reputazione fragile preziosa complicata

Reputazione. Quanto è fragile, preziosa, complicata

Ci vogliono vent’anni per costruire una reputazione e cinque minuti per rovinarla. Se pensi a questo, farai le cose in modo diverso.
Questa citazione di Warren Buffett mi sembra un ottimo modo per cominciare a raccontarvi due-tre cose forse non così intuitive sul fenomeno fluido, dinamico, multidirezionale e oggi più che mai rilevante che è la reputazione.

ECCELLENTE, OPPURE NO. La citazione è interessante anche perché lo stesso Warren Buffett gode di una reputazione eccellente presso molti (uno straordinario uomo d’affari! Un grande filantropo!), e non così buona presso altri. 

OCCHIO AL GRUPPO DI RIFERIMENTO. Questa – chiamiamola così – ambivalenza reputazionale ci porta immediatamente al cuore della questione. Non si può mai parlare di reputazione in termini assoluti, ma bisogna sempre farlo in relazione a uno specifico gruppo di riferimento. Il quale può adottare valori e criteri di giudizio (e quindi può esprimere giudizi) anche sostanzialmente differenti da quelli che altri gruppi potrebbero esprimere. 

TIPACCI BEN REPUTATI. In altre parole: presso alcuni gruppi, possono godere di ottima reputazione pessimi soggetti, individui detestabili e autentici tipacci. Se uno si ricorda di questo fatto, può continuare a scandalizzarsi, ma almeno evita di stupirsi.

DEGNI DI APPREZZAMENTO. Il termine reputazione viene dal latino reputare, che indica la ricorrente potatura (re-putare) di una pianta, e per estensione un giudizio reiterato. 
E, appunto, noi chiamiamo “reputazione” il rispetto, l’ammirazione e il credito che un gruppo conferisce al soggetto che viene collettivamente e ripetutamente giudicato degno di apprezzamento. 

CONTROLLO SOCIALE. Sotto questo profilo, la reputazione è in primo luogo uno strumento di controllo sociale. Esprime il valore che un gruppo attribuisce ai comportamenti desiderabili, e costituisce la moneta con cui il gruppo medesimo li ricambia e li incentiva. 

GIUDIZI CONTAGIOSI. Ma l’intero meccanismo reputazionale funziona in modo bizzarro. La reputazione infatti viene attribuita non dal gruppo che, nel suo complesso, esprime un giudizio formale, ma in base a come ciascun singolo membro del gruppo ritiene che l’intero gruppo sia propenso a giudicare. In sostanza, la reputazione è il risultato dei giudizi di ciascun membro del gruppo sui giudizi dell’intero gruppo: dunque, per certi versi, è una specie di indiretto contagio dei giudizi.

DICERIE CONTAGIOSE. Per questo anche la reputazione più consolidata è intrinsecamente fragile, e basta un pettegolezzo, un sospetto, una diceria (appunto) contagiosa per danneggiarla: sono esattamente i cinque minuti di cui parla Buffett.

CONFORMISMO SOCIALE. Vale inoltre la pena di notare che, sempre per questi motivi, l’intero meccanismo reputazionale appare mosso da comportamenti mimetici (ciascuno vuole, nei propri giudizi, somigliare agli altri membri del gruppo). In sostanza, la reputazione è anche una faccenda di conformismo sociale, oltre che di controllo sociale. 
E questo, ovviamente, vale perfino se una reputazione di anticonformismo viene attribuita da un gruppo di anticonformisti. 

CAPITALE REPUTAZIONALE. Ma la reputazione non riguarda solo gli individui: è preziosa (e infatti si parla di capitale reputazionale) anche per gli stati, le imprese, le associazioni. 

NAZIONI. Così, una nazione che gode di buona reputazione (esiste anche un country reputation track) esporta di più e attrae più turisti. Appare più credibile a livello internazionale. E può meglio esercitare il soft power, il potere morbido che si esprime e ha un peso a prescindere dalla potenza economica e dalla forza militare.

