anno in Cina

Un anno in Cina, guardandola da molto vicino

Giovanni Montefoschi, studente bolognese, ha trascorso un intero anno (il quarto anno di liceo) in Cina, nella provincia dell’Hebei, nella parte più settentrionale della Repubblica Popolare.
Si tratta, come si può bene immaginare, di un’esperienza davvero intensa per un ragazzo sedicenne.
In modo del tutto casuale mi sono imbattuta nel diario che Montefoschi ha scritto in quell’occasione. Sono rimasta colpita dalla freschezza, dallo humor e dall’acutezza delle sue note. Così, pensando che anche i lettori di NeU potessero trovarle interessanti, gli ho chiesto di poterne pubblicare un estratto. Eccolo.

FINE AGOSTO – Primi giorni in Cina
Comincio solo adesso a rendermi conto che sono qui, che sarò qui in Cina. Solo da quando ho visto le schiere di cinesi a cavallo di minuscoli motorini elettrici, i venditori di frutta con le bancarelle improvvisate, i bambini che giocano e fanno i loro bisogni sul marciapiede, le baracche di lamiera. Sarà un anno lungo e impegnativo.

La scuola numero 42 aprirà lunedì prossimo. Per ora resterò in dormitorio con il mio compagno di stanza, per rimettere in ordine cose e pensieri. La scuola è un cantiere. Niente sembra pronto, in giro si vedono solo pochissimi studenti con addosso le orride divise color lavanda (in realtà si tratta di tute). E qualche operaio dall’aria provata che si è addormentato durante la pausa pranzo sul primo gradino ombreggiato.

Restare in silenzio
Questo fine settimana ho conosciuto la mia famiglia cinese. Devo dire che non posso assolutamente lamentarmi. Sembrano molto felici di avermi con loro e il mio “fratellino” parla discretamente l’inglese, il che rende più facili le comunicazioni con il resto della famiglia. 

Ciò nonostante, durante questo fine settimana sono stato a lungo in silenzio, un po’ perché non sapevo cosa raccontare a dei quasi totali sconosciuti, un po’ perché a causa della lingua i discorsi sono rimasti all’essenziale. Non è stato però un silenzio nervoso per me, ho avuto modo di riflettere, leggere, osservare. Ho pensato alla mia casa, ai muri e le strade di tutti i giorni. Mi mancheranno da morire i portici, l’attraversare le due torri come se non ci fossero, le scale fatte di corsa del liceo. Ho pensato che sono partito con l’idea di essere forte, ma solo il ricordo della mia stanza me ne fa dubitare.

SETTEMBRE – L’imbarazzo dei soldi
C’è una cosa che mi turba, mi causa disagio in questi giorni: i soldi. Mi spiegherò meglio, qui tutto costa veramente poco se si converte il prezzo dalla valuta locale all’euro. Conseguentemente i miei 2500 yuan, che corrispondono a oggi a poco più di 300 euro, qui sono più dello stipendio mensile di molte persone. Inoltre quasi tutti i miei soldi sono rossicci biglietti da 100 yuan, una rarità. Ad esempio, per la proprietaria di un ristorante dove mi sono recato due sere fa, che vedendo il biglietto ha spalancato gli occhi come se fosse il primo che vedeva, controllandone poi l’autenticità.
Da un po’ di tempo ho in mente di scrivere sullo stare a tavola del glorioso popolo. Ma ho voluto aspettare per avere conferma delle mie impressioni iniziali.

Anno in Cina 2

Fazzolettini & altre peculiarità
Parto dal titolo di questo brano, “Fazzolettini”, perché sono quello che in origine mi ha ispirato ad affrontare l’argomento. In Cina non esistono i tovaglioli, la bocca si pulisce con montagne di minuscoli fazzolettini monovelo, mai più grandi del palmo di una mano. In Cina non esistono neanche i piatti per come noi occidentali li intendiamo, l’oggetto in sé non è assente nella credenza, ma ha la sola funzione di piatto di portata, dal quale si attinge direttamente con le proprie bacchette. Per un uso esclusivo sono disponibili dei piattini come quelli che noi mettiamo sotto le tazzine o in alternativa delle piccole ciotole piene di riso. Si sputa, si deve sputare. È inevitabile per come è fatto il loro cibo, amano infatti cucinare qualsiasi alimento senza rimuovere ossa, lische o semi. 

