Essere ansiosi

Essere ansiosi può avere un lato positivo? – Idee 183

Essere ansiosi sembra una condizione tipica del nostro tempo, scrivevo qualche giorno fa aggiungendo, tra le altre cose, che l’ansia è di origine ambientale (è qualcosa di esterno a noi a provocarla) che non è razionale né coerente, che è tipica delle persone oneste e sensibili, e che può anche essere uno stimolo potente a produrre soluzioni creative.
Il fatto che l’articolo sia stato assai letto e discusso mi fa pensare che essere ansiosi sia una condizione familiare anche a molti lettori.
Se questo è vero, può rivelarsi utile investire qualche minuto in più per indagare anche i lati positivi dell’ansia. Come quasi tutte le medaglie, infatti, anche questa ha due facce, e visto che separare definitivamente l’ansia dalla contemporaneità può sembrare impossibile, tanto vale provare a ricavarne qualcosa di buono.

CONNESSA CON LA VITA. L’ansia ha uno scopo, scrive lo psichiatra Rollo May: in origine proteggeva l’uomo delle caverne da animali e vicini feroci. Oggi la situazione è diversa, ma l’obiettivo resta lo stesso: proteggerci. May agginge che l’ansia è connessa con la vita e non può essere evitata, se non al prezzo dell’apatia o dell’intorpidimento di sensibilità e immaginazione.

PIÙ PREDISPOSTI ALL’ANSIA. Una cosa da sapere è questa: secondo diversi studi di lungo periodo, cioè tali da seguire le persone dalla nascita all’età adulta, tra il 15 e il 20 per cento dei neonati sono più predisposti di altri a essere ansiosi. Lo si capisce da come i piccolini reagiscono a stimoli nuovi.
Poi, crescendo, la percentuale diminuisce di circa due terzi, e gli ex neonati ansiosi si trasformano in adolescenti coscienziosi, ben preparati e dotati di grande autocontrollo anche se, da “anime ansiose” non abbassano mai la guardia. Lo racconta un lungo, bellissimo articolo sul New York Times intitolato Capire la mente ansiosa.

ESPERIENZE SOGGETTIVE. Jerome Kagan, uno degli autori degli studi, segnala inoltre che l’esperienza soggettiva di essere ansiosi può variare molto da persona a persona, e che il medesimo stato fisiologico cerebrale che un individuo definirebbe (negativamente) di allarme e tensione può essere descritto positivamente da un altro individuo come “eccitazione”.

GESTIRE L’ANSIA. Il modo di gestire l’ansia dipende da mille fattori: dal grado di istruzione, per esempio, e perfino dall’essere andati all’asilo da piccoli. Dal fatto di avere un lavoro interessante, o di non averlo del tutto. Dal grado di autoconsapevolezza. Il noto psicologo Steven Pinker dice che saper governare l’ansia dipende dall’intelligenza, e dalla conseguente capacità di considerare il fatto di essere ansiosi come “un problema da risolvere”.

MEGLIO ESSERE ANSIOSI? Ed è lo stesso Kalgard a dire che, nei quarant’anni trascorsi ad Harvard, ha assunto circa 200 assistenti, e ha sempre prediletto le persone ansiose: controllano tutto e non fanno errori. La nostra cultura ha quest’idea che l’ansia sia tossica – dice Kagan – ma senza persone riflessive, solitarie (e perfezioniste) dove troveremmo gli scrittori, gli artisti, gli scienziati e i programmatori di computer che mandano avanti la società?

USARE L’ANSIA. Già: la cosa migliore che si può fare con l’ansia è usarla. Darle una direzione e uno scopo. Per chi ha un’attitudine creativa, la soluzione consiste nel trasformare l’ansia in un prodotto creativo (è anche un modo per distaccarsene, dall’ansia). All’inizio del lavoro il risultato può apparire caotico e insoddisfacente (beh, tranquilli: lo è sempre). Ma quando finalmente si entra nel flow (in italiano: esperienza ottimale) l’ansia svanisce e si sublima in una danza con l’universo.

ANTICIPARE I PROBLEMI. Essere tendenzialmente ansiosi – lo dimostrano altre ricerche –provvede alcuni ulteriori punti di forza: le persone ansiose intercettano prima degli altri le menzogne e rilevano prima le minacce. Di fatto, dunque, l’ansia può avere una ulteriore funzione positiva: anticipa i problemi, si prepara ad affrontarli, impara dai propri errori.