IMPRESE E ASSOCIAZIONI. Un’impresa che ha buona reputazione attrae più clienti e può vendere meglio (e a miglior prezzo) i suoi prodotti. E un’associazione che ha una buona reputazione attrae più finanziamenti e può più efficacemente perseguire le proprie finalità.

IDENTITÀ E VALORI. La reputazione riguarda l’identità e i valori. È qualcosa di diverso dalla notorietà, (si può essere molto conosciuti e tuttavia malamente reputati). Ed è diversa dal gradimento (la piacevolezza non necessariamente coincide con la stima e la fiducia).

PRIMA IMPRESSIONE. La reputazione può precedere la conoscenza diretta, e può orientare la percezione. Diversi studi (per esempio, questo) ci dicono che, per formarci una dettagliata prima impressione di una persona sconosciuta, ci bastano, nel momento in cui la vediamo per la prima volta, da 33 a 100 millisecondi. Insomma: un batter d’occhio.

GIUDIZIO ISTINTIVO. È una capacità di giudicare istintiva, ereditata dai nostri antenati. Quelli che, di fronte a una presenza estranea nella foresta, dovevano, proprio in un batter d’occhio, decidere se si trattava o meno di qualcosa di pericoloso. E dunque se attaccare, fuggire, nascondersi, procedere  tranquillamente.

PERCEZIONI COMPLESSE. Ancora oggi, in un batter d’occhio e in modo sorprendentemente accurato, noi siamo in grado di farci un’idea dello status di uno sconosciuto. Del suo grado di affidabilità o di aggressività, del fatto che ci appaia attraente, o competente. Tuttavia, se lo sconosciuto è preceduto dalla sua reputazione, ne saremo pesantemente influenzati. E lo osserveremo alla luce del giudizio che il nostro gruppo di riferimento ha già espresso.

MEMBRI EMINENTI. In sostanza, la reputazione è l’espressione tangibile dell’esistenza di fili che legano e collocano ciascuno di noi all’interno  di una comunità. E del fatto che ogni comunità sente il bisogno di condividere i giudizi a partire dai quali riconosce i propri membri eminenti. 

NON SOLO PER VIA DI INTERNET. Posso dirlo? Trovo stucchevole la tesi secondo la quale la reputazione è diventata una faccenda importante solo per via di internet e dei social network. E sono abbastanza convinta che anche un imperatore romano o un medico cinese dell’epoca Tang avessero il loro bel da fare per guadagnarsi e mantenersi una buona reputazione presso gli stakeholder.O meglio, presso i loro corrispondenti dell’epoca.
Se mai internet, che regala visibilità presso comunità più ampie anche a molti che, altrimenti, sarebbero rimasti invisibili, accresce ed espande problemi, rischi e opportunità connessi con la reputazione. 

AGIRE PER ESSERE, PER APPARIRE. E a questo punto, sia per ribadire il fatto che il tema in sé non è recente, sia perché si tratta di un’ottima dritta, mi sembra che una buona maniera per concludere possa essere ricopiarvi questa citazione di Socrate: il modo per ottenere una buona reputazione sta nell’agire per essere ciò che desideri apparire.

Una risposta

  1. Buongiorno Sig.ra Annamaria,
    e grazie come sempre per questi articoli stimolanti.

    Personalmente il fatto che la reputazione sia diversa per ogni gruppo sociale di riferimento mi fa venire in mente le teorie di Goffman, ma non fa testo: sono rimasto indietro, e Goffman lo metterei pure nel caffè.

    Una curiosità: i giochi di ruolo da tavolo devono, per definizione, proporre dei sistemi (regolamenti) che riproducano approssimazioni della realtà, dalla fisica ai sistemi sociali.
    Ebbene il sistema che regola la reputazione come relativa a diversi gruppi sociali è noto da tempo ai giocatori di ruolo.
    Al momento mi viene in mente l’ottimo sistema di Eclipse Phase (ma l’ambientazione può risultare un po’ cervellotica – se non vi piace il post-cyberpunk dissezionato su un tavolo autoptico – a me non tanto)

    Magari

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