L’acqua fredda fa male allo stomaco, meglio berla bollente. Se proprio si deve, a temperatura ambiente, ma in quel caso l’acqua non si merita neanche la presenza in tavola. I tavoli sono più bassi, si sta gobbi sulla ciotola e in alcuni “ristoranti” lungo la strada si mangia a malapena all’altezza dello stinco. Rutti e scoregge non sono frequenti, ma neanche tabù. Per avere un’idea della quantità di cibo ingerita in media da un membro del glorioso popolo basta prendere la nostra dieta e sostituire alla colazione un altro pranzo, con tanto di riso, uova e zuppetta.

Non sono riuscito bene a inquadrare il glorioso popolo riguardo alle sue credenze religiose: ho chiesto alla mia famiglia cinese e loro hanno detto di essere atei. Ieri però, durante le celebrazioni della festa di metà autunno, la mamma ha fatto una preghiera, completa di incenso bruciato al dio della luna affinché il figlio possa andare all’università, il tutto di fronte ad una grande statua di Budda.

OTTOBRE – Caratteri
Una delle vere sfide dell’imparare il cinese, tanto più in questi primi giorni, è imparare decine e decine di caratteri, che diventeranno centinaia, poi ancora migliaia. Come faccio io a ricordarmeli tutti? Certamente in qualche divisione segreta della NASA, oltre ad un nuovo e complicatissimo modello di pelapatate, si saranno inventati anche un modo semplice e innovativo per imparare una montagna di ideogrammi. Essendo io tragicamente all’oscuro di questa sensazionale scoperta, ho fatto ricorso al più antico metodo di apprendimento esistente. Cioè ho deciso di mostrare i muscoli al mio cervello e ripetere i caratteri fino allo sfinimento, consumando matite, riempiendo pagine e pagine e ancora pagine di scarabocchi.

Xibaipo
Xibaipo è un piccolo villaggio dove Mao Zedong e il resto dei pezzi grossi del PCC hanno stabilito la loro base operativa per alcuni mesi fra il 1948 e il 1949. Ci sono stato giovedì con la famiglia e abbiamo visitato il villaggio-museo con le case di tutti i più famosi membri del partito comunista di quel tempo.

Fin qui tutto a posto, se non fosse che in quel villaggio qualcosa non andava: perché non c’erano altre case? Come è possibile che sia rimasto tutto uguale? I miei sospetti si sono rivelati fondati, il villaggio originale, quello dove il vero Mao aveva soggiornato, è sommerso da milioni di litri d’acqua nel bel mezzo di un vicino lago artificiale. Comunque, il posto vale il viaggio.

Dal piccolo al grande, dal grande al piccolo
Scrivo perché un mio giudizio su un argomento complesso si è rivelato essere un pregiudizio.
Partirò da lontano, dalla realtà in questo caso, perché il mio sconvolgimento di prospettiva nasce da qualcosa di banale, ma non scontato, cioè il modo di scrivere la data: giorno, mese, anno. Errore! Il glorioso popolo ti fa cortesemente notare come il modo corretto sia anno, mese e poi giorno. Niente di che, penso che nessuno vorrebbe scrivere un libro sull’argomento, ma questo dettaglio mi ha aperto gli occhi, perché tradisce qualcosa di molto più rilevante.

Tutto in Cina segue questo rigoroso ordine decrescente, lo fanno le indicazioni temporali, ma anche gli indirizzi. Se lo si chiede a me io abito a Bologna, Emilia-Romagna, Italia. Per loro è l’esatto opposto, io abito in Italia, Emilia-Romagna, Bologna.

Il mio pregiudizio è stato quello di considerare mostruosa la completa demolizione dell’individuo che appare lampante a chiunque trascorra un po’ di tempo in Cina. L’obiettivo non è la realizzazione di sé come individuo, ma del proprio gruppo, della Cina.
Non voglio essere frainteso, penso ancora che l’individualità vada protetta, ma mi rendo conto che si tratta di una differenza di Weltanschauung, non ci sono “bene” e “male” in gioco.

NOVEMBRE – 74
Forse, anzi sicuramente, la domanda che ricevo più spesso è la seguente: “Come va con il cinese?” A questa domanda esistono due risposte, delle quali una è semplice, anzi minima, ma insoddisfacente, cioè “bene”, l’altra è più complessa e mi porta leggermente fuori tema.
La Cina, per chi non ci è mai stato, è un luogo misterioso: in fondo, oltre al comunismo, al lavoro a basso costo e agli occhi a mandorla, com’è il paese che vuole diventare la prima potenza mondiale?