LAVORARE IN GRUPPO. Per questo, quando si lavora in gruppo, è sempre un vantaggio (anche se faticoso) poter contare su qualche persona ansiosa. Ed è un vantaggio quando si viaggia insieme: il bagaglio di una persona ansiosa contiene sempre quello che di necessario (indumento, farmaco, coltellino svizzero…) qualcun altro ha dimenticato di portare

STRATEGIE DI CONTRASTO. Ormai so bene di poter essere, secondo i casi, da moderatamente ad abbastanza ansiosa per quanto riguada il lavoro. o, per esempio, se una telefonata che dovrebbe arrivare non arriva. Di norma pratico tre strategie di contrasto.

CONTRATTEMPI E RESPIRO. La prima strategia è cercare di tenere sotto controllo l’ansia ripetendomi di non essere ridicola: ci sarà stato un contrattempo, un cellulare scarico, un’area priva di campo, una dimenticanza. E ricordandomi di tutte le volte che sono stata in ansia per poi scoprire che si era trattato di un contrattempo o un cellulare scarico e così via. E sì, devo dirlo: controllare la respirazione aiuta molto.

MOVIMENTO E RIORDINO. La seconda strategia è muovermi, in qualsiasi modo: camminare, fare ginnastica. O riordinare: cassetti da sistemare, scatole da svuotare, cosine da aggiustare, carte da mettere a posto. Sono lavori noiosi, che richiedono attenzione. Focalizzarsi su quelli aiuta a governare l’ansia, dà un senso all’attesa e premia con la sensazione finale che il mondo sia un po’ più in ordine. È una specie di rito.

ANSIA DA PRESTAZIONE. La terza strategia riguarda l’ansia da prestazione: è una gran seccatura, ma aiuta a smettere di procrastinare. Per esempio, all’inizio di questa estate mi sono ritrovata con due grosse presentazioni, assai complicate, da consegnare a settembre, poco tempo per ragionarci, zero voglia di farlo.
Quando l’ansia ha cominciato a crescere, la situazione è diventata così sgradevole da convincermi a rimandare le vacanze (che, altrimenti, sarebbero state a loro volta funestate dall’ansia) e cominciare il lavoro subito. Come se mi fossi data un  violento spintone da sola.

DA TAPINA A SODDISFATTA. Risultato: ho passato i primi cinque giorni di agosto incollata al computer, sentendomi un’assoluta tapina e pensando “non ce la farò mai”. I dieci successivi sempre incollata al computer, con una soddisfazione crescente perché le cose cominciavano ad andare a posto e l’ansia diminuiva. Finalmente ho chiuso le due presentazioni, e mi sono goduta una delle vacanze più belle (e rilassate) che abbia mai avuto.
Quali sono le vostre strategie per riorientare l’ansia? Raccoglierne un po’ potrebbe essere interessante per molti.

L’immagine che illustra questo sito è di Frank Moth, un duo artistico greco. Qui il loro portfolio. Una versione più breve di questo articolo esce anche su internazionale.it

4 risposte

  1. E allora sono andato a controllare sulla Treccani e su altre varie fonti nel web il significato della parola “ansia”. Vuoi vedere, mi sono detto, che sono ansioso e non lo so? Credevo di essere rigoroso –anche se dalla confusione del mio desk-top non si direbbe proprio–, attento ai particolari –maledetta crenatura, perché devo sempre imbufalire ogni qualvolta essa si manifesta, e accade di continuo?–, persino maniaco nel rispettare la segnaletica orizzontale –non guido: disegno parabole, d’altronde disegnare è stato il mio mestiere da sempre–, così ho verificato e, alla fine, sull’ansia mi pare di aver fatto la stessa scoperta di Achille Campanile circa gli asparagi e l’immortalità dell’anima.
    Non sono ansioso per me –che vuoi che mi succeda, al massimo muoio, così, mentre stavo soffocando per colpa della Miassa di Quincinetto, ho dovuto calmare quelli che, agitatissimi, mi circondavano senza sapere che fare–, mentre posso essere molto preoccupato per le persone care, mantenendo, per quanto possibile la razionalità. Niente panico.
    Bellissima la cronistoria agostiana della nostra Ospite: seguendo da tempo e con costanza N&U l’ammirazione e la stima sono confluite nell’affetto e nel senso dell’amicizia: grazie. Mi è capitato più volte di ritardare scientemente l’inizio di un progetto per arrivare puntuale allo scadere della mezzanotte senza perdere la scarpetta e confidando nel ciak, buona la prima: bisogna essere proprio idioti, vero?
    Per fortuna ho smesso (di lavorare).

