: le interazioni in rete fanno ormai parte della vita di tutti. Si stima che oggi le persone connesse, soprattutto via telefono, siano 3,2 miliardi (qui trovate questo e molti altri dati). Secondo gli ultimi dati Audiweb, l’86,3 per cento degli italiani accede alla rete (oltre la metà via telefonino). È intuitivo che la rete, e i suoi umori, contribuiscano a costituire una bella fetta di percezione globale dell’andamento delle cose: lo spirito del tempo (zeitgeist).

…E DUNQUE? Come sempre, non ci sono soluzioni facili a problemi complessi, specie se questi riguardano il comportamento di grandi quantità di persone. Ma ho il sospetto che “rallentare” sia parte della soluzione, qualsiasi sia la soluzione possibile. Un’altra parte della soluzione potrebbe essere il fatto che ciascuno sia ritenuto responsabile dei propri comportamenti in rete, così come lo è nel mondo reale.

UNA NOTA IN CONCLUSIONE. Se siete in feroce disaccordo con le tesi sopra esposte, il modo migliore per smentirle è commentare in modo argomentato, ragionevole, scherzoso e sereno. 😉

Le immagine sono dell’artista ucraino Andriy Dykun, conosciuto come Adnrey (Nrey).

20 risposte

  1. Condivido appieno. L’eccessiva rapidità e l’ingravescente ansia da velocità in tutte le manifestazioni della persona ed ancor più in quelle sui social può essere causa di gravi distorsioni della realtà, dalle conseguenze non sempre prevedibili fino in fondo. La soluzione? Beh, molto arduo trovarne una di validità ed efficacia generale. L’unica soluzione non può che passare attraverso articoli e links come questo, mediante i quali richiamare e sensibilizzare tutti al recupero del senso di responsabilità e dell’indipendenza di giudizio e, in una parola, alla libertà ed autonomia di pensiero, che presuppone necessariamente una preventiva meditazione e metabolizzazione di tutto ciò che scorre in enormi quantità ed a grande velocità sul web e, particolarmente, sui social.

  2. Dopo aver letto l’articolo, con calma due volte, mi sento un po meno anomala come portatrice di (ahimè) pensiero lento. Da anni mi ronza in testa la domanda “ma il tempo del pensiero dov’è?”, tanto che anche nell’ambito professionale mi sono ritratta. Credo che questo fenomeno sia una sorta di indicatore umano di dove siamo, molto più spostati fuori da noi stessi, proiettati. Il punto, forse, non sono i mezzi che impongono una certa velocità ed automatismi, ma quanto palesano la nostra perdita di consistenza e dialogo, in primis con noi stessi. Quindi grazie per gli spazi e i contenuti di qualità che date, tipo area protetta :).

  3. Tema assolutamente cruciale: non concordo tuttavia sulla questione dell’anonimato, e anzi credo che questo fraintendimento impedisca di trovare delle soluzioni. La violenza verbale su Facebook – che del rifiuto dell’anonimato fa la sua bandiera – fa capire che il problema è un altro: i social network, in qualche modo, fanno collassare le dimensioni dell’intimità in un modo che ancora non padroneggiamo a pieno. Il mio commento cattivo non ha bisogno dell’anonimato se lo dico solo a te, solo a voi pochi miei amici, se lo dico dentro le mura di casa mia. Forse per capirlo bisognerebbe guardare ad un suo possibile contrario, le condoglianze. Io non sono sicuro che fare le condoglianze su Facebook sia sempre percepito con la stessa dimensione pubblica di un necrologio sul giornale, no?

  4. Quello che di seguito annoto parrebbe fuori tema, ma così non è. La velocità e la perdita di senso sono connesse.

    Si potrebbe liquidare “la velocità dei social network incoraggia reazioni istantanee e non meditate” definendo IMBECILLI coloro che scrivono compulsivamente. Umberto Eco l’ha fatto con solidi argomenti e, d’altronde, lo spaccato sociologico è sotto gli occhi di chi ha dimestichezza con FB che gioca, come già scritto, su anonimato e velocità.

