sentirsi indispensabili

Sentirsi indispensabili è una tentazione a cui resistere – Idee 179

Chi di noi può resistere alla tentazione di sentirsi indispensabile? scrive Margaret Atwood. È una bella domanda, ed è una domanda maliziosa.

EUFORIA E SICUREZZA. Sentirsi indispensabili per la propria azienda è una grandiosa combinazione di euforia e di sicurezza, afferma senza alcuna malizia Inc.com. Che poi elenca 12 modi per rendersi indispensabili: dall’aiutare gli altri senza aspettarsi niente in cambio, al dare sempre il meglio, all’essere aperti e adattabili, all’offrire sempre informazioni e soluzioni ai colleghi, all’essere onesti, al lavorare più di quanto è richiesto dal ruolo.Ovviamente non funziona così: tra rendersi utili all’azienda aderendo perfettamente alle sue logiche e risultarle indispensabili c’è una gran differenza.

COMPETENZE E RELAZIONI. Sono un po’ più astute le dritte contenute in un articolo di Forbes sul medesimo tema.
Per esempio: fai il lavoro che conta. Monopolizza una competenza speciale. Monopolizza una relazione importante. Padroneggia una lingua in più, sia essa il cinese o l’HTML. Migliora continuamente le tue competenze di comunicazione orale e scritta. E così via.
La differenza fra i due approcci dovrebbe risultare più che chiara: la logica di Inc.com riguarda l’aumentare quantità e qualità delle prestazioni offerte, la più sottile logica di Forbes riguarda il poter offrire anche prestazioni diverse, nuove o esclusive, e di valore maggiore.

LA TENTAZIONE IMPOSSIBILE. Ma la tentazione di sentirsi indispensabili è la stessa, e la cosa più rilevante sta scritta nelle ultime righe dell’articolo di Forbes: pensare di potersi rendere (o di poter essere) indispensabili è un’illusione. Nessuno lo è davvero, e i cimiteri sono pieni di persone indispensabili (questa citazione è stata attribuita a molti, tra cui il politico francese Georges Clémenceau. Ne possiamo dedurre che la tentazione dell’indispensabilità non risparmia nemmeno la sfera pubblica. E che non si tratta di un fatto recente).

INDISPENSABILI INCAPACI. C’è un ulteriore elemento che dovrebbe dissuadere tutti dal lanciarsi nella missione impossibile di rendersi indispensabile: spesso a sentirsi indispensabili sono proprio le persone più incapaci. Ma questo rimanda all’effetto Dunning Kruger (il fatto che gli incompetenti tendono sempre a sovrastimare le proprie capacità e il proprio ruolo. Ne abbiamo parlato qui) e ci porterebbe a tutto un altro discorso.

INDISPENSABILE, CIOÈ… Torno al punto, elencando alcuni sinonimi di indispensabile: necessario, essenziale, fondamentale, imprescindibile, irrinunciabile. E ancora: determinante, sostanziale, importante, basilare, cruciale.
Bene: siamo davvero convinti che tutto ciò possa corrispondere a un singolo essere umano?

SOVRASTIMA E SOTTOVALUTAZIONE. A dirci che tuttavia succede proprio così, e a spiegare come mai, è una remota (risale al 1979) e citatissima ricerca dell’Università di Waterloo, che rileva la presenza delle medesime dinamiche in gruppi assai diversi: in sostanza, le persone tendono sempre a sovrastimare il proprio ruolo e i propri compiti, ricordano meglio i proprio contributo mentre tendono a sottovalutare o a dimenticare quello altrui, attribuiscono molto più facilmente a se stesse il merito delle vittorie che la colpa delle sconfitte.
Questo capita sia che si tratti di studenti che devono contribuire alla discussione nel corso di un seminario, sia che si tratti persone che stanno svolgendo un lavoro di gruppo, sia che si tratti di giocatori di pallacanestro, o di mariti e mogli che condividono la gestione della casa.

DARSI UN SENSO E SENTIRSI AL CENTRO. Dal ritenere cruciale il proprio contributo al fantasticare sulla propria indispensabilità il passo è breve. D’altra parte, la fantasia di potersi considerare indispensabili (necessari, fondamentali…) in azienda serve a placare l’ansia, a esorcizzare la paura di restare senza lavoro e a dare un senso e un fine a quel che si fa.
La simmetrica fantasia dell’essere indispensabili nella propria sfera familiare e di relazione ha meccanismi che forse sono piuttosto simili: il desiderio di sentirsi al centro del sistema degli affetti, il bisogno di sentirsi amati per sempre e sì, anche il bisogno di dare un senso alla gran fatica che una relazione può richiedere.

TRA RELAZIONI E PRESTAZIONI. Tuttavia la soluzione del rendersi indispensabili, se anche fosse realmente praticabile, risulterebbe impropria: proiettata in una logica che ha più a che fare con il dare e l’avere che con l’essere, e con l’essere insieme. E frutto di un pensiero rivolto non ai sentimenti ma al ruolo inteso come mestiere (di coniuge, di genitore, di parente, di amico), in cui un maggiore tributo di affetto si paga a chi offre prestazioni migliori.