  2. Primo: vorrei sapere se Kalgard è ansioso; potrebbe implicare che è portato a empatizzare con i suoi simili.
    Secondo: vorrei indagare se l’ansia è condizione necessaria per essere riflessivi, solitari (e perfezionisti). Propendo per il no, anche se mi pare evidente che l’ansia spinga in quella direzione. Tra l’altro, statisticamente le donne sono più ansiose e più perfezioniste degli uomini: l’aspetto genetico, in cui credo profondamente, si intreccia inestricabilmente con quello culturale
    https://www.ted.com/talks/reshma_saujani_teach_girls_bravery_not_perfection.
    Terzo: vorrei che qualcuno indagasse i rapporti tra ansia e memoria. Se non sbaglio, l’amigdala ha un ruolo nella memorizzazione delle esperienze legate alle emozioni.
    Per quanto riguarda me, l’unico modo veramente efficace per distrarre la mia amigdalona è fare attività fisica per almeno mezz’ora: falciare il prato, potare alberi, ma soprattutto, soprattutto, camminare a passo andante-sostenuto su e giù per colli e monti, cioè in presenza di dislivello; camminare in piano non ha lo stesso effetto; curioso, no?
    Ma a volte non basta, e allora ho imparato, dai tempi della tesi, a ricorrere all’aiutino chimico: psicofarmaci. Per fortuna, non ho sviluppato alcuna dipendenza. Li prendo quando mi ricordo che alleviano i sintomi; di solito, dopo qualche settimana me ne scordo, il che vuol dire che sto meglio e non mi servono più.

  3. Gli aspetti positivi dell’ansia possono esserci, ma rimangono sulla carta, se non vengono opportunamente modulati quelli negativi. L’ansia, molto probabilmente, ha un’intenzione positiva e una certa utilità, ma spesso lo fa con danni secondari drastici, che ci impediscono di vivere bene la vita.

    Il più delle volte l’Ansia, non ci fa prevedere i problemi, ce li fa vivere in anticipo, vivere nel momento presente, ce li fa soffrire come se stessero già accadendo e ci risucchia le energie che ci sarebbero servite ad affrontare il problema. Il succo è che si possono imparare a fare le stesse cose senza per forza essere schiacciati dall’ansia.

    E più si va avanti nella vita, più rischia di peggiorare. Perché ad ogni problema che accade nella chi vive con l’ansia registra una conferma sull’utilità del dover essere ansiosi per provare a evitare che certe cose possano accadere. Fino a un esaurimento nervoso.

    Sono contento che per Lei, l’ansia è diventato anche qualcosa di utile, semplicemente attenzione alle parole: per alcuni l’ansia è una prigione da cui non riesce a uscire.

  4. Ciao Annamaria e grazie del post, è sempre Mi ritrovo nel rito dell’ordinare, cito a proposito un aneddoto recente: è due settimane che devo rivedere i testi di un’azienda, ed è il principale lavoro che ho al momento.

    E’ due settimane che mi alleno e tiro fuori i testi a fatica, sto procrastinando e ne sono consapevole, il ciclo emotivo vede avvicendarsi autocommiserazione, gioia creativa, senso di fallimento, paura e stordimento.

    Domenica, 18.30, ho scelto di fare le pulizie – la casa era un disastro, percezione di fallimento anche su quel fronte. Polvere, panni, piatti, dopo 4 ore le pulizie erano fatte e miracolosamente ho spuntato TUTTE le voci della to do list casalinga che mi ero scritta. Senso di sollievo grosso, giornata salva. Non male, direi 🙂

    E’ una strategia tampone, però ordinare dà la sensazione di controllare, e questo tiene a bada l’ansia.

    La procrastinazione è, insieme all’ansia, una strategia, in realtà piuttosto disfunzionale e da perfezionare: procrastinare diventa utile perché porta a un punto in cui il senso di fallimento per il procrastinare è tale che mettersi al lavoro a confronto diventa più facile e godibile. Questa è una strategia che non mi sentirei di consigliare a nessuno, però aiuta a capire “come vanno realmente le cose”.

    Ultima annotazione, in cui ahinoi c’è una sfumatura diversa da quella che riporti nel tuo post. Io sono un ansioso PASTICCIONE. L’ansia è incentrata su di me e mi fa rimandare, ma non è efficace per controllare imprecisioni – mio tallone d’Achille – né per tenere sotto controllo la situazione – l’ansia fa entrare in una sorta di vicolo cieco rispetto al contesto esterno.

    Personalmente vedrò di costruirmi delle strategie rispetto ad ansia e procrastinazione, coppia gemellare malefica, e sto iniziando a intravedere un pattern. Però, al di là della saggia constatazione che così sono e non le posso eliminare, c’è un po’ di lavoro ancora da fare.

    Un saluto, col sorriso.

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