Bias cognitivi

Bias cognitivi: cinque modi veloci per ingannarsi da soli

Bias cognitivi: ne avete mai sentito parlare?
L’edizione inglese di Wikipedia ne pubblica un lungo elenco piuttosto terrorizzante. Molti articoli di svariato contenuto, dal management alla vita di coppia, tirano in ballo i bias cognitivi per spiegare inceppi, cecità, fraintendimenti, comportamenti stupidi e decisioni sbagliate.

ERRORI DI GIUDIZIO. Il nome con cui li chiamiamo suona esotico, e potrebbe star bene a un elfo maligno o a una purulenta forma di eruzione della pelle. In realtà, si tratta di una parola inglese derivante dal francese provenzale biais, che significa “obliquo, inclinato” e che a sua volta deriva dal latino e, prima ancora, dal greco epikársios, obliquo.
In origine il termine riguarda il gioco delle bocce (e, immagino, certi tiri storti dalle conseguenze nefaste), ma già nella seconda metà del 1500 acquista un significato più ampio e indica “inclinazione, predisposizione, pregiudizio”.
Insomma, questo articolo è dedicato ai bias cognitivi: automatismi mentali che ci portano a prendere decisioni in fretta e senza fatica. Peccato che si tratti di decisioni sbagliate perché fondate su percezioni errate o deformate, su pregiudizi, su ideologie. Insomma, sono decisioni prese a partire da un errore di giudizio.

LE EURISTICHE SONO SCORCIATOIE. Ecco, in sintesi, che cosa succede. Tutti noi, per districarci nella complessità del mondo senza analizzare, pesare e valutare ogni dettaglio, ci affidiamo a strategie di pensiero che si chiamano euristiche. Anche questo nome viene dal greco: heurískein vuol dire “trovare, scoprire”.
Le euristiche sono procedimenti mentali intuitivi, e sbrigativi, che ci permettono di farci un’idea di qualsiasi cosa in fretta e senza fatica. Sono euristiche, per esempio, gli stereotipi (su NeU ne abbiamo già parlato). Se volete scoprire in che modo, ogni giorno, ragioniamo per euristiche, date un’occhiata a quest’ottima pagina (e, magari, anche al resto del sito: è interessante).

I BIAS SONO VICOLI CIECHI. Ed eccoci al punto. Se le euristiche sono, diciamo così, scorciatoie incerte ma così comode e rapide che facciamo fatica a rinunciarvi, i bias cognitivi sono euristiche inefficaci, logorate e corrotte: vicoli ciechi nei quali ci addentriamo fino a sbattere contro un muro di nonsenso. Ne scelgo cinque tra quelli che mi sembrano più diffusi e insidiosi e ve li racconto qui sotto.

Bias cognitivi

Bias di conferma (confirmation bias): tendiamo a cercare, a prendere in considerazione e a valorizzare solo notizie, pareri o evidenze che confermano quello di cui già siamo convinti. Soprattutto – molti studi lo dimostrano – ci ostiniamo a ignorare tutte le evidenze che contraddicono le nostre convinzioni, in primo luogo (ma non solo) quelle politiche o religiose. Il bias è connesso con l’hostile media effect.
Non facciamo tutto ciò per cattiveria, ma per motivi di economia mentale: il nostro cervello, per via delle euristiche, preferisce focalizzarsi su quello che già sa. E la nostra identità passa anche per tutto ciò in cui crediamo. Combiniamo questi due fatti, e otteniamo un bias potente.
Tra l’altro: una importante caratteristica delle persone creative è l’apertura mentale. Cioè la capacità di accogliere dati nuovi e di gestire l’incertezza, senza capitombolare nei bias cognitivi.

Illusione di controllo (illusion of control): è la tendenza a sovrastimare la nostra capacità di influenzare gli eventi esterni. È un bias proprio dei manager, dei politici e in generale delle persone che detengono qualche forma di potere, o che casualmente hanno ottenuto un risultato positivo. Il bias è stato individuato da Ellen Langer nel 1975. È connesso con l’overconfidence.

Eccesso di fiducia (overconfidence): è l’eccessiva fiducia nelle nostre valutazioni e nei nostri giudizi. Deriva dal credere che abbiamo informazioni più accurate e complete di quanto non siano realmente. È il bias forse più diffuso e, per molti versi, devastante. Gli investitori troppo fiduciosi nelle proprie capacità combinano guai, gli studenti sovrastimano la loro preparazione, e perfino molti guidatori di auto esagerano nel valutare la propria abilità, con gli effetti che tutti possiamo immaginare. Qui trovate diversi esempi. L’eccesso di fiducia è connesso con il delizioso Effetto Dunning Kruger (più le persone sono incompetenti, meno capiscono di esserlo) e con la sicumera (guardatevi l’elenco delle sciocchezze che sono state pronunciate con la più incrollabile certezza).