È senza ombra di dubbio deludente come risposta, ma per certi versi la Cina è estremamente normale. Non nel senso che assomiglia a casa: la Cina è normale perché non è né la terra dei sogni, né l’inferno.
Il sole sorge ogni mattina, le persone lavorano e, nonostante usi e costumi siano completamente opposti a quelli occidentali, i problemi delle persone sono sempre gli stessi.

Tutto questo per dire che il cinese, per quanto possa apparire incomprensibile o assurdo, è anch’esso una lingua, con tanto di soggetti, predicati, verbi e tutto il resto. Si può senza problemi studiare e imparare, non sono richieste capacità sovrannaturali per farlo.

Zietta
La “Zietta” è una creazione della società cinese. Descrivendola con canoni occidentali, si potrebbe dire che è la guardiana del dormitorio, ma è molto di più. La Zietta irrompe ogni mattina nella tua stanza alle sei e cinquantatré minuti precise e, a prescindere da che tu sia già sveglio o meno ti fa “dolcemente” notare che è ora di alzarsi.

Sedici minuti dopo, alle sette e nove, la Zietta fa ritorno per incazzarsi con il tuo compagno di stanza ancora raggomitolato nel suo letto. Vedendosi però ignorata, si incazza con te dicendoti qualcosa in cinese che non capisci metà delle volte, l’altra metà lo ignori.
Segue un breve arco di tempo nel quale riesci a lavarti la faccia, preparare i caffè e a rifare il letto in modo da trasformare il tuo piumino in un parallelepipedo perfetto.

Il sogno della Zietta sarebbe che tu uscissi dal dormitorio alle sette e trentacinque, così da arrivare in classe entro le sette e quarantacinque, cioè dieci minuti prima dell’inizio delle lezioni.
Ovviamente questo sogno è destinato a rimanere tale, perché, quando alle sette e trentuno minuti la Zietta fa il suo terzo e definitivo ingresso in scena, tu stai ancora inzuppando il biscotto nel caffè, con tanto di calma olimpica.

Questo scontro di punti di vista è inconcepibile per la Zietta ed ha come conseguenza l’insorgere di un cortocircuito nel suo cervello, che la porta ad emanare ordini privi di qualsiasi senso logico e pratico, come ad esempio: “Lava il pavimento, ora!”. Oppure “Il tuo piumino non è un parallelepipedo perfetto, rifallo, ora!”. In questo i cinesi sono di gran lunga superiori a noi italiani, riescono a trasformare un piumino in un blocco solido e dagli spigoli affilati. Oppure: “Sbrigati!” ii mio preferito, detto ogni mattina al mio compagno di stanza mentre è al gabinetto.
Sia chiaro che la Zietta non è affatto cattiva, in fin dei conti ti vuole bene.

Voti
Per ovvie ragioni quelli dei compiti in classe vanno da zero a dieci o da zero a cento, ma quelli su comportamento o pulizia della stanza sono sempre da zero a meno infinito, fare bene è impossibile, ma puoi fare infinitamente male.

Meglio
Sono una persona migliore di quando sono partito, non che prima mi facessi schifo, ma senza dubbio sono cambiato in meglio.

DICEMBRE – Lode al glorioso popolo!
Mi preme alquanto spendere alcune parole, che finora ho sbagliando trattenuto, per raccontare i pregi del glorioso popolo. Il glorioso popolo è amichevole, tutte le persone che incontri vogliono fare amicizia con te, soprattutto se sei “diverso”, cioè straniero.

Il glorioso popolo non crede nella privacy, le porte delle loro case sono aperte a tutti, non hanno paura nel dare a dei quasi sconosciuti il loro numero di telefono e non nascondono quello che fanno.
E poi: glorioso popolo è ottimista, è convinto che tutto andrà meglio.
Il glorioso popolo è semplice, viene dalla campagna, non ha bisogno di interrogarsi sui massimi sistemi.
Il glorioso popolo è godereccio, ama mangiare, bere, stare in compagnia.8

GENNAIO – Il cibo del futuro
Ho più volte letto e sentito dire che gli insetti saranno il cibo del futuro, perché sono più salutari ed efficienti da produrre della carne.
Ora, non so quanto fosse salutare, ma lo scorpione fritto non era per niente male, sembrava quasi un gamberetto.

