Nuovo e utile

Qualità e consistenza, sul web e non solo

Di solito non mi faccio scrupoli nel proporvi, linkandoli su NeU, anche articoli e materiali di non recentissima pubblicazione. Anzi, per certi versi, il fatto che un articolo resti interessante, utile e rilevante anche dopo giorni, settimane o mesi che è stato scritto e pubblicato dimostra che è valido e merita di essere letto e, magari, ricordato.
Oggi faccio un’eccezione perché nel giro di poche ore mi sono capitate sotto il naso tre cose fresche fresche che, messe assieme, costruiscono un discorso. E forse intercettano un’insofferenza sulla quale vale la pena di riflettere: riguarda la qualità sul web ma, probabilmente, non solo quella.

Qualità invece di quantità: Massimo Melica sostiene che la fregola della popolarità sul web (procurarsi il massimo numero possibile di amici o di follower, misurare il numero dei “mi piace” ottenuti su Facebook, e così via) si sta smorzando. L’eccesso di rumore e di litigiosità rende difficile lo scambio di idee in rete. E allora si cercano soluzioni di nicchia che permettono interazioni di migliore qualità, preferendole al puro dato quantitativo dei contatti.
Già che ci sono, segnalo un post di Neu che prova a distinguere tra notorietà, popolarità, reputazione… proprio per ricordare che si tratta di categorie che non hanno identico valore.

Testi interessanti invece di parole-chiave: Francesco Vignotto segnala che l’ossessione delle parole chiave infilate a forza nei testi per ottenere buoni posizionamenti sul web alla fin fine porta a scrivere cose che piacciono più ai motori di ricerca che ai lettori in carne e ossa. A scrivere articoli col pilota automatico. E a produrre siti-macedonia di scarsissima decifrabilità e contenuto men che modesto. Il lettore in carne e ossa che, al contrario dei motori di ricerca, non legge parole ma discorsi, e magari lo fa per cavarne un senso, un’idea o un’informazione nuova, non può che ritrovarsi frastornato e fuorviato. Usare parole necessarie, invece, aiuta a trovarsi il pubblico giusto, e giustamente interessato. E migliora, in generale, la qualità sul web.

Il video più visto del 2012 non somiglia per niente a un video virale. AdAge mette in fila i video più condivisi sul web quest’anno. Il primo dato clamoroso è che le la scala delle condivisioni è in crescita (il primo posto in classifica di quest’anno vale oltre 213 milioni di views, mentre il video più visto del 2011 ne vale “solo” 63 milioni). Ma l’altro dato clamoroso è che il primo video in classifica non si fonda sullo humour, la tenerezza, l’intrattenimento o la spettacolarità, classiche chiavi narrative vincenti sui grandi numeri. Ed è lunghissimo: 30 minuti per raccontare l’oscura storia del criminale di guerra ugandese Kony. Per dovere di cronaca segnalo i crimini di Kony sono più che accertati e tuttavia il video, come racconta il Washington Post, ha suscitato alcune controversie.
Ma la sostanza non cambia: un contenuto disturbante, un discorso complesso, una produzione indipendente e una durata del tutto fuori scala – un mix che sulla carta chiunque avrebbe definito perdente – hanno conquistato un’attenzione superiore a quella di qualsiasi prodotto, come dire?, più ortodosso.

Conclusione provvisoria: forse è venuto il momento di rimettere in discussione alcune regole riguardanti modi, contenuti e pubblici della comunicazione che troppo in fretta sono state date per scontate e immutabili. Avremo tutto il 2013 per controllare se è vero, e un bel mazzetto di intricate vicende italiane, elezioni comprese, per esercitarci.

2 risposte

  1. Condivido la necessità di una approfondita riflessione sul tema, Annamaria e, come dici, abbiamo tempo.

    Condivido molte considerazioni sul presenzialismo (preferisco chiamare così il desiderio di apparire virtualmente) espresse in questa nota.

    Solo un appunto a Francesco Vigotto: redigere, please, NON redarre.

    http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/maltrattamento-redarre-testi-istituzionali

    Anche gli studenti universitari sono incorsi in questo errore. Per fortuna non erano della facoltà di lettere. Magra consolazione (*_))

  2. Personalmente il post (o l’articolo?) di Massimo Melica mi ha tirato un po’ su. Facebook l’ho sempre visto come una cosa frivola e superficiale. D’altronde come diceva Andy Warhol: “abbiamo tutti bisogno del nostro quarto d’ora di gloria”… ed a quanto scrive Melica, il quarto d’ora è passato anche per Facebook 😉 alla vertiginosa velocità con la quale si muove il web era quasi inevitabile.
    La cosa interessante (a mio modestissimo parere) è che facebook (faccia-libro) nasce come un contenitore (io l’ho sempre visto così) dove negli avatar gli utenti ci mettono letteralmente la faccia a differenza dei forum per esempio, dove vige la regola dei nickname e avatar fittizi. Poi, quando arriva alla massa, ecco arrivare i primi nickname che sostituiscono i nomi reali ed ecco che tornano gli avatar fittizi come nei forum. Sembra quasi che i puritani di facebook siano migrati altrove, in un social network dove la regola è ancora quella di metterci la faccia e che quelli che sono restati abbiano optato per la qualità…
    Nello.

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