DAI, PENSIAMOCI SU. Forse, tutto sommato, per resistere alla tentazione di sentirsi indispensabili basta pensarci un po’ su. E rendersi conto che già essere brave persone e fare onestamente del proprio meglio per essere utili e amabili è più che apprezzabile. E non è facile, proprio per niente.

Se vi è piaciuto questo articolo, date un’occhiata agli altri, raccolti nella sezione idee di Nuovoeutile. Le graziosissime immagini che illustrano questo articolo sono del cartoonist Kerry Callen. Qui trovate il suo blog.

5 risposte

  1. C’è qualcosa di più perverso del considerare se stesso indispensabile, ed è il far sentire un’altra persona indispensabile all’intero contesto circostante, specie se aziendale o professionale. Un meccanismo diabolico, innescato da un atocostituitosi padreterno che, pur sempre convinto di poter essere in cielo in terra e in ogni luogo, e ovunque indispensabile, finge di rassegnarsi all’ausilio di un’entità alla quale far credere di condividere almeno in parte la stessa natura divina e indispensabile in cambio di una devozione cieca, da dimostrare svolgendo con pefetto sincronismo le funzioni di angelo custode e angelo sterminatore, in modo che l’intero creato abbia a temere ancor più del padreterno chi sieda alla sua destra, con qualifica di “indispensabile braccio destro”. E crudeltà vuole che la parità fra i sessi, per la quale continueremo sempre a lottare fino alla fine dei nostri giorni, produca anche divinità femminili concepite con l’immacolato dono dell’indispensabilità e capaci di infonderlo a qualche ancella prediletta al confronto della quale la Kali primigenia apparirebbe una ipostasi della mitezza e come se dopo un papa ( o una papessa) non se facesse un altro (o un’altra). Conseguenza sillogistica dell’indispensabilità è il mitico decretare che “qui dentro anche senza di te si va avanti, senza di me ( o di lui) no.” L’indispensabilità fase suprema della prepotenza.

  2. Sposto un po’ il focus, concentrandomi sulla conclusione, giacché sono nei miei anni del disinganno, e chiedo se qualcuno può ricordarmi perché “essere brave persone e fare onestamente del proprio meglio per essere utili e amabili è più che apprezzabile”. Perché Augias nel suo racconto di oggi dice che una società senza ordine non può esistere? Perché non si può tornare al Medioevo, alla caccia alle streghe, o alla dittatura, insomma alla legge del più forte o del più furbo, in campo professionale, sì, ma anche nel privato e nel sociale? Io sarei inevitabilmente sconfitta, io faccio del mio meglio per sentirmi una brava persona, ma chi pensa di poter prevalere sugli altri, a ragione o a torto, perché dovrebbe limitarsi? E, in fin dei conti, non è quello che sta succedendo?

  3. Sul tema “essere indispensabili” grazie agli spunti di questo articolo ho provato a fare un approfondimento prendendo spunto da alcune parole di Erri de Luca.
    Infatti da un lato è importante e sano che ogni organizzazione lavori affinchè nessuno sia davvero indispensabile per evitare che in caso di una sua assenza, si blocchi il lavoro di tutti gli altri; a volte, però, le imprese spingono all’eccesso questo principio considerando le persone totalmente intercambiabili, ritenendo – per esempio – che ogni mansione possa essere svolta da Tizio o Caio senza nessun problema.
    Non è del tutto vero, quindi che nessuno è indispensabile e le parole dei poeti – come spesso accade – ci aiutano a comprendere meglio la questione: https://stefanopollini.com/2017/11/05/nessuno-e-necessario-ognuno-e-indispensabile/#more-986 .

  4. A me piace molto questa frase di Italo Calvino, in La giornata di una scrutatore.
    «Nella politica come in tutto il resto della vita, per chi non è un balordo, contano quei due principi lì: non farsi mai troppe illusioni e non smettere di credere che ogni cosa che fai potrà servire».
    Mi sembra l’approccio giusto, a me ha aiutato molto anche nelle circostanze più difficili.
    Alla fine come mi ha detto una volta un mio amico filosofo, nel momento stesso in cui risolviamo un problema determiniamo le condizioni affinché se ne crei uno nuovo.

  5. A me piace molto questa frase di Italo Calvino, in La giornata di una scrutatore:
    «Nella politica come in tutto il resto della vita, per chi non è un balordo, contano quei due principi lì: non farsi mai troppe illusioni e non smettere di credere che ogni cosa che fai potrà servire».
    Mi sembra l’approccio giusto, a me ha aiutato molto anche nelle circostanze più difficili.
    Alla fine come mi ha detto una volta un mio amico filosofo, nel momento stesso in cui risolviamo un problema determiniamo le condizioni affinché se ne crei uno nuovo.

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