Razzismo
I cinesi sono razzisti nel vero senso della parola, credono nell’esistenza delle razze e che alcune siano meglio di altre. Secondo il libro dei vocaboli inglesi del mio compagno di banco le razze sono principalmente tre: quella nera, quella bianca e quella gialla.

Questa definizione della parola “race” mi lascia un po’ confuso, per esempio i tailandesi di che razza sono? Quella gialla? Voglio dire, sono parecchio diversi dai cinesi. Gli italiani, poi, di che razza sarebbero? Siamo piuttosto diversi, non so, dai russi.
Il discorso in ogni caso è del tutto inutile: rispetto al glorioso popolo siamo tutti secondi.

Kaoshi! Kaoshi!
È periodo di compiti in classe, lo è da Natale. Sì, da Natale fino ad oggi sono venuto a scuola e ho studiato come poche volte ho fatto prima. 
Nei due giorni precedenti l’ultimo compito ho riempito un totale di nove fogli quadrettati appositamente per l’apprendimento dei caratteri, per un totale di 5655 ideogrammi.
In questo momento provo una totale repulsione verso lo studio.

Anno in Cina 3

Il pranzo
Due giorni fa sono stato ad un pranzo di lavoro con il mio papà cinese. È stata un’esperienza surreale.
Prima però di rivivere quello spettacolo è necessario introdurre il palcoscenico. Superiamo quindi il piano terra di un ristorante buio, sperduto in un quartiere sconosciuto, e saliamo una rampa di scale che porta al primo piano, quello dove si trovano le sale da pranzo private in ogni ristorante cinese che si rispetti. Una volta entrati nella sala 9a ci troviamo di fronte una tavola già sovraccarica di pietanze misteriose, circondata da sette uomini sulla cinquantina, si capisce che hanno appena iniziato a banchettare, ancora non hanno versato il baijiu, l’imbevibile alcolico a 60 gradi.

Siamo tutti uomini tranne la mia zia cinese, per un totale di nove a uno. C’è anche il capo della zia, che siede guardando la porta d’ingresso, come si addice ad un capo, e ha con sé una piccola corte. Alla destra del sovrano siedono due dirigenti, silenziosi e guardinghi per tutto il pranzo. Alla sua sinistra siede lo scagnozzo, il suo unico incarico è di bere al posto del re, evitandogli l’indignitosa ubriachezza. Come, scusa? Ecco: i cinesi non bevono come facciamo noi per accompagnare il pasto, loro fanno a gara, sfidandosi a colpi di brindisi, per stabilire chi è il più forte, ovvero l’ultimo a sentirsi male.

Quindi, tornando sul nostro palcoscenico, mi sono ritrovato con sette cinquantenni che si sentono male, vomitano e si afflosciano sconfitti uno dopo l’altro. Surreale, appunto.9

FEBBRAIO – La città natale
Ogni famiglia cinese che si rispetti per la festa di primavera fa ritorno al proprio villaggio di origine per riunirsi con i parenti. La mia non è stata da meno.
La casa dei nonni, dove abbiamo dormito, non è dotata di riscaldamento, fatta eccezione per una stufa a carbone, che comunque non stava nella camera dove dormivo. 
“La casa – mi hanno spiegato – è molto vecchia, è stata costruita nel 1989”

Bene, la decrepita dimora, nonostante l’età considerevole, sembrava ancora più vecchia, tra crepe nei muri e vetri rotti delle finestre sostituiti da cartone. Come ultima cosa voglio dire che io il carbone non l’avevo mai visto, pensavo che non ci fossero più persone che usano il carbone per scaldarsi, almeno in Cina.
Quindi… quindi è stato bellissimo, per la prima volta mi sono sentito in un paese con una cultura millenaria.

Il freddo e anonimo villaggio nascondeva una grande tradizione, allora anche inchinarsi su pavimenti luridi per onorare i defunti e non dormire per colpa dei fuochi d’artificio è stato piacevole e interessante.

