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Successo, consenso, fama… in un glossario tascabile – Idee 51

Ottenere consenso non è una roba frivola: in una società democratica e in un’economia di mercato segnate dall’accesso universale ai media, il consenso pubblico – vi piaccia o no – è una condizione necessaria per il successo degli individui, dei prodotti e delle imprese, delle organizzazioni e dei partiti. E perfino delle nazioni.

Oggi vi propongo un piccolo elenco ragionato di termini correlati. Magari serve anche per capire qualcosa di più di quanto è successo nel recente passato. Magari, serve a capire quali decisioni sono opportune per il futuro.

NOTORIETÀ. Si riferisce a un dato puramente quantitativo: la numerosità delle persone che ricordano in prima battuta (ricordo spontaneo) o “riconoscono di conoscere” (ricordo aiutato) qualcosa, o qualcuno. Nel marketing, e anche nel marketing elettorale, un’alta notorietà costituisce una valida barriera all’ingresso dei concorrenti ed è una buona condizione di partenza per competere.
Purché se ne parli è il mantra di chi cerca di notorietà, e il motivo per cui buona parte della classe politica spesso rilascia dichiarazioni che potrebbe risparmiarsi. In termini di pura notorietà la tv è il medium strategico. E continua ad esserlo, nonostante la diffusione del web, in un paese affetto da bassi livelli di alfabetizzazione digitale. E di alfabetizzazione tout court.
La notorietà non è una misura del valore. Da un lato può appartenere anche a persone da cui non comprereste mai un’auto usata. Dall’altro ha, di norma, impatto tanto minore quanto più il pubblico è acculturato e informato. Insomma: essere noti è un bel vantaggio. Ma poi bisogna vedere a chi (e non solo a quanti) si è noti, e perché.

CELEBRITÀ/FAMA. Riguardano una notorietà per definizione alta + il sentimento (ammirazione, invidia…) che questa suscita. In the future, everyone will be world-famous for 15 minutes scrive Andy Warhol nel 1968. Purtroppo viene preso sul serio.
Celebrità ha ormai acquistato una sfumatura pop, rimanda al gossip e si riferisce al mondo dello spettacolo: è una faccenda di vip. Woody Allen gira nel 1998, con un cast di celebrities, un film intitolato Celebrity.
Fama (è anche il nome di una divinità alata e occhiuta della mitologia romana) ha una sfumatura più classica e si proietta su un orizzonte temporale più vasto.
Poiché si può essere celebri o famosi anche per ragioni pessime, siamo ancora in ambito puramente quantitativo. L’unica barriera è verso il basso: al di sotto di una certa soglia di notorietà, di essere celebri o famosi proprio non si può parlare.

GRADIMENTO. Riguarda l’approvazione e l’accettazione, e dunque ciò che suscita favore e piace. Un indice di gradimento misura la percentuale di favore ottenuto da un leader, da una proposta politica, o anche da un programma televisivo. Se stiamo parlando di prodotti o di servizi, “gradimento” diventa “soddisfazione”: si parla di customer satisfaction (soddisfazione del cliente). La nuova frontiera del gradimento è il pulsante “mi piace” su Facebook. Attenzione: non si può, ovviamente, risultare graditi senza essere almeno un po’ noti. Ma si può essere molto noti e per niente graditi.

POPOLARITÀ. Questo è un criterio rilevante. Un indice di popolarità si può propriamente calcolare combinando fra loro le percentuali di notorietà e di gradimento che un soggetto riscuote presso un pubblico. Poiché la componente “gradimento” pesa, l’indice di popolarità è molto più ballerino dell’indice di notorietà. Ed anche molto più significativo in termini di previsioni di successo.

REPUTAZIONE. Eccolo, l’altro criterio rilevante. La reputazione è strettamente connessa con la credibilità, il rispetto, la stima e l’affidabilità di cui un soggetto gode nella comunità di riferimento, e quindi con il valore che viene attribuito a un individuo o a un’impresa, ed anche a una cultura o a una nazione. È una componente forte dell’identità così come viene percepita, su base sia emotiva sia razionale, ed è un fondamento solido dell’organizzazione sociale. Le decisioni economiche si basano sulla reputazione tanto che, per le imprese, si parla di capitale reputazionale. È la reputazione a decidere quanto un professionista viene pagato e se un credito (reale o metaforico) viene concesso: val più un’oncia di reputazione che una libbra d’oro, dice il proverbio. E ancora: non sforzarti di essere una persona di successo, ma di essere una persona di valore (Albert Einstein). Nel web la reputazione conta, per chiunque.

Infine c’è anche l’effetto del falso consenso: un bias cognitivo piuttosto pericoloso, che consiste nel proiettare sugli altri la propria visione del mondo, immaginando che sia condivisa e ignorando ogni evidenza contraria.
Morale: la notorietà, se non si traduce in popolarità, non garantisce il successo. E ciò a cui bisogna stare davvero attenti è la reputazione. Costruirsela è una faccenda lunga. Perderla, può essere devastante.

12 risposte

  1. Un lavoro utilissimo, Annamaria. Quasi un servizio sociale. 🙂 Non scherzo. Lo riprendo sul mio blog in settimana. Grazieeeeee

  2. Grande post, Annamaria. Da leggere, copiare, studiare. No time per intervenire, purtroppo. Un saluto a tutte e tutti. Solo testimonianza di lettura e attenzione.

  3. Grazie Annamaria per l’ottimo lavoro sul blog che seguo con molta attenzione e riconoscimento. Grazie in particolare per questo ultimo post che dovrebbe essere materia di studio a scuola.

  4. La reputazione non mi sembra che goda di buona salute, tra i termini di questo perfetto e sintetico glossario. Forse perché essa prospera in un mondo sociale coeso e coerente, sul piano etico e culturale. Una società può essere divisa in classi conflittuali, ma essere capace di far condividere i valori e le virtù che disegnano i confini di una accettabile reputazione. Da qualche decennio ormai, abbiamo assistito al diniego di quel conflitto e allo scioglimento del legame sociale che alimentava l’esigenza di reputazione. I risultati li vediamo.

  5. Va detto che sono anche termini molto fluidi. La notorietà può essere negativa o positiva, ma abbastanza facilmente si trasforma in un vantaggio (se chi ne è oggetto regge lo stress che la notorietà comporta). Ad esempio in passato uomini politici indagati hanno visto i loro voti aumentare; oppure i serial killer ricevono lettere di ammiratori e ammiratrici, fino a vere e proprie proposte di matrimonio, attenzioni che non riceverebbero mai senza la loro notorietà e pessima reputazione. C’è anche chi sulla cattiva reputazione costruisce una carriera, e così via. Il vero problema di fama, notorietà e popolarità è reggere l’inevitabile stress che la visibilità comporta. Come dimostrano, per esempio, i casi diversi ma altamente drammatici di Elvis Presley e John Lennon.

  6. Molto interessante come sempre! A proposito di reputazione in crollo ricordate quando Kate Moss venne immortalata mentre sniffava coca? Le sue quotazioni salirono vertiginosamente e siglo’ contratti da testimonial forse mai immaginati prima….

  7. “Fortuna e gloria” è il binomio tormentone di Indiana Jones che ci ha accompagnato per anni piacevolmente *_*

  8. Ti seguo con molto interesse, soprattutto su questa vicenda della reputazione. Essendo un grafico conosco molto bene le dinamiche all’interno delle aziende e a volte mi trovo in difficoltà essendo anche un buddista, per me certe cose sono inaccettabili. Mi chiedo se è giusto continuare ad avere rapporti lavorativi con queste aziende, oppure lasciar perdere e cambiare aria.

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