    “Nelle nostre società la sovrabbondanza del segno corrisponde alla povertà del senso”. (Alain Minc, Simon Nora 1979 “Convivere con il calcolatore”).
    Questo l’incipit della mia tesi di laurea nel 1985 a Torino sulle tecnologie informatiche.
    Il “rumore di fondo” creato da troppa informazione, corrisponde appunto a nessuna informazione, come Nora e Minc, in altro modo, affermavano.
    In parole povere il bombardamento informativo annulla notizie ed emozioni.

    La soluzione?
    Annamaria lo dice espressamente: RALLENTARE, io aggiungo il meraviglioso ossimoro dalla fulgente storia: FESTINA LENTE.

    Mi piace segnalarvi un romanzo breve, spassante, di un giovane esordiente: 2098. Tutto nel mondo è connesso alla Central Force Control: uomini, animali, computer.

    http://ilmiolibro.kataweb.it/ricerca/2098
    *_))

  5. Nonostante i limiti di velocità gli incidenti stradali non sono diminuiti in maniera significativa perchè nel contempo sono aumentate le auto in circolazione. Il limite sarà proprio la saturazione delle strade e autostrade. E l’inquinamento ambientale.
    Penso che le autostrade del web vadano incontro allo stesso destino.
    La velocità, l’intasamento, e l’aggressività dei conducenti che corrono sui social diminuirà quando tutto si riverserà su di loro.
    E’ un sistema entropico che troverà il suo limite proprio nella sua espansione “finita”.
    Dobbiamo attendere? Solo un pò!

  6. concordo con le considerazione e aggiungo che potrebbe essere interessante, utile e divertente esplorare l’altra faccia della medaglia ossia promuovere un uso creativo e collaborativo di tutti i new media per dare spazio alla generazione dell’intelligenza e della creatività umana.

  7. Di social network ce ne sono molti e va scelto quello giusto,
    FEISBUC ha a mio avviso incarnato lo spirito di una blanda dittatura… quella in cui i cittadini-clienti delle piattaforme sociali sono costretti a subire passivamente umori e decisioni di ignoti signori che siedono davanti a un computer dall’altra parte del mondo. Ne leggevo a riguardo in questo sito, nel blog credo: Meglio un sito web o Facebook?. è molto attuale il dibattito che riguarda i cittadini di quella grande “repubblica” che è Internet. Insomma, di tutti noi. è triste notare che per molta gente valga il principio che internet=feisbuc

  8. Io penso, invece, che la comunicazione sia sempre meglio del silenzio, che amplifica i conflitti e, sotto la spinta di certe tensioni sociali, può davvero sfociare in atti d’inciviltà. Parlare, invece, può raggiungere un livello di mediazione (anche quando si parte da atteggiamenti non proprio diplomatici) perché non sempre l’altro asseconda l’ostilità o il pensiero negativo, anzi! E’ esattamente ciò che ha fatto lei: ha parlato di un problema e insieme si può crescere verso soluzioni pacifiche e costruttive dei conflitti. Sarà perché credo che, comunque, nell’essere umano si possa trovare un “angolino” di ragionevolezza. Il dialogo deve sviluppare proprio questo aspetto. “Imbavagliare” non fa altro che comprimere il dissenso con conseguenze imprevedibili.

  9. totalmente , serenamente , giocosamente ma soprattutto ” LENTAMENTE ” d’ accordo .. Grazie !

  10. Sono quasi totalmente d’accordo con l’articolo. Sul punto 3) che dice “social network I cui protocolli danno il tempo per pensare, oggi sembrano improbabili “, oggi, a distanza di un anno dalla pubblicazione dell’articolo, posso darvi un esempio di un social network strutturato in modo che si pensi prima di scrivere un contenuto: http://www.mymediterraneo.net

  11. LA POLIZIA POSTALE è l’unica che può avere il diritto e il dovere di bloccare determinati messaggi (pericolosi per uno o più utenti). Non affidiamo a chiunque questo delicato compito, lasciamolo a chi ha competenza e soprattutto non ha pregiudizi che limitino indiscriminatamente la libertà senza le necessarie tutele e regole, anche per non limitare ingiustamente il diritto della gente di dire la sua opinione, anche quando è scomoda per qualcuno.

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