MARZO – Pomodori
Quando si dice che i cinesi sono tutti uguali non ci si sbaglia. Ovviamente non mi riferisco all’aspetto estetico, in quel senso si potrebbe dire che sono tutti simili, piuttosto che uguali, ciò che intendo è che ogni individuo del glorioso popolo non differisce per pensiero, gusti e abitudini da tutti gli altri.
Verrebbe da pensare che si tratti di un’uguaglianza strettamente legata alle persone, ma non è affatto così, la monotonia del glorioso popolo coinvolge anche i luoghi, i vestiti, i programmi televisivi.

Fa una certa impressione vedere che tutti i fruttivendoli della città vendono le stesse identiche verdure, i pomodori piccoli, quelli grandi, le zucchine chiare e le carote corte e tozze, ma in fondo è così per qualsiasi altra merce nel paese dove il plagio è ampiamente considerato una cosa positiva.

APRILE – Perché sto scrivendo meno
Di recente sto scrivendo meno del solito ed il vero motivo è che, essendomi abituato alla Cina, mi sorprendo molto meno rispetto a prima per le stranezze del glorioso popolo.

MAGGIO – “Think outside of the box”
Non è un segreto che i cinesi siano piuttosto carenti per quanto riguarda il pensiero creativo, non è una loro colpa, vengono purtroppo educati così da uno stato che non è interessato ad avere cittadini in grado di pensare e agire fuori dagli schemi.

Un esempio perfetto di questa caratteristica si è presentato l’altra sera quando io e il fratellino cinese abbiamo incontrato due sue compagne di classe, che, forse sentendosi poco amate, si erano messe in testa un cerchietto con attaccato un piccolo cuoricino, che gli dondolava sopra la testa appiccicato ad una molla. 

La prima cosa che ho pensato vedendole così è che in cinese “fai attenzione” si dice letteralmente “piccolo cuore” e quindi lo strano ornamento si sarebbe potuto interpretare come uno “state attenti”. Dopo aver detto ciò al fratellino ho ricevuto la seguente risposta: “Ah, non ci avevo mai pensato, comunque credo sia un simbolo dell’amore e che lo indossino per essere più carine”.

Ultimo esame
Domani farò l’esame di cinese standard di quarto livello, sono certo di passarlo, ma a dire il vero mi interessa poco anche il punteggio finale che otterrò. Mi turba invece pensare che quello di domani è un po’ l’ultimo obbiettivo rimasto per me da raggiungere qui in Cina. Nonostante manchi ancora un mese prima di tornare in Italia e ci sia ancora spazio per fare qualcosa di interessante in questo tempo, mi sento travolto dalla malinconia che lasciano le cose quando finiscono, complice l’estate che qui è già arrivata da un pezzo. 

Pancia all’aria
La cosa che più mi mancherà della Cina una volta tornato sarà il poter girare in città a torso nudo. Qui infatti non solo è un’abitudine accettata, ma è anche molto diffusa, soprattutto nella sua variante chiamata “Beijing bikini”, che consiste nell’arrotolare all’insù la maglietta, scoprendo solamente il proprio rotondo, glabro e lucido pancione cinese.

Va da sé che questa usanza è riservata ai soli uomini, le donne portano l maniche lunghe e cappello anche con quaranta gradi all’ombra pur di avere la pelle bianca come il latte.

Giugno – Sull’aereo del ritorno dalla Cina
Dovrei scrivere qualcosa di serio per chiudere questo diario e quest’avventura, ma riesco solamente a pensare che sono appena stato in bagno sopra a Bahrain e Qatar, spero non si sentano offesi, la colpa è degli Emirati Arabi, che sui loro aerei servono cibo ogni due ore.
Vorrei evitare di rovinare questo diario con delle ultime parole piene di pathos, ma prive di vera introspezione.

L’importante è invece che durante quest’anno passato assieme al glorioso popolo mi sono divertito, che sono migliorato come persona, che ho imparato cose nuove. Insomma, ho raggiunto tutti gli obiettivi a cui potessi ambire prima della partenza. Quella di andare un anno in Cina è  stata la scelta migliore che abbia mai fatto finora.

Su NeU potete trovare anche alcune note di un recente viaggio cinese della sottoscritta. Qui Pechino. Poi: qui Pingyao. Qui Shanghai. Qui Guilin e il fiume Li.

14 risposte

  1. Ciao Annalisa, grazie della condivisione, questi estratti sono molto interessanti!
    Anzi, mi sono piaciuti talmente tanto che vorrei leggerne di più. Sapresti dirmi dove si trova il diario completo?
    Grazie.