Bias cognitivi

Fallacia dello scommettitore (gambler’s fallacy): è un errore logico. Consiste nel ritenere che il futuro verificarsi di un evento casuale sia influenzato dal passato verificarsi di un altro evento, altrettanto casuale. Nel gioco della roulette, per esempio, l’idea che “debba” uscire il nero perché il rosso è già uscito. Ma anche: “siccome ieri mi hanno rubato il portafoglio in metropolitana, è impossibile che me lo rubino anche oggi”. E come no?

Punto cieco (bias blind spot): è una specie di meta-bias. O, in altre parole, è la madre, o il padre, di tutti i bias cognitivi: consiste nel ritenere di esserne, per qualche insondabile motivo, più immuni di chiunque altro. Insomma: stiamoci attenti.

Le immagini che illustrano questo articolo sono di Igor Morsky. Se il tema dei bias cognitivi vi interessa potreste leggere anche:
Problem solving e conigli dal cappello
Confrontare per decidere 

28 risposte

  1. Quando ho visto per la prima volta una foto di Sharon Stone* mi sono detto: “Questa donna dev’essere mia!”. Da allora di Sharon neppure l’ombra, ma tutte le sere vado a letto sempre più inebriato: “Anche oggi non l’ho avuta, quindi, in base alla teoria dei numeri ritardatari, la probabilità che ciò avvenga si fa sempre più concreta. Ancora qualche giorno di pazienza e poi…”.
    Sulla logica anti-statistica dei numeri ritardatari si scommettono cifre astronomiche e si creano disastri familiari e dipendenze croniche, spesso sostenute dalla comunicazione subdola delle lotterie statali e dal proliferare dei giochi virtuali ma mica tanto.
    Il ricorso alle euristiche è una procedura cognitiva vincente, derivante dal processo filogenetico evolutivo, che ha risolto spesso in modo positivo situazioni nelle quali la rapidità di decisione ha priorità sulla ponderatezza. In caso di pericolo spesso no c’è tempo per soppesare i pro e i contro, e chi ha sbagliato è uscito dal giro. Ancor più, non fare l’asino di Buridano passa spesso per elementi marginali e non sostanziali, che fanno propendere per una delle mangiatoie.
    Come sostiene Edgard Morin è necessario apprendere ad analizzare la complessità evitando tanto facili riduzionismi quanto olistiche fondate su pregiudizi e metodi panteistici e new age.

    *(dico un nome noto ma la signora in realtà non è nelle mie corde, preferisco di molto la mia vecchietta a chilometri zero)

  2. Medaglia Fields

    Sentendo un’intervista alla radio sul premio sulla matematica assegnato per la prima volta a una giovane donna, l’iraniana Maryam Mirzakhani, (che adesso vive e insegna negli Stati Uniti)
    Lei dichiarava, come uno dei motivo dei sui successi, “il non cogliere i frutti più bassi”.
    Magari in certi ragionamenti potrebbe essere d’esempio.

  3. Buongiorno a tutti,
    alcune considerazioni:
    intanto grazie come al solito alla nostra ospite per l’ottimo blog e gli articoli sempre interessanti.
    Ci ha abituati a standard altissimi e sempre curatissimi – in questo caso parlando di vicoli ciechi si legge un “lungo nei quali” che mi suona male e mi rassicura sull’umanità degli autori 🙂

    @ Rodolfo: commento interessante che mi fa ricordare un’altro bias tremendamente comune: la “sunken cost fallacy”. La fallacia logica per cui se ci sono tanti locali di successo allora anche il nostro non potrà fallire. In realtà gli aspiranti esercenti semplicemente non prendono in considerazione tutti i locali falliti, perchè non li vedono.
    Al riguardo c’era una storiella interessante (e intelligente) sulle corazzature dei B52 durante la seconda guerra mondiale

    1. “Al riguardo c’era una storiella interessante (e intelligente) sulle corazzature dei B52 durante la seconda guerra mondiale”

      Hm… Visto che il B-52 e’ entrato in servizio nel 1955, la storiella si presenta decisamente piu’ interessante del previsto.

      Possiamo conoscerla?

    2. Anche lei, Magari, non è esente da umanità. Scrive, infatti, “un’altro bias”. Magari un’altra volta lo scriva senza apostrofo, eh.

  4. ah, un’altra cosa: l’effetto Dunning Kruger è da qualche anno il mio preferito, e nei momenti di sconforto lo cito anche a sproposito, solo per ricordarmelo e farlo conoscere agli amici.
    Long live Dunning-Kruger!

  5. Tutto questo mi proietta all’indietro di alcuni giorni, mesi, anni … e mi fa venire la pelle d’oca.

    Ricordi amari, pensieri a colori ed immagini in bianco e nero si mischiano in lento “avanti e indietro” scandito da un pendolo che ritmicamente si sposta tra passato e futuro … tic-tac-tic-tac …

    Dal Vajont fino a Genova passando per le Cinque Terre, da Chernobyl a Fukushima, dalle sacche di gas al greggio riversato in mare, dal Titanic alla Concordia, per citarne solo alcuni.

    Da quel pensiero esclusivo dell’essere “umano” di poter manipolare, stravolgere, controllare e sovrastare tutto: la vita e la morte, l’ambiente e la natura, il presente e … chissà quale futuro.

    Riguardando a questi eventi ritroviamo molto di tutto questo:

    –          Bias di conferma;
    –          Illusione di controllo;
    –          Eccesso di fiducia;
    –          Fallacia dello scommettitore;
    –          Punto cieco.

    Ma tutto questo non ci ha insegnato nulla e, prima o poi, ci ritroveremo purtroppo a fare i conti con un nuovo e drammatico punto cieco, giustificandolo magari con dati statistici che mai potranno tener conto della cosa più ovvia: il caso.

    PS: non ho citato (volutamente) problematiche legate a malafede, interessi personali o similari, in quanto non inerenti al tema in oggetto.

    Approfitto per segnalare alcuni interessanti webinar relativi al neuromarketing:  http://www.neuroset.net/it/webinar/webinar-2014/

     

    1. Un bias cognitivo é quello che a me fa credere che “costoso” equivalga a “di maggior valore”. E’ quello che succede al mio cervello ogni volta che compro un nuovo paio di scarpe!

  6. La teoria transazionale della comunicazione ha messo in evidenza, come molti dei lettori di NeU sanno, i meccanismi dei Bias cognitivi, dei pregiudizi .

    In particolare le transazioni INCROCIATE e quelle NASCOSTE sono proprio trappole.

    C’è ampia letteratura e quindi non appongo link.

    Saluti a tutti e grazie per le occasioni di approfondimento *_))

  7. Rileggo più che volentieri l’articolo, ma confesso di non avere il coraggio di ascoltare poi “un qualsiasi dibattito televisivo su fatti di cronaca recenti e drammatici”, nemmeno immaginandomi onorato ed emozionato a fianco del simpaticissimo Amedeo Balbi a sussurrare agli urlanti e tronfi protagonisti “Avete presente Dunning e Kruger”? Può darsi pure che questo atteggiamento celi la forma più subdola di Bias blind spot, o sia addirittura una manifestazione di Naïve cynicism, ma corro volentieri, e in piena consapevolezza, questo rischio, di fronte all’imporsi beffardo del pregiudizio e dell’incompetenza in quantità inversamente proporzionale alla mole di informazione che la nostra epoca sa rendere accessibile a chi abbia voglia di contare anche solo fino a tre prima di parlare e sentenziare. Il paradosso della distorsione del giudizio (mi piacerebbe tradurre così, etimologicamente, bias) nell’era della dilatazione della conoscenza rende giustificabile persino la riesumazione del più radicale scetticismo, e ci impone di temere sempre l’incombere di un cartesiano genio maligno capace di rendere fallace anche la più ponderata e faticosa delle ricerche. Forse i cervelli possono finire per davvero nella vasca immaginata per assurdo dal grande Hilary Putnam, ma non ad opera di uno scienziato perfido supportato, guarda caso, da un preistorico computer. Al contrario, avranno costruito da soli la propria vasca, anzi il proprio oceano di illusorie certezze.

  8. (Validità perenne dei proverbi latini che obbligherei ad insegnare alle elementari…..
    Quod volumus et credimus libenter
    Ciò che desideriamo, lo crediamo volentieri)

    Invece dice il mio prof di scienze cognitive che la memoria dell’esperto spesso nel lungo termine può portarlo ad autoingannarsi proprio nella materia in cui è esperto (esempio dello scacchista in una ricerca americana)

  9. Sbaglio, o parecchi bias cognitivi hanno a che fare con il nostro ego? Con la sofferenza che ci procura anche solo pensare di poter sbagliare, di non contare poi gran che, di non avere poi tanto potere su quello che ci circonda o ci succede? Questo… eccesso di “boosting” dell’autostima a livello planetario a me sembra… cocaina virtuale?

    1. Gentile Nontelodico,
      la tua chiave di lettura è indubbiamente suggestiva.
      In realtà, il fatto vero è che nessuno può avere una visione “oggettiva” del mondo e delle cose, nella misura in cui ciascuno considera l’intera realtà a partire dalla propria esperienza e dalla propria percezione individuale. Ed esercitando un punto di vista secondo il quale, e non potendo fare altro, pone sé medesimo al centro del mondo.
      Solo che trovarsi al centro del mondo rischia di incoraggiare, tanto o poco secondo gli individui, una certa propensione narcisistica.
      Sapendolo, però, ci si può, come diceva la mia nonna, “fare la tara”.

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