  2. Ciao Giovanni, sei stato molto bravo sia a stare un anno intero in Cina a cavartela da solo sia a scrivere questo diario che a mio parere merita la pubblicazione. Magari sta già arrivando. Mi piacerebbe leggere un tuo articolo su come vivi oggi questa tua esperienza passata e come è stato tornare a casa e ritrovare tutte le comodità..
    ciao Dianella

  3. “La casa – mi hanno spiegato – è molto vecchia, l’anno costruita nel 1989”
    A parte l’errore ortografico, mi sembra che Giovanni si riferisca al 1889 o 1899. Giusto?
    Mi unisco all’auspicio di Daniella.

    1. Salve! L’errore è solo nell’ortografia, l’anno corretto è il 1989. La Cina è un paese antico, ma di costruzione recente.
      Riguardo a come vivo oggi questa esperienza direi che l’impatto maggiore, a parte sapere cosa ordinare al ristorante cinese, stia nel cambio di mentalità che porta lo stare tanto tempo lontano da casa a diciassette anni. Su questo argomento credo però ci siano già numerosi articoli e non penso di avere nulla da aggiungere.
      La pubblicazione del diario completo al momento non è in programma, anche se non escludo del tutto che un giorno possa arrivare.
      Spero di aver risposto sia a lei che a Dianella.
      Giovanni

  4. Complimenti, Giovanni, per la qualità del resoconto. Un’esperienza certamente formativa ed inusuale che ti consentirà di essere ancora più bravo. Mi chiedo quanto l’idea e la scelta del luogo sia dipesa dalla famiglia. Ci sono genitori/tifosi che coinvolgono i figli nelle loro passioni portandoli a calcio tre pomeriggi alla settimana, con partita la domenica mattina, ad iniziare dai sei anni, immaginandoli futuri Maradona. Mi sbaglio se penso che possono essere genitori che guardano alla Cina come espressione del futuro in continuità col presente globalizzato e immaginano di garantire il meglio per i loro figli pensandoli più Cristoforo Colombo (e a prendere), che Marco Polo (e a com-prendere?) Chissà se sarebbe risultato egualmente formativo un anno a Manaus, oppure in luoghi ancora più distanti come Orgosolo o Eboli di antica memoria.

    1. Grazie mille per i complimenti! Nel mio caso la Cina mi è stata proposta come meta dall’associazione a cui mi sono appoggiato per partire (Intercultura). La mia prima scelta sarebbe stata il Giappone, ma c’era una sola borsa di studio disponibile ed è stata data ad un altro ragazzo.
      Sono convinto invece che a livello formativo non ci siano grandi differenze fra l’andare un anno a Pechino piuttosto che a Buenos Aires. Alla fine cambia il luogo ma i problemi da affrontare per un ragazzo rimangono più o meno gli stessi ovunque.

  5. Ciao Giovanni, grazie della tua risposta, ho come l’impressione che tu sia andato oltre l’esperienza del tuo soggiorno in Cina. Su come si vive una esperienza del genere dopo essere tornati nel proprio paese non so a quali articoli ti riferisci. Ciao Dianella

    1. Sono molto contento di rispondere a tutte le curiosità 🙂
      Credo che l’andare oltre l’esperienza sia forse la chiave del rientro in Italia per i ragazzi che ritornano, ovviamente avendo fatto tesoro di tutto quello che si è imparato. Purtroppo essendo stato in contatto con moltissimi ragazzi rientrati da esperienze simili alla mia potrei avere un’idea distorta sul numero di testimonianze riguardanti il rientro in Italia effettivamente disponibili.
      https://www.intercultura.it/storie/ritornare-e-bello-ma-riadattarsi-e-la-vera-sfida/
      Questa è presa dal sito dell’associazione con cui sono partito e descrive abbastanza bene il sentimento che si ha al rientro.

  6. Il fascino dell’intelligenza.

    Questa, come tutti gli altri succolenti argomenti che puntualmente Annamaria ci regala, sono come bollicine di acqua effervescente che ci solleticano le stanche sinapsi. Amo ubriacarmi da questa generosa e spero inesauribile sorgente.

  7. Complimenti Giovanni, per l’esperienza e per lo stile! Spero che tu abbia continuato a scrivere e che potremo nuovamente leggere qualcosa